Logo tripartizione   
 eventi   newsletter Newsletter!  contatti   cerca 
  
 Bibliografia 
 Progetti 

 

OO 337a - Idee sociali – realtà sociale – prassi sociale – Vol. I



SERATE DI STUDIO DELLA LEGA PER LA TRIPARTIZIONE DELL'ORGANISMO SOCIALE
Terza serata di studio

IndietroAvanti

Stoccarda, 9 giugno 1920



La divulgazione dell'idea della tripartizione



Rudolf Steiner: Stimatissimi convenuti! È nella natura delle serate di studio di questo tipo che io non tenga una conferenza vera e propria, ma che incominci proponendo un argomento in modo aforistico, in modo che poi si possa accendere un dibattito, il più ampio possibile, su quanto sta a cuore all’uno o all’altro degli egregi uditori e che paia necessario per poter portare avanti la nostra propaganda per la tripartizione dell’organismo sociale. Mi è stato già detto che a questo punto una questione importante è quella della maniera specifica in cui deve essere organizzata la propaganda di questa idea della tripartizione nel prossimo futuro. Ecco, io non ero presente alle ultime serate di studio e forse, con quanto dirò stasera, in un certo senso mi discosterò dal contesto. Ma proprio questa domanda sulla propaganda mi è stata presentata come una cosa di grande importanza.

Ecco, non sarà molto utile che oggi parliamo della maniera in cui ora si debba diffondere la tripartizione, se non poggiamo quanto appunto ci proponiamo di fare in questo senso sulle esperienze fatte finora. Volendo discutere di una cosa del genere vorrei comunque farvi notare che, data l’attuale situazione mondiale, l’importante davvero non è di pensare a come elaborare fino nel dettaglio l’una o l’altra cosa, soprattutto in ambito economico – oggettivamente a questo punto non ci si dovrebbe più ripromettere di prendere tanti provvedimenti così dettagliati. Al giorno d’oggi bisognerebbe farsi un’idea di come, in sostanza, di fatto si possa ottenere qualcosa solo affrontando le cose in grande. Con la nostra propaganda abbiamo fatto esperienze notevoli. E il tono di fondo dell’eco che ci veniva restituito appunto da queste esperienze è che al giorno d’oggi, anche in questo periodo di crisi, è difficile raggiungere le anime delle persone solo con quanto si deve ritenere assolutamente necessario dal punto di vista spirituale, politico ed economico.

La volta scorsa ho richiamato l’attenzione sul fatto che certi piani sono falliti e quindi siamo stati costretti ad occuparci di certi dettagli, che a poco a poco si erano concentrati nella nostra iniziativa «Der Kommende Tag». Ovviamente sappiamo molto bene che, se tutta la nostra propaganda per l’idea della tripartizione non riesce ad agire in modo efficace, in un primo tempo in sostanza queste iniziative non possono che essere un surrogato assai poco soddisfacente – e in tutti i sensi. Infatti adesso l’importante è che (e questa è una cosa che va ripetuta sempre di nuovo) che entri in quante più teste possibile una comprensione della forza portante dell’idea della tripartizione. Se non avremo un numero sufficientemente elevato di persone che capiscono veramente questa idea della tripartizione, non ce la caveremo. E questa comprensione riguarda veramente molte cose, egregi signori. Ora vorrei indicare qualcosa di concreto.

Vedete, quando abbiamo cominciato la nostra propaganda, in un primo momento abbiamo cercato di lavorare appunto nella direzione data, e cioè di raggiungere il maggior numero di anime possibile. Sono state veramente discusse le questioni concrete anche della vita economica. Per esempio (e non una volta, ma spesso) ho trattato una questione ben precisa della vita economica: la questione della formazione dei prezzi. Ho richiamato l’attenzione sul fatto che appunto la formazione dei prezzi è una questione centrale; si tratta semplicemente del fatto che nell’andamento dell’economia nazionale certe altre questioni – la stessa questione dei salari e altre cose del genere – non devono essere affrontate per prime, ma solo in base alla questione dei prezzi. Ho richiamato l’attenzione sul fatto che nella vita economica si può ritenere sano soltanto un ben preciso prezzo per un determinato articolo. In altre parole: un determinato articolo, all’interno di un contesto economico, deve essere acquistabile soltanto ad un determinato prezzo. I rapporti economici devono essere regolati in base a questo. La cosa più malsana è considerare il prezzo un qualcosa che si possa alzare a piacere per poi iniziare con la ruota senza fine, di regolare i rapporti di salariato in base ai prezzi, i quali crescono a piacere. Aumentano i prezzi, poi aumentano i salari; [aumentano i salari, poi aumentano i prezzi] e così via. Si affronta tutta la faccenda a rovescio. Quella volta ho sollevato una questione così concreta partendo dai fondamenti dell’economia nazionale. Quale ne fu la conseguenza? A quel tempo abbiamo fatto delle riunioni, alle quali in grandissima parte si sono presentati solo dei proletari. Le cerchie borghesi si sono tenute alla larga, perché pensavano che noi avremmo fatto di tutto perché la cosa piacesse solo al proletariato. In breve, abbiamo trovato un po’ di comprensione fra i proletari che all’epoca ci ascoltavano. Ma questa comprensione si è del tutto spenta; le persone si sono allontanate sempre di più. Hanno scelto delle tematiche che erano avanzi di magazzino dei vecchi partiti, poi si sono allontanati sempre di più. E così una delle questioni principali è semplicemente svanita nel nulla.

Scelgo un esempio, se ne potrebbero citare molti altri. Poco tempo fa ho avuto l’occasione di parlare con un uomo abile negli affari, ben inserito nella vita economica, di nazionalità europea, non tedesco. Nel discorso venne fuori che questo signore, semplicemente in virtù della sua esperienza come uomo d’affari, si era fatto quest’idea: che la cosa più importante che si deve affrontare è il problema della formazione dei prezzi. Sì, cari e stimatissimi convenuti, ne sono convinto: con persone che sono uomini d’affari e che al tempo stesso pensano, se ne viene a capo. Devo ammettere che finora ho trovato davvero poche persone di questo tipo. Ho trovato spesso uomini d’affari che non pensano realmente, ma che restano sempre tenacemente attaccati all’abitudine di considerare della massima importanza, prima di tutto, di essere persone pratiche. E per essere una persona pratica ci si deve basare sul fatto che sia lo Stato o comunque qualcun altro a pensare al posto nostro; questi sono convinti che “lo faranno ben loro”. Sì è fatto così, in Germania, anche durante la guerra. Si è pensato che le persone al Gran Quartier Generale avrebbero pur capito le cose. Dunque, come ho detto, ho trovato poche persone che al tempo stesso sono uomini d’affari e pensano, ma se al giorno d’oggi si trovano persone del genere, ecco che senza dubbio alcuno, grazie al loro pensare sulle circostanze pratiche degli affari, esse giungono agli stessi risultati che trovate esposti nel mio «I punti essenziali». Non dovete fare confronti e verifiche sui miei «Punti essenziali» basandovi su quanto è contenuto negli intricati programmi di partito. Questi programmi dei dieci partiti, che ora sono stati eletti nel Reichstag (Parlamento) – il quale sarà sicuramente una creazione impossibile – sono tutti ugualmente inutilizzabili e impossibili. È importante che quanto è contenuto nei «Punti essenziali» venga messo a confronto con la vita pratica reale, con ciò che è oggettivamente necessario nella vita reale. Certamente si deve anche voler riflettere su questa vita reale e non limitarsi semplicemente a predicare vecchi manifesti e avanzi di magazzino. Ma questo genere di divulgazione non vuole affatto tastare attorno a sé, non vuole realmente mettere alla prova ciò che [nei «Punti essenziali»] ovviamente è stato possibile dire solo da un certo numero di punti di vista, perché non si può scrivere subito un’intera biblioteca; una biblioteca intera verrebbe letta ancora meno dei «Punti essenziali». Ma invece di mettere a confronto quanto viene detto nei «Punti essenziali» con quanto si può imparare in fabbrica come economisti, come tecnici, invece di far questo si armeggia con il vecchiume, con i vecchi manifesti e i vecchi programmi di partito. E invece di prendere quanto di pratico viene detto nei «Punti essenziali», e metterlo a confronto con la pratica, lo si mette a confronto con qualcosa che si annida in una o nell’altra testa e che viene considerata pratica.

La prima cosa che dobbiamo ottenere è questa: dobbiamo deciderci a fare in modo che si capisca che non è tanto facile, cavarsela con le circostanze concrete. Quando ho scritto questo libro, ho cercato di basarmi sulle necessità del tempo e devo dire che per me è una pillola amara, un’esperienza amara, che adesso si facciano avanti delle persone che pretendono che si trasformi in una cosa da nulla quanto è contenuto nei «Punti essenziali» e che lo si racconti in non più di circa una paginetta al massimo. Perché è questo, che vuole la gente: vuole ricevere in una paginetta o se possibile meglio ancora in un breve volantino quanto nei «Punti essenziali» è già stato detto nel modo più breve possibile. Se mi chiedete qual è, al giorno d’oggi, la miseria del nostro tempo, vi dico che la nostra miseria consiste nel fatto che al giorno d’oggi la gente chiede ancora cose del genere. Non si vuole arrivare ad essere precisi e scrupolosi. Ma si vuole avere, in una paginetta stupidamente compressa (come di fatto è già stata pubblicata come estratto dei «Punti essenziali»), tutto ciò che si dovrebbe conoscere con precisione e scrupolosità. Fino a quando prevarrà questo modo di fare, non si otterrà niente, lungo quella via che al giorno d’oggi è veramente necessario percorrere se si vuole raggiungere qualcosa. Certamente, fra non molto farò pubblicare i «Punti essenziali» anche anteponendo, in una speciale prefazione, un breve riassunto di una paginetta in cui esporrò quanto è contenuto nei «Punti essenziali». Però l’unica utilità di questo breve riassunto dovrà essere quella di dare come una specie di preparazione e verrà anteposta ai «Punti essenziali», in un certo senso, per preparare alla lettura dell’intero scritto. Ma chi crede di poter capire cosa è necessario al giorno d’oggi con ancora meno pagine [che nella prefazione] non ha capito nulla di ciò che deve succedere in questo periodo in cui viviamo. Questa è la prima cosa sulla quale dobbiamo riflettere, se vogliamo prendere sul serio quella che possiamo chiamare ‘la questione della propaganda’. Infatti, pensate al dato di fatto oggettivo che il nostro periodico «Tripartizione dell’organismo sociale» è arrivato alla sua 49° uscita. Quarantanove numeri! Prendete questi quarantanove numeri, leggeteli in sequenza, e vedrete quanto, sostanzialmente, vi abbiamo messo insieme, di tutto ciò che è necessario che l’umanità sappia sulla questione della tripartizione. Quarantanove numeri, abbiamo pubblicato. Questi sì, che contengono già tutto ciò che è necessario sapere. Ma si continua a chiederci degli estratti su questa o quella questione. E cosa dobbiamo dire, oggi? In sostanza abbiamo scritto questi quarantanove numeri di «Tripartizione», ma tutto il materiale è temporaneamente svanito nel nulla. Non dovremmo forse proprio ricominciare di nuovo daccapo col nostro periodico, e ripubblicare il numero uno e i numeri successivi esattamente nello stesso modo in cui sono già usciti? Dopo che, in sostanza, molto di ciò che abbiamo detto è svanito nel nulla senza penetrare nelle teste, dovremmo forse farci venire in mente ancora qualcos’altro, qualcosa di nuovo? Ora, troppe genialate non possono mica aspettarsele, da noi, quelli che stanno là fuori. L’importante sarebbe di cominciare a diffondere l’idea della tripartizione, per ora, proprio così com’è. Ovviamente a questo si oppongono infinite cose, però tutte queste infinite cose si trovano solo nella volontà delle persone. È necessario che oggi le anime si sveglino e che si prenda sul serio ciò di cui realmente si tratta.

Vedete, c’è una questione, che al giorno d’oggi continua anche a passare inosservata. È la questione dalla quale fin dall’inizio sono venuti fuori i «Punti essenziali», sulla quale, in sostanza, deve basarsi tutta la propaganda della tripartizione – non in senso oggettivo, ma in relazione alla propaganda di per sé. È la conoscenza del fatto che noi, nella cosiddetta questione sociale, oggi veramente non abbiamo a che fare con ciò di cui parla la gran parte delle persone. La gran parte delle persone, parlando della questione sociale, chiede: “Cosa dovremmo farcene di questa o di quella istituzione? Cosa si dovrebbe istituire in questo settore o in quell’altro?” Chi parla in questo modo non ha capito proprio niente di ciò che sta succedendo nella nostra epoca – e non l’ha capito per il semplice fatto che non capisce che al giorno d’oggi, per quanto brillanti possano essere le istituzioni che si impostano, subito dopo averle create ci si troverebbe comunque di fronte alla stessa medesima agitazione nella quale ci si trovava prima di crearle. Adesso la condizione dell’umanità è questa: prendete per esempio l’attuale socialdemocrazia di maggioranza, che è stata a lungo partito di opposizione. Nel momento in cui questi socialisti di maggioranza sono giunti al governo, si è costituito il cosiddetto Partito Socialdemocratico Indipendente. Se questo arrivasse al governo, si costituirebbe a sua volta un nuovo partito di opposizione, i comunisti. Se questi giungessero al governo, ci sarebbe di nuovo un nuovo partito di opposizione. Al giorno d’oggi non si tratta affatto di presentarsi con una qualsivoglia proposta per singoli provvedimenti; al giorno d’oggi l’importante è che la questione sociale sia una vera e propria questione umana, una questione del valore dell’essere umano e della consapevolezza dell’essere umano.

E lo si vede in modo più chiaro, che cos’è la questione sociale, se una buona volta si prende di vista l’intero panorama dei Paesi nei quali non è ancora collassato tutto, perché tutto vi collasserà soltanto più avanti. Qui, da una parte, ci sono i gruppi dirigenti di prima. La prima cosa che vedono, in questi ambienti, è che l’intera vita degli affari ristagna, che nei magazzini si accumulano immani quantità di scorte, che ancora solo a fatica si ricava abbastanza da pagare gli operai, e ci si fanno dei pensieri: se le cose continuano ad andare avanti così, presto non si riuscirà più a pagare gli operai. Ma non si riuscirà nemmeno più a vendere [le merci] che sono state accumulate nei magazzini. Tutto questo lo si vede, ma si pensa: “Verrà ben un miracolo! E poi le cose cambieranno!” Si aspetta questo miracolo, in modo che non si sia costretti a riflettere su che cosa si debba realmente fare. Dall’altra parte ci sono quelli che parlano in un modo totalmente diverso, le grandi masse del proletariato del mondo civile. Di ciò che succede in queste grandi masse, i gruppi dirigenti appunto caratterizzati non hanno la benché minima idea. Ma in questo proletariato è presente una volontà, una volontà che riveste le sue domande in concetti, in idee, e nel momento in cui queste venissero realizzate, sfascerebbero tutto ciò che abbiamo in termini di civiltà umana, sfascerebbero tutto, spazzerebbero via tutto. E le cerchie dei dirigenti pensano che dopo tutto questo potranno di nuovo ritornare forse al 1913 o all’inizio del 1914, per ricominciare dal punto in cui allora si erano fermati, e poi fra queste grandi masse si troverebbero anche persone assolutamente ben disposte a riprendere a lavorare nello stesso modo in cui avevano lavorato prima. No, al giorno d’oggi non abbiamo a che fare con una questione di provvedimenti, ma con una questione umana. E dobbiamo capire che nelle classi dirigenti già da molto, molto tempo appunto non si è avuta la minima comprensione di quello che è il loro compito. Ecco, e allora credete che dalle masse si svilupperà mai qualcosa di diverso da quello che abbiamo avuto la disgrazia di dover sperimentare qui a Stoccarda, dove abbiamo cominciato a propagandare la tripartizione?

Vedete, a due condizioni si sarebbe benissimo potuto sviluppare quello che abbiamo cominciato in aprile dell’anno scorso: a due condizioni. Una sarebbe stata quella di riuscire a far conseguire alle grandi masse del proletariato una concezione della vita piena di comprensione senza tener conto dei leaders del proletariato. Questa sarebbe stata la via migliore. D’altro canto sarebbe stato importante che coloro che avevano una certa influenza all’interno della borghesia ci avessero teso la mano, che ci avessero dato fiducia e che si fossero detti: ecco che, una volta tanto, qualcuno fa il tentativo di gettare un ponte fra il proletariato e gli altri.

Che cosa sarebbe dovuto succedere? Potete capire bene che non è una cosa facile, perché in tutti i discorsi che vengono fatti di questi tempi, per esempio da Stresemann o altri del genere, o da chi in qualche modo dà l’impressione di tendere da quella parte, in tutto ciò il proletariato non avrà mai, in nessun caso, fiducia. Però, egregi signori, noi ci muovevamo sicuramente per parlare al proletariato semplicemente con motivi razionali. E sarebbe solo bastato che la borghesia capisse abbastanza da venirci a dire: “Bene, vogliamo vedere di che cosa siete capaci. È vero che fra noi ci sono numerose persone che non riescono a ottenerla, questa fiducia, perché se la sono giocata, però se si procede in questo modo, si potrà gettare un ponte”.

Che cos’è successo, invece? Le persone che avrebbero dovuto fare in modo che ci fosse questa comprensione si sono piazzate di traverso e hanno spiegato: “Questi qui ci portano quasi al bolscevismo, oppure anche del tutto al bolscevismo! Sono persone che stanno solo dalla parte del proletariato!” Da questa parte non si è potuta trovare la benché minima comprensione. E in queste circostanze i dirigenti del proletariato, coi quali non ci veniva concesso di avere nulla a che fare, con facilità lo hanno allontanato da noi, questo proletariato. Questo è ciò che quella volta ha fatto naufragare la cosa.

E anche tutto quello che potremmo fare in merito alla propaganda dovrebbe di nuovo naufragare un’altra volta se per esempio si affermasse l’opinione che: “Ecco, quello che c’è nel periodico di tripartizione è veramente troppo difficile da capire”. Se uno mi dice così, io considero mio dovere chiarirgli in tutta cortesia (con queste persone bisogna generalmente essere cortesi), chiarirgli molto gentilmente: “Proprio perché per così tanto tempo si è sempre continuato a cercare di trovare incomprensibile quanto proviene dalla vera vita pratica e perché si è sempre preteso: «Dovreste abbassarvi ad un altro livello, quando scrivete», proprio per questo siamo in miseria. E tu sei il rappresentante di quelli che ci hanno trascinati nella miseria. Pretendendo che si scriva secondo la capacità di comprensione che dimostri di avere in bocca, dimostri proprio di essere uno di quei parassiti che ci hanno trascinati nella situazione attuale”. Finché non siamo in grado (con tutta la gentilezza possibile, ovviamente, se si tratta di un caso singolo), finché non siamo in grado di trovare un numero sufficientemente elevato di persone che abbiano il coraggio di dire finalmente: “Deve sorgere un nuovo giorno con persone nuove; deve essere spazzato via tutto quello che ci hanno lasciato questi spaventosi vecchi partiti; deve sorgere qualcosa di completamente nuovo!”: fino a quella volta, tutte le chiacchiere sul metodo di propaganda più efficace sono solo per il gatto.

Oggi non viviamo in un periodo in cui funzionano i mezzucci, viviamo in un’epoca in cui è urgentemente necessario che un numero sufficientemente elevato di persone che parlano la stessa lingua e che hanno gli stessi pensieri si impegnino, non solo si entusiasmino. Credo, egregi signori, che qualcuno si chieda perché in realtà le cose vadano tanto in cre­scendo, che si parla con parole sempre più forti, sempre più forti, e nella fattispecie proprio da parte mia. Ora, c’è un motivo molto semplice. Ma provate a pensare, ora: se si vede che è stato previsto che una parte dell’umanità debba svegliarsi e ci si accorge che sempre più persone si assopiscono dolcemente, allora nella stessa misura si alza anche la voce, dicendo quello che si ha da dire, perché si sente l’istintivo bisogno di vincere quel bisogno di dormire che hanno i propri simili. E per quanto riguarda la necessità di capire la questione sociale del presente, in verità non possiamo dire che il bisogno di dormire dei nostri simili negli ultimi tempi sia diminuito. Perfino all’interno del nostro movimento si prende la faccenda dal verso più sbagliato possibile. Ho nuovamente tenuto una conferenza sull’idea della tripartizione, sulla necessità di porre la vita spirituale sulle sue proprie gambe. Mi è stato controbattuto davvero con tanto buon cuore, in modo straordinariamente bonario: “Qui da noi in realtà non è che dobbiamo proprio lamentarci per la mancanza di libertà della vita spirituale; abbiamo un alto grado di libertà nella vita spirituale; lo Stato si intromette molto poco, in realtà, in quello che facciamo in ambito scolastico”. Egregi signori, chi parla così è il miglior testimone di quanto sia necessaria la liberazione della vita spirituale. Perché quelli che sentono ancora quanto non liberi sono, sono quelli che si possono utilizzare ancora meglio. Ma quelli che invece non sentono nemmeno più quanto non liberi sono, e che prendono per loro stessa libertà interiore le idee pedagogiche statali che sono già state versate con l’imbuto nelle loro teste e che non hanno bagliore di quanto vada lontano la schiavitù della pedagogia della scuola dell’obbligo, sono quelli che in realtà impediscono tutto. Bisogna appunto riuscire a prendere la cosa dal verso giusto. Quelli che inconsciamente prendono la schiavitù per libertà sono quelli che, ovviamente, non ci lasciano andare avanti. E così bisogna dire: “Si tratta prima di tutto di capire che è andata persa tutta la capacità di comprensione reciproca fra le grandi masse e coloro che attraverso lunghe epoche avrebbero avuto il compito di parlare al mondo in un modo tale per cui queste grandi masse oggi nelle loro riviste ecc. non difendessero quelle opinioni che appunto difendono. Specialmente non si deve credere che dalle grandi masse del proletariato provenga una qualsiasi [vita spirituale reale].

Recentemente, durante la Pentecoste, in un altro Paese ho letto un periodico socialista. Conteneva gli articoli più curiosi sulla Pentecoste, vi veniva rigettato tutto, tutto lo spirituale, e vi veniva detto che l’unico spirito sia quello che proviene dalle grandi masse. Con questi articoli di un giornale socialdemocratico di aspetto bolscevico ci si sente così spostati [in un’immagine], da dirsi: “Ora dovrei acciuffare da qualche parte questo spirito, che pare un fumo esalato dalle grandi masse”. Sì, egregi signori, se poi ci si appresta soltanto a pensare qualcosa, per non dire a capire qualcosa, di questo spirito delle grandi masse, si ha tuttavia questo sentimento: qui c’è una superstizione di gran lunga peggiore della superstizione che vede in ogni cespuglio, in ogni albero un qualche demone o un elfo o altre cose del genere. Gli uomini moderni non hanno la minima idea di quali siano le forme di superstizione nelle quali in realtà stanno vivendo. E in fin dei conti, perché è così? Vedete, è così perché le persone sono troppo rammolliti per pensare a come si debba realmente costruire una nuova vita spirituale. Vedete, ora lo si è potuto sperimentare fino in fondo per decenni. Se poi si va incontro alle persone con la pretesa che adesso si debba costruire una nuova vita spirituale, ecco, allora si trovano al massimo persone che si decidono a dedicarsi, oltre a ciò di cui altrimenti si occupano nella vita, anche a questo nuovo movimento spirituale la domenica pomeriggio, o alle serate di studio o quando leggono proprio libri antroposofici. Ma a cercare un nesso fra questo nuovo movimento spirituale e quello che altrimenti fanno nella vita, a questo non riescono a decidersi.

Ma sono anche numerose, molto numerose, le altre persone, che vengono a dire: “Certo, quello che vuoi tu, sostanzialmente lo vogliono anche i migliori cattolici e i migliori evangelisti; qui c’era un pastore che dal pulpito ha parlato in tutto e per tutto in senso antroposofico; in sostanza tutto quello che vuoi tu lo si trova anche qua o là”. Persone che vogliono giungere a compromessi fino al punto da volere, in realtà, mandare in rovina l’antroposofia trasformandola in ciò a cui la gente è abituata, persone del genere si trovano davvero in grande quantità. Le persone che, di fronte a ciò che si deve volere, proprio nel senso della conferenza pubblica di ieri, e che indulgono nel principio: «Lavami il pelo, ma non bagnarmi nemmeno con una goccia» - queste persone al giorno d’oggi sono presenti veramente in grandissima quantità. E finché noi non otteniamo la possibilità di portare in quante più teste possibile la consapevolezza che prima di tutto è necessaria una nuova vita spirituale, una vita spirituale che intervenga energicamente, fino a quella volta non andremo avanti. Quando avremo questa nuova vita spirituale, quando non saremo più costretti a lottare contro gli intellettuali senza senno, allora avremo a nostra volta qualcosa che possa parlare alle persone in modo che tale parlare riesca a mettere in atto dati di fatto oggettivi dal punto di vista sociale.

Egregi signori, le persone dovrebbero soltanto farsi una buona volta l’idea di quanto possa essere efficace la parola. Al giorno d’oggi, se guardate all’intero mondo civile, nella misura in cui esso è accessibile, quando viaggiate in treno o in automobile, ovunque vedete paesi e città, e in questi paesi e in queste città vedete chiese su chiese, che sono state costruite. Non molto tempo fa non c’erano tutte queste chiese. Nei primi secoli della nostra era cristiana in questa Europa che oggi è disseminata di chiese, c’era qualcosa di completamente diverso. E a quell’epoca erano pochi che venivano in mezzo agli uomini, sicuramente in mezzo ad un’umanità più fresca, meno addormentata, e questi pochi hanno fatto sì, con delle loro parole, che oggi l’Europa abbia questo aspetto. Se gli uomini che hanno provocato tutto ciò avessero avuto in animo le stesse cose che hanno in animo questa dozzina di capi dei nostri quattordici partiti in tutto – di sicuro non sarebbero state costruite nemmeno una decina di chiese. È certamente la forza interiore dello spirito, che deve creare le cose sociali oggettive. Ma poi questa forza interiore dello spirito deve appunto essere portata dagli uomini che hanno realmente il coraggio di portarla. E ora, al giorno d’oggi, ci troviamo davanti al fatto oggettivo che l’antica vita spirituale, che a suo tempo era stata fondata sul suo stesso contenuto, può essere salvaguardata solo con misure di forza, con pregiudizi, con l’abitudine, ma che in sostanza, se le persone sono interiormente veraci e sincere, non può essere salvaguardata, ma deve essere sostituita da una vita spirituale nuova; non andiamo avanti in nessun altro modo che non sostituendola con una vita spirituale nuova. Ogni tipo di compromesso oggi è qualcosa di impossibile. E prima di aver capito che si deve necessariamente mettere qualcosa di totalmente nuovo al posto di queste cose vecchie, qualcosa che però sviluppi la forza per una configurazione sociale a partire dallo spirito, prima di allora non andremo avanti. Perciò, egregi signori, ritengo che in un certo senso sia veramente di secondaria importanza, che riguardo ai piccoli mezzi di propaganda ci si comporti in un modo o in un altro, che si faccia così o colà, - tutto può essere, da un certo punto di vista, sia molto buono che ridicolo. Non si tratta di questo, si tratta invece (come ho detto e ribadito ripetutamente nel nostro periodico di tripartizione) di trovare un numero sufficientemente elevato di persone che si decidano a sostenere con coraggio le nostre idee, persone che siano decise a non continuare a ricadere sempre nel vecchio andazzo.

Ora, egregi signori, poniamoci nel bel mezzo delle strutture che si sono raccolte in questo «Kommende Tag». Ciò che qui mi salta maggiormente agli occhi è che continuano ad arrivare persone ben intenzionate che vengono a dire: “Sì, in realtà la tal cosa deve essere fatta in modo del tutto diverso, bisogna che tu chiami un esperto, devi far venire uno che abbia pratica”. È la cosa più deprecabile che si possa sperimentare, che uno ceda ad una pretesa del genere. Perché con una pretesa del genere in realtà succede che si cerca di re-impiantare da noi il vecchio andazzo non pratico. Non si tratta del fatto che noi impiantiamo nelle nostre istituzioni i vecchi cosiddetti ‘pratici’, bensì del fatto che ci sia del tutto chiaro: quelli che in un qualsivoglia settore in determinate circostanze hanno la reputazione migliore perché hanno saputo gestire la vecchia routine sono quelli dei quali dobbiamo servirci di meno. E quelli di cui dobbiamo servirci di più sono quelli che sono pronti a svolgere lavoro nuovo a partire dalla più diretta iniziativa interiore, e che non si vantano di ciò che hanno imparato dalle situazioni precedenti. Se non ci sbarazziamo di questa presunzione per quanto deriva ancora da circostanze precedenti, non andremo avanti in nessun caso. È una cosa che oggi dobbiamo capire bene. E infine vi dico: “Propagandiamo prima di tutto ciò che ora veramente da più di un anno si è cercato di fare. Non si deve continuare a cercare di essere superintelligenti, volendo solo piegare il vecchio, trasporlo in una qualche altra forma, e poi (perdonatemi l’espressione) leccarsi le dita per quanto si è intelligenti e credere: “Loro fanno tutto in un modo che non è pratico, qui bisogna fare così o colà”.

Si cerchi ora per una volta [di tenere presente] che cosa significa, che si sono volatilizzati quarantanove numeri del periodico di tripartizione. Perché sono svaniti nel nulla? In realtà a questo punto il periodico di tripartizione dovrebbe già essere arrivato al punto che noi lo potessimo pubblicare ogni giorno come quotidiano. Perché dico così? Perché ancora oggi io devo vedere le cose dallo stesso punto di vista che avevo in aprile e maggio dell’anno scorso, quando abbiamo cominciato con questa cosa. Credete che sia stato un modo di dire, che fosse una frase fatta, quando allora in chiusura di un gran numero di discorsi ho detto: “Ci si decida a far qualcosa, prima che sia troppo tardi!” A quel tempo si trattava si riconoscere qual era il momento giusto per determinate cose. Per molte cose oggi è semplicemente troppo tardi. Ormai ovviamente non possiamo più percorrere le stesse vie lungo le quali a quel tempo abbiamo cercato di fare tutto il possibile. Oggi non si tratta affatto, per noi, di impegolarci in una discussione coi vecchi avanzi di magazzino, né [con] quelli dei proclami, né [con] quelli dei partiti. Ormai l’importante è che noi stiamo molto saldi riguardo a ciò che abbiamo da dire e che lo introduciamo nel maggior numero di teste possibile. Altrimenti non andiamo avanti. Perché per molte cose ormai è appunto semplicemente già troppo tardi. E per certi versi presto sarà troppo tardi anche per qualcosa che ora può ancora succedere, specialmente per la diffusione delle nostre idee, se continuiamo imperterriti a prestare attenzione solo a questioni secondarie anziché andare dritti alla cosa principale, cioè a diffondere le nostre idee.

Prima ho detto che quello che abbiamo fondato come Kommende Tag in sostanza non può essere che un surrogato insoddisfacente. Se ho detto così, è perché non dobbiamo illuderci di poter essere pratici senza basarci su azioni pratiche. Cerchiamo di essere attivi economicamente, ma a questo punto arriva qualcuno a chiedere: “Ecco, allora come si deve impostare una drogheria in modo che si inserisca nel miglior modo possibile nell’organismo sociale triarticolato?” Certamente, nel Kommende Tag vogliamo fondare imprese economiche, però si tratta di capirle in modo veramente pratico. E oggi come si dovrebbe capire in modo pratico la cosa, dovendo dire: “Se mi occupo di un determinato tipo di azienda, per occuparmene in modo razionale devo anche avere un altro gruppo di aziende – per esempio per un determinato gruppo di aziende industriali devo avere un determinato gruppo di aziende agricole. Ecco, siete in grado di farlo? Al giorno d’oggi tutto questo è impossibile. Lo Stato vi rende impossibile creare un’organizzazione pratica di questo genere. Ecco quanto potere ha oggi lo Stato. Non si tratta del fatto che manchi l’esperienza, ma del fatto che dall’altra parte il potere rende impossibili le cose.

Perciò le persone che ora, di fatto, si trovano inserite in un qualche settore della vita economica, veramente al giorno d’oggi non dovrebbero proprio intrattenersi conversando su questioni secondarie, ma dovrebbero parlare di come le diverse posizioni professionali economiche, specialmente le associazioni economiche, si possano emancipare da quello che è lo Stato politico, di come se ne possano isolare. Finché per esempio i tecnici, finché queste o quelle persone, non pensano ad altro che a fondare delle istituzioni che si adattino nel miglior modo possibile all’attuale vita statale, fino a quel momento non andremo avanti neanche di un passo. Andremo avanti soltanto quando si discuterà di questo: Come ci emancipiamo? Come fondiamo una vita economica veramente indipendente, in cui l’organizzazione non viene impostata dall’alto verso il basso, ma ci si associa, e le posizioni professionali di fatto si articolano l’una con l’altra? Nelle discussioni pratiche non c’è nemmeno il primissimo ABC della tripartizione, ancora, ma si continua sempre a ciarlare e parlare a vanvera tenendo in considerazione le circostanze attuali. Ma tutto questo ciarlare oggi non ci porta da nessuna parte. Difendiamoci dalle persone che continuano a ripetere sempre: “Come si fa con questo o con quello?” Cominceremo a poter parlare in modo ragionevole soltanto quando avremo fatto un passo in avanti nella tripartizione, quando saremo realmente così inseriti in questa propaganda per la tripartizione, che un numero sufficientemente elevato di persone del settore economico sappiano: “Non possiamo dire niente di sensato finché continuiamo sempre a credere che la vita economica ci debba essere fornita per mezzo di istituzioni statali”. Solo nella misura in cui ci si inserisce in una vita economica libera, che non ha nulla a che fare con la politica, si può cominciare a parlare in modo sensato – prima è assurdo. Allo stesso modo non si può parlare di riforme della vita spirituale fino a quando non ci è chiaro che non si può cominciare a parlarne prima di essersi inseriti in un’organizzazione spirituale libera. Bisogna almeno essere consapevoli del fatto che, finché ci si trova in un’organizzazione spirituale che dipende dallo Stato, fino ad allora si devono dire assurdità, fino ad allora non si possono fare riforme. Vedete, in questo modo si arriva dritti al punto cruciale. Non si tratta di piccolezze, ma di ‘grandezze’ (gioco di parole). E tanto meglio lo si capirà, tanto più si raggiungerà proprio l’ambito della vita pratica.

Direte: “Cosa ce ne facciamo, di una simile filippica sulla questione di come dobbiamo fare propaganda?” Però, se riflettete su ciò che ho detto, vedrete che finché anche nelle nostre cerchie si fa conversazione sulle minime piccolezze di come fare propaganda (la chiamerei una propaganda da ‘ventisette soldi’, come si dice in Austria, perché là erano stati aperti dei negozi che vendevano ogni articolo a ventisette soldi) fino a quella volta non andremo avanti. Andremo avanti soltanto quando si avrà una comprensione delle grandi forze trainanti, perché oggi l’importante sono appunto queste grandi forze trainanti.

Ora, egregi signori, ho già parlato molto invano del fatto che l’importante sono le grandi forze trainanti. Ma non mi stancherò di continuare ad oppormi alla cosa più importante, a tutto quel voler scendere a compromessi e perdersi in cose da nulla. Non mi stancherò di continuare a ripetere e a ripetere sempre che al giorno d’oggi è assolutamente necessario fare in modo che le grandi masse capiscano veramente le grandi questioni internazionali. Perciò mi sento sempre anche costretto a tenere le conferenze pubbliche nello stile di ieri e ad oppormi a tutte le persone superintelligenti che dicono che si dovrebbe parlare in maniera più comprensibile alle grandi masse. Con ciò esse intendono normalmente se stesse, il loro stesso livello. Rimarrò sempre dell’idea che le persone che parlano così sono proprio i parassiti, sono questi, che dobbiamo sconfiggere.

E dobbiamo riuscire a trovare il coraggio di dirci: “Ecco, si deve fondare qualcosa di completamente nuovo”. Come ho recentemente scritto nel nostro periodico, ormai sostanzialmente i vecchi partiti non esistono più, esistono ormai solo come menzogna e come frase fatta, e consistono di persone che, non sapendo niente di nuovo, si ricoprono coi drappi dei vecchi luoghi comuni dei vecchi partiti. L’intero ingranaggio [dei partiti], anche negli ultimi giorni, dimostra proprio quanto sia necessario, nel modo più radicale, qualcosa di nuovo.

Dopo il discorso di Rudolf Steiner diverse persone chiedono la parola, intervenendo nel dibattito e ponendo delle domande.

Siegfried Dorfner: Quello che è successo qui negli ultimi giorni lo rende evidente: dai partiti non vengono fuori che meschine stupidaggini. È necessaria una critica di fondo di tutta la politica dei partiti fino ad oggi. È necessario divulgare la verità. A tal riguardo il comportamento senza compromessi dei gesuiti è degno di nota. Essi affermano: “Per quanto grande possa anche essere il numero dei credenti che si allontanano dalla Chiesa, l’importante è che non vada perduta nemmeno una singola verità”. Ai gesuiti interessa solo che vengano preservate le verità, e nient’altro che questo. Nella divulgazione della tripartizione non si dovrebbe comportarsi nello stesso modo? Non si può di certo contare sul pensare delle persone; nelle masse non c’è nessun pensare. Perciò bisogna in qualche modo trovare una via nella vita stessa. Bisogna parlare alle persone che lavorano ad un macchinario. Si può contare sulla loro fiducia, ma solo se facciamo parte anche noi della loro stessa classe sociale.

Herr Roser: oggettivamente si può agire in modo efficace solo da uomo a uomo. Le persone non vogliono leggere il pensiero della tripartizione in un giornale; vogliono conoscerlo attraverso le relazioni personali. È già da un anno che ci si impegna per la realizzazione dell’idea della tripartizione. Se a quel tempo qualcuno ha fallito, questa è stata la classe borghese; essa è responsabile di tutta la vanificazione dei nostri sforzi per la tripartizione. Non si possono incolpare le circostanze; sono sempre le persone, che falliscono.

Un partecipante al dibattito: Come si pone, egregio dottor Steiner, come si pone la tripartizione, nei confronti del sindacalismo?

Un altro partecipante al dibattito: Vorrei chiedere al dottor Steiner come pensa che l’organizzazione «Der Kommende Tag» possa ancora diffondere la tripartizione.

Georg Herberg: Prima di tutto sulla questione della giusta propaganda. Bisogna elaborare delle proposte risolutive pratiche dal punto di vista della tripartizione, per esempio sul problema del vestiario e degli alloggi, in modo che il popolo abbia un appiglio pratico. Della soluzione del problema degli alloggi in realtà sono responsabili i costruttori edili statali, i laureati in ingegneria. Però qui subentra un altro problema importante: è il contrasto fra i tecnici e i giuristi, che predomina nella nostra società. I giuristi si conquistano le posizioni dominanti; essi sono determinanti per le risoluzioni politiche. Da loro vengono le parole altisonanti, da loro risuona il discorso edificante. Bisogna che si unifichi quello che rappresentano i giuristi e quello che rappresentano i tecnici. E si deve anche chiudere il circuito fra produzione, commercio e consumo delle merci; ed è il tecnico, che è competente per il settore della produzione. Per poter percepire correttamente gli interessi e i compiti dei tecnici nella società, si dovrebbe dare vita ad una «associazione di accademici per tecnici».

Robert Wolfgang Wallach: è proprio deprimente, che riguardo alla tripartizione ci sia la questione della propaganda. Dovremmo piuttosto serbare questa idea dentro di noi in modo così vivente, da poter direttamente produrre un effetto sulle persone semplicemente per il fatto che ci rivolgiamo all’uomo nell’uomo (all’uomo che è dentro l’uomo). Lo spazzino ha bisogno del padrone di casa, e il padrone di casa ha bisogno dello spazzino; entrambi sono destinati l’uno all’altro. Perciò non dovrebbe più succedere che lo spazzino guardi di traverso il padrone di casa e viceversa.

Rudolf Steiner: Egregi signori! Purtroppo in questo dibattito si è parlato davvero troppo poco dell’idea della tripartizione vera e propria, e si è parlato solo di altre cose. Vorrei invece tornare sull’idea della tripartizione e su ciò che vi è connesso, scegliendo singole domande fra quelle che sono state poste, e ritornando così alla conferenza.

Dunque, è stato chiesto quale sia la mia posizione nei confronti del sindacalismo, o quale sia quella della tripartizione. Vedete, abbiamo cercato (veramente) di prendere posizione nei confronti delle correnti più disparate. Io stesso ancora oggi dovrei dire la stessa cosa che ho detto spesso sul sindacalismo, che ecco, in certi ambienti di sindacalisti ci sia una consapevolezza del fatto che l’associazione delle singole posizioni professionali, dei singoli settori professionali, ecc., quindi il pensiero sindacalista, può essere una certa via, almeno nella vita economica, per giungere a qualcosa di fruttuoso. Tutto questo voglio riconoscerlo, come per esempio anche il fatto che il sindacalismo è in un rapporto meno schiavistico col pensiero dello Stato rispetto per esempio al consueto socialismo marxista. Anche questo voglio riconoscerlo appieno e l’ho spesso riconosciuto. Solo che vorrei dire: tutti questi orientamenti (non dico del presente) tutti questi orientamenti non appartengono affatto al presente, ma al passato e spuntano nel presente solo per il fatto che le persone che prima si sono proclamate tali [secondo un qualche simile orientamento], non riescono affatto a cambiare modo di pensare. Si può dire che in realtà tutti i vecchi modelli di partito di fronte alle circostanze del presente hanno già perso il loro valore. Solo che le persone che prima appartenevano a cose del genere, che si definiscono in base a questi modelli di partito, non si sono ancora degnati di qualificarsi con qualcos’altro che non con [i nomi delle] vecchie forme di partito. Vedete, fino al 1914 aveva ancora un certo senso che le persone si autodefinissero con nomi del genere, come si autodefinisce ancora oggi, per esempio, il signor von Heydebrand «e il Lasa» e così via. Ma oggi non ha più senso. E allo stesso modo ormai anche attenersi a queste cose del passato, come il sindacalismo, non ha più realmente valore.

E finché si poteva tentare di raggiungere quelle persone il cui cervello potevamo ancora ritenere abbastanza ‘morbido’, per superare queste vecchie forme di partito, fino a quel momento si è tentato di farlo. Ma ecco, dalle situazioni precedenti bisogna imparare qualcosa. E oggi è veramente necessario che si impari urgentemente qualcosa dalle situazioni precedenti. E così devo dire che oggi non percepisco affatto più l’impeto della domanda: «Come mi pongo rispetto al sindacalismo?», ma vi spiego: io ho cercato di volgermi anche al sindacalismo, cioè di trovare all’interno del sindacalismo persone che fossero capaci di capire, per mezzo di un cervello ancora ‘morbido’, la tripartizione – però anche questo è stato vano. Perciò oggi bisogna dire (come ho fatto stasera) che la cosa importante è stare saldi sul solido terreno della tripartizione e non occuparsi d’altro. Perché adesso si tratta del fatto che dobbiamo trovare un numero sufficientemente elevato di persone che capiscano la tripartizione; che queste provengano da un area piuttosto che da un'altra, da quella sindacalista o da un'altra, per noi è del tutto indifferente. Oggi non ci occupiamo più di come si ponga la triarticolazione nei confronti dei sindacati, ma aspettiamo di vedere come i sindacalisti vogliono porsi nei confronti della tripartizione. Nel corso degli ultimi anni abbiamo imparato che tutto il resto è vano. E oggi può agire in modo efficace soltanto chi è capace di imparare qualcosa.

Poi è stato chiesto come si è pensato che l’organizzazione «Der Kommende Tag» possa diffondere ulteriormente la tripartizione.

Qui tuttavia vi prego, proprio per una domanda così specifica, di tenere presente che l’idea della tripartizione, in tutto il suo modo di realizzarsi, è qualcosa di completamente pratico e non galleggia in una qualche nebbia bluastra, ma è una cosa concreta. Il «Der Kommende Tag» è stato fondato perché si è capito che di norma le banche attuali nel corso del XIX secolo sono gradualmente diventate un elemento nocivo per la nostra vita economica. Ho richiamato l’attenzione su questo fatto anche l’ultima volta che sono stato ad una serata di studio. Ho mostrato che, più o meno a partire dal primo terzo del XIX secolo, il denaro nella vita economica della civiltà moderna gioca un ruolo simile a quello dei concetti astratti nel nostro pensare, che a poco a poco il denaro si è emancipato da tutta la fatica concreta, che c’è come un velo che ricopre ciò che deve dispiegarsi nelle forze economiche. E perciò oggi sorge la necessità di fondare qualcosa che non sia soltanto una banca, ma che concentri le forze economiche in un modo tale per cui al tempo stesso esse siano banca e al tempo stesso agiscano nel concreto. Dunque c’è la necessità di fondare qualcosa che leghi insieme il vero e concreto fare economia e l’organizzazione di questi settori economici, così come altrimenti in una banca si lega insieme la vita economica, ma senza prendere in considerazione le circostanze economiche, solo in modo astratto. Cioè, qui nel «Der Kommende Tag» si fa un tentativo pratico di superare i danni arrecati dall’entità denaro.

Oggi vediamo che persone di ogni genere, compagni e altri (ci sono appunto speciali ‘compagni’ della vita) al giorno d’oggi zampettano qua e là parlando di denaro libero. Sono utopisti. Sono astrattisti. La cosa importante è che per mezzo di una conoscenza della vita pratica si arrivi là dove in realtà si trovano i danni. E un danno sta nel fatto che l’entità bancaria economicamente si è configurata appunto così com’è oggi. Nella vita economica, al giorno d’oggi, l’entità bancaria ha assunto la stessa posizione che i pensieri hanno assunto nella vita animica di una persona che traspone subito tutto in astrazioni senza occuparsi delle solite singole cose quotidiane concrete, ma convertendo tutto in elevate astrazioni. Una persona che converte tutto in elevate astrazioni (come al giorno d’oggi fa la gran parte delle persone), un uomo del genere non perviene mai ad una vera comprensione della realtà. Vedete, astrazioni del genere al giorno d’oggi potete ascoltarle ogni domenica da qualsiasi pulpito. Tali astrazioni, con le quali la gente, potendo estraniarsi trasognata dalla vita per una domenica pomeriggio, si sente così tremendamente bene, non hanno più nulla a che fare con la vita. E la stessa cosa che per la singola vita animica è l’astrazione irreale, che si rifugia lassù nel mondo dei sogni, è per la vita economica l’entità bancaria che si estrinseca solo nel denaro.

Così si è potuto, facendo un tentativo in piccolo (che si spera cresca molto in grande) configurare le cose in modo tale che, in un certo senso, il denaro venga ricondotto all’economia e l’economia si sollevi al denaro, in modo che il denaro torni ad essere qualcosa che serva all’agevolazione dell’economia e a rimetterla in moto. Come i nostri pensieri non dovrebbero servire a sollevarci nelle altezze astratte e a farci sentire bene lassù, ma dovrebbe spingerci a mettere in moto le cose oggettive della vita, così l’importante è che noi immettiamo il denaro nella vita economica reale. Vogliamo far funzionare settori dell’economia e non inserirci in una banca e fare solo operazioni finanziarie, perché le operazioni finanziarie di per sé sono i danni più gravi arrecati alla nostra vita economica fin dal XIX secolo e dall’inizio del XX. Dunque, con il «Der Kommende Tag» si è semplicemente colta una idea pratica. E finché non si capirà che qui si tratta di pensare idee in modo del tutto pratico fino al più piccolo dettaglio, non si capirà nemmeno l’associazione per la tripartizione dell’organismo sociale.

E ora vorrei richiamare l’attenzione su qualcosa che è un po’ in relazione con tutto il tono che ho cercato di dare oggi, cioè, come ha indicato il signor Dorfner, sui gesuiti. Qui si ha, anche se per una cosa con la quale io in realtà non voglio avere nulla a che fare, un modo efficace di sostenere le cose. Da parte loro potete sentir ripetere in continuazione: “E anche se migliaia e migliaia di nostri seguaci se ne vanno, anche se ne perdessimo migliaia su migliaia, non ce ne importa. Ci importerebbe soltanto se perdessimo una singola verità!” In continuazione potete sentire questa affermazione da parte loro, come ha indicato il signor Dorfner: che se ne vadano pure via migliaia e migliaia di seguaci, purché non vada perduta neanche una sola singola verità. Il fatto che qui, dove si parla così per una cosa con la quale io veramente non voglio avere proprio niente a che fare, ci sia una modalità di propaganda efficace, lo si potrebbe capire. Quindi si potrebbe ritenere che non è niente, avere molti seguaci, ed è tutto poter poggiare sul terreno delle proprie verità, senza scendere a compromessi, senza ammiccare da qualche parte [e pensare]: “Se accogli anche quello, devi adularlo un pochino”. Per la triarticolazione non si tratta di fare questo tipo di propaganda. Qui si tratta di raggiungere il maggior numero possibile di persone grazie ai contenuti stessi che la tripartizione contiene – veramente non perché ci si è innamorati della tripartizione o perché si ha la testa dura, ma perché si capisce che questo è l’unico modo per andare avanti.

Ora, è superfluo affrontare quello che ha detto il dottor Herberg a proposito dei «costruttori edili accademici» e dei «costruttori edili statali» nel loro contrasto coi giuristi. Queste sono cose che sono già state risolte nelle discussioni più basilari dell’associazione. E, nevvero, un’altra cosa che non va affatto bene è che, quando noi discutiamo nel senso della tripartizione, in un certo senso ci poniamo in tutto e per tutto al di fuori dal terreno della tripartizione. Perché, vedete, dopotutto farebbe anche una strana impressione, se noi per esempio parlassimo della vita spirituale libera e cominciassimo a discutere se, ora, fosse giusto sostituire le vecchie denominazioni delle persone che lavorano al ginnasio con il titolo di ‘assessore agli studi’ e così via. Queste sono tutte domande che vengono poste nell’ambito del vecchio ente statale. Così è anche per i ‘costruttori edili statali’; non è importante come questi si pongano nei confronti dei giuristi. Perché nel momento in cui si capisce la tripartizione, non si può più parlare di ‘costruttori edili statali’, ma siamo nell’ambito di quello Stato politico che comprende la cosa in modo rigorosamente democratico e in cui ogni persona maggiorenne sta di fronte ad ogni altra persona maggiorenne in un rapporto da pari a pari. Non si tratta più di come questo Stato democratico si comporti con colui al quale si dovrebbe dare un titolo del genere e cose simili. Soprattutto, dobbiamo abituarci a penetrare un po’ di più nella realtà.

Vedete, a uno succedono delle cose nella vita, e quindi ci si può ricordare di alcune esperienze. Così, per esempio, una volta mi sono trovato insieme ad un socialista, uno che era un buon socialista, e ho parlato con lui di un funzionario governativo molto, molto in alto. Io ritenevo che questo funzionario governativo che era molto in alto fosse un totale incapace, un uomo del tutto assurdo. E dissi che pensavo che [la cosa migliore] per quel funzionario governativo che stava molto in alto sarebbe stata, in realtà, che egli abbandonasse il suo incarico e che si facesse spazzino: quella sarebbe stata la mansione giusta per lui. Avreste solo dovuto vedere la faccia inorridita di quel socialista, davanti all’idea che quell’uomo, a lui ben noto, secondo me avrebbe dovuto fare lo spazzino. Ecco, questo era solo un pensiero, ma mi sembra che indichi più realtà che il pensiero (vogliate perdonarmi) che è stato espresso poc’anzi: “Il padrone di casa non dovrebbe guardare di traverso lo spazzino, e lo spazzino non dovrebbe guardare di traverso il padrone di casa!” – Ecco, in realtà non risolviamo il problema sociale, non guardandoci di traverso. Si tratta veramente del fatto che nel nostro attuale ordinamento sociale il padrone di casa ha bisogno dello spazzino e lo spazzino del padrone di casa, ma se si limitano a non guardarsi di traverso, la questione sociale non viene, molto probabilmente non viene risolta. E se ci si vanta un po’ di qualche cosa oppure non ci si vanta, queste dopotutto sono questioni che veramente in sostanza non hanno niente a che vedere con le cose oggettive e con le serie realtà della vita del tempo presente. In realtà non si tratta del fatto che noi oggi ci limitiamo a spiegare alle persone che il padrone di casa ha bisogno dello spazzino e lo spazzino ha bisogno del padrone di casa. Qui, sullo sfondo, abbiamo sicuramente un po’ l’idea che lo spazzino debba rimanere spazzino, e il padrone di casa debba rimanere padrone di casa, solo che non dovrebbero guardarsi di traverso, - il che, ecco, sicuramente riuscirà più facile al padrone di casa che allo spazzino. Ma credo che con tutte queste cose, che puzzano piuttosto forte di ‘acido moralico’, (Moralinsäure, scherzo), oggi non germoglierà nulla. Al giorno d’oggi non si tratta soltanto di non guardarsi di traverso, ma di fare in modo che le cose cambino, che prima di tutto riusciamo a ritrovare comprensione [reciproca] al di là delle classi sociali. E questa comprensione ci porterà ad una totale riorganizzazione della vita, non solo a storgere gli occhi in modo da non guardarsi di traverso ma per dritto, ma a cose totalmente diverse. E se voi penetrate direttamente nel significato dell’idea della tripartizione, vedrete che, di fatto, viene fuori qualcosa che oggi l’umanità deve desiderare, se capisce qualcosa di ciò che vuole realizzarsi a livello mondiale. E al giorno d’oggi bisogna guardare a queste cose, non a semplici moraleggiamenti che si riallacciano sicuramente ancora alle vecchie forme che continuano ad estrinsecarsi nella vita sociale del presente. No, oggi dobbiamo capire bene che abbiamo bisogno di una nuova vita spirituale, derivante dal suo stesso ambito, dalla vita spirituale stessa. Per quanto, nel dettaglio, la conduzione della tripartizione possa anche essere fatta male, tuttavia si deve sempre e continuamente ripetere che questa tripartizione si attiene saldamente al pensiero che, se ci sarà un miglioramento, questo avverrà solo grazie ad un cambiamento di mentalità, ad una trasformazione dei pensieri e dei sentimenti umani che raggiunge le più recondite profondità, e nient’altro che a questo.


IndietroAvanti
5. Quinta conferenza7. Settima conferenza
Indice