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OO 337a - Idee sociali – realtà sociale – prassi sociale – Vol. I



SERATE DI STUDIO DELLA LEGA PER LA TRIPARTIZIONE DELL'ORGANISMO SOCIALE
Quinta serata di studio

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Stoccarda, 23 giugno 1920



Sulla politica estera alla luce della scienza dello spirito e della Tripartizione



Il conte Ludwig von Polzer-Hoditz[1] apre la serata di studio tenendo una conferenza «Sulla politica estera alla luce della scienza dello spirito e tripartizione». Poi Rudolf Steiner prende la parola.

Rudolf Steiner: Cari e stimatissimi convenuti! Vorrei aggiungere qualcosa, forse in modo aforistico, a quanto ha già menzionato il conte Polzer, dato che ci sono stati numerosi accenni a cose delle quali ho già parlato in diversi luoghi nel corso del tempo.

Ci sono svariati eventi di fronte ai quali ci si rende chiaramente conto di come, nella nuova evoluzione politica del secolo XIX, si presenti quella frattura, io la chiamerei, indicata dal conte Polzer, e che in seguito ha provocato la catastrofe. Egli ha parlato di questi anni di transizione e del totale caos che c'è stato, soprattutto fra i popoli dell'Europa centrale, a partire dagli anni Settanta, Ottanta, quando in Austria ci si è scontrati per l'occupazione della Bosnia, per la questione slava e così via. Prima ancora c'erano stati gli anni Sessanta, quando c'era ancora un certo riverbero di quegli stati d'animo nella politica europea, che derivavano dal 1848. In realtà questi stati d'animo si possono rilevare in tutta l'Europa centrale, sia su suolo austriaco che anche in quello che poi è diventato il Reich tedesco: è quello che si potrebbe definire il sorgere di un certo liberalismo astratto, di un liberalismo astratto-teorico.

Fu verso la fine degli anni Sessanta, che in Austria dai ministeri Schmerling, Belcredi, venne fuori il primo cosiddetto 'ministero borghese' Karl Auersperg, di tendenze fortemente liberali, però liberali teoriche-astratte. Poi, dopo un brevissimo governo intermedio in cui la questione slava fu portata ad un certo culmine sotto Taaffe, Potocki, Hohenwart, negli anni Settanta in Austria si formò il cosiddetto 'secondo ministero borghese', il ministero Adolf Auersperg, di nuovo una specie di orientamento borghese-liberale. Parallelamente a questi orientamenti procedevano le battaglie condotte dai partiti liberali della Prussia e dei singoli Stati tedeschi contro l'emergente imperialismo di Bismarck e così via. Queste correnti liberali, che così emergevano, sono straordinariamente istruttive, ed è un vero peccato che la generazione moderna si ricordi così poco di quanto è stato detto in Germania, di quanto è stato detto in Prussia, negli anni Settanta, Ottanta da uomini come Lasker ecc., di che cosa è stato detto in Austria da Giskra, oggi citato dal conte Polzer, e da altri simili uomini di Stato liberalizzanti. Si vedrebbe appunto come vi sorgesse una certa buona volontà liberale, che però in sostanza era priva di una qualsiasi comprensione concreta della politica. La cosa caratteristica è che in Europa sorge un liberalismo astratto, che ha molti bei principi liberali, ma che non è capace di fare i conti con i dati di fatto storici, che parla di tutti i diritti umani possibili, ma che è in grado di parlare poco della storia e soprattutto sa agire poco sulla base della storia. E forse la sventura di tutta l'Europa è stata (la guerra mondiale è cominciata in Austria, o perlomeno è iniziata a partire dall'Austria), la sventura è stata che questo orientamento liberale in Austria ha affrontato in un modo così spaventosamente non politico i grandi problemi che erano emersi proprio in Austria e dei quali il conte Polzer ha indicato i tratti più salienti.

Ora dobbiamo studiare un po' più da vicino che cosa si figurava, in realtà, questo liberalismo in Austria. Lo si può studiare riprendendo di nuovo in mano i discorsi del vecchio e del giovane Plener. Lo si può studiare considerando i discorsi di Herbst, di quell'Herbst che voleva essere un grande uomo di Stato austriaco di orientamento liberale. Bismarck, il politico realista, definì i sostenitori di Herbst 'colchici autunnali'[2], una di quelle battute di spirito che sono mortificanti nella vita sociale. E questo liberalismo lo si può studiare anche altrove, in Ungheria, dove al parlamento ungherese, continuava a ripresentarsi, con un senso del potere straordinariamente forte, Koloman Tisza, il vero rappresentante, direi, proprio anche nel comportamento esteriore, del liberalismo fuori dal mondo, estraneo alla Terra, che (senza i dati di fatto storici) fa i conti solo con quanto deriva da principi generali astratti. Tisza, il più vecchio, quindi il padre di quello che ha avuto un ruolo nella guerra mondiale, lo mostrava già nell'atteggiamento esteriore. Si presentava ogni singola volta con una matita in mano, come se stesse leggendo i suoi principi fondamentali, scritti a matita, davanti a quelli che formavano appunto un pubblico fiducioso. In un certo senso si ha una versione un po' ridotta studiando l'oppositore di Bismarck Eugen Richter, che si inserisce nella Germania prussiana, ma un po' più in là nel tempo. Su queste persone si può analizzare quella che si è sviluppata come una politica proprio del tutto sterile. Di fatto, tutte queste persone hanno studiato politica nella scuola inglese. E il dato di fatto più importante, l'aspetto più essenziale, è che tutto ciò che hanno espresso Plener, Giskra, Hausner, Berger, Lasker, Lasser, ciò che in Ungheria ha espresso Tisza, è qualcosa di positivo, di concreto per gli inglesi; che per gli inglesi significa qualcosa, perché là si riferisce a dati di fatto oggettivi, perché di fatto ciò che viene perseguito, applicato, laggiù, in termini di principi liberali, a poco a poco nel mondo può portare all'imperialismo. Ecco, direi che in queste cose, nei sostenitori inglesi di questi principi, si nasconde imponente proprio l'imperialismo. Quando nei relativi parlamenti le persone appunto suindicate sostenevano gli stessi principi, era come limonata: lì gli stessi principi non si riferivano a niente; lì erano astrazioni. Proprio in queste cose si può studiare nel modo migliore in che cosa consista la differenza fra una realtà e una frase fatta. La differenza non si trova nella parola che viene pronunciata, ma nel fatto che si sia o meno inseriti nella realtà. È del tutto diverso, se si dicono le stesse cose nel parlamento di Vienna o di Berlino, oppure invece nel parlamento di Londra. Ed è per questo che lo stesso orientamento liberale che proveniva dall'Inghilterra, e che in Inghilterra era una politica positiva e concreta, a Berlino e a Vienna era una politica di frasi fatte.

Ecco, ora non posso sviluppare qui, oggi, tutte queste cose, posso solo fare un paio di accenni, forse solo darvi delle immagini. Ma volendo vedere quali contraddizioni c'erano è interessante ascoltare una buona volta, o farsi un'idea di come hanno parlato, nel parlamento austriaco di allora o nelle delegazioni, oratori come Suess, Sturm o Plener, proprio in quel dibattito in merito all'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, prima prevista e poi attuata. E come poi è arrivato un uomo che ha dato voce al popolo slavo. Ho ancora il vivo ricordo di un discorso che a quei tempi ha fatto davvero una grande impressione, il discorso che a quell'epoca ha tenuto Otto Hausner al parlamento austriaco, e che poi ha anche fatto pubblicare: «Il carattere germanico e il Reich tedesco» - purtroppo non posso riaverlo, mi piacerebbe tanto riaverlo, ma temo che sia del tutto esaurito. Leggendo questo discorso in relazione ad un altro, che egli aveva tenuto quando era stato fatto il traforo di Arlberg, se si legge quello vi aveva detto dal punto di vista di una politica superiore e quello che, dal suo podio politico, ha introdotto nel parlamento austriaco quando Andrässy si stava dando da fare per l'occupazione della Bosnia, vediamo che erano state dette delle realtà. Hausner, esteriormente, era una specie di damerino, una specie di damerino antiquato, snob e camuffato, che gironzolava per la Herrenhaus di Vienna con il monocolo, lo si incontrava sempre alla stessa ora al Caffè Centrale, un vecchio damerino, ma assolutamente ricco di spirito e parlava a partire dalla realtà. Se si mettono a confronto tutti questi discorsi, [si vede che] in sostanza [la catastrofe del] 1914 - 1918 quella volta è stata preannunciata, perfino anche quello che stiamo vivendo adesso, questo sonno delle anime dormienti che si riversa sull'Europa centrale. E dunque si vede appunto come chi osserva le realtà (e potrei aggiungervene ancora veramente tante) di fatto doveva pervenire alla seconda tesi della quale vi è stato parlato stasera, a partire proprio dalla realtà.

Queste cose, che si riallacciano alla tripartizione, sono proprio tutte veramente non pensate in qualche maniera in modo teorico, non sono cose da professoroni, ma sono tutte assolutamente tratte dalla realtà. E chi ha vissuto il modo in cui a quei tempi in Austria questo germanismo austriaco (infatti questo era in sostanza il rappresentante del liberalismo austriaco) e lo slavismo austriaco, che all'epoca stava sorgendo e stava avanzando le sue pretese, cozzavano l'uno contro l'altro, chi ha sperimentato tutto questo dovrebbe farsi l'idea che il panslavismo è una forza positiva. È veramente rinato come una forza positiva, questo panslavismo. E, forse, ancora più importante di quanto è provenuto dall'elemento ceco (da Palacki a Rieger) è quanto è provenuto dall'elemento polacco. I polacchi proprio in Austria hanno avuto un ruolo veramente enorme come una specie di elemento di attacco, come avanguardia per lo slavismo, e tutti loro hanno sostenuto ampi punti di vista politici. Hausner stesso, che era polacchizzato, in un discorso disse che nelle sue vene scorrevano globuli del sangue «retico-alemanni» - una chimica speciale; ma sentiva di essere un polacco doc. Ma al parlamento di Vienna proprio in quei tempi tanto importanti parlavano anche altri polacchi: Grocholski, Goluchowski e Dzieduszycki e così via e va detto che venivano proprio fuori ampi punti di vista politici, mentre purtroppo il germanismo che si andava lieberalizzando si dispiegava nella frase fatta. Non poté farne a meno, tanto che poi alla fine arrivò in quel partito che ha menzionato anche Polzer-Hoditz, nel partito social-cristiano – quel partito che i giovani viennesi che a quei tempi si occupavano di politica, della quale anch'io a quell'epoca mi occupavo, chiamavano il «partito degli stupidotti di Vienna»; da questo è poi nato il 'partito delle frottole'.

Questo contrasto fra un orientamento in via di decadenza mentre ne sta sorgendo un altro è molto interessante. E in un certo senso i polacchi erano senza scrupoli, tanto che veniva fuori di tutto, per esempio quanto segue: In Austria si voleva tornare alle vecchie leggi scolastiche, alle vecchie leggi scolastiche clericali – dico “Austria”, ma, per esprimere la propria concretezza, al parlamento austriaco (il 'Reichsrat') non si parlava di “Austria”, o altro del genere, ma dei «regni e delle terre rappresentate in parlamento»; l'Austria-Ungheria aveva una forma di governo dualistica; una parte si chiamava «i regni e le terre rappresentate in parlamento», l'altra «la rappresentanza delle terre della santa corona di Stefano». Quando dunque in Austria si voleva ritornare ad una legge scolastica clericale, comunque non si poteva formare una maggioranza solo con i tedeschi, ma vi si dovevano aggiungere o i polacchi o i ruteni. Ogni volta che l'opinione si spostava in una certa direzione, si formava una coalizione fra i tedeschi e i ruteni, e quando invece l'opinione andava in un'altra direzione si formava una coalizione fra i tedeschi e i polacchi. A quei tempi si trattava dunque di formare una legge scolastica clericale. I polacchi diedero il colpo decisivo, ma cosa fecero? Dissero: “Bene, noi approviamo questa legge scolastica, ma la Galizia la escludiamo”. Quindi hanno escluso il proprio Paese. Così a quell'epoca fu emanata una legge scolastica grazie ad una maggioranza che aveva in seno delegati polacchi, ma questi delegati polacchi esclusero il proprio Paese, imposero una legge scolastica agli altri Paesi austriaci. In tal modo si verificò che una regione comandò sull'altra disponendo qualcosa che non voleva saperne di applicare nel suo stesso territorio. Così stavano le cose. Come si poteva essere politicamente adeguati ai giganteschi compiti che stavano per presentarsi?

Successe poi che il governo, dopo questo secondo ministero borghese, passò infine a questo ministero Taaffe, che ebbe a dire: “In Austria, se si vuole governare correttamente, si può solo lavoricchiare”, cioè dunque muoversi con destrezza da una difficoltà all'altra, salvare una cosa con l'altra, ecc. Il ministero che aveva a capo Taaffe in qualità di presidente dei ministri fu poi anche diretto in modo geniale. Taaffe, per la sua posizione, doveva ringraziare non tanto le proprie capacità intellettuali, quanto il fatto che a quell'epoca alla corte di Vienna – la corte di Vienna era poi proprio in quello stato che è stato descritto nell'orribile dramma di Mayerling - , che quella volta alla corte di Vienna c'era una grande ricettività per la particolare arte del conte Taaffe, che consisteva nel fatto di saper fare con il fazzoletto e le dita dei coniglietti e delle figure d'ombra. A quei tempi, queste cose piacevano moltissimo alla corte di Vienna, e questo rafforzò la posizione di Taaffe. Il che rese possibile il protrarsi di questo caos austriaco per un intero decennio. È stato veramente triste, quando ce ne si è accorti. A quei tempi ne ho parlato veramente con persone proprio ragionevoli. Si sapeva che questo Taaffe stava in piedi grazie ai coniglietti. Ma persone come per esempio il poeta Rollet, mi disse: “Sì, ma questo Taaffe alla fine è ancora il più intelligente che abbiamo” - Era proprio una situazione triste. E non si può ignorare come, a poco a poco, nel corso di quel mezzo secolo al quale ha accennato il conte Polzer, sono state poste le basi perché poi, durante la guerra mondiale, l'intelligente ma assolutamente frivolo Czernin potesse avere un ruolo direttivo nel momento più importante. A quel punto, affinché venisse capita una cosa come l'idea della tripartizione dell'organismo sociale, in che cos'altro si poteva sperare, se non in una crisi? Un'idea che, ora, nata dalle forze interiori della storia, nel 1917 è stata presentata ai poteri dell'Europa centrale. Solo che le persone non ne hanno capito nulla, e non c'è nemmeno nulla di cui meravigliarsi, perché tutto sommato da uno che fa coniglietti non ci si può aspettare che capisca la tripartizione. Saranno necessarie altre arti, per capire queste cose. Ora, vedete, vi ho presentato tutto questo come una sorta di immagine. Con molte immagini simili si potrebbe mostrare come, ora, tutta questa catastrofe si è preparata a lungo attraverso moltissime cose e come [in Europa centrale] quella che in occidente era ed è una realtà è diventata una frase vuota. E da questo è sostanzialmente scaturita quell'espressione che io [a quei tempi, nei colloqui] usavo sempre nei confronti di persone [come per esempio Kühlmann] – nei confronti di Kühlmann bisognava usare un'espressione: il fatto che la politica inglese si trovava inserita nella realtà dei grandi punti di vista storici. Questa politica inglese appunto ha preparato per secoli, sulla base di eventi storici, quanto poi è successo. Credo che, naturalmente, per capire il tutto, sia proprio necessario approfondire ciò che sta alla base dello sviluppo storico esteriore, di quello che si manifesta nella storia.

Però, miei cari amici, leggete i memoriali delle persone. Vedrete come, di fatto, laddove le persone in un certo modo si presentano per quello che sono, ci viene incontro quello che possiamo definire così: l'Europa centrale a poco a poco va a rotoli per quanto riguarda la grandezza delle idee, e le idee che sono fruttuose proprio per l'Europa centrale germogliano laggiù in Inghilterra. È interessante – prendete per esempio la figura del predecessore di Andrässy, il conte Beust, quel notevole ministro che poté sostenere quel patriottismo che poteva servire a tutti. Vorrei descrivervi anche il conte Beust con delle immagini – nei memoriali ci sono svariate rappresentazioni di come egli veniva in contatto con le personalità dell'Europa centrale: piegava le ginocchia unendole insieme, in modo molto cortese, ma piegava le ginocchia. Così è, quindi, l'uomo di Stato dell'Europa centrale che in realtà non è all'altezza. Devo citare tutte queste cose, perché il conte Polzer me lo ha chiesto in modo diretto: come si presenta ciò che da secoli ha agito a partire dall'occidente, e precisamente come una politica inglese consapevole, che opera con le potenze storiche?

Il vero veicolo esteriore [di questa politica inglese], è il re Giacomo I, e, direi, la congiura delle polveri è qualcosa di completamente diverso da come viene descritta dalla storia. È in realtà il segno esteriore, il sintomo esteriore dell'importanza di quell'impulso che a partire dall'Inghilterra attraversa l'intera Europa. È appunto una politica dai grandi punti di vista storici. Capite bene la tesi esposta oggi dal conte Polzer e che io stesso ho formulato quando, per la prima volta, ho sostenuto la tripartizione: non si può, prendendo determinate misure (oggi vengono chiamate stupidamente 'Società della Nazioni'), eliminare dal mondo ciò che esiste oggettivamente e che deve oggettivamente agire in modo continuativo, cioè la lotta economica fra Europa centrale e Inghilterra-America. Questa lotta esiste così come esiste la lotta per l'esistenza nel regno animale. Deve esserci, non si può eliminare dal mondo, bisogna invece accettarla, perché è un dato di fatto. È una cosa che i rappresentanti di questa politica anglo-americana capiscono molto bene. E qui ci viene incontro una cosa chiaramente dimostrabile – non parlo per ipotesi, ma dico cose che avreste potuto ascoltare nei discorsi fatti in Inghilterra nella seconda metà del XIX secolo. Si diceva chiaramente: “In Europa deve scoppiare una grande guerra mondiale” - come ho detto, sto solo citando dai discorsi della seconda metà del XIX secolo - “questa guerra farà sì che in Russia si crei il grande campo sperimentale per il socialismo. Là [in Russia], si condurranno degli esperimenti per il socialismo, che non ci verrebbe nemmeno in mente di voler fare nei Pesi occidentali, perché qui le circostanze non li consentono. Qui vedete grandi punti di vista, la cui grandiosità potete riconoscere dal fatto che essi in gran parte si sono avverati, e – potete starne certi – accadranno ancora. Ma questi punti di vista non sono nati ieri; i «cervelli» degli uomini di oggi, quelli sì che sono nati ieri, ma non questi punti di vista – questi sono vecchi di secoli.

Per otto giorni il conte Polzer vi parlerà di quello che è il vero testamento di Pietro il Grande, e cioè, semplicemente, di come [da est] dovrebbe esserci una contrapposizione imperialistica all'imperialismo occidentale. L'imperialismo occidentale, l'entità anglo-americana, in un certo senso voleva fondare, dal punto di vista del produttore universale, l'impero mondiale anglo-americano. In oriente si è veramente per lungo, lungo tempo agito e pensato allacciandosi ai principi di Pietro il Grande – potrete ancora sentire in che senso il testamento sia vero o sia stato falsificato; ma queste sono cose che in realtà hanno un valore molto secondario. E a tutto quello che c'è qui a occidente si sarebbe dovuto contrapporre [a oriente] in un certo senso un regno universale del consumo – quest'ultimo oggi ha già assunto cattive forme. Ma qui questi due regni stanno l'uno di fronte all'altro. Si può dire che sia l'uno che l'altro siano unilaterali in modo cattivo. E lì in mezzo fa attrito quello che, come un attacco dell'occidente, sorge nella politica liberista di Beust, Andrässy, Tisza, Berger, Lasker, Lasser e così via. Quello che qui si presenta come una propaggine dell'occidentalismo entra in attrito con quello che arriva da est, in Prussia certamente solo in una forma di polacchità indifferenziata, in Austria nelle teste caratteristiche che ci sono. Perché, di fatto, in questo slavismo vengono rappresentate tutte le teste caratteristiche: Rieger, basso, tarchiato, con le spalle larghe e un viso largo, quasi quadrato, con uno sguardo immensamente forte (direi che il suo sguardo era forza); in Rieger viveva come una specie di ripercussione di Palacky, che nel 1848 aveva sostenuto il panslavismo da Praga; il vecchio Geck Hausner, molto acuto, ma con lui si ripresenta di nuovo un'altra sfumatura di ciò che è attivo a oriente; e poi persone come per esempio Dzieduszycki, che parlava come se avesse in bocca degli gnocchi o delle polpette, ma assolutamente acuto e che padroneggiava molto a fondo la materia. Vi si poteva studiare come il germanismo austriaco conservasse un grande, meraviglioso carattere. Quando nel 1889 mi trovavo a Hermannstadt per tenere una conferenza, potei studiare il germanismo in decadenza nei Sassoni della Transilvania – Schröer ha scritto una grammatica del tedesco Zipser[3] e di quello delle piccole terre del Gottscheer. Ho dato rilievo ad alcune cose della grandiosità di questo germanismo in decadenza nel mio libro «L'enigma dell'uomo». Ci sono queste notevoli figure, che avevano in sé ancora qualcosa della grandiosità elementare del germanismo, come per esempio Hamerling e Fercher von Steinwand. Ma proprio Fercher von Steinwand per esempio negli anni Cinquanta del secolo XIX ha tenuto un discorso che racchiudeva tutta la tragicità dell'Europa centrale. Diceva: A che cosa si dovrebbe pensare, in realtà, quando si pensa al futuro del germanismo? Vi descrive gli zingari, l'essere senza patria degli zingari. È singolare, come qualcosa sia sorto profeticamente nelle migliori persone dell'Europa centrale. Ed è così, che le persone migliori sono appunto state schiacciate, e quelli che erano sopra erano uomini spaventosi. E così si è preparata questa crisi, che tuttavia in realtà dovrebbe essere una grande maestra.

In questo Stato, in Austria, nel quale prima della guerra c'erano tredici lingue ufficiali, si è veramente mostrata benissimo quanto questa vecchia conformazione di Stato sia realmente impossibile nell'umanità moderna, come sia impossibile quello che si era abituati a chiamare 'Stato unitario'. Queste tredici diverse popolazioni (in sostanza erano molte di più, ma ufficialmente erano tredici) pretendevano con tutta la loro forza quella che poi avrebbe dovuto essere espressa come idea della tripartizione. E l'Austria poteva essere addirittura la grande scuola per questa politica mondiale. Soprattutto chi l'ha studiata in Austria negli anni Ottanta (a quell'epoca dovetti farmi carico della redazione del «Deutschen Wochenschrift (settimanale tedesco)» -, negli anni Ottanta, quando esteriormente governava Taaffe, quando veniva preparato Lueger, si aveva veramente la possibilità di vedere le forze trainanti. A quell'epoca si trasformò l'intera segnatura di Vienna. Da essere una città che aveva carattere tedesco, Vienna diventò una città di carattere internazionale, quasi cosmopolita, grazie allo slavismo che vi penetrava. Si potevano studiare gli sviluppi delle cose. Allora si capiva che c'era una sorta di deliquio in ciò che era venuto fuori dal liberalismo. Era come una specie di deliquio, quando parlava Herbst. Infine si arrivò al punto che le persone capirono: Questa politica non serve più a nulla! Però non lo capirono perché, per esempio, potessero cogliere interiormente la vuotezza delle parole di una tale politica, come quella di Herbst, che non faceva che portare astrazioni, ma perché il governo di Vienna voleva ottenere la conservazione del prestigio e anelava all'imperialismo avvalendosi dell'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina. Se un uomo come Herbst vi si opponeva, non si vedeva la vuotezza delle sue frasi, quello che si vedeva era soltanto che egli non riusciva a riconoscersi nella politica imperialista. [Vi si opponeva] Plener, che in sostanza pronunciava frasi altrettanto vuote, ma che vi ci si ritrovava e che si convertì alle persone che erano a favore dell'occupazione, perché era una persona più ambiziosa. Era l'epoca in cui, nell'atmosfera di questa occupazione della Bosnia, Hausner ha tenuto i suoi grandi discorsi nei quali ha predetto in modo profetico ciò che poi in sostanza si è anche avverato. In quello che si diceva, e in cui il testamento di Pietro il Grande aveva la sua parte, c'era già un qualche bagliore di quello che poi è venuto fuori in modo così terribile. Proprio nei discorsi citati oggi dal conte Polzer e in cui sono stati citati tanto spesso il testamento di Pietro il Grande e anche i grandi punti di vista della politica slava, in un certo senso si può cogliere ciò che, se si fosse stati ragionevoli, si sarebbe dovuto fare nei confronti della politica britannica e dei suoi grandi punti di vista storici.

La politica, stimatissimi convenuti, vuole essere studiata in quanto realtà, vuole essere sperimentata come realtà. E devo ancora sempre ripetere che mi è veramente tremendamente penoso, quando le persone che ricevono «I punti essenziali» non capiscono che sono stati scritti a partire dalla fedele osservazione della situazione europea e di altre situazioni della nuova vita civile tenendo conto di tutti i dettagli significativi. Ma, stimatissimi convenuti, veramente non si può scrivere tutte queste cose nel dettaglio in un libro che è uscito come una specie di libro-programma. Oggi ho solo accennato con delle immagini ad alcune cose; ma se si volesse scrivere a proposito di queste cose, bisognerebbe scrivere cinquanta volumi. Questi cinquanta volumi ovviamente non si possono scrivere, ma il loro contenuto è confluito nei «Punti essenziali». Ed è il grande (o piccolo) è il piccolo attributo del nostro tempo, il fatto che non si percepisce che c'è una differenza fra le frasi che vengono pronunciate e scritte a partire dalla realtà e tutto quel gigantesco chiacchierio che oggi c'è in giro per il mondo e che al giorno d'oggi in realtà viene trattato come qualcosa di equivalente a quanto è stato creato e sperimentato a partire dalla realtà concreta. Si dovrebbe percepire quanto è contenuto nei «Punti essenziali» e non aver bisogno innanzitutto della dimostrazione dei cinquanta volumi. È un segno della miseria dei nostri tempi, questo non essere capaci di sentire se in una frase che forse è lunga solo due righe c'è vita o se essa è solo una vuota frase giornalistica. Questo è quello che è necessario e a cui dobbiamo giungere e a cui possiamo anche giungere: riuscire a distinguere il giornalismo e la frase fatta dal contenuto vissuto, imparato sulla propria pelle. Senza di questo non andiamo avanti. E proprio quando una buona volta si cerca un orientamento nella grande politica estera, diventa chiaro quanto oggi sia necessario che l'umanità riesca a conseguire una tale capacità di distinzione.

Questo è ciò che, con un paio di frasi veramente del tutto insufficienti, ho voluto appunto accennare in merito a quanto ha esposto il conte Polzer.


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7. Settima conferenza9. Nona conferenza
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Note:

[1]Da Wikipedia: "Nel 1917, su intervento ed in collaborazione con Ludwig Polzer-Hoditz ed Otto Graf von Lerchenfeld, preparò dei memoriali per i governi della Germania e dell'Austria-Ungheria relativi ad una offerta di pace degli imperi centrali, che nello spirito della tripartizione sociale avrebbe potuto creare un'efficace alternativa al fatale programma dei "Quattordici punti" ideato dal presidente statunitense Woodrow Wilson per l'autodeterminazione dei popoli. Nel 1917 l'ex capo del gabinetto dell'Imperatore d'Austria Carlo I, Arthur Polzer-Hoditz, portò l'Imperatore a conoscenza dell'idea della tripartizione che richiese di mettere per iscritto il sistema della tripartizione in un memoriale. Nel 1918 Arthur Polzer-Hoditz lo consegnò all'imperatore, informando ampiamente sempre lo stesso giorno anche l'allora presidente del consiglio Seidel riguardo al contenuto dello scritto. Ma non ci fu alcuna reazione".

[2] 'Herbst' significa 'autunno', 'Herbstzeitlose' è il colchico autunnale, una pianta velenosa molto diffusa e piuttosto infestante. N.d.T.

[3] Lingua minoritaria di una zona ungherese, in seguito slovacca.