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OO 330 - Nuova struttura dell'organismo sociale



Libertà per lo spirito, uguaglianza nel diritto, fratellanza per la vita economica
Conferenza pubblica

IndietroAvanti

Stoccarda, 18 giugno 1919


È ben comprensibile che in questi giorni di decisioni difficilissime e gravide di conseguenze, posso proprio dirlo: si riesce a prendere la parola solo con una certa profonda angoscia. Solo che, al tempo stesso, nell'anima umana si leva l'idea che, per l'Europa centrale, quel che è segnato da secoli, perfino da millenni per l'evoluzione appunto di questa Europa centrale, quel che sta sullo sfondo e che alla fine dovrà riuscire va raggiunto partendo da basi basi del tutto diverse, anche se, dal punto di vista economico, l'Europa centrale deve essere condotta alla sua stessa fine con mezzi esteriori materiali ancora così gravi, così pesanti. Nell'intera serie di conferenze che ho avuto l'onore di tenere qui ho sempre parlato partendo da questo presupposto e anche oggi, in questi giorni difficili, bisognerà parlare sulla base dello stesso presupposto. Infatti, è solo partendo da questo presupposto che si può gettare un po' di luce sulla domanda che adesso ci pesa così tanto nel cuore: Possiamo ancora sperare?

Accadono dei fatti apparentemente piccoli, apparentemente insignificanti, nella vita umana, che però, a chi si senta inserito in questa vita con tutte le sue forze di essere umano, si imprimono molto profondamente nell'anima come sintomi esteriori di quel che sta avvenendo nei profondi recessi dell'evoluzione dell'umanità. Un'esperienza del genere l'ho avuta quando, alcuni mesi fa, parlai dello stesso argomento del quale ho potuto parlare più volte anche a voi. Quella volta, a Basilea, parlai su invito degli studenti di Basilea di quel che attualmente, in realtà, sta alla base dell'appello alla socializzazione delle istituzioni umane. E durante il dibattito qualcuno fece la strana affermazione che non potrà esserci alcun risanamento delle istituzioni esteriori andate in sfacelo e che devono essere ricostruite, se prima Lenin non diventa padrone del mondo! Ora, in queste parole si poteva veramente sentire che, da un lato, l'appello alla socializzazione sta attraversando il mondo, e, dall'altro, in vaste cerchie su questa socializzazione regnano le concezioni più anti-sociali possibili. La persona in questione, che aveva detto quelle parole, era evidentemente un seguace dei dogmi del comunismo attualmente corrente, e non potei che obiettargli che la caratteristica più tipica del nostro tempo è che sia possibile parlare della socializzazione dell'umanità in modo così non sociale. Infatti, se si parla partendo dallo spirito di quel che oggi è necessario all'umanità, si dovrebbe almeno riconoscere che, nella socializzazione, la prima cosa è la socializzazione dei rapporti di potere e che sicuramente non si può avviare una vera socializzazione erigendo la forma di monarchia più antica di tutta la Terra sotto forma di un papato economico.

Dà molto, molto da pensare il fatto che spesso, di questi tempi, proprio quelli che credono di parlare di quel che deve succedere nel modo più progredito di tutti, ne parlano nel modo più insensato. Un'assurdità come quella che sentii dire quella volta, per me fu solo, ecco, un'esortazione che mi veniva incontro dalle cerchie più vaste, espressa da un singolo, l'esortazione cioè a riconoscere fino in fondo quel che deve veramente andare incontro, in modo ragionevole e pratico, a quanto oggi riecheggia nel mondo come appello alla socializzazione. Perché, per il bene di coloro che gridano quell'esortazione, quel che deve succedere deve succedere in modo molto diverso da come se lo immaginano queste persone che gridano, o da come, in realtà, non se lo immaginano, ma se lo dipingono esteriormente davanti all'anima in oscure frasi derivate dalle loro emozioni.

Volendo raggiungere quel che vuole affermarsi oggi, bisogna osservare in modo adeguato due cose che balenano dall'evoluzione umana più recente. Fra tutte le cose più disparate che spuntano qua e là in modo ragionevole o irragionevole, però, emergono sempre due rivendicazioni del presente, due rivendicazioni che sicuramente spesso sono state espresse appunto in modo equivoco, ma che, volendo essere all'altezza di ciò che preme per realizzarsi, bisogna esaminare nella loro vera forma. Questi due motti dell'epoca più moderna sono: primo la democrazia e secondo il socialismo. Oggi, coloro che lanciano l'appello per una riconfigurazione sulla base di sentimenti universalmente umani rivestono questo loro appello con la parola 'democrazia', mentre coloro che pensano e sentono più a partire dalla vita reale e dalle sue miserie, rivestono l'appello per la riconfigurazione con la parola 'socialismo'.

Nell'epoca moderna c'è una cosa che, molto stranamente, viene del tutto scartata dal grido dell'araldo della vita pubblica. Un partito ha riunito entrambi gli impulsi dell'epoca moderna, democrazia e socialismo, nel suo nome 'social-democrazia', trascurando già nel suo nome quella che io, oggi, vorrei dimostrare essere la prima cosa che deve stare alla base di una vera ricostruzione per noi, una ricostruzione seriamente intesa e pratica. In entrambi questi appelli è rimasta inosservata, cioè, la vita spirituale vera e propria, la vita spirituale nel senso più ampio, nel senso per cui essa non abbraccia solo quel che si accoglie in termini di concetti e rappresentazioni più elevati su ogni genere di questioni scientifiche e di concezioni del mondo, di ogni genere di arte e religione, ma abbraccia anche le conoscenze e la comprensione della vita statale e della vita economica, per come abbraccia non solo le forze umane teoriche, ma anche quelle pratiche.

Si può dire che, negli ultimi secoli, l'umanità moderna si è sviluppata in modo da avere, nella vita pubblica, una grande fiducia nelle istituzioni, alle quali voleva dare una forma sempre più democratica. E in questi tentativi poi, facendo esperienza delle condizioni economiche moderne, sono state poste quelle richieste volte ad una configurazione sociale appunto di questa vita economica. Perciò oggi, anche se l'attuale situazione caotica e inestricabile copre alcune cose che stanno sullo sfondo, si può avere il sentimento che ci sia l'aspirazione ad una socializzazione in senso democratico delle istituzioni umane, l'aspirazione ad una strutturazione democratica in senso sociale della nostra vita pubblica. Però, stranamente, quella che è andata perduta è la fiducia nelle forze della vita spirituale umana. Si crede che la democrazia possa essere utile, si crede anche che il socialismo possa essere utile, ma non si crede che nella vita spirituale stessa ci siano delle forze che forse, proprio se venissero capite nel modo giusto, potrebbero portare l'essere umano a partorire quel che appunto l'uomo deve partorire per il bene del presente e del prossimo futuro.

Se ci si guarda un po' attorno, adesso che così tante persone vogliono il socialismo, si fa una strana scoperta. Si direbbe quasi che l'appello alla socializzazione sia diventato e diventi tanto più forte e tanto più potente quanto più gli istinti umani sono antisociali, quanto più diventa antisociale la vita dell'anima umana. E viene perfino da dire: l'uomo sa, a partire dalla vita antisociale della sua anima, quanto poco è stato in condizione di configurare in senso sociale le istituzioni esteriori, e poiché egli è antisociale nella propria interiorità, leva il suo grido per una configurazione sociale delle circostanze esteriori. Soltanto che chi conosce la natura umana sa che, senza una trasformazione dell'interiorità umana, la configurazione sociale delle istituzioni esteriori è una cosa impossibile. Il grande errore dal quale l'umanità, già da molto tempo, ha preso le mosse nelle personalità che la guidavano è (l'ho accennato anche l'altro ieri) che l'uomo, per sua natura, ha già delle caratteristiche sulle quali si può contare direttamente nella società umana. Certamente si crede sempre il contrario, ma quello che ho detto risulta dall'esperienza stessa della vita umana.

Ciò su cui ho cercato di richiamare l'attenzione all'inizio degli anni Novanta del secolo scorso nel mio libro La filosofia della libertà era il fatto che l'uomo può pervenire alla sua piena esistenza soltanto se sviluppa veramente questa piena esistenza nel suo divenire fra nascita e morte, cioè se prima partorisce quel che la sua anima deve davvero avere se aspira ad un'esistenza degna dell'essere umano, ovvero la consapevolezza della sua libera natura umana derivante dallo sviluppo delle forze riposte nella sua interiorità. Si può diventare liberi e gli uomini possono diventare liberi solo se vengono educati o si educano da sé alla libertà. Chi capisce questo fatto vedrà in un modo più profondo di quanto avvenga di solito quello che oggi si presenta come appello alla socializzazione. E si chiederà: Non è che forse non troviamo un modo di rapportarci agli altri in modo sociale e democratico perché il nostro sistema educativo non sviluppa in noi quanto in noi è predisposto per la democrazia e il socialismo? Se ci si vuole inserire in una società democratica, o se si vuole fondare una società economica sociale, servono ben determinati impulsi interiori della natura umana. E si potrebbe quasi dire, se così non si scioccassero troppi uomini del presente dicendo comunque una verità giusta, che l'uomo, così come nasce (lo sviluppo del fanciullo lo dimostra chiaramente), dapprincipio non ha l'impulso alla democrazia e nemmeno quello al socialismo: bisogna invece immetterglieli nell'anima. Essi vi sono predisposti, ma non vengono fuori da soli. E prima che il nostro sistema educativo poggi su una conoscenza profonda e corrispondente alla realtà della natura umana, prima di questo non vedremo che l'uomo possa inserirsi in una società sociale o democratica con spirito democratico o sociale. Pur non essendone consapevole, cercherà sempre di far saltare la democrazia e il socialismo per via dei suoi istinti subconsci. E se nell'educazione non vengono fatti dei collegamenti sia nel senso della democrazia che nel senso del sociale, gli uomini continueranno a vivere insieme in modo che quel che è democratico diventi una specie di tirannia e quel che è sociale diventi un qualcosa di antisociale, come doveva necessariamente succedere in un tempo relativamente breve nell'Europa orientale, dove il sociale cui si aspirava non poteva che diventare la cosa più antisociale di tutte, cosa che infatti è già successa!

Questo fatto induce chi prende sul serio l'evoluzione umana a volgere lo sguardo prima di tutto alla vita spirituale, all'educazione. E prima di tutto si presenta la necessità di basare la vita spirituale e la sua parte più importante, l'educazione e l'insegnamento, su una conoscenza dell'uomo reale e appropriata. Sicuramente, a volte, si tiene conto in modo istintivo di ciò di cui si tratta, ma questa osservazione istintiva non basta, bisogna che ci sia una comprensione pedagogica profonda di quel che vi è alla base. Si tiene troppo poco conto del fatto che, durante la crescita, l'uomo attraversa tre stadi evolutivi completamente diversi in tre periodi susseguenti. Il primo periodo evolutivo è quello che si conclude con la seconda dentizione, verso il settimo anno di vita. Il secondo è quello che va dalla seconda dentizione alla pubertà e il terzo è quello che va dalla pubertà alla fine del secondo decennio di vita. Se nell'umanità devono rilucere quegli impulsi sociali e democratici che sono necessari per la creazione di condizioni adatte all'evoluzione umana, l'umanità deve convincersi del fatto che queste tre epoche di vita dell'essere umano sono diverse l'una dall'altra in modo del tutto essenziale; a questo riguardo bisogna avere lo stesso grado di certezza che si ha riguardo alle leggi di natura, ed è necessario che l'educazione e l'insegnamento si basino su queste differenze.

Chi ha la capacità di osservare interiormente il bambino in quell'importante periodo di vita che intercorre fra la nascita e la seconda dentizione sa che tutta l'attività, tutto quello che il bambino fa, è determinato in modo del tutto inconscio e istintivo dal principio dell'imitazione. In questo periodo il bambino a una grande aspirazione a parlare, a fare facce, a muovere le mani nello stesso modo in cui il suo ambiente parla, fa le facce e muove le mani. In questa aspirazione del bambino ad imitare, alla quale bisogna andare incontro con un'educazione veramente pratica, c'è qualcosa di importantissimo per la vita umana. C'è il fatto che inconsciamente, istintivamente la natura umana cerca di fare quel che non potrà mai fare nel periodo successivo della vita e cioè di riunirsi, in quanto individuo, agli altri. Nell'agire imitando e nell'aspirazione ad imitare deve avvenire un adattamento alla società umana, deve prender forma una vita collettiva veramente umana fra le persone, con legami che vanno da uomo a uomo.

Supponiamo che attualmente l'umanità riesca a decidersi a guardare in modo radicale a questo principio dell'imitazione dei primi anni dell'infanzia. Allora, se si prestasse attenzione a questo fatto, per il periodo successivo della vita si potrebbe sviluppare qualcosa che può essere sviluppato coscientemente, assennatamente, solo se nell'età infantile inconscia l'imitazione domina nel modo giusto. Questa imitazione non la si vede sempre nel modo giusto. Ecco che arrivano dei genitori e dicono: “Oh, sono molto preoccupato, mio figlio ha commesso un furto, ha preso dei soldi dal cassetto!” Si chiede loro: “Quanti anni ha il bambino?” “Cinque anni”. Allora bisogna dire: “Se per il resto, dal punto di vista educativo, è tutto a posto, non serve preoccuparsi tanto per questo, perché il bambino è un imitatore, fa quello che viene fatto intorno a lui. Ha visto che sua madre prendeva tutti i giorni dei soldi dal cassetto, e l'ha imitata”. In questa età infantile le parole che esprimono precetti morali non hanno ancora alcun influsso sullo sviluppo del bambino, ce l'ha solo ciò che facciamo nel suo ambiente. Se teniamo conto di questo e impostiamo l'educazione di conseguenza, poniamo le basi affinché, se l'uomo è stato educato nel modo giusto secondo il suo naturale desiderio di imitare, nell'età della consapevolezza sbocci in lui quella che si può chiamare la giusta attenzione, la giusta stima dell'altro uomo, l'aspirazione a rispettare l'altro come si merita di essere rispettato per il semplice motivo che ha sembianze umane. E questa è la prima condizione per la giusta creazione di una democrazia! Le democrazie possono sorgere in ambito giuridico solo in quanto, nei parlamenti democratici, viene tradotto in leggi quel che vive come rapporto paritario tra uomo e uomo. Il che avverrà quando queste persone avranno in sé impulsi di vita orientati al rispetto umano e possono averli solo se nell'infanzia sono state educate nel modo giusto secondo il principio dell'imitazione.

Ora, prendendo in considerazione la vita economica, vediamo che l'epoca moderna richiede una trasformazione di questa vita economica tale per cui non siano più decisivi il profitto, l'acquisizione del capitale e la percezione di un salario, ma che il consumo, la considerazione delle necessità umane, vengano stabiliti sulla base delle libere associazioni, delle società, delle corporazioni, che dovranno basarsi sui bisogni della vita economica delle persone, sui bisogni che sono sempre presenti e che sono i soli in base ai quali si devono organizzare il commercio e la produzione. Ciò che attualmente si basa sulla cieca offerta e sulla cieca domanda del mercato dovrà basarsi sulla comprensione del contesto umano, sulla comprensione del bisogno di consumo delle persone.

L'esperienza pratica, che deve poter capire i bisogni umani, si può sviluppare solo se le persone nella loro infanzia sono state educate in base al principio dell'imitazione, se hanno imparato, inconsapevolmente, ad adattarsi alle persone. Se hanno sviluppato attenzione per la vita umana per la vita giuridica pubblica dello Stato, potranno sviluppare comprensione per i bisogni umani nel settore della vita economica.

Oggi bisogna pretendere che nel settore della vita economica i consigli aziendali istituiscano delle coalizioni, diciamo per esempio delle cooperative. Questi consigli aziendali avranno una posizione difficile quando, in futuro, dovranno provvedere, in base alla comprensione della produzione e del consumo, a quel che oggi è affidato al caso dell'offerta e della domanda. Ma nessun consiglio aziendale, nessun consiglio di alcun tipo potrà mai essere benefico nel settore della vita economica se l'educazione delle persone non viene impostata favorendo i talenti per questi consigli, cioè per l'adattamento da parte della persona. Quest'educazione deve manifestarsi come comprensione dei bisogni umani e l'educazione deve preparare lo sviluppo di questi consigli per mezzo di una corretta educazione nella prima età infantile secondo il principio dell'imitazione.

Il secondo periodo di vita durante la crescita va dalla seconda dentizione (che incide sull'organismo nel suo complesso molto più di quanto sospettino l'attuale antropologia e l'attuale fisiologia, ché si basano su aspetti esteriori) fino alla maturità sessuale. Questa è l'età in cui la natura umana tende a quella fiducia, che la persona in crescita ha nei confronti della persona adulta, che si esprime nel sentimento dell'autorità. Al giorno d'oggi, che in sostanza si vuole estendere in modo astratto quel che vale per un settore della vita anche agli altri settori della vita, oggi già per questa età non si parla più volentieri della necessità dell'autorità. Ma se, educando i ragazzi di quest'età, si trascurasse di orientare quest'educazione verso un sano sentimento di autorità in modo da sviluppare inconsciamente gli impulsi interiori dell'anima necessari per il futuro, in seguito, nel periodo di vita della consapevolezza e della ragione, non potrebbe venir fuori un'altra cosa, che è l'unica e sola che può fare dell'uomo un essere sociale e anche un essere democratico. Nei primi anni di vita l'uomo si orienta agli altri uomini attraverso l'imitazione. Nel secondo periodo della vita, dalla seconda dentizione alla maturità sessuale, vuole adattarsi ancor più all'interiorità delle altre persone. In quel periodo, vuole imparare a capire l'altro, vuole imparare a credere a quel che l'altro gli trasmette. A questo punto vuole sentire in sé, come esperienza propria, quel che l'altro gli comunica come esperienza, vuole volgere lo sguardo verso una persona che abbia già quelle capacità che vogliono nascere in lui. In questo periodo, il ragazzo vuole istintivamente adattarsi all'altro in senso sociale. Quando poi la persona è adulta, quando in lei subentra la piena consapevolezza, tornano a germogliare in lei i fiori di quel che è stato sperimentato nell'età infantile per autorità.

Così, non si riesce ad adattarsi giustamente in senso sociale alla società umana se prima non c'è stato quell'adattamento all'interiorità umana che si estrinseca nel sentimento infantile dell'autorità. Al giorno d'oggi nessuno diventa capace di inserirsi correttamente nell'ambito della democrazia giuridica senza aver imparato, fra la seconda dentizione e la maturità sessuale, a sollevare gli occhi verso chi era più avanti di lui. Infatti solo se ha imparato a farlo può crescere in lui il sentimento vero e sano che dice: “in quanto uomini siamo tutti uguali, in quanto uomini dobbiamo vivere gli uni con gli altri in modo che fra noi l'uguaglianza diventi, giuridicamente, una realtà”. In ultima analisi, in un parlamento giuridico, statale, nell'ambito della democrazia, nessuno riuscirà a realizzare alcuna legge che sia realmente democratica, e cioè a stabilire quel che rende tutti gli uomini uguali, se dall'interiorità delle persone che fanno le leggi non emana con forza quella che è la trasformazione, nell'anima, di quel sentimento, tanto benefico nella giovinezza, che si prova sollevando lo sguardo verso un'altra persona riconosciuta come autorevole. Nel periodo successivo della vita, nell'età della ragione e della consapevolezza, non si imparerà mai a riconoscere negli altri veramente dei pari, se prima non si ha percepito il valore dell'uomo sollevando lo sguardo verso un'altra persona. Che regni l'uguaglianza, che diventi possibile la democrazia, dipende dal fatto che impariamo ad educare la natura umana secondo la sua essenza interiore. Infatti è solo dall'infantile sentimento di autorità, che nel periodo scolastico si estrinseca nelle forme più svariate, che può fiorire il giusto sentimento giuridico dell'uguaglianza fra gli uomini.

Se veramente, come ha indicato anche l'appello alla socializzazione, nella vita economica, nell'ambito della vita economica, al posto di quella distribuzione dei beni che oggi è totalmente dominata dall'acquisizione del capitale e dalla percezione del salario, se al posto di questa deve subentrare quella distribuzione dei beni che, secondo me a ragione, viene diretta da un 'sistema consigliare', allora la forza che mette in atto questa giusta distribuzione dei beni deve sbocciare (come il sentimento dell'uguaglianza nella democrazia) da quell'attrazione fra uomo e uomo che, nell'infanzia, può crescere solo dal sentimento dell'autorità. Se pensiamo ai consigli aziendali, ai consigli commerciali che avranno a che fare con quella distribuzione dei beni che oggi dipende dai bisogni del capitale e del salario, se istituiamo dei consigli che vogliano distribuire i beni nel modo giusto, bisogna che le persone che si occuperanno di questa distribuzione dei beni siano interiormente compenetrati da quella comprensione della più profonda natura umana che può derivare solo dal sano sentimento di autorità che il bambino prova in età scolastica. Per il futuro non si dovrà mai più dimenticare quello che deve essere il fondamento animico umano di tutta la vita democratica e sociale.

Il terzo periodo della vita, nel quale la gran parte dei nostri giovani credono di essere già uomini del tutto maturi – a quest'età ormai scrivono perfino Feuilletons – è quella che va dalla maturità sessuale a circa la fine del secondo decennio di vita, fino ai vent'anni. Qui non nasce solo l'amore sessuale, ma viene anche trasformato quel che prima era presente come sentimento d'autorità e che ora diventa ciò che, a questo punto, è veramente amore umano universale attivo che sente se stesso. In questo periodo della vita, grazie alla trasformazione dell'adattamento per vie imitative e dell'adattamento all'autorità, si immerge nell'anima dell'uomo quel che realmente ci dà impulsi sociali, quel che ci rende capaci di porci come uomo accanto agli uomini in modo fraternamente amorevole. Il rapporto d'amore sessuale è solo un caso specifico di quanto in quest'età si presenta come amore generalmente umano. A tutti gli uomini, indifferentemente che siano lavoratori manuali o lavoratori spirituali, per tutto questo periodo della vita deve essere data, oltre alla formazione per la professione pratica, anche la possibilità di accogliere rappresentazioni e concetti tali sul mondo e sulla vita, in altre parole una concezione del mondo tale, di accogliere conoscenze tali sulla vita naturale e spirituale, da far sì che subentri una comprensione per tutto ciò che vive, prima di tutto l'amore, la fratellanza verso gli altri uomini. Il fatto che oggi, all'allievo che deve affrettarsi verso la vita pratica, non siamo ancora arrivati a dare anche l'occasione di ricevere una formazione generale su una concezione del mondo che non lo rinchiuda in una classe di fronte alle classi privilegiate, ma che lo metta alla pari, in quanto uomo, di fronte agli altri uomini, questo è ciò che nella nostra epoca produce ancora impulsi antisociali.

E ciò che in quest'epoca, con una giusta educazione e con una giusta istruzione, dischiude all'amore umano universale e alla fratellanza per l'ambito giuridico, per l'ambito della democrazia, è quella che ora si può chiamare la reale, attiva dedizione al bene dell'uomo e all'esistenza umana. Infatti anche la democrazia potrà svilupparsi solo grazie al fatto che, oltre al sentimento di uguaglianza di tutti gli uomini, essa sviluppa anche quel che si può caratterizzare come segue. Si vede ogni persona come qualcosa alla quale ci si deve consacrare, che si vuole servire. E nell'ambito della vita economica sarà necessario che (lo ripeto ancora una volta) se la casualità della domanda e dell'offerta basata sull'acquisizione del capitale e sulla percezione del salario e sul mercato deve essere sostituita da istituzioni di cooperazione e di coalizione umane e ragionevoli, allora in quest'ambito della vita economica sarà necessario che la 'consiglieria', chiamiamola così, che qui subentra, guardi se un qualche articolo qui o là sia troppo caro o troppo a buon mercato in rapporto alla situazione umana generale. Questa 'consiglieria' dovrà rivolgersi alle persone che producono un articolo troppo a buon mercato e dir loro, col loro consiglio, (i consigli devono essere proprio quelli che agiscono non attraverso la tirannide, ma attraverso il consiglio), dir loro: “Questa azienda non è necessaria, perciò deve essere chiusa. Dovreste dedicarvi ad un'altra azienda, in modo che in una regione economica chiusa si produca sempre e soltanto una quantità tale per cui nessun articolo diventi troppo a buon mercato o troppo costoso!” Così potranno esserci i giusti rapporti reciproci fra prezzi.

Nella vita economica futura, sarà importante che, così, gli uomini sappiano, che capiscano che saranno proprio i loro stessi impulsi interiori, che si possono risvegliare, a distoglierli dal produrre soltanto secondo la loro occupazione e ad indirizzarli a produrre in modo utile al consumo necessario, al bisogno necessario della collettività. Ma ciò che è necessario per consigliare nel giusto modo, per inserire le persone in modo ragionevole nella vita economica in modo tale che i rapporti reciproci fra i prezzi possano risultare dal fatto che da una parte non è possibile alcuna eccedenza del lavoro e dall'altra parte nessuna sottooccupazione, quel che è necessario a tal fine può nascere in coloro che devono consigliare nella vita economica solo per il fatto che le persone nella loro giovinezza hanno educato il sentimento della fratellanza umana, dell'amore umano. Infatti, dovendo basare la ricostruzione del nostro sviluppo umano non su istituzioni esteriori, che sarebbero inutili, ma sulla comunione interiore umana, e dovendo inserirsi in queste nuove istituzioni, in futuro da coloro che danno consigli a una persona, che le danno consigli con un'amicizia umana, si dovrà sentire questo: “Qui c'è fratellanza! Qui la vita viene organizzata in modo che il singolo non guadagni solo secondo il capitale o il salario, ma in modo che che gli uomini lavorino affinché ciascuno possa ottenere la soddisfazione dei bisogni adeguata per la sua vita e per il suo lavoro”.

Questo mostra che bisogna occuparsi in misura particolare proprio di quella che in sostanza, direi, è stata «tralasciata fra i due» quando si sono levati gli appelli alla democrazia e al socialismo, e cioè la vita spirituale. Solo per il fatto che l'animo del ragazzo passa attraverso l'imitazione, l'autorevolezza e l'amore, l'uomo diventa un uomo completo, così che ciò che sta nella sua anima si possa estrinsecare democraticamente e socialmente nella società umana. Ma solo così gli uomini pervengono a quella che l'altro ieri ho chiamato 'la vera libertà umana', che viene educata nel passaggio attraverso imitazione, sentimento di autorità e amore. Perciò non si può dire che si incentivi semplicemente la libertà, ma bisogna ammettere: il nostro sistema educativo deve essere compenetrato da quelle forze che pongono l'uomo in quanto uomo libero nella democrazia e nella vita economica sociale.

Il fatto che nell'ambito dell'umanità europea e della sua appendice americana abbiamo trascurato questo principio di educare l'uomo, sulla base di una conoscenza oggettiva, a diventare un uomo libero, in sostanza ci ha condotti alla situazione attuale. L'uomo non è ricolmo di contenuto animico, egli guarda soltanto alla realtà esteriore. Nella vita non vuole rappresentare solo quel che è diventato grazie al contenuto della propria anima, bensì vuole rappresentare quel che lo pone in un determinato posto nello Stato. Vuole rappresentare ciò che gli rende possibile guadagnare grazie al suo capitale o al suo salario. In tal modo siamo scivolati in ciò che viene preso troppo poco in considerazione, ma che ha portato alle peggiori resistenze della nostra cultura umana così tanto bisognosa di progresso, siamo scivolati in una vita che in realtà, a causa dello sviluppo non vitale della vita spirituale, ha perso l'idea vivente, l'impulso interiore vivente dell'idea. Siamo scivolati nel mondo della frase fatta. La nostra vita spirituale è diventata retorica, e la nostra vita pubblica si sviluppa sotto la frase vuota. Questa retorica, che è priva di idee, ci separa dalla realtà.

E, nel settore in cui si deve sviluppare la democrazia, siamo scivolati in qualcos'altro. Invece di darci sempre di più la possibilità (questa non deve essere una critica storica, ma solo una presentazione di fatti oggettivi), la possibilità di guadagnarci per la democrazia l'unica cosa che può portare a delle leggi democratiche, il rispetto per l'uomo, la fiducia dell'uomo per l'uomo come nostro pari e la dedizione all'uomo, invece di far questo abbiamo sviluppato obbedienza alla legge e l'aspirazione a renderci adatti per un qualche posto statale. Nel periodo in cui si dovrebbe sviluppare l'amore umano universale, dalla maturità sessuale fino ai vent'anni, quella che si può chiamare 'autorizzazione' è diventata più importante di questo sviluppo di un capitale animico, che vive tutto nell'atmosfera dell'amore universalmente umano. Invece di rendere l'uomo un uomo completo, lo si fa diventare un qualche funzionario in uno Stato, lo si fa diventare uno che, grazie al suo capitale o allo stipendio che percepisce, può tirare avanti come in una mera cooperativa di guadagno. Obbedienza alla legge e allineamento esteriore: ecco cosa deve aspettarsi l'uomo perché la vita spirituale è stata assorbita dallo Stato, perché lo Stato è diventato il motore trainante della vita spirituale.

Se l'uomo vuole afferrare interiormente ciò che può portare alla vera uguaglianza democratica di tutti gli uomini in un reale Stato di diritto, è necessario che ci si interessi alla natura interiore e all'essenza interiore dell'essere umano. Attualmente questo sforzo di riportare la vita spirituale e soprattutto gli enti preposti all'educazione e la scuola a poggiare sulla sola base dell'essere umano e di non lasciare che tali enti vengano configurati in modo che lo Stato ci stampi sopra il suo timbro, questo sforzo adesso dovrebbe essere lo sforzo delle sfere più vaste che abbiano interesse ed entusiasmo per il reale progresso della nostra cultura. Perciò la Lega per la tripartizione dell'organismo sociale si è data il compito di radunare le persone che abbiano un interesse di questo tipo in un consiglio di cultura o come lo si voglia chiamare, in modo che grazie ad esso si possa accrescere la liberazione della nostra vita spirituale, precisamente della nostra educazione e della nostra scuola, che possa crescere la de-statalizzazione e la de-economizzazione degli enti preposti all'educazione e degli enti scolastici.

È comprensibile che le persone che sono inserite in quanto educatori o insegnanti in questa vita spirituale abbiano un certo timore che lo Stato non paghi più i loro stipendi. Che cosa farebbero, allora? Sì, questo fa parte di quelle esperienze che purtroppo al presente si fanno tanto spesso, fa parte delle esperienze che le persone talvolta capiscono che è necessario che subentri una riconfigurazione della nostra situazione sociale – ma che non possono decidersi a volere realmente ciò che potrebbe condurre ad una tale riconfigurazione. In quest'ultimo periodo, dopo aver parlato molto con le persone a proposito della necessaria riconfigurazione, anche con persone che in generale sono assolutamente convinte che si debba arrivare a tale riconfigurazione, ci si sente chiedere: “Sì, però tu devi dire in qualche modo che cosa succederà in futuro al singolo, alla singola professione!” Quando si parla di socializzazione, gli impiegati delle poste chiedono: “Come si socializza l'impiegato delle poste, in che situazione si troverà?” Alla base di queste chiacchiere c'è qualcosa di particolarissimo. Le persone non vedono la vita del presente, oggi si fanno ancora illusioni sulla durata della situazione attuale, non vogliono decidersi a immaginarsi una vera riconfigurazione, e quindi chiedono: “Ecco, dimmi una buona volta come diventeranno nel nuovo ordinamento le cose vecchie alle quali sono abituato” Una domanda del genere in realtà non chiede altro che questo: “Come rivoluzioniamo il mondo in modo che tutto rimanga come prima?” E se non si risponde alla domanda: “Come saranno le cose di prima, nel nuovo ordinamento?” allora le persone dicono: “Non capisco niente di quello che stai dicendo!”

È più o meno la stessa cosa anche quando coloro che sono impegnati nell'educazione e nell'insegnamento mostrano una grande preoccupazione per come dovrebbero mettersi le cose, per loro, dal punto di vista economico. Dato che quelle persone sono inserite nella vita spirituale in quanto insegnanti o educatori, la vita spirituale dovrà essere organizzata dall'interno, indipendentemente dalla vita statale ed economica, secondo punti di vista puramente pedagogico-didattici e secondo idee spirituali interne; per il resto, dato che anch'esse devono vivere, esse sono inserite in una comunità economica nell'ordinamento economico all'interno dell'organismo sociale tripartito. E proprio come un'azienda di operai di fabbrica ovviamente sa che dalla vita economica le viene fornito ciò che le serve per soddisfare i suoi bisogni, così la 'consiglieria' della vita economica dovrà anche provvedere a che ci sia un giusto rapporto economico fra il corpo economico, che nell'organismo sociale tripartito è indipendente e l'altro corpo economico, che deve provvedere alla vita spirituale. E quello che sta in mezzo come terza parte dell'organismo sociale, lo Stato del diritto, dovrà provvedere a che quanto viene stipulato fra il corpo economico e il corpo spirituale nel libero contratto economico, che anche questo venga rispettato.

Chi vuole realmente capire e ha il coraggio di capire che la vita spirituale deve diventare libera, che ciò che in essa è spirituale deve essere posto sul fondamento proprio dello spirito riuscirà anche a capire come si configurerà in futuro l'aspetto economico di questa parte spirituale dell'organismo sociale tripartito.

Vediamo dunque che è necessario che la libertà domini nella vita spirituale. Perché questa libertà nella vita spirituale è proprio il fondamento dell'uguaglianza nella vita del diritto, ed è anche il fondamento della fratellanza nella vita economica. Prima di tutto si deve tener conto di questo fondamento, quando si tratta di socializzazione. Altrimenti – sì, altrimenti forse si potranno trovare istituzioni esteriori di ogni genere, ma quando queste istituzioni esteriori saranno andate un po' avanti, si arriverà allo stesso punto in cui si è arrivati in Russia sotto il leninismo, dove si ha per tutti lo stesso diritto – nella frase fatta! Ma dove già oggi si è arrivati a tal punto che un operaio ha uno stipendio sei volte maggiore dell'altro, e dove certi lavoratori spirituali ricevono già 20.000 rubli, e dove si tende già con molta forza al vecchio capitalismo.

Se si vuole socializzare, è necessario interessarsi alle vere condizioni di vita dell'organismo sociale sano, non solo gridare al mondo frasi di partito e dogmi papali marxisti come l'unica cosa pratica. La fratellanza e il vero socialismo potranno estrinsecarsi solo se, sulla base di una vera educazione umana sociale, ci potranno essere uomini che mettano impulsi sociali al posto degli impulsi antisociali, perché le istituzioni esteriori non faranno alcun socialismo.

Proprio nell'ambito della vita economica si rivelerà molto presto che tutte le istituzioni esteriori non possono produrre alcun socialismo, se gli uomini che sono inseriti in questa vita economica non riescono ad ordinare secondo ragione e fratellanza ciò che finora, in questo settore, è stato fatto secondo i principi astratti dell'acquisizione di capitale e di salario, della domanda e dell'offerta. Perché dalle idee confuse secondo le quali la situazione della produzione si sviluppa da sola in modo che gli uomini possano vivervi socialmente, da queste idee confuse oggi si evince già in modo sufficientemente chiaro che la vita sociale deve essere prodotta dagli uomini stessi, dagli uomini sociali. Saranno corporazioni di persone che cooperano socialmente, a produrre quello che nel mio libro I punti essenziali della questione sociale nelle necessità della vita del presente e del futuro ho caratterizzato come 'riscatto del capitale'.

Se vediamo come ha agito il capitale, innanzitutto deve esserci chiaro che questo capitale ha staccato l'uomo dal vero, obiettivo interesse alla produzione. Invece di consacrarsi a ciò che si produce, producendolo in modo da conferirgli il sentimento: “Così come ti faccio, tu servi agli altri, ai miei consimili, che io considero in modo fraterno”, invece di dare questo ai prodotti umani, oggi si guarda a quello che si può scrivere nel registro come prezzo di vendita dei prodotti. In questa separazione dell'uomo dall'interessamento al valore dell'uomo c'è il vero e proprio danno della realtà del capitale e del salario. Così è anche successo che il capitale viene visto come qualcosa di assolutamente separabile dalla reale collaborazione, dalla diretta collaborazione attiva all'interno della società umana, dell'opera umana, e il capitale è qualcosa che si moltiplica da sé, che si moltiplica anche per chi non se lo guadagna col proprio lavoro.

Il danno del sistema estremo del capitale si può esprimere in un modo molto più semplice. In sostanza tutto il capitale viene legittimamente accumulato per il fatto che un certo lavoro spirituale produce qualcosa che serve ai consimili, che serve loro come produzione di beni. Ma al posto di questo collegamento fra le forze spirituali dell'uomo e il capitale è subentrato qualcos'altro, è subentrata la proprietà privata personale del terreno, la proprietà privata personale dei mezzi di produzione. In un vero Stato giuridico non può mai esserci un diritto sul terreno come proprietà personale. La distribuzione del terreno deve essere fatta democraticamente, e la realizzazione del capitale (come ho spiegato nel mio libro I punti essenziali della questione sociale) può avvenire nel senso giusto soltanto se il mezzo di produzione già pronto non è più vendibile, bensì è un bene libero. Allora quel che oggi viene dato al capitale verrà restituito al lavoro spirituale. Questo è ciò cui dobbiamo tendere, ma cui possiamo tendere solo se capiamo che bisogna educare le persone in modo che esse si sappiano porre di fronte ai loro consimili con spirito libero, che esse si inseriscano nella società umana con uguali diritti, senza reclamare alcun privilegio, e che per la vita economica, che deve orientarsi esclusivamente alla produzione e al consumo, esse creino delle organizzazioni che si articolino in libere associazioni, corporazioni, cooperative che siano fondate sul principio della vera fratellanza e con la comprensione dei bisogni di consumo delle persone.

Chi vuole che il capitale frutti degli interessi senza collegarsi ad un qualche lavoro spirituale può farsi dare questo capitale da far fruttare solo per eredità o in un altro modo da una persona che, attraverso il suo lavoro spirituale, sia stata in rapporto col capitale grazie al suo lavoro spirituale. Ma il rapporto fra il capitale e l'uomo è giustificato solo fintantoché le capacità, il lavoro spirituale dell'uomo, giustificano il rapporto coi mezzi di produzione, che in realtà sono il capitale.

Il possesso di capitale da parte di uno che non produce da sé è tanto sociale quanto uno che volesse farsi pagare per una nave che è affondata nell'oceano. Una nave che è affondata nell'oceano non può più dare nulla agli uomini. Non c'è più, e al suo posto deve subentrare una nave nuova. Chi ha un reddito derivato dall'interesse del capitale senza dover lavorare si comporta nello stesso modo di uno che vuole essere ricompensato per quanto deriva da una nave affondata.

Con la non-più-presenza delle capacità umane e con la morte della persona, il rapporto fra questa persona e i mezzi di produzione, cioè il capitale, deve potersi sciogliere. Queste sono cose che oggi gli uomini capiscono ancora così poco solo perché contrastano le attuali abitudini e le attuali istituzioni. L'incomprensione dipende solo dall'abitudine alle vecchie circostanze, e non dal fatto che la cosa in sé non sia comprensibile.

Ora si può dire: “Tu affermi che le cose che dici siano pratiche, mentre invece sono idealistiche!” Certo, chi oggi non capisce che quel che è idealistico deve diventare pratico e che siamo arrivati nelle condizioni in cui ci troviamo proprio perché abbiamo sempre solo creduto che ciò che è pratico consista nella routine dell'incontro con le altre istituzioni, chi non capisce che questa credenza era ingannevole e oggi la cosa pratica sono le idee, non può veramente prender parte a ciò che è necessario per la ricostruzione della nostra evoluzione umana. Viviamo in un'epoca in cui l'idealismo (se si vuole chiamare così quel che qui viene introdotto dalla vita pratica) è la cosa più pratica in assoluto.

L'altro ieri ho accennato alla grande differenza che c'è fra la costituzione dell'anima d'oriente e quella d'occidente. Noi, qui in Europa centrale, siamo posti fra questa costituzione animica d'oriente e quella d'occidente. Se riconosciamo, in quando popolo centrale, dal carattere nazionale tedesco, di avere il compito di portare anche l'equilibrio fra oriente e occidente per mezzo di una costante formazione autonoma della vita spirituale, della vita giuridica, o statale o politica e della vita economica, allora ci mettiamo nella posizione giusta per avere sicurezza per il futuro, anche se oggi da tutte le parti gli uomini vogliono tirarci via il terreno da sotto i piedi. Possono farlo fino ad un certo punto, perché noi, in quanto popolo del centro Europa, abbiamo omesso per decenni di metterci in condizione da far sgorgare la nostra vera e propria forza in quanto popolo mitteleuropeo. Ma non devono essere dimenticati i rapporti con quelle forze del nostro carattere nazionale dalle quali sono fioriti i grandi contributi dell'umanità idealistici e al tempo stesso grandiosi di Lessing, Herder, Goethe, Schiller ecc. Non devono essere dimenticati quegli impulsi centro-europei grazie ai quali, in un'altra epoca difficile, Johann Gottlieb Fichte ha riversato fuoco nei cuori dei popoli dell'Europa centrale.

Ciò che, in realtà, sta alla base di questo fatto, gli altri popoli lo intuiscono. Ma noi non dovremmo soltanto intuirlo, dovremmo riconoscerlo. Dovremmo dirci, se odiamo gli altri e gli altri ci fanno concorrenza e vogliono in qualche modo annientarci, allora quello che noi abbiamo sviluppato negli ultimi decenni non è il nostro personalissimo modo di essere, bensì è un modo di essere troppo uguale a quello degli altri, che noi abbiamo copiato da loro come industrialismo non-tedesco. Se allora riconosciamo quali sono le vere radici della nostra forza, allora per noi c'è ancora speranza! Noi tedeschi non possiamo metterci in quella situazione di lotta concorrenziale con gli altri nella quale la mera vita capitalistica esteriore ci ha messi negli ultimi decenni. Dobbiamo porci in un ambito spirituale. Dobbiamo capire che quel patriottismo che è consistito nel solo votarsi alla speranza che la Germania, vincendo, avrebbe portato ancora più capitale all'imprenditoria, che quel patriottismo che ora si sostituisce con l'altro: “Passiamo dall'altra parte, diventiamo patrioti di là, perché da là il capitale può portare interessi” - dobbiamo capire che questo patriottismo non è patriottismo tedesco! Dobbiamo porci su questa base. Dobbiamo riuscire a concepire noi stessi come il popolo che è situato fra oriente e occidente per una mettere in atto una ricostruzione sulla base della libertà per lo spirito, dell'uguaglianza per il diritto, della fratellanza per l'economia.

Laggiù a oriente è sorta, un tempo, la massima luce spirituale, in occidente viene acceso il combustibile per questa vita spirituale. La luce spirituale dell'oriente sta sfumando, è rovinata nel nirvana. Il combustibile dell'occidente non potrà accendersi se si inserisce solo nell'oscurità dei rapporti di capitale e di salari. Noi in Europa centrale dobbiamo fondare la nostra speranza solo e unicamente sul risveglio del combustibile dell'occidente per mezzo della luce dell'oriente, facendolo diventare un fuoco che riesca ad infiammare l'umanità. Questo è il nostro compito idealistico, ma massimamente pratico. Questo è ciò a cui si vorrebbe pensare più di tutto, in questi giorni che opprimono così terribilmente i cuori e le anime, nei quali il combustibile dell'occidente vuole toglierci ciò che noi almeno abbiamo, giorni nei quali dobbiamo essere gettati nella povertà materiale e nella miseria materiale.

Al giorno d'oggi molti ancora non lo capiscono, però è così. Questi giorni ci annunciano con voce potente: “Si tratta di essere o di non-essere!” E quel che dovrebbe sgorgare da questa conoscenza del fatto che si tratta di essere o non-essere è che noi siamo chiamati ad accendere il combustibile dell'ovest con la luce dell'est. Oggi, schiacciati nella miseria più amara, possiamo ricordarci una frase di Fichte, anch'essa pronunciata in tempi duri, in cui egli, parlando da senz'altro tedeschi a senz'altro tedeschi, disse: “Se voi non riconoscete voi stessi, se non trovate voi stessi dentro di voi, il mondo perderà quel che può avere soltanto da voi!”

Nonostante tutto ciò che ci opprime, nonostante tutta la miseria e il dolore che ci aspettano, se abbiamo fiducia nello spirito possiamo comunque alzare la testa di fronte a coloro che vogliono annientarci e gridar loro: Se ci annientate, annientate qualcosa che vi serve, che non potete ottenere da nessun'altra parte che da questa Europa centrale che adesso volete gettare nella polvere. Avete imparato a gridare: «libertà, uguaglianza, fratellanza», ma a quel che da lungo tempo in queste tre parole è diventato frase fatta noi vogliamo dare un contenuto, dare contenuto dalla testa, dicendo del tutto, non a metà: “Libertà per lo spirito!” Vogliamo dargli contenuto dal cuore, dicendo del tutto, non a metà: “Uguaglianza per il diritto!” E vogliamo dargli contenuto da tutto l'uomo intero, concependolo spiritualmente e fisicamente, dicendo non a metà, ma del tutto: “Fratellanza per l'economia! Fratellanza per tutta la vita in comune degli uomini!”


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Trad. 07/2017