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OO 329 - Liberare l’uomo per ricostruire la società



Settima conferenza
La scienza dello spirito (antroposofia) e la situazione culturale del presente e del futuro

IndietroAvanti

Basilea 20 ottobre 1919


Se qui a Basilea, alla Aeschenplatz, prendete il tram per Dornach e poi proseguite lungo la viuzza che attraversa il paese, arrivate su una collina sulla quale si erge l’edificio del Goetheanum, che diventerà un’università di scienza dello spirito. Anche se abbiamo notato, ed è ancora piacevole notare, che in quest’ultimo periodo, giorno dopo giorno, un numero straordinariamente elevato di persone viene a visitare questo edificio, tuttavia c’è da dire che quando nel mondo esterno, per esempio anche nell’ambito degli articoli di giornale, si risponde in qualche modo alle domande su ciò che verrà coltivato all’interno di questo edificio una volta che sarà pronto, ancora oggi in genere (naturalmente escluse le eccezioni) si risponde dicendo il contrario della verità. Si dice veramente tutto il possibile a proposito di ciò che verrà coltivato in futuro o che viene coltivato già adesso in questo edificio a Dornach. In ogni caso, le risposte che vengono date sono molto lontane dall’obiettivo che si prefiggono coloro che prendono parte alla corrente spirituale che sta alla base di questo edificio di Dornach. Infatti questo obiettivo deriva dalla considerazione e scrupolosa osservazione di quelle che io chiamerei le condizioni culturali dell’umanità del presente e del futuro. E in base a tutti i presupposti di cui proprio stasera mi permetterò di parlare, alla base di questo movimento spirituale che dovrà trovare espressione nell’edificio di Dornach c’è la convinzione che numerosissime persone desiderino che il pieno risanamento, l’ulteriore sana evoluzione della nostra cultura umana, provengano dall’anima dell’uomo, dal nesso col mondo spirituale che l’uomo può trovare nella propria anima. Alla base di questo movimento c’è la convinzione che, anche per quanto riguarda le esigenze e le difficili situazioni che si manifestano nella nostra vita sociale, bisogna cercare di trovare gli impulsi che, nello spirito e nell’anima, corrispondono agli aneliti di un grande numero di persone – e questo numero crescerà sempre più.

Ora possiamo dire (voglio solo menzionarlo a latere) che adesso le domeniche e anche altri giorni parecchie persone vengono da Basilea e dintorni per assistere, nella sala provvisoria della nostra falegnameria, in cui per il momento, finché potremo inaugurare il Goetheanum stesso, dobbiamo allestire questi spettacoli, quelle che noi chiamiamo le nostre rappresentazioni di euritmia, e c’è da credere che un grande numero di coloro che hanno già fatto pellegrinaggio a Dornach per assistere a questi spettacoli di euritmia si siano certamente convinti che anche in questo particolare cerchiamo di spiritualizzare qualcosa in un ambito circoscritto, di elevare alla sfera dello spirito qualcosa che ancora oggi, sotto l’influsso del materialismo degli ultimi secoli, la nostra cultura coltiva appunto in modo più o meno materialistico, fisiologico e così via.

Nell’euritmia abbiamo un’arte del movimento dell’organismo umano tratta dalle predisposizioni dell’organizzazione dell’uomo nel suo complesso, dell’uomo intero, che comprende corpo, anima e spirito. E a prescindere dal fatto che in euritmia si persegue una particolare forma artistica nuova, che in realtà non deve essere paragonata a ciò che spesso si percepisce nelle altre arti affini, possiamo anche dire che anche alla base di queste aspirazioni allo spirito c’è quella che vorrei chiamare ‘animificazione’ delle possibilità di movimento dell’organismo umano, che per esempio nello sport vengono concepite soltanto in modo esteriormente fisiologico, in modo puramente materiale. L’uomo deve compiere dei movimenti, e perciò un giorno anche all’euritmia verrà riconosciuto un valore pedagogico-spirituale. Oltre ai movimenti artistici, l’uomo dovrebbe così compiere dei movimenti che non sono tratti, come nello sport, semplicemente dall’anatomia e dalla fisiologia umana, ma sono tratti da ciò che può vivere nell’uomo in movimento, cioè dallo spirito e dall’anima.

Ora, se al giorno d’oggi ci si presenta al mondo con una corrente spirituale o animica che interviene energicamente, è difficile non essere fraintesi. In realtà si potrebbe dire che i malintesi sibilano da ogni fessura. E così può quindi succedere che, per esempio, in singoli luoghi in cui alcuni malintesi riguardo alla scienza dello spirito stessa sono già stati spazzati via, alla scienza dello spirito si permetta addirittura di aver voce in capitolo sulle questioni sociali. Però in singoli luoghi dove io dovevo parlare della scienza dello spirito e delle questioni sociali abbiamo anche fatto una cosa che noi riteniamo giusta, ma che altri considerano un’inettitudine, cioè abbiamo fatto, contemporaneamente, degli spettacoli di euritmia. E guarda un po’, subito si è affermato il giudizio: che valore può avere un’attività spirituale che contemporaneamente fa svolgere esercizi di danza?

Ora, potrei facilmente estendere la lista dei malintesi che ci giungono da ogni angolo, perché spesso al giorno d’oggi il mondo giudica ancora come se tutto ciò che si deve fare nell’edificio di Dornach fosse qualcosa di oscuro, qualcosa di oscuramente mistico. Al giorno d’oggi, quando si parla di attività spirituali, molto spesso si sente dire che qua e là, e perfino in moltissimi luoghi, si coltiva ogni misticismo possibile. Ma il movimento che si allaccerà all’edificio di Dornach non ha nulla a che vedere con tali oscuri movimenti mistici, e coloro che vogliono vedere con chiarezza e verità queste cose potrebbero già intuirlo per il fatto che chi vi sta di fronte e vi sta parlando [del movimento antroposofico] e dell’edificio di Dornach, di questo Goetheanum, come di una cosa sua, può rimandarvi ad un libro già scritto nel 1894, La filosofia della libertà. E se qualcuno legge questa Filosofia della libertà, io penso che non avrà l’impressione che con questa Filosofia della libertà venga messo al mondo qualcosa di oscuramente mistico, fanatismi o altro del genere. E posso dire che sicuramente alla fine tutto ciò che deve costituire il contenuto principale, l’impulso principale di questo movimento scientifico-spirituale di cui devo parlare, intride quell’anelito dell’umanità contemporanea che si manifesta nell’impulso a dar forma ad una vita in cui il singolo individuo da un lato possa ben adempiere ai suoi doveri sociali, ma che dall’altro, in quanto singolo individuo, possa essere un essere libero.

Solo a mo’ di introduzione vorrei accennare ad un fenomeno che si collega a qualcosa che conoscete bene. E anche se oggi avvio le mie considerazioni riferendomi ad un politico, non crediate affatto che io voglia neanche lontanamente farmi carico di parlare della cultura politica del presente. Vorrei parlare della situazione culturale del presente e del futuro in un modo molto più ampio; però desidero comunque menzionare una caratteristica che ci può mostrare come, in un certo senso, dall’impegno culturale e dagli ideali culturali del presente si ricava il grido di libertà, però appunto lo si ricava davvero senza prenderlo abbastanza profondamente. E il fatto di prenderlo abbastanza profondamente, di approfondire quello che per l’umanità è l’anelito alla libertà, si connette strettamente alla concezione scientifico-spirituale delle condizioni culturali del presente e del futuro.

Chi di voi ha ascoltato le mie conferenze di quest’anno e anche quelle precedenti, questi egregi uditori che si ricordano che cosa ho detto nel periodo in cui Woodrow Wilson, diciamo, era un uomo stimatissimo in tutto il mondo, al quale si sollevava lo sguardo, nel quale si riponevano numerose speranze per il futuro, questi egregi uditori non se la prederanno con me, se io, che nei tempi in cui quest’uomo aveva molti seguaci mi sono liberamente opposto a lui da un certo punto di vista, oggi prendo avvio dalla particolare concezione della libertà, dal particolare grido di libertà che risuona dalla concezione del mondo politica di Woodrow Wilson. Adesso la cosa è finita, tuttavia c’è da credere che la forte impressione che Woodrow Wilson ha fatto sul mondo finora (altrimenti, penso, del tutto inconcepibile) poggi proprio sul fatto che alla base di tutti i punti programmatici, di tutto ciò che quest’uomo ha messo al mondo, alla fin fine in un certo modo c’è l’impulso della libertà umana. Vediamo un po’ come ha agito quest’uomo prima di diventare presidente d’America, vediamo un po’ che cosa lo ha reso grande come presidente d’America. Vedremo che questo dipende dal fatto che egli concepiva la possibilità di strutturare la vita sociale in modo che le persone potessero democraticamente avere la loro libertà. Woodrow Wilson aveva osservato che, proprio negli ultimi decenni del XIX secolo e all’inizio del XX secolo, in seno alla vita americana si erano formati grandi accumuli di capitali nelle mani di poche persone. Aveva osservato che si erano formati i trust e così via. E vedeva che in tal modo pochi singoli uomini che disponevano di molto capitale potevano comandare su altre persone. Su questo aspetto egli si impegnò con le sue osservazioni e con la sua attività. Fu innanzitutto lì che fece valere l’impulso alla libertà. Riguardo all’accentramento del potere economico-politico nelle mani di pochi, pretese una completa democratizzazione della vita statale. Egli voleva che ciascun singolo individuo avesse la possibilità di far fluire le sue capacità nella vita sociale. Non voleva che alcuni, dopo essersi stabiliti in un qualche ramo industriale o commerciale, potessero trovarsi in uno stato di monopolio cui le valide capacità dei più deboli non potessero tener testa. Voleva che le iniziative per ciò che deve avvenire nella vita sociale venissero cercate in ogni singolo individuo, anche nei luoghi più semplici. E lo disse spesso. Ed è proprio una sua caratteristica quella di dedicare ovunque il suo impegno politico all’obbiettivo, appunto, della libertà.

Ci basti prendere in considerazione il suo libro, straordinariamente significativo, La nuova libertà. Si direbbe che in ogni pagina si vede verificarsi quel che ho appena detto. Voglio soltanto citarvi uno dei suoi pensieri più importanti. Egli disse: “C’è soltanto un mezzo per creare una vita libera, e cioè premurarsi affinché sotto ogni camicia batta un cuore libero e pieno di speranza”. Credo davvero che ciò che ha agito con così tanta forza sia stato questo grido di libertà. Ora, questo grido di libertà risuonava sempre fin dentro l’attività politico-sociale pratica. Il libro La nuova libertà effettivamente è solo una raccolta di comizi elettorali. Qui dunque non si tratta di una libertà solo filosoficamente speculata, non si tratta di una qualche semplice coscienza astratta della libertà; si tratta di una libertà che va realizzata e messa in pratica nella vita.

Ora, col mio libro La filosofia della libertà, scritto all’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, anch’io ho cercato di concepire una libertà che va realizzata e messa in pratica nella vita. Ma adesso che, dopo lunga esitazione, ho fatto pubblicare questo libro in una nuova edizione, adesso posso ben dire apertamente che credo che anche un’estrinsecazione veramente pratica della libertà sia possibile solo se questa libertà non la si cerca solo nella vita sociale e politica esteriore, ma nelle profondità dell’anima umana stessa. E nelle profondità dell’anima umana stessa la libertà andrebbe cercata attraverso la mia Filosofia della libertà. Se si resta alla superficie della sola vita sociale e politica o della vita comunitaria esteriore, si vedrà presto che non è affatto possibile realizzare la libertà concependola soltanto in quel modo. Infatti la libertà è una cosa che deve sgorgare dal singolo individuo, che non può esserci se i singoli individui non sono capaci di realizzarla, se prima i singoli individui non la riversano nella vita sociale che conducono insieme. Ma per apprezzare appieno il significato di ciò che ho detto, per coglierlo a vantaggio della cultura del presente, bisogna guardare al di là di alcune cose immesse nel presente dalla semplice fraseologia e bisogna cercare per una buona volta di parlare di alcune cose con grande serietà e veracità. Il grido di libertà è presente, direi, ovunque in tutto il mondo istruito. Oggi, per chi solo lo voglia sentire, è presente nel mondo americano, in quello europeo, in quello asiatico. E la domanda è solo questa: come si può realizzare la coscienza della libertà nella vita del presente?

Qui, una buona volta, bisogna osservare con maggiore precisione come al giorno d’oggi parla della libertà un uomo entusiasta dell’impulso libertario come Woodrow Wilson, e come parlano della libertà altri. Vi suonerà strano, e devo ammettere di aver esitato a lungo prima di esprimere questa verità in forma così brusca, come sto per fare, perché al giorno d’oggi queste cose scioccano ancora molte persone, perché queste cose si prendono ancora troppo secondo le frasi fatte abituali, si penetra troppo poco in ciò che realmente sta dietro queste cose. Provate a leggere il libro La nuova libertà di Woodrow Wilson, sentite cosa vi dice sulla situazione sociale in America e poi sulla situazione sociale nella civiltà contemporanea in generale. Che cosa vi trovate? In realtà solo critica, critica del fatto che all’interno della civiltà contemporanea la libertà non si è realizzata, del fatto che per realizzare questa libertà all’interno della cultura e della civiltà attuali ci si deve impegnare. Nel libro di Woodrow Wilson La nuova libertà ci sono taglienti parole di critica in questo senso. E se ci si ferma alla critica (e in questo libro non si trova molto altro oltre alla critica) e poi ci si chiede in modo veramente serio e onesto: “Come si rapporta questa critica della libertà o anche critica sociale di Woodrow Wilson nei confronti della critica che viene fatta dall’altra parte?”, si arriva ad uno strano risultato. Per esempio io mi sono cimentato per provare come la critica della libertà di Lenin e di Trotzky, questa critica della libertà e degli stati sociali, si rapporta alla critica di Woodrow Wilson nella Nuova libertà e credo che chi fa questo confronto in modo serio e verace non può dire altro che: “Per quanto riguarda la critica delle condizioni sociali e la realizzazione della libertà in esse, oggi Woodrow Wilson concorda con Lenin e Trotzky, per quanto diverse siano le conseguenze che essi ne traggono”.

È una verità che bisogna saper ammettere, anche trovando del tutto comprensibile che, nonostante questa critica, naturalmente Woodrow Wilson giunga a conseguenze opposte a quelle di Lenin e Trotzky. E anche se, proprio come il sottoscritto, si è convinti che Lenin e Trotzky siano i becchini, e non i nuovi fondatori, di una vita sociale, che non potrebbe esserci niente di peggio per l’umanità che la realizzazione delle idee di Lenin e Trotsky, tuttavia in ciò che adesso, appunto, deve essere spiegato si esprime un importante, un significativo dato di fatto: si esprime il dato di fatto che oggi dai più contrastanti punti di vista partitici, dalle passioni sociali più contrapposte, gli uomini arrivano a critiche simili delle condizioni culturali esistenti e infine anche al grido astratto di libertà. Solo che concepiscono questa libertà in un senso molto, molto diverso.

Se si capisce che alla fin fine il vero impulso alla libertà può provenire solo dalle profondità dell’anima umana stessa, ci si chiederà anche: allora com’è che, nonostante tutto il far politica e le grida di libertà di Woodrow Wilson, nel suo libro e anche negli altri suoi libri ci sono moltissime cose di cui si deve dire che sono verità astratte, non pratiche, che non potranno mai penetrare nella realtà? Io credo che sia proprio il modo in cui Woodrow Wilson intende la libertà, ad impedirgli di essere un uomo realmente pratico per la vita animica del presente. Il modo in cui Woodrow Wilson spiega la libertà è molto caratteristico. La spiega, diciamo, come se avesse tratto l’intera somma dei suoi concetti dalla produzione delle macchine. Per esempio dice: “Una nave si muove liberamente se è allestita in modo che i suoi macchinari si adattino esattamente ai movimenti del vento, al moto delle onde, se non subisce impedimenti e rallentamenti a causa dei movimenti del vento e dal moto delle onde, se per così dire viene condotta liberamente, senza opporre resistenza a ciò che la conduce”. E così, nel senso di Woodrow Wilson, libero sarebbe un uomo che fosse talmente adatto alle condizioni sociali esterne, che niente in lui ne intralciasse e rallentasse la conduzione, in modo che, per così dire, egli non senta mai di dipendere, di essere costretto, di essere disturbato in qualche senso. In realtà basta prendere seriamente una sola singola frase per trovare il significato di questa concezione della libertà di Woodrow Wilson. Se paragoniamo seriamente e onestamente l’uomo (che si dovrebbe attivare liberamente a partire dai più intimi impulsi della propria anima in un qualche ordinamento sociale degno dell’essere umano), se lo paragoniamo ad una nave che si contrapponga il meno possibile alla forza del vento e delle onde, allora perdiamo completamente di vista il fatto che la nave deve essere mantenuta stabile da un’altra forza contro il vento e le onde, non può mantenersi stabile da sola, mentre invece l’uomo, per essere libero, sicuramente non deve essere solo pilotato dalle forze sociali, ma eventualmente deve proprio potersi mantenere stabile da solo e potersi anche contrapporre alle forze che agiscono su di lui. Così, come vera idea di libertà avremmo il contrario di quella specie di definizione di libertà si trova in Woodrow Wilson. E vedremo che al giorno d’oggi l’indeterminato grido di libertà si trova in molte persone, ma ciò che esse collegano coscientemente all’impulso di libertà è diverso da ciò cui mirano realmente a livello inconscio. Quando negli anni Ottanta del secolo scorso concepii la mia Filosofia della libertà a partire dallo spirito umano, questo mi stava già davanti all’occhio dell’anima. Avevo sotto gli occhi il fatto che la domanda: “In generale l’uomo può essere interiormente libero o non libero?” - avevo sotto gli occhi il fatto che questa domanda ha impegnato la filosofia e la concezione del mondo e le convinzioni religiose lungo tutta l’evoluzione dell’umanità civile. Se l’uomo è un essere, un essere di natura, mosso esclusivamente da cause naturali, non è libero. Oppure vive nell’uomo un’entità che possiede e usa ciò che egli è in quanto essere corporeo esteriore solo come una macchina a partire dagli impulsi più intimi e più profondi? Se fosse così, allora si potrebbe dire che l’uomo è veramente un essere libero. L’uomo è libero o non è libero? Lo è o non lo è secondo le sue predisposizioni essenziali e naturali? Avevo queste domande davanti all’anima. E chi vuole affrontare queste domande in quello che è l’attuale ambito scientifico deve sicuramente rendere conto di come consideri le diverse concezioni che si sono imposte qua e là in tutta l’evoluzione dell’umanità civile sulla questione della libertà.

Ora, la cosa principale mi pareva trovarsi nel fatto che di solito la domanda viene posta in modo del tutto sbagliato. La domanda: “L’uomo per sua stessa natura ed essenza è un essere libero o no?” è posta in modo sbagliato. E dato che questa domanda è posta in modo sbagliato, non si può mai rispondere con un netto sì o no. E così troverete che la mia Filosofia della libertà comincia spostando tutta l’impostazione del problema su un altro terreno. Sicuramente ciò che adesso esporrò fa più che da base a ciò che è spiegato nella mia Filosofia della libertà stessa. Così com’è l’uomo attuale, in cui in realtà la giusta coscienza di una libertà si è svegliata per la prima volta, così quest’uomo di oggi si è sviluppato da stati precedenti dell’entità umana. Al giorno d’oggi si prende troppo poco in considerazione che bisognerebbe applicare con grande serietà il principio dell’evoluzione anche all’umanità. Certamente si pensa che in un lontanissimo passato l’uomo fosse una specie di essere simile alle scimmie; allora si dice: scientificamente non riusciamo ancora a dire come da quell’essere scimmiesco, da quell’animale scimmiesco, che un tempo si arrampicava sugli alberi, sia derivato l’uomo. Si lascia che ci sia un lungo, ampio deserto fra l’essere scimmia dell’uomo e l’uomo odierno. Però, anche se non lo si ammette, in sostanza si ha comunque l’immagine che, quando una buona volta l’uomo è diventato uomo, la sua componente animico-spirituale non sia cambiata in modo particolarmente estremo. So che questa è una frase contestabile. Ma chi lascia che la storia dell’evoluzione, come viene considerata usualmente, agisca su di sé, troverà certamente giustificata questa frase. E chi studia con maggiore precisione la storia dell’evoluzione troverà che, così come l’uomo si è evoluto, in lui certamente la coscienza della libertà è desta, sicché dalle profondità delle anime umane sorge il grido: “Tu per prima cosa devi essere capace di agire liberamente al di là dalle tue stesse passioni, emozioni, sensazioni e sentimenti; devi vivere in uno stato sociale in cui tu possa essere libero”; ma d’altra parte questo grido è effettivamente presente solo in quanto tale. Oggi nell’umanità non è nemmeno presente una consapevolezza che faccia giungere questo grido al suo pieno significato nell’uomo stesso. Cioè, l’uomo non trova in sé abbastanza della sua stessa essenza, da potersi dire: “Sì, qui in me c’è qualcosa di libero”. Nel corso dell’evoluzione umana ci siamo elevati ad un grandioso sviluppo delle conoscenze scientifiche, e chi rappresenta la scienza dello spirito qui intesa sarà l’ultimo a negare in qualche modo i grandiosi progressi scientifici (l’ho spiegato spesso qui) o a voler obiettare qualcosa contro le giustificate visioni scientifiche. Però, la maniera in cui nell’epoca più recente abbiamo formato le scienze naturali implica che l’uomo moderno, l’uomo degli ultimi tre-quattro secoli, effettivamente possa concepire se stesso solo come essere corporeo. Dalle profondità dell’essere umano, dalla coscienza umana data per natura, non sale affatto una voce che dice: “Tu sei anche un’anima reale, tu sei anche uno spirito reale”, nello stesso modo in cui, dalle profondità dell’essere umano, sale una voce che dice: “Qui c’è il tuo braccio, qui c’è la tua mano, che sono fatti di carne, di sangue e di ossa”.

Questa non è solo, direi, una negligenza della concezione del mondo. Se ci si limita a criticare ciò che ho detto adesso e vi si vede solo una trascuratezza della concezione del mondo, se si dice solo: “Gli uomini del presente se la prendono tanto comoda da credere appunto che l’uomo sia solo un essere materiale e che in lui non si esprima niente di animico e di spirituale”, si misconosce completamente ciò che vi sta alla base. No, egregi signori, con una critica simile non si va avanti, piuttosto bisogna capire che, per come l’uomo si è evoluto, (se non accoglie nella sua anima niente altro che ciò che oggi una concezione esteriore della natura e delle scienze naturali esteriori e la coscienza del tempo possono offrire) inizialmente è costretto a percepirsi solo come un essere materiale. In altre parole, se lasciamo che sull’uomo contemporaneo agisca ciò che il tempo ama particolarmente della cultura del presente, ciò che il tempo produce di particolare e fa anche agire nelle scuole della cultura del presente come scienza, come arte, come convinzione religiosa, se lasciamo che l’uomo se ne compenetri, allora, se è onesto, egli dovrà diventare proprio materialista. Sono parole dure. Però credo che siano parole giuste. Oggi per certi versi si può essere disonesti e, a partire da certi pregiudizi, si può dire: “Certo, che credo allo spirito e all’anima!” Allora non si prende sul serio ciò che in realtà la coscienza del tempo e le convinzioni scientifiche hanno prodotto. E se si prendono sul serio queste convinzioni, all’uomo non resta altro che sentire di essere un essere materiale. L’uomo si è evoluto in modo che oggi, affidandosi solo alle condizioni di vita che ci sono di per sé, arriva solo a credere di essere un essere corporeo. Un essere corporeo può essere tanto poco libero quanto un qualsiasi altro essere di natura. Perciò si può dire: prendendo sul serio la coscienza del presente, da questa coscienza del presente non sgorga mai qualcosa come l’impulso della libertà. Si può far suonare il grido di libertà a partire da istinti subconsci, come fa Woodrow Wilson. Ma se ci si dedica alla coscienza del tempo presente si perverrà a concetti di libertà ribaltati, ad una definizione di libertà che non dice nulla sulla libertà e su un essere libero, come di nuovo fa Woodrow Wilson. Bisogna avere il coraggio di uscire da questa coscienza del presente che ha afferrato vastissime cerchie, che è diventata popolare. E si può dire che, proprio nel periodo in cui ho scritto la mia Filosofia della libertà, indifferentemente da dove si vivesse sulla Terra, con quelle idee ci si poteva sentire veramente isolati nell’ambito della cultura del presente. Lo si può capire, se dalla giovane (nel senso della storia mondiale) vita dell’America provengono le particolari concezioni di Woodrow Wilson. E se oggi guardo la mia Filosofia della libertà (anche su questo posso dire apertamente due parole), so quanto giustificate siano quelle accuse che possono venire in mente al lettore odierno di questa Filosofia della libertà. So molto bene che se oggi uno va a leggersi trenta, quaranta pagine di questo libro, dirà: “Ora, questo porta chiaramente il guscio della filosofia tedesca: concetti professorali, concetti universitari, concetti scolastici”.

Tuttavia devo attenermi alla forma di questo libro e appellarmi al presente dicendo che, come non si dovrebbe giudicare l’essenza di un uomo dai suoi abiti, così non bisognerebbe nemmeno giudicare la mia Filosofia della libertà dal fatto che si riveste dei concetti di cui allora dovette rivestirsi a causa del periodo e della cultura, della vita spirituale in seno alla quale questa filosofia è sorta. Mi sembra piuttosto importante qualcos’altro che, diciamo, mi è venuto incontro in modo quasi simbolico durante l’elaborazione della mia Filosofia della libertà. A quei tempi, mentre lavoravo alla Filosofia della libertà, lavoravo all’Archivio di Goethe e Schiller a Weimar. Là per un periodo lavorò insieme a me un esperto americano. Stava elaborando una dissertazione storico-letteraria sul Faust di Goethe. Era molto interessante parlare con quell’uomo, ed essendo capaci di vedere nei sintomi la realtà, nell’eccellente storico della letteratura americano Calvin Thomas si capiva di avere accanto a sé, per così dire, vita spirituale americana dentro la vita spirituale mitteleuropea. Però vedete, qui, diciamo, come in un meticoloso ufficio mitteleuropeo, all’Archivio di Goethe e Schiller di Weimar lavoravano tutti gli esperti possibili, quindi anche esperti americani. Solo quando l’orario di lavoro terminava potevo impiegare il mio tempo libero per scrivere la mia Filosofia della libertà. Però allora dovevo spesso dirmi: “In realtà, quello che nella testa di Calvin Thomas è sapere americano, conoscenza americana, quanto è vicino a ciò che anche gli esperti europei scrivono della stessa cosa, e quanto si è soli rispetto a questa formazione culturale, di fronte a tutto il mondo, con la reale idea di libertà che può essere concepita da una vita spirituale indipendente”. Ci si sentiva per così dire soli anche rispetto alle idee sull’impulso della libertà che potevano venire dal giovane (detto in senso della storia mondiale) sentimento di libertà dell’America. E a quei tempi fui pregato di spostare l’intera impostazione del problema della libertà, come ho già detto, su un terreno diverso. Dovetti dirmi: così com’è, l’uomo, se si affida soltanto a ciò che di primo acchito può colmare la sua anima a partire dalla coscienza del tempo, se prende solo questo, non può affatto sapere di essere un essere libero. Perciò ho posto la questione in un modo diverso. E questa diversa impostazione del problema imbeve quella che io riconosco come idea della libertà. Non posso chiedere: “L’uomo è libero oppure non lo è?” bensì: “All’interno della sua anima, dopo aver superato quanto gli risulta per così dire dalla natura e dal proprio essere, può l’uomo sviluppare ulteriormente la propria anima, prendendo in mano da sé la propria evoluzione animica e quindi risvegliando qualcosa di sopito in lui, in modo che questo essere effettivamente più profondo in lui si faccia valere, in modo che risvegliando un secondo uomo in lui, egli diventi finalmente un essere libero? Può l’uomo educare se stesso alla libertà, oppure non può farlo? L’uomo può diventare un essere libero o no? Come diventa un essere libero?” Questa era la nuova impostazione del problema che doveva essere proposta.

Ma in tal modo si indicava che l’uomo contemporaneo, se vuole arrivare alla coscienza dell’uomo pieno, non può arrestarsi a ciò che nel suo sviluppo risulta da sé, ma deve prendere in mano la propria evoluzione. Certamente al giorno d’oggi questo è un punto di vista scomodissimo per molte, moltissime persone. Infatti per renderlo plausibile, bisogna dire così: osservate un bambino di cinque anni. Immaginiamo che questo bambino di cinque anni si trovi davanti ad un volume di poesie liriche di Goethe. Questo bambino di cinque anni, che si trova davanti al volume di poesie liriche di Goethe, farà qualcosa con questo volume di poesie liriche di Goethe; lo strapperà, forse lo sgranocchierà o altro, ma non si può dare per scontato che questo bambino di cinque anni farà la cosa giusta con il volume di poesie liriche di Goethe. Ma il bambino può svilupparsi, il bambino può essere educato in modo che in seguito impari a fare la cosa giusta con questo volume di poesie liriche di Goethe. Ora, sarebbe come se all’uomo contemporaneo si dicesse: “Se ti affidi solo a ciò che la coscienza del tempo ti dà da sé, allora nei confronti dei reali misteri della natura, dei reali misteri del mondo intorno a te ti comporti come il bambino di cinque anni nei confronti del volume di poesie liriche di Goethe”. Esso ha davanti a sé l’intero volume di poesie liriche di Goethe da persona del tutto assennata, ma naturalmente non penetra in ciò in cui vi si può penetrare da persona del tutto assennata. Bisogna che prima venga educato a farlo. Ora, in realtà il grido di libertà presuppone che l’uomo abbia realmente la grande modestia intellettuale di dirsi: “Forse sto di fronte alla natura, di fronte all’essenza del mondo, come il bambino di cinque anni sta di fronte al volume di poesie liriche di Goethe. Prima devo prendere in mano l’evoluzione della mia anima, e allora mi succederà come succede al bambino di cinque anni dopo cinque o sette anni, quando per lui il volume di poesie liriche di Goethe diventa una cosa completamente diversa: poi anche per me tutto il mondo diventerà una cosa completamente diversa. Mentre prima, se mi affido solo a ciò che viene da sé, sono un essere non libero, se io stesso prendo in mano la mia evoluzione si sveglia in me un altro uomo. E quando quest’altro uomo mi infiamma, mi riscalda, mi compenetra, io divento un essere libero”.

Sì, nella mia Filosofia della libertà ho detto questo, come fondamento di una concezione umana di libertà, e non era stato pensato solo come una verità filosofica, ma si doveva mostrare che attraverso ciò che l’uomo risveglia così in sé, portandosi più avanti di quanto raggiunge solo con ciò che gli viene dato da sé, sviluppandosi in questo modo, egli sviluppa proprio qualcosa di reale che, per così dire, prima si celava sopito in lui. Soltanto così crea in sé qualcosa che lo porta alla libertà. Finché si teorizza, finché si escogitano idee astratte, queste saranno cose della testa. In realtà, chiunque si sia occupato di queste cose sa quanto nelle persone più belle vivano in modo umbratile le più ideali idee astratte. È diverso, se nell’uomo non si devono risvegliare idee astratte, ma la vita stessa, se l’uomo deve compiere qualcosa per cui in lui si svegli ciò che prima non c’era. Questo è un elemento vivente che investe l’uomo intero, che non è solo una cosa della testa, ma è una cosa dell’anima e dello spirito dell’uomo intero. Qui si fa appello a tutti i sentimenti, a tutti gli impulsi, si fa appello a tutta la vita di volontà dell’essere umano, qui la libertà diventa una forza reale nell’uomo, qui la libertà si trasforma in qualcosa di vissuto. Ma poi, quando essa si trasforma in qualcosa di vissuto, l’uomo vuole configurarla anche esternamente, nella convivenza sociale, e così dal suo vivere la libertà vivendo insieme ad altre persone, egli perviene anche all’idea di una struttura sociale della convivenza umana in cui finalmente la libertà possa essere realizzata.

Perciò nella seconda parte della mia Filosofia della libertà ho cercato di fondare un’etica umana, una concezione sociale, che poi, diciamo, proceda in modo quasi naturale dal sentimento e dal senso di libertà che si è risvegliato. Se si concepisce così l’impulso alla libertà, come qualcosa di vivente nell’essere più profondo dell’uomo, la libertà non è più un’idea astratta, e la filosofia della libertà non è soltanto una filosofia, e ciò che viene pronunciato attraverso una simile concezione della libertà passa in tutto l’agire dell’uomo, in tutti gli obiettivi che l’uomo si pone. Allora vi è contenuto qualcosa per cui gli altri gridano, quando parlano di libertà, mentre invece chi, per capire la libertà, non si arresta alla concezione del presente ma si eleva a ciò che nell’uomo giace sopito e che può essere risvegliato, trova realmente. Ciò che così, diciamo, può essere detto all’umanità con un linguaggio libertario intimamente connesso alle condizioni culturali del presente e del futuro dell’umanità, adesso avrebbe certamente bisogno, nel suo ulteriore sviluppo, ancora di un’altra cosa.

E qui sta il motivo per cui si dovette passare dalla fondazione di una filosofia della libertà alla scienza dello spirito ad orientamento antroposofico. Prendete uno dei libri principali della scienza dello spirito ad orientamento antroposofico, il mio libro Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori?. Lì trovate caratterizzate nel dettaglio le vie che l’uomo deve seguire interiormente con l’anima e con lo spirito, affinché in lui si possa svegliare questa coscienza dell’altro uomo, dell’uomo veramente libero. Lì trovate che è possibile che l’uomo pervenga veramente ad una simile concezione della sua stessa essenza, che gli giunga davanti all’anima la vera forma del pensare e anche del volere. E ora posso indicare qualcosa cui ho già accennato in una delle ultime conferenze che ho tenuto qui: per chi penetra nella natura umana come ho descritto nel mio libro Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori? pensare e volere diventano diversi da quello che sono per la coscienza ordinaria. Per il pensare si impara a riconoscere che l’essere che allora si concepisce come essere umano superiore era già presente prima che l’uomo, con la nascita o il concepimento, giungesse nel mondo fisico. Per la vera figura del volere umano, si impara a riconoscere che l’uomo porta la propria essenza attraverso la porta della morte fin dentro il mondo spirituale. Elevandosi veramente, evolvendosi alla vera essenza dell’uomo, si impara a riconoscere l’eterno che è in lui.

Ma solo così sono segnate giustamente nel dettaglio le vie che portano l’uomo, diciamo, a considerare la Filosofia della libertà come qualcosa di ovvio; sono segnate le vie per trovare l’essere umano veramente libero. Ma con tutto ciò si è al tempo stesso di supporto alle condizioni culturali più profonde del presente e del futuro, che si esprimono in quelle grida di libertà che ho caratterizzato nell’introduzione alla mia conferenza di oggi.

Infatti di che cosa ha bisogno l’uomo, se tutto ciò che sente intensamente riguardo ad un’esistenza degna dell’essere umano, [•] di che contenuto ha bisogno l’uomo per la sua coscienza umana più profonda? Forse il modo migliore per illustrare quel che intendo è di rimandarvi al punto di partenza della cultura spirituale dell’umanità degli ultimi tre o quattro secoli. Infatti fu una cosa grandiosa, quando all’alba della recente evoluzione umana apparvero spiriti come Copernico, Galilei, Giordano Bruno e così via. Che cosa fecero, in sostanza? Ruppero con le tradizioni conoscitive e con quelle riguardanti la concezione del mondo dell’antichità e richiamarono l’attenzione dell’uomo sull’osservazione, scevra da pregiudizi, del mondo esteriore. Essi volevano far piazza pulita dei pregiudizi. Volevano presentare in modo chiaro ciò che l’uomo può raggiungere osservando il mondo esteriore. Però in questo modo a poco a poco è successa anche un’altra cosa, che in parte ho già caratterizzato. È successo che sviluppando questo nuovo modo di osservare, è andata distrutta l’antica coscienza di ciò che l’uomo è nel profondo. Al giorno d’oggi, quando si osserva la vasta volta celeste in modo del tutto conforme alle scienze naturali più moderne, che cos’è questa volta celeste? È qualcosa che vogliamo comprendere con la matematica e la meccanica, qualcosa cui sentiamo affini solo questi prodotti astratti della nostra testa: la matematica e la meccanica. Facciamo un confronto con la coscienza che l’uomo aveva in tempi più antichi, quando guardava la volta stellata. Egli non aveva una coscienza scientifica astratta che lo portasse a dire: “Lassù secondo leggi matematico-meccaniche orbitano le stelle, mentre tu, verme di questa Terra, stai quaggiù, inizi con la nascita e finisci con la morte, e quel che sei non ha nulla a che fare col percorso delle stelle.” Se risaliamo a stadi precedenti della coscienza umana, troviamo che anticamente nella coscienza umana c’era questa concezione: “Tu, uomo, stando su questa Terra, non sei solo attaccato alla Terra; le forze che agiscono e vivono in te sono connesse a ciò che orbita lassù nel cielo, e se tu perfezioni la tua conoscenza, se prendi coscienza di te stesso in quanto essere umano completo, allora sai di essere affine, oltre agli animali e alle piante e alle pietre della Terra, anche all’intero spazio cosmico stellato”. Ciò che abbiamo imparato sulle stelle in senso matematico-meccanico, lo abbiamo pagato privando l’uomo del cosmo, dell’universo. Se ora, nel modo che ho descritto, si percorre la via verso le conoscenze superiori e si perviene a riconoscere in sé quell’essere umano che non ha avuto inizio con la nascita o con il concepimento, ma che c’era nei mondi spirituali prima della nascita e del concepimento, e che anche adesso vive in noi, e che attraversa la porta della morte facendo ingresso nel mondo spirituale, allora sicuramente si conosce di nuovo, ma in una forma nuova, non in una forma vecchia e consunta, l’affinità dell’uomo con tutto il cosmo; allora l’uomo sarà nuovamente compenetrato dalla coscienza cosmica. La sua coscienza esclusivamente terrena si trasforma in coscienza cosmica. Ed è proprio questa la condizione culturale di cui l’uomo ha bisogno per il presente e per il futuro. Se si continuassero ad offrire all’umanità nuove osservazioni esteriori e a poco a poco l’antica vita spirituale si spegnesse, ciò non potrebbe avvenire senza provocare agli esseri umani danni gravissimi. Per quanto l’osservazione esteriore del mondo si espanda, l’uomo ha bisogno di fede, di essere riportato alla conoscenza di un elemento che permane, che riesce a reggere.

Così, è la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico che, lungo le sue vie, mostra l’uomo a se stesso in modo che egli possa riconnettersi con la propria coscienza cosmica all’intero cosmo, che torni a sapere di essere, col suo spirito, in connessione con lo spirito del cosmo. Questa non è solo un’idea teorica, ma è di nuovo qualcosa che occupa tutto l’uomo, rendendolo, di fatto, un essere diverso. Nel presente e nel futuro si potrà speculare molto, moltissimo, su quali istituzioni sociali si debbano fondare affinché le persone vi trovino un’esistenza degna dell’essere umano. Recentemente ci si vota perfino all’illusione che tali istituzioni si possano inventare. Per creare istituzioni che offrano all’uomo un’esistenza degna dell’essere umano, è necessario saper creare tali istituzioni dalle massime profondità animico-spirituali dell’essere umano. Ma a tal fine non c’è bisogno di sognarsi una trasformazione delle condizioni sociali esteriori; a tal fine c’è bisogno di avviare seriamente una nuova cultura spirituale, di risvegliare ciò che si cela sopito nell’anima umana e che bisogna prima risvegliare, affinché l’uomo possa sapere da sé di essere un essere libero. Oggi si ignora completamente il profondo strappo che c’è nella nostra cultura spirituale. Per molti secoli, certi poteri sociali hanno vigilato a che la scienza esteriore non parlasse dello spirituale e dell’animico. Questi ultimi dovevano appartenere alla dogmatica. Si dovevano sperimentare soltanto per mezzo della fede, bisognava solo farsi dettare dalle autorità che cosa si doveva pensare sullo spirito e sull’anima; perché certi poteri sociali reclamavano un monopolio per dettare ciò che bisognava riconoscere su spirito e anima, perciò la scienza fu spinta ad occuparsi esclusivamente della materia. Al giorno d’oggi fa un effetto molto particolare su chi osserva più a fondo l’evoluzione umana, sentir dire che la scienza ufficiale crede di approfondire le verità senza pregiudizi e approfondendo le verità senza pregiudizi, di scoprire qualcosa che oggi è l’unica che si chiami scienza e che in sostanza vuole occuparsi solo di fatti sensibili. Il processo evolutivo è veramente diventato questo, in realtà la ricerca umana ha capitolato davanti al monopolio di certe cerchie che hanno voluto essere le sole ad occuparsi di ciò che le persone dovevano pensare sullo spirito e sull’anima. Una scienza, come quella che ho caratterizzato, che porti alla libertà, al tempo stesso porta l’uomo a poter studiare non solo ciò che è fisico, la propria corporeità, ma anche ad imparare a studiare lo spirituale e l’animico. E se impara a studiare lo spirituale e l’animico, accoglie concetti più forti, più consoni alla realtà di quanto lo siano quelli che accoglie limitandosi alla sola materialità esteriore. E così si è cercato di far fluire nel pensiero sociale solo ciò che proviene dalla coscienza di quest’epoca. E da questo punto di vista si crede che in realtà le idee dell’uomo non possano intaccare le condizioni sociali, o che possano emergere solo delle idee sociali sbagliatissime. Nel mio libro Gli enigmi dell’anima (uno degli ultimi che ho scritto e che, tanto quanto gli altri, è solo la prosecuzione diretta di ciò che trovate nel mio libro La filosofia della libertà), in questo libro Gli enigmi dell’anima, ho mostrato che la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico veramente non è solo in condizione di parlare astrattamente di tutto ciò che vi è di spirituale e animico, ma che, afferrando realmente lo spirituale, al tempo stesso si mette in condizione di concepire l’essere umano (il corpo, l’anima e lo spirito) nella sua totalità. E così in Enigmi dell’anima ho potuto indicare, per esempio, che è un grande errore dell’attuale fisiologia scientifica dire che l’uomo abbia dei nervi sensori, che vanno dall’organo di senso all’organo centrale, e dei nervi motori che a loro volta vanno dall’organo centrale ai muscoli. Una scienza astratta, che parli di spirito e anima solo astrattamente, non oserà mai, non troverà mai nemmeno il metodo, per dire sul sensibile qualcosa che non sia dimostrabile solo in modo sensibile. Quando si dice che c’è solo un genere di nervi, che non c’è nessuna differenza fra i nervi sensori e i nervi motori, si può dimostrare che i fenomeni come i tabe, che si adducono per rafforzare l’opinione che esistano dei nervi motori, dimostrano proprio il contrario di ciò che si crede che debbano dimostrare.

Così, nella scienza dello spirito a orientamento antroposofico si crea qualcosa che penetra a sua volta in tutta la natura, che ha abbastanza forza d’impatto per penetrare in tutta la natura. Però così la scienza dello spirito può anche penetrare in ciò che deve interessare in modo particolare la cultura del presente. La scienza dello spirito può penetrare nella struttura della vita sociale. E dei concetti sociali sono veramente ricavabili solo a partire dall’esperienza che l’uomo fa con l’uomo superiore. Perciò oggi viviamo in un’epoca tanto confusa, oggi viviamo in un tale disordine e in un tale caos perché le persone che si occupano di cercare soluzioni alle diverse problematiche di natura sociale non sono in condizione di scavare abbastanza a fondo nella natura umana stessa, da trovare delle idee che possano veramente padroneggiare la vita sociale. E così si resta perplessi di fronte ai problemi tanto urgenti e cocenti del presente, e si sta davanti a questi problemi urgenti e cocenti in modo che dall’interiorità della natura umana, in sostanza, non riecheggi alcuna risposta.

Studiando l’evoluzione storica dell’essere umano, si è visto che si sono compiute grandi trasformazioni. Non fu forse una delle trasformazioni più grandi avvenute nel corso dell’evoluzione umana, quella attraverso la quale nacque il cristianesimo? Il cristianesimo, che diede finalmente il giusto senso all’evoluzione umana, nacque attraverso una possente trasformazione. Esso lasciò indietro parecchie cose. Non tutti gli uomini riconobbero le verità del cristianesimo; ma nel complesso il cristianesimo agì trasformando l’antica cultura, in sostanza produsse l’intera civiltà europea con la sua appendice della civiltà americana. In seguito si sperimentò qualcosa come, per esempio, la Rivoluzione Francese. Mentre il cristianesimo fu una trasformazione puramente spirituale e raggiunse il suo obiettivo su ampia scala, della Rivoluzione Francese, che fu politica, si può dire che certamente raggiunse alcuni dei suoi obiettivi politici, ma degli scopi prefissi rimase indietro proprio l’importante, non fu raggiunto l’essenziale. E ora nella nostra epoca vediamo molte persone anelare ad una nuova trasformazione, a nuove rivoluzioni. E vediamo già queste rivoluzioni all’opera da più parti. L’umanità ha fatto tristi esperienze. Se solo vuole essere abbastanza spregiudicata, dovrebbe riconoscerlo anche nelle sfere del proletariato. L’umanità ha fatto tristi esperienze con le rivoluzioni sociali estreme nell’Europa dell’est, in Ungheria, e il fallimento di queste rivoluzioni sociali dovrebbe essere un grande insegnamento storico. E se le persone fossero capaci di imparare qualcosa dai processi storici, un insegnamento ancora più grande sarebbe il triste destino della rivoluzione tedesca del 9 novembre 1918, una rivoluzione insabbiata. E se si osserva obiettivamente tutto ciò che risulta da questi fatti, dal fallimento delle rivoluzioni dell’Ungheria e dell’Europa dell’est, dal triste insabbiamento della rivoluzione tedesca, si impara che nel corso dell’evoluzione dell’umanità le rivoluzioni spirituali, come quella data dal cristianesimo, possono compiersi; quelle politiche, come la Rivoluzione Francese, solo in parte; le rivoluzioni economiche, come quelle che si cerca di fare adesso, sono condannate a fallire, non possono far altro che distruggere, non sono in grado di creare niente di nuovo, se non si trasformano in impulsi di progresso spirituale. Una delle condizioni culturali più importanti ed essenziali del presente è che, comprendendo giustamente l’impulso alla libertà, gli uomini arrivino a considerare tutte le questioni di oggi mettendole in connessione con tutta l’evoluzione spirituale dell’umanità, con il rinnovamento della vita spirituale umana. E l’umanità dovrebbe portarselo chiaramente a coscienza, prima che possa arrivare il triste, tremendo insegnamento della crisi che sopraggiungerebbe se ciò che si compie per affondare la cultura umana nell’Europa orientale, ciò che si è compiuto con sintomi così tragici in Ungheria, ciò che è stato insabbiato in Germania, se tutto questo, nel modo in cui viene concepito da quelli che non hanno alcun concetto del reale impulso dello spirito, fosse portato avanti come oggi molti ritengono consono a questo periodo storico.

Anche ciò che viene fatto economicamente verrà fatto nel modo giusto solo dallo spirito umano, e noi viviamo in un’epoca in cui i vecchi concetti non bastano più, in cui dobbiamo trovare concetti nuovi, che soli possono anche creare una nuova cultura economica per il presente e per il futuro. Giustamente Woodrow Wilson dice: “Abbiamo condizioni economiche nuove, le persone non possono chiudersi alle nuove istituzioni economiche; però su questa vita economica pensiamo con i vecchi concetti giuridici, con le vecchie idee spirituali”. Ma poi, poi da ciò che radica nella sua anima non germoglia niente che ora possa dominare la nuova vita economica.

La scienza dello spirito ad orientamento antroposofico che cerchiamo qui, ciò che comunichiamo qui, da una parte arriverà alle massime altezze della vita umana spirituale e animica, ma dall’altra parte sarà anche sufficientemente forte da poter discendere laddove si devono comprendere le istituzioni più quotidiane della vita. Infatti come stanno oggi le cose? La vita spirituale ha gradatamente assunto un carattere assolutamente astratto. Pensate a come si formano le convinzioni religiose, estetiche, artistiche, sulla concezione del mondo, diciamo di un commerciante o di un industriale o di un funzionario di Stato. Questa è una cosa a sé stante, che egli vive nella propria anima. Non entra nel suo registro clienti-fornitori, o in ciò che egli fa nel suo ufficio. Qui, nell’ambito in cui egli genera le sue idee spirituali, non vengono creati al tempo stesso idee e impulsi che poi possano manifestarsi nel suo registro clienti-fornitori. Su di esso al massimo c’è la scritta ‘Dio mio’; ma questo è tutto ciò che collega l’attività che vi si manifesta a quella che egli porta in giro per il mondo come vita spirituale e animica astratta. Ma proprio per questo è successo che, quando nell’epoca più recente sono comparse persone con buone intenzioni sociali, come Saint-Simon, Blanc, Fourier, si è detto: “Queste sono buone idee morali, ma con buone opinioni non si trasformano le condizioni sociali”. Oggi lo si può sentir dire ovunque si parli dal punto di vista socialista. E si ha ragione. Con idee socialiste come quelle che avevano Saint-Simon, Blanc, Fourier e così via, non si trasforma la vita sociale, perché esse hanno avuto origine dalla coscienza personale del fatto che, quando si pensa e si riflette sullo spirituale, questo spirituale è una cosa a parte, che non deve comprendere allo stesso tempo il mondo. Alla fin fine, tutta la vita spirituale è diventata astratta. Da un lato l’uomo prende slancio (se lo prende) religiosamente o artisticamente o conformemente alla concezione del mondo nelle altezze spirituali. Dall’altro lato si affida, diciamo, al caso della vita; nelle scienze naturali, dove lavora nei laboratori, nell’osservatorio astronomico e cose simili, ciò che ne trae sia in ambito sociale, sia in ambito scientifico, non ha alcun nesso con la vita spirituale astratta. La scienza dello spirito ad orientamento antroposofico vuole riversare sull’intera civiltà umana un’unità della vita spirituale e di quella materiale. E da ciò che si forma nell’uomo per il fatto che egli vede in sé l’uomo superiore e ascende all’eterno, deve risultare sì la possibilità di cogliere l’eterno, che per l’uomo giace al di là di nascita e morte, ma al tempo stesso anche quella di rafforzare le idee a tal punto che esse possano far presa sulla vita quotidiana. Infatti non prende sul serio lo spirito chi parla di spirito, ma prende sul serio lo spirito chi persegue lo spirito fino alla sua immissione ultima nell’esistenza materiale, per cui non rimane assolutamente più niente di materiale che sia privo di spirito anche nella concezione pratica della vita. Queste sono quelle che si potrebbero indicare come le condizioni culturali del presente e del futuro: che gli uomini abbiano questa coscienza animico-spirituale.

Allora le persone permeate da questa coscienza si creeranno anche condizioni sociali e politiche come quelle che vengono agognate da uomini come, per esempio, Woodrow Wilson. Ma oggi le cose sono tali per cui effettivamente si esercita solo la critica, non ci sono ancora idee produttive, perché non ci si vuole abbassare (o elevare) allo spirito. Al giorno d’oggi vediamo che dall’America (abbiamo fatto l’esempio di Woodrow Wilson, certamente una personalità influente), dall’America viene criticata la vita sociale del presente e risuona il grido per la libertà. Ma non ci si vuole decidere ad elevarsi al reale impulso di libertà in modo adeguato. E abbiamo visto che in Europa sono sorte idee veramente belle, ricche di spirito sulla libertà e sulle condizioni sociali. Ma nella civiltà europea abbiamo la caratteristica di non essere in grado di tirar giù dalle astrazioni, dalle altezze filosofiche, ciò che in modo così bello escogitiamo e intuiamo e di introdurlo nella vita immediata. E non capiamo nemmeno quando si parla di introdurre idee reali, non solo escogitate, nella vita politica. E se guardiamo all’Asia, abbiamo a che fare con un’altra civiltà, che muove una critica altrettanto giusta di quella americana ed europea alla vita sociale e libertaria del presente. Basti leggere le meravigliose discussioni di Rabindranath Tagore per vedere che anche chi si trova al vertice della cultura asiatica va avanti nella critica così. Non si spinge molto in là in senso produttivo, perché non è in grado di dirsi che, se si deve tornare a parlare di vita spirituale, bisogna anelare al nuovo. Egli vuole che permanga una vita spirituale vecchia, che agisca da sola.

Ora, purtroppo, in Europa abbiamo visto che alla fine le persone hanno talmente perso la connessione diretta fra ciò cui anelano nello spirito e ciò che la vita quotidiana porta loro incontro, che adesso numerose società si occupano di strutturare l’Europa secondo punti di vista economici puramente esteriori, mentre cercano di soddisfare i loro bisogni animici, dato che la religione cristiana in Europa non basta più, accogliendo ogni tipo di teorie, ecc. dall’Asia. Queste condizioni non sono adeguate a provocare una ricostruzione della vita spirituale; sono le ultime ombre decadenti di una cosa vecchia.

La scienza dello spirito ad orientamento antroposofico qui intesa tiene conto di tutto ciò. Così essa è quasi il contrario di ciò che si dice che essa sia. E l’edificio di Dornach, cui tanto spesso si attribuisce carattere simbolico, non ha un solo simbolo, ma deve solo essere costruito, diciamo, in modo puramente conforme alla natura di ciò che ci si aspetta che un giorno vi verrà coltivato, più o meno come si impara a conoscere la noce nel suo guscio, e se si guarda il guscio che è intorno alla noce, si trova che esso per natura è conformato in modo da essere adatto alla noce. Così, per una nuova vita spirituale, abbiamo voluto creare un nuovo guscio anche dal punto di vista architettonico, artistico, pittorico. Per sua natura, l’edificio non è stato creato a partire da idee astratte, o da una intricata concezione estetica. Spesso ho usato un paragone veramente banale solo per dire in certo qual modo ciò che intendo veramente con questo edificio di Dornach. Credo che molti di voi sappiano che in Germania, in Austria o anche qui ci sono certi dolci chiamati Gugelhupf, perciò lo stampo per fare i Gugelhupf si chiama stampo per Gugelhupf. Ora, dissi, immaginate che ciò che deve essere coltivato in questo edificio, sia un Gugelhupf, che sia quel dolce, allora, affinché il dolce sia giusto, lo stampo per Gugelhupf dev’essere quello giusto. Così la vita spirituale che dovrà essere coltivata qui deve avere l’involucro giusto, come la noce ha l’involucro giusto nel guscio. Oggi in sostanza in vaste cerchie tutto viene ancora frainteso fino a questo principio fondamentale dell’edificio.

Ora, oggi, come in numerose altre conferenze che ho già tenuto qui nello stesso luogo, ho voluto indicare, ancora una volta, come stanno realmente le cose riguardanti l’edificio di Dornach e ciò che in esso deve essere coltivato nei confronti dell’evoluzione civile dell’umanità, a differenza dei numerosi malintesi che si sono creati e che era del tutto naturale che si creassero. Forse con questo paio di accenni che ho potuto fare, che però sono intimamente connessi ai più importanti aneliti delle persone ad un rinnovamento della cultura del presente e del futuro, ho chiarito che cosa si è inteso e che cosa si vuole raggiungere con questo edificio e con quanto vi è connesso. Quando dall’America risuona il grido di Woodrow Wilson che ho caratterizzato, il grido di libertà, bisogna trovare quell’umanità, l’esistenza degna dell’essere umano, da una forma dello spirituale e dell’animico che possa andare incontro a quel grido come sua realizzazione, come giusta risposta alla domanda che viene posta. Al giorno d’oggi alcune persone la eludono ancora con facilità. Le esigenze di quest’epoca emergono da sentimenti oscuri, indeterminati. Le risposte devono essere date da una chiara conoscenza spirituale. Devo pensare quanta ragione ha per certi versi Woodrow Wilson, quando dice che non si deve decidere in consorterie segrete su quelle che sono le faccende del popolo, dell’umanità. Woodrow Wilson vuole che si decida in ogni singola famiglia, sia in campagna, sia in città, ma soprattutto che ci si riunisca nelle scuole. Questa è una bella idea: che la sede dello spirito debba essere la sede dell’origine della formazione delle idee dell’epoca. Ed è bello che Woodrow Wilson dica: “Il nostro scopo è la realtà della libertà. Miriamo ad impedire legalmente l’accumulo di capitale privato e a rendere legalmente impossibile il sistema col quale è stato creato il capitale privato”. Ed è ancora più bello quando dice: “In campagna, nelle fattorie, nelle botteghe, nei paesi, nelle abitazioni delle metropoli, negli edifici scolastici, ovunque le persone si radunino e siano reciprocamente sincere: è là che i ruscelli e i fiumi sgorgano dalla fonte, per infine confluire nella grande forza della corrente che trasporta e spinge tutte le imprese umane sulla via verso il grande mare comune dell’umanità”. Una bella idea, richiamare assieme le persone in modo che tutte le singole sorgenti possano andare a formare la corrente verso la liberazione dell’umanità, e una bella idea far porre gli obiettivi che devono portare avanti l’umanità proprio dalle sedi dove si coltiva lo spirito: dalle scuole.

Ma se prendete ciò che ho cercato di spiegare oggi, vedete che forse questo appello che Woodrow Wilson fa alle scuole non potrà che andare diversamente. Infatti credo che solo quando nelle scuole si curerà una vita culturale permeata da una comprensione adeguata della realtà, da una comprensione del libero spirito umano e dell’anima umana degna dell’essere umano, soltanto allora dalle scuole verrà fuori la giusta corrente della libertà umana. Finché non riusciamo ad impiantare nell’anima umana la giusta comprensione della libertà, anche se le raccogliamo nelle scuole, nemmeno là le persone troveranno obiettivi conformi alla realtà. Questi verranno trovati solo quando avremo il coraggio di introdurre nelle scuole una concezione del mondo, una concezione dell’arte, una confessione religiosa conformi allo spirito, conformi alla realtà. Infatti più importante di ciò che gli uomini del presente in generale decidono a partire dalle scuole, per il futuro umano sarà ciò che verrà fuori dalle scuole quando introdurremo nelle scuole lo spirito giusto.


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Trad. 07/2022