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OO 329 - Liberare l’uomo per ricostruire la società



Quarta conferenza
Quali sono le rivendicazioni del proletariato e come verranno soddisfatte sul piano pratico

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Basilea 2 aprile 1919


Non crediate che oggi io sia venuto qui a parlarvi, in merito alla questione sociale, di quell’accordo a buon mercato di cui oggi molti, che infatti ci tengono tanto ad essere ascoltati, parlano così volentieri. Io vi parlerò di un accordo completamente diverso, di un accordo che mi pare siano i fatti stessi a richiedere, quei fatti che parlano forte, molto forte, e che oggi dilagano in gran parte dell’Europa: di un accordo con le forze storiche che operano nel presente e nel futuro, di un accordo che prevede una presa di posizione chiara ed energica nei confronti di quella che da più di mezzo secolo viene chiamata ‘la questione sociale’. Perché mai dovremmo continuare a parlare dell’altro accordo, dell’accordo che ho citato all’inizio? A causa di quell’accordo, non abbiamo già perso abbastanza? Una certa parte dell’umanità moderna non ha forse già perso veramente troppo tempo, per cercare quell’accordo? Oggi si spalanca un profondo abisso fra quelle che finora nell’umanità sono state le classi dominanti e coloro che avanzano esigenze più nuove, esigenze che dipendono per necessità dall’epoca storica, cioè si è creata una profonda crepa fra le classi che finora dominato sull’umanità da una parte e il proletariato con le sue legittime rivendicazioni, dall’altra.

Basta osservare come sono andate le cose in quest’epoca moderna, per capire che ormai è impossibile giungere facilmente ad un’intesa. Per decenni si è parlato molto di questa civiltà moderna, di questa civiltà che avrebbe prodotto cose tanto grandi, tanto grandiose per l’umanità. Quante volte abbiamo sentito tessere sempre le stesse lodi sperticate alla tecnologia moderna, alle moderne comunicazioni! Non conosciamo forse tutti quelle belle frasi fatte sulla possibilità che oggi abbiamo di percorrere in tempi relativamente brevi lunghi tragitti? (Sì, ma chi è che ce l’ha, questa possibilità?) E su come ormai il pensiero possa superare quasi ogni distanza, su come ormai sia possibile divulgare la cosiddetta vita spirituale? Ora, non serve che io elenchi in dettaglio tutte le lodi sperticate che tanto spesso abbiamo sentito ripetere. Ma su che cosa è stato edificato tutto ciò di cui si tessono queste lodi? Senza che cosa tutto questo non sarebbe stato possibile? Non sarebbe stato possibile senza il lavoro della maggior parte dell’umanità, quella stessa parte cui non era consentito usufruire di tutto ciò che è stato tanto elogiato, proprio quella parte di umanità che ha dovuto provvedere a fornire queste comodità della vita subendo privazioni fisiche e animiche, senza però poter usufruire in qualche modo di tutto quello che la civiltà moderna ha prodotto in termini di conquiste moderne.

Osserviamo un po’ più in dettaglio come siamo arrivati al punto che ancora oggi, dopo più di mezzo secolo, dobbiamo constatare la presenza di questo abisso. E se oggi spesso si parla di un accordo, è appunto perché si ha paura, terrore, dei fatti che avanzano in modo così minaccioso per certe persone. Per esempio (giusto per partire da qualcosa che piaceva molto alle classi finora dominanti) qual era il loro argomento preferito della loro concezione morale del mondo? La concezione del mondo, la concezione morale del mondo di queste classi dominanti si occupava particolarmente volentieri (in discorsi infiniti, in rappresentazioni untuose, con parole che sembravano solo trasudare sentimento) del fatto che gli esseri umani devono sviluppare amore gli uni per gli altri, che devono fare in modo di diffondere la fratellanza, che gli uomini potranno conquistarsi il mondo spirituale solo pervenendo a questa fratellanza. Di questi discorsi trasudanti sentimenti apparentemente profondi ne fecero veramente molti, le cerchie spirituali dominanti delle classi che fino ad allora avevano dominato sull’umanità. Trasponiamoci un attimo nei luoghi in cui si facevano questi discorsi, nei saloni degli specchi o altro del genere, e pensiamo come lì si tenevano prediche sull’amore umano, sull’amore per il prossimo, sulla religiosità, come si predicava vicino ad una stufa alimentata a carbone (voglio richiamare l’attenzione proprio su questo fatto per caratterizzare un po’ come vanno oggi le cose), vicino ad una stufa che veniva alimentata da quelle stesse miniere di carbone delle quali un’inchiesta inglese, quando il movimento operaio moderno era agli inizi, mise in luce cose molto strane. Là sotto, nelle gallerie scavate sotto terra, lavorano bambini di nove, dieci anni, che stavano tutto il giorno laggiù nelle gallerie, bambini che, eccetto la domenica, non vedevano mai la luce del Sole, per il semplice motivo che scendevano nelle miniere quando era ancora buio e venivano riportati su solo quando la luce era già calata. Là sotto, uomini completamente nudi stavano accanto a donne incinte, anch’esse là sotto mezze nude, che dovevano lavorare.

Fu la prima volta che, con un’inchiesta di regime, si volle richiamare l’attenzione su ciò che in realtà succede fra gli esseri umani, sul fatto che c’erano persone che stavano vivendo esperienze sulle quali, per distrazione, non si è mai voluto fare chiarezza, nonostante tutte le prediche sull’umanità, sull’amore per il prossimo e sul sentimento religioso. A dire il vero, questo avvenne quando il movimento proletario moderno era agli inizi. Ma non si può dire che ciò che ha migliorato, almeno in parte, la situazione delle grandi masse umane dipenda dalla comprensione portata loro incontro da quelle che fino ad allora erano state le classi dominanti. E oggi una gran parte di queste classi dominanti è altrettanto priva di comprensione per le reali esigenze dell’epoca derivanti quei fatti, quanto lo era cinquant’anni fa e più.

Non serve spingersi subito tanto in là, quanto vi si è spinse una personalità fino ad allora dominante, almeno apparentemente dominante, sull’umanità: l’ex Kaiser tedesco, che chiamò gli uomini dal pensiero socialista ‘animali che erodono le fondamenta del regno tedesco e che meritano di essere sterminati’. Queste sono le sue stesse parole. Come ho detto, non serve subito spingersi tanto in là, ma comunque i giudizi che vengono pronunciati ancora oggi in certi ambienti non sono poi affatto diversi da questo giudizio che ho appunto riportato, particolarmente critico.

Ora, se consideriamo ciò che è avvenuto nel corso degli ultimi cinquanta-sessant’anni, da quando c’è quella che oggi viene chiamata ‘la questione sociale’, vediamo appunto da una parte una distratta incomprensione per tutto ciò che è emerso nell’evoluzione dell’umanità, e dall’altra parte vediamo l’assalto, il lecito assalto delle vaste masse proletarie, che si è sempre condensato nelle parole: “Non può continuare così”. Ma al giorno d’oggi i fatti dicono già cose completamente diverse da quelle che hanno detto negli ultimi decenni. E come si rapportano ai fatti i giudizi pronunciati da certe persone? Una buona lezione a questo proposito ce l’ha data la terribile catastrofe che abbiamo dovuto attraversare negli ultimi quattro-cinque anni.

Consentitemi di fare un’osservazione personale. Nella primavera del 1914, a Vienna, dovetti riassumere in una conferenza che tenni per un piccolo gruppo di persone (è verosimile che quella volta un gruppo più grande mi avrebbe deriso) il giudizio che mi ero formato lungo i decenni sulla situazione politica europea: dovetti riassumere ciò che allora si intesseva fra gli uomini d’Europa, fra quelle persone di cui si poteva dire che avessero qualcosa a che fare con la formazione del destino politico dell’Europa. Quella volta, se si considerava l’epoca con spregiudicatezza, bisognava dire che la situazione politica e statale dell’Europa era affetta da una piaga subdola, da un cancro che nell’immediato futuro sarebbe necessariamente giunto ad una terribile esplosione. Il momento di quell’esplosione arrivò molto presto. Ma che cosa dicevano le ‘persone pratiche’? Che cosa dicevano gli ‘uomini di Stato’? Oggi, quando si parla di uomini di Stato, si ha la tentazione di mettere sempre le parole fra virgolette. Che cosa dicevano gli ‘uomini di Stato’? A quei tempi, nella sede del governo tedesco, il segretario di Stato per i rapporti con l’estero disse così: “Grazie all’impegno dei gabinetti possiamo dire che per il prossimo futuro la pace europea è garantita”. Questo fu detto nel maggio del 1914 da un uomo di Stato importante. Questa pace era così garantita, che da allora sono state uccise da dodici a quindici milioni di persone, tre volte di più sono rimaste mutilate. Oggi molte persone parlano di quel che i fatti più importanti e gravi urlano in tutto il mondo civile nello stesso modo in cui allora quegli uomini di Stato parlavano di quello che c’era nel cielo politico di allora. Spesso le persone parlano della questione sociale nello stesso modo. In molti ambienti non c’è alcun sentore di che cosa deve succedere e che succederà sicuramente, e su cui ogni persona ragionevole deve assolutamente farsi un giudizio.

Quel che ho da dire su questa situazione, veramente non lo dico in base a una qualche visione teorica. Per anni sono stato insegnante alla scuola per operai fondata a Berlino da Wilhelm Liebknecht, dal vecchio Liebknecht, insegnando nei settori più disparati, poi da lì anche nell’ambito dell’istruzione del proletariato moderno nei sindacati, nelle cooperative e anche all’interno del partito politico. Proprio vivendo in questo modo, fra coloro che si premuravano di supportare il movimento operaio moderno basandosi su pensieri reali, su basi spirituali reali, lavorando con loro, forse si può dire di essere capaci di formarsi un giudizio in modo diverso da quelli che sul proletariato si limitano a riflettere. Al giorno d’oggi le loro riflessioni non valgono niente. Al giorno d’oggi ha senso solo formarsi dei giudizi insieme al proletariato, dal cuore stesso del proletariato.

Nelle ore che gli operai rimediavano dopo il duro lavoro della giornata, mentre altre classi sociali andavano a teatro o giocavano a carte (non voglio stare ad elencare tutte le belle cose che facevano), nelle ore in cui il proletario cercava di farsi chiarezza sulla sua stessa situazione, si poteva imparare che la questione proletaria moderna è diventata e continuerà a diventare qualcosa di completamente diverso da una mera questione di salario o di pane, come oggi ancora molti credono, ma è diventata e continuerà a diventare una questione di dignità umana. Una questione di dignità umana: questo è quello che si cela dietro tute le rivendicazioni proletarie, e vi si cela da molto tempo.

Le attuali rivendicazioni proletarie poggiano, possiamo dire, su tre basi. Una di queste la citano spesso i proletari stessi riallacciandosi al grande maestro del proletariato, a Karl Marx, ed è la presenza del cosiddetto plusvalore. ‘Plusvalore’ è sempre stata una parola che penetra in profondità nell’anima del proletariato moderno; è una parola che ha infiammato i sentimenti di questo proletariato moderno. Che parola hanno contrapposto le classi finora dominanti a questo plusvalore? Forse vi meraviglierete, se vi metto a confronto proprio le seguenti due cose.

Le classi dominanti hanno contrapposto a questo plusvalore la grande, importante vita spirituale sviluppata dalla civiltà umana. Che cosa ne sapeva, il proletario, di questa vita spirituale? Qual era per lui la grande questione, la questione umana? Egli sapeva che il plusvalore che egli stesso produceva veniva impiegato per rendere possibile questa vita spirituale, ed escluderlo da questa vita spirituale. Per lui il plusvalore era la base completamente astratta della vita spirituale. E che vita spirituale era? Era la vita spirituale sorta all’alba del moderno ordinamento economico borghese. Spesso, e certamente non a torto, si dice che il proletariato moderno sia stato creato dalla tecnologia moderna, dall’industrialismo moderno, dal capitalismo moderno, e fra un attimo parleremo anche di queste cose. Ma contemporaneamente a questa tecnologia moderna, a questo capitalismo, è sorta anche un’altra cosa, una cosa che possiamo chiamare ‘il moderno orientamento scientifico’. Fu a quel punto che (è successo abbastanza tempo fa) al moderno orientamento scientifico prodotto dalla borghesia moderna il proletariato ha dato alla borghesia l’ultima, grande fiducia. E quest’ultima grande fiducia, una fiducia storica, è stata delusa.

Come sono andate effettivamente le cose? Ora, dalle antiche concezioni del mondo (oggi veramente non vogliamo verificare quanto fossero legittime), si è sviluppata quella che oggi è la concezione del mondo illuminata, scientifica. Il proletario, che è stato strappato all’artigianato medievale e messo alla macchina che uccide l’anima, che è stato intessuto nel capitalismo moderno, non poteva avere ciò che le vecchie classi sociali avevano accolto nella loro vita spirituale. Poteva solo avere, in un certo senso, il prodotto più moderno, il frutto più moderno di questa vita spirituale. Ma per lui questa vita spirituale è diventata una cosa completamente, completamente diversa che per le classi dominanti. Bisogna rendersene ben conto, considerando tutto ciò che vive in profondità nell’anima proletaria. Bisogna pensare che i membri di quelle che finora sono state le classi dominanti, anche quando erano persone tanto illuminate quanto lo scienziato naturale Vogt o il divulgatore di scienze naturali Büchner, con la testa, con l’intelletto, potevano benissimo essere persone illuminate, nel senso della scienza attuale; ma erano persone così illuminate solo perché vivevano con tutti se stessi all’interno di un ordinamento sociale derivato dalle antiche concezioni, sia religiose che di altro tipo, nelle quali continuava a vivere l’antichità. Per quanto fossero onesti nella teoria, la loro vita era diversa da ciò che professavano. Il proletario moderno invece era costretto a prendere con la massima serietà umana quel che gli rimaneva in eredità dalla borghesia. Basta vedere che cosa volesse dire, per il proletario moderno quando gli si parlava della scienza e degli operai, come una volta fece Lassalle.

Diciotto anni fa, (se mi consentite di fare ancora un’osservazione personale) mi trovai a Spandau, nei pressi di Berlino, sullo stesso palco insieme a Rosa Luxemburg, recentemente morta in modo così tragico. Entrambi parlammo ad una assemblea di operai di ‘scienza e operai’. In quell’occasione si vide bene come le parole di Rosa Luxemburg infiammassero le anime di quei proletari, che erano arrivati la domenica pomeriggio portando con sé le mogli e i figli; fu una assemblea commovente. Ella disse che gli uomini, sotto l’influsso della scienza moderna, non possono più illudersi di essere venuti fuori da stati simili a quelli degli angeli, il che giustificherebbe le moderne differenze di rango e di classe. “No, - ella disse più o meno letteralmente così – un tempo l’uomo, l’uomo fisico di oggi, era assolutamente indecente, si arrampicava sugli alberi, e se ci si ricorda di questa origine veramente non si trova alcun motivo che giustifichi le attuali differenze di classe.”

Questo fu capito, ma in modo diverso da come lo capivano le classi dominanti. Fu capito nel senso che l’intero uomo voleva essere inserito in questa concezione del mondo che avrebbe dovuto rispondere alla seguente domanda da parte del proletario che langue alla squallida macchina: “Che cosa sono io in quanto uomo? Che cos’è l’uomo in genere, nel mondo?” Però, ora, da tutta questa scienza il proletario moderno non poteva ottenere altro che quella che poteva chiamare un’immagine riflessa dell’ordinamento economico capitalistico moderno che si era venuto a creare. Egli sentiva che le persone parlano a seconda di come le spinge a parlare la loro condizione economica, il loro status economico. Esse lo avevano messo in questa condizione economica; e ora anche lui non poteva che giudicare basandosi su di essa. Le classi dominanti dicevano: “Il modo in cui gli uomini vivono oggi risulta dall’ordinamento cosmico divino”, oppure “risulta dall’ordinamento morale”, oppure ancora “risulta dalle idee storiche” e così via. Il proletario moderno non poteva che sentire tutto questo arrivando a dirsi: “Però voi mi avete inserito in questa vita economica, e che cosa avete fatto di me? Quel che avete fatto di me mostra questo ordinamento cosmico divino, questo ordinamento morale, queste idee storiche?”

E così il concetto di plusvalore (quel plusvalore che egli produceva, che gli veniva sottratto, che rendeva possibile questa vita delle classi dominanti) infiammava il suo mondo di sentimento e in lui sorgeva l’opinione che tutta la vita spirituale prodotta dai gruppi dominanti fosse sicuramente solo l’immagine riflessa del loro ordinamento economico.

In fondo, per gli ultimi secoli, il teorico proletario aveva indubbiamente ragione, con questa idea. Gli ultimi anni lo hanno dimostrato a sufficienza negli ambiti più svariati. O forse si può credere che chi insegnava nelle diverse scuole (non dico matematica e fisica, lì non si può fare molto sulle concezioni del mondo) ma chi insegnava per esempio storia o ha scritto sulla storia, si può dire che in fondo queste persone abbiano espresso qualcosa di diverso da un’immagine riflessa di quello che era l’ordinamento statale-economico? Andate a vedere la storia degli Stati che hanno partecipato alla guerra mondiale. Con ogni certezza in futuro la storia degli Hohenzollern avrà un aspetto diverso da quello che gli hanno dato i professori tedeschi negli ultimi anni e decenni. Sicuramente questa storia verrà scritta da persone che sono state dette (anche queste sono parole del Kaiser tedesco) non solo nemiche della classe dominante, ma addirittura nemiche dell’ordinamento divino.

Così, per il proletariato, quella che era la vita spirituale delle classi dominanti divenne una vuota ideologia, un lusso, qualcosa per cui egli non poteva avere alcuna comprensione. Tuttavia, il suo più recondito desiderio era proprio quello di trovare qualcosa che gli dicesse che cos’è la dignità umana, che valore ha l’uomo. Perciò la prima esigenza del proletariato è un’esigenza spirituale. E checché se ne dica, la prima rivendicazione proletaria è una rivendicazione spirituale, è l’esigenza di una vita spirituale nella quale si possa sentire che cosa si è in quanto essere umano, nella quale ogni persona possa sentire che valore abbia la vita umana sulla Terra. Questa, sul piano spirituale, è la prima rivendicazione del proletariato.

La seconda rivendicazione del proletariato nasce nell’ambito della vita giuridica, dello Stato politico vero e proprio. È difficile parlare a livello teorico di che cosa sia, in realtà, il diritto. In ogni caso il diritto è qualcosa che riguarda tutti gli uomini, e in realtà sul diritto è sufficiente dire che come non si può parlare di che cos’è il colore blu con chi è cieco, mentre invece non serve teorizzare molto sul colore blu con chi ci vede, così anche di diritto non si può parlare con coloro che sono ciechi per il diritto. Infatti il diritto poggia sull’originaria coscienza umana del diritto. Negli obblighi dello Stato politico, che negli ultimi secoli le classi dominanti si sono fabbricate con così tanta raffinatezza, il proletario cercava il suo diritto, innanzitutto il suo diritto nell’ambito del lavoro. Che cosa scoprì? Per prima cosa, si accorse di non essere stato intessuto nello Stato giuridico, ma nello Stato economico. E si accorse che a discapito di tutte le idee umanitarie, a discapito di tutte le idee di pura umanità, per lui era avanzato un resto della vecchia disumanità, un resto orrendo della vecchia disumanità. Anche questo, grazie a Karl Marx, ha infiammato l’anima dei proletari. Nei tempi antichi c’erano gli schiavi. L’uomo veniva comprato e venduto per intero come una merce. Poi ci fu la servitù della gleba. Allora si comprava e si vendeva meno, dell’uomo, che nell’antica epoca della schiavitù. Anche adesso si compra e si vende come merce qualcosa dell’uomo. Ciò che Karl Marx e i suoi seguaci hanno ripetutamente detto in modo tanto ben comprensibile per l’anima proletaria, è che viene venduta la forza lavoro. Sul moderno mercato delle merci, dove dovrebbero esserci soltanto merci, viene trattata come una merce la forza lavoro stessa. Questo, anche se spesso inconsciamente, si trova nel fondo dell’anima proletaria, tanto che questa si dice: “è arrivato il momento in cui la mia forza lavoro non deve più essere una merce.”

Questa è la seconda rivendicazione proletaria. Essa nasce nell’ambito del diritto. Anche richiamando l’attenzione su questa situazione, Karl Marx disse parole molto accese. Ma proprio in quest’ambito bisogna andare oltre, bisogna essere ancora più estremi di lui. Deve essere chiaro che dobbiamo andare verso un ordinamento sociale in cui la forza lavoro umana non sia più una merce, in cui si spogli completamente del carattere di merce. Infatti se io devo vendere la mia forza lavoro, allora posso vendere subito anche tutta la mia persona per intero. Come posso tenermi la mia persona, se devo vendere a qualcun altro la mia forza lavoro? L’altro diventa padrone di tutta la mia persona. Dunque l’ultimo resto dell’antica schiavitù, ma veramente non in forma minore, è ancora presente in quest’epoca ‘umana’.

Così il proletario, con la sua forza lavoro e con la vendita della sua forza lavoro, si trovava sbattuto fuori dalla vita giuridica e dentro la vita economica. E se ora si viene a dire che però c’è pure il contratto di lavoro, bisogna però tener conto del fatto che finché fra l’imprenditore e l’operaio si potrà stipulare un contratto sul rapporto lavorativo, continuerà ad esserci un rapporto di schiavitù sulla forza lavoro. Solo se il rapporto lavorativo fra il capo e i lavoratori manuali verrà spostato sul puro terreno giuridico, ci sarà ciò che l’anima proletaria moderna deve pretendere.

Ma questo potrà succedere solo quando non si potrà più stipulare un contratto sul salario, ma solo ed esclusivamente su ciò che viene prodotto in comune dal lavoratore manuale e da quello spirituale. I contratti possono essere stipulati solo sulle merci, non su pezzi di persone. Invece di sapere che il suo rapporto di lavoro è protetto dall’ambito giuridico, che cosa trovava il proletario moderno in questo ambito giuridico? Vi trovava dei diritti? Riguardo a se stesso, veramente non trovava dei diritti. A poco a poco, certe persone si erano abituate a sentire questo Stato moderno come una specie di divinità, come un idolo. Certe persone parlavano dello Stato moderno pressapoco come il Faust parlava di Dio a Margherita nella prima parte del libro. Possiamo benissimo immaginare un datore di lavoro moderno che istruisca i suoi operai sulla divinità dello Stato moderno dicendo di questo Stato: «Colui che tutto possiede, colui che tutto comprende, non comprende e preserva te, me e se stesso?» Probabilmente dicendo così penserà sempre: “Ma soprattutto me!” La coscienza umana si aspettava di avere dei diritti, da parte dello Stato. Il proletario trovava privilegi di coloro che erano riusciti ad accaparrarsi quei privilegi nella vita economica, specialmente nell’epoca più recente. Che cosa trovava il proletario moderno, al posto di ciò che si deve sempre pretendere in ambito giuridico (l’uguaglianza di tutti gli uomini)? Sapendo che cosa trovava sul piano dello Stato giuridico, si arriva alla sua terza rivendicazione; perché nell’ambito in cui avrebbe dovuto trovare il diritto, soprattutto il diritto del suo lavoro e il diritto ad esso contrapposto, il diritto del cosiddetto proprietario, trovava la lotta di classe. Per il proletario moderno, lo Stato moderno non è che altro che lo Stato della lotta di classe.

Così possiamo dire che la terza rivendicazione proletaria è quella che vuole superare lo Stato di classe e far subentrare al suo posto lo Stato giuridico. Il lavoro e la direzione del lavoro sono oggetti del diritto. Infatti in fin dei conti che cos’è la proprietà? È una cosa che nel prossimo futuro dovrà essere gettata fra i rottami arrugginiti; infatti che cos’è in realtà? Nell’organismo sociale è sufficiente questo concetto di proprietà: “la proprietà è il diritto di una data persona di servirsi di una data cosa”. La proprietà poggia sempre su un diritto. I diritti del lavoro si opporranno ai cosiddetti diritti di proprietà solo dal momento in cui diritti verranno regolati all’interno di un ordinamento sociale ormai veramente democratico. Ed è soltanto allora che si potranno soddisfare quelle che sono le lecite rivendicazioni del proletario moderno.

Considerando i fatti attuali, dalla voce così tonante, in questo modo, si arriva a dirsi che l’organismo sociale che si è formato sotto l’influsso della tecnologia moderna, sotto l’influsso del capitalismo moderno, deve essere osservato con maggior precisione. - E basta considerare le tre rivendicazioni del proletariato moderno appunto caratterizzate, per vedere anche che cosa è necessario per il risanamento dell’organismo sociale. Un elemento spirituale, un elemento giuridico, un elemento economico: questi sono i tre momenti che bisogna considerare. Ma come sono stati trattati questi tre momenti nell’ordinamento della storia moderna, che si trova appunto sotto l’influsso della tecnologia e del capitalismo? Qui passiamo dalla critica di ciò cui le attuali classi dominanti hanno dato forma a quella che oggi si presenta come un’esigenza storica. Posso immaginare che qualcuno non sarà del tutto d’accordo con quanto sto per dire. Ma il corso degli eventi non dimostra forse che spesso i pensieri delle persone sono rimasti indietro rispetto ai fatti? Perciò forse è proprio giusto ascoltare, se uno dice che non ci bastano tutti i discorsi di ogni tipo su come la situazione debba cambiare, no, oggi è necessario che arriviamo a pensieri del tutto nuovi. Bisogna che nel cervello delle persone entrino pensieri nuovi, perché abbiamo già visto che cosa quelli vecchi hanno fatto dell’ordinamento sociale umano. Oggi è necessario cambiare il modo di pensare, cambiare mente, non solo fare altri tentativi. E se in qualche punto quel che ho da dire si discosterà dai pensieri abituali, vi prego di tener conto del fatto che lo dico basandomi sull’osservazione del corso degli eventi e che lo intendo con la stessa serietà con cui si prendono altre cose che vengono proposte per risanare l’attuale situazione sociale.

Io vedo che, per esempio, nell’epoca più recente, proprio sotto l’influsso dell’ordinamento sociale ed economico borghese, la vita economica è concresciuta sempre più con la vita giuridica, che lo Stato politico e lo Stato economico sono diventati una cosa sola. Prendiamo un esempio che è proprio caratteristico del tempo presente. Prendiamo l’esempio dell’Austria, che sta appunto soccombendo al suo destino. Quando, negli anni Sessanta del XIX secolo, l’Austria si decise infine a redigere una cosiddetta costituzione, come fu eletta la camera dei Länder, questa benedetta vecchia camera dei Länder? (Dato che si voleva avere un nome breve del tutto chiaro, questo Stato austriaco eccettuata l’Ungheria, i Länder della cosiddetta Sacra Corona di Stefano, veniva chiamato ‘i regni del re e i Länder rappresentati alla camera dei Länder’, nome breve per ‘Austria’). Allora, per questa camera dei Länder, si votò secondo quattro curie: la prima era quella dei grandi proprietari terrieri, la seconda era quella delle camere di commercio, la terza era quella delle città, dei mercati e dellindustria, la quarta quella dei comuni rurali. Queste ultime potevano votare solo indirettamente. Ma che cosa sono tutte queste curie? Erano curie economiche. Dovevano rappresentare solo meri interessi economici e votavano i loro deputati alla camera dei Länder austriaca. Che cosa c’era da fare là? Si dovevano stabilire i diritti, i diritti politici. Che idee c’erano sui diritti politici, costruendo la camera dei Länder su queste quattro curie? Ora, l’idea era che alla camera dei Länder, dove si dovevano prendere decisioni sul diritto, si trasformavano semplicemente gli interessi economici in diritti. Così fu allora e così è ancora: in sostanza le rappresentanze statali, per lo più apertamente oppure di nascosto, racchiudono in sé meri interessi economici. Pensate alla federazione degli agricoltori nel governo tedesco; risparmiatemi di farvi altri esempi più evidenti. Dappertutto vediamo che la tendenza dell’epoca più recente è stata quella di fondere la vita economica con la vita politica dello Stato vero e proprio. Questo lo si è chiamato ‘progresso’. Si è cominciato con quei rami che erano particolarmente graditi alle classi dominanti: le poste, i telegrafi, le ferrovie e cose del genere, e lo si è esteso sempre di più. Queste sono due cose, che si sono saldate insieme. Le altre due, che sono state saldate insieme, fuse insieme, sono la vita spirituale e lo Stato politico.

So di camminare, per così dire, sul ghiaccio, parlando di questa fusione della vita spirituale con lo Stato politico, dicendo che questa fusione ha danneggiato, guastato, fatto ammalare l’organismo sociale. Certo, per le classi dominanti questo è stato necessario negli ultimi secoli, e precisamente nel XIX. Ma non si deve credere che la gestione da parte dello Stato abbia corrotto, pregiudicato, soltanto l’amministrazione, l’esercizio della scienza e di altri rami della vita spirituale: essa ne ha guastato il contenuto stesso. Anche in questo caso non serve spingersi tanto in là quanto fece il noto fisiologo Du Bois-Reymond, che una volta, in un bel discorso (i signori parlano sempre in modo molto, molto bello, quando parlano di queste cose), in un bel discorso ha chiamato i membri dell’Accademia delle Scienze di Berlino ‘le truppe coloniali degli Hohenzollern’.

In quest’epoca illuminata si è fatta molta ironia sulla scienza esteriore e sulla concezione del mondo medievali, definendole le domestiche, le servette della teologia. Certamente non vorremo mai tornare a quei tempi. Ma in futuro, osservando con spregiudicatezza ciò che sta avvenendo in questa nostra epoca, la si giudicherà nello stesso modo. Ormai, di norma, le persone di cultura non reggono più lo strascico alla teologia, e io non voglio dire che puliscano gli stivali dei rispettivi Stati, però per molti versi reggono già lo strascico ai relativi Stati. È una cosa da tenere sempre ben presente, se si vuole parlare di che cosa in realtà ha fatto sì che nell’epoca più recente da una parte la vita economica è stata fusa con la vita politica dello Stato e, dall’altra, con questa vita politica dello Stato è stata fusa la vita spirituale. Adesso chi vede queste non si chiede, come fanno moltissime persone, che cosa debba fare la Società delle Nazioni, che adesso si vorrebbe fondare secondo un qualche punto di vista. Recentemente a Berna ho sentito dire da un signore che si crede molto intelligente che la Società delle Nazioni deve costituire un sovra-stato, che deve dar vita ad un sovra-parlamento. Ecco, vedete, chi osservi spregiudicatamente che cosa hanno provocato quelli che finora sono stati gli Stati in questi orribili quattro anni, riguardo alla Società delle Nazioni veramente non si chiede come si debbano trasferire le diverse misure e istituzioni di quelli che finora sono stati gli Stati a questa Società delle Nazioni. Non si chiede che cosa si debba fare affinché questa Società delle Nazioni diventi più simile possibile allo Stato. Si porrà una domanda ben diversa. Forse si chiederà: “Che cosa NON dovrà fare questo Stato?” Infatti quel che ha fatto non ha davvero portato frutti particolarmente buoni, negli ultimi quattro anni. Se si osserva veramente con sano intelletto l’ingranaggio della moderna vita sociale, a poco a poco si arriva a dire che cosa esigono realmente le potenze e le forze storiche nell’epoca più recente.

Anche mentre infuriava la guerra mondiale, dissi a qualcuno le stesse che sto dicendo adesso. Si predicava ai sordi. A qualcuno ho perfino detto: “Adesso avete ancora tempo; finché rombano i cannoni, il rombo dei cannoni degli Stati che vogliono porre fine a questa guerra in modo ragionevole, devono rombare le parole che l’epoca richiede, che si realizzeranno necessariamente nei prossimi dieci, venti anni. Oggi potete scegliere se diventare ragionevoli e realizzarle con la ragione, oppure, se non volete farlo, andate incontro a cataclismi e a rivoluzioni”. Ma questo passava vicino alle loro orecchie come nebbia.

Quest’epoca ci richiede di sforzarci veramente di creare strutture sociali autonome: una vita spirituale libera, poggiante su se stessa, uno Stato politico al quale lasciare solo la vita giuridica, e una vita economica che sia posta sulle sue stesse basi. Com’è tremendo, per qualcuno che ritiene di essere una persona pratica al vecchio modo, che ora si debba andare incontro alla complicazione di avere tre organismi sociali che stanno uno accanto all’altro: una specifica organizzazione spirituale, una specifica organizzazione giuridica e una specifica organizzazione economica! Però, chiariamo solo che conseguenze questo avrà, per esempio, per la vita economica. Qui abbiamo la vita economica che confina da una parte con la base di natura, col clima, con la natura del terreno. È vero che, facendo migliorie tecniche di ogni genere, si può domare la natura, ma c’è un limite oltre il quale non si può andare. La base di natura costituisce uno dei confini della vita economica. Facciamo solo un esempio estremo. Immaginiamo un Paese dove molte persone possono cibarsi di banane. Per trasportare le banane dal luogo di partenza al consumatore, è necessario cento volte meno lavoro che per portare il nostro grano dalle regioni dalla semina ai consumatori. Ora, esempi così estremi chiariscono la cosa. Ma anche se in un territorio sociale chiuso per il resto non si accostano le cose in modo così estremo, la base di natura c’è. Essa è uno dei confini della vita economica. Dev’esserci anche un altro confine, ed è quello posto dallo Stato, che ha la sua posizione autonoma a lato della vita economica. All’interno di questo Stato, che deve poggiare su una base puramente democratica, perché si occupa di ciò che vale allo stesso modo per tutti gli uomini, ciò si cui tutti gli uomini devono accordarsi, perché deve basarsi sulla coscienza giuridica radicata nell’anima di ogni essere umano, in questo Stato giuridico si decideranno anche, in piena autonomia rispetto alla vita economica, la misura, il tempo e anche altre cose sul lavoro umano. Come il seme, in rapporto alle forze che lo sopraffanno sotto terra, non è ancora inserito nella vita economica, ma come queste forze naturali determinano da sé la vita economica, così anche il diritto del lavoro deve essere posto alla base della vita economica da parte dello Stato autonomo. Il prezzo delle merci deve essere determinato sia dalla base di natura da una parte, che dal diritto del lavoro, indipendente dalla vita economica, dall’altra. Sono i prezzi delle merci, che devono dipendere dal diritto del lavoro e non, come avviene oggi, i prezzi del lavoro da quelli delle merci.

Questo è ciò che, in sostanza, ogni vero lavoratore si aspetta nei recessi più reconditi dell’anima: che la regolamentazione della forza lavoro e anche la regolamentazione della cosiddetta proprietà, che così non sarà più proprietà, vengano separati dalla vita economica, affinché in ambito economico non ci possa più essere un rapporto coercitivo fra datore di lavoro e dipendente, ma solo un rapporto giuridico. Allora nella vita economica ci sarà solo ciò che appartiene esclusivamente alla vita economica: la produzione delle merci, lo scambio delle merci, il consumo delle merci. E si potrà realizzare ciò che proprio il pensiero socialista cerca di realizzare: che d’ora in poi non si produca più per trarre profitto, ma che si produca per consumare. Questo può succedere solo se le regole sul lavoro e sulle prestazioni lavorative vengono fatte in modo altrettanto autonomo, quanto è autonomo il modo con cui la natura, indipendentemente dall’ordinamento economico, impone a quest’ultimo le sue regole. Soltanto allora, nell’ambito della vita economica, tutto ciò che oggi prende la forma di cooperativismo, di associazionismo arriverà al suo diritto; questo deve essere adeguatamente gestito nell’ambito della vita economica. Qui la vita produttiva deve essere regolata in associazioni, in cooperative, a seconda del bisogno di consumo. Qui bisogna innanzitutto togliere allo Stato politico tutta la regolamentazione della valuta. La valuta, il denaro, non può più essere qualcosa che è soggetto allo Stato politico, ma deve diventare una cosa che appartiene al corpo economico. E allora che cosa sarà il rappresentante del denaro? Non più un’altra merce qualsiasi, che in realtà è solo una merce di lusso e il cui valore poggia sulla fantasia, l’oro; al denaro corrisponderà invece (posso solo accennarlo, prossimamente lo troverete spiegato nel mio libro sulla questione sociale, che uscirà fra un paio di giorni), al denaro corrisponderà tutto ciò che è presente in termini di mezzi di produzione. E questi mezzi di produzione utilizzabili potranno essere trattati nel modo in cui devono effettivamente essere trattati nel senso del pensiero sociale moderno, potranno essere trattati come al giorno d’oggi si tratta solo quella che, per la nostra epoca, è la proprietà più meschina.

Qual è per la nostra epoca la proprietà più meschina? Bé, ovviamente quella spirituale, la proprietà spirituale. Sappiamo che, nella nostra epoca, ce l’abbiamo dall’ordinamento sociale. Sì, per quanto uno sia intelligente, per quanto uno sia capace, per quanto belle siano le cose che produce, questo corrisponde alle predisposizioni e anche ad altre cose, ma in quanto lo si valorizza nell’organismo sociale, certamente lo si riceve dall’organismo sociale. Perciò è giusto che questo bene spirituale non rimanga nell’eredità, ma che, almeno dopo un certo numero di anni, passi all’organismo sociale, che diventi un bene comune, che possa essere adoperato da chi è adatto a farlo per via delle sue capacità individuali. Questa meschinissima proprietà, la proprietà spirituale, oggi viene trattata così. Così in futuro verranno trattate tutte le cosiddette proprietà. Ora dovrà passare alla proprietà comune molto prima, in modo che chi ne abbia le capacità possa impiegarle nella gestione di questa proprietà a beneficio dell’organismo sociale. Perciò nel libro che uscirà fra un paio di giorni ho spiegato la necessità di lasciare i mezzi di produzione nelle mani di una persona solo finché le capacità individuali di questa persona giustifichino che lui gestisca questi mezzi di produzione, e che tutto il che profitto che si ricava grazie ai mezzi di produzione, se non viene re- investito nella produzione stessa, deve essere riversato nella collettività. Sarà l’organismo spirituale a cercare chi abbia le capacità individuali necessarie per portare avanti questa attività a beneficio della comunità sociale.

Se questo organismo sociale lo si è veramente conosciuto nella vita, non è tanto semplice soddisfare questa esigenza moderna di non passare più i mezzi di produzione alla proprietà privata, per farli rimanere appunto nella proprietà privata. Ma bisogna trovare i mezzi per far perdere a questa proprietà privata ogni senso, in modo che poi il cosiddetto proprietario sia soltanto il capo temporaneo, in quanto ha le capacità di gestire i mezzi di produzione nel modo migliore per il bene della collettività.

Un libero rapporto contrattuale sulla produzione comune fra operai e capo sarà possibile soltanto se da una parte il diritto del lavoro verrà regolamentato dallo Stato politico, e dall’altra la proprietà diventerà nel senso vero e proprio della parola una circolazione della proprietà. Non ci saranno più operai e capi, imprenditori e dipendenti. Posso abbozzare solo brevemente, appunto, tutte queste cose. Perciò consentitemi di accennare ancora una volta al fatto che come ambito particolare accanto al settore economico autonomo (che dall’altra parte ha lo Stato politico autonomo, lo Stato giuridico, che ha la sua posizione autonoma e sovrana accanto all’ambito economico, come la natura stessa) ci sarà la vita spirituale. Questa vita spirituale può svilupparsi solo se in futuro si baserà su se stessa secondo le sue stesse forze, vere e reali, se dall’insegnante più basso fino al direttore più alto un qualsiasi ramo dell’insegnamento o della formazione non dipenderà più da un qualsiasi gruppo di capitale o dallo Stato politico, ma se fin dall’insegnante più basso tutti coloro che sono impegnati nella vita culturale sapranno che quel che fanno dipende solo dall’organizzazione spirituale stessa. Basandosi su un buon istinto, anche se non proprio su una particolare stima della religione, ma su un buon istinto, la socialdemocrazia moderna ha detto: “La religione dev’essere una faccenda privata”. Nello stesso senso, per quanto strano possa suonare oggi, tutta la vita spirituale deve essere una faccenda privata e poggiare sulla fiducia che coloro che la vogliono accogliere hanno nei confronti di coloro che la devono fornire. So che al giorno d’oggi molte persone temono che tutti noi e soprattutto i nostri posteri diventeremmo analfabeti se potessimo sceglierci la nostra scuola da soli. No, non lo diventeremo. Oggi forse sono proprio coloro che appartengono alle classi dominanti, finora dominanti, ad avere veramente molti motivi, per pensarla così sull’istruzione; si ricordano quanta fatica è loro costato acquisire quel po’ d’istruzione che assicura loro la loro posizione sociale. Ma ciò che l’organismo sociale tripartito esige dalle persone veramente non porterà, proprio sotto l’influenza del proletariato moderno, in una vita spirituale libera, all’analfabetismo.

Sono pienamente convinto che, se si riuscirà a realizzare in questo modo lo Stato giuridico pienamente democratico, che garantisce il diritto del lavoro e in cui tutti gli uomini devono consultarsi fra loro su ciò che è uguale per tutti, allora soprattutto il proletariato moderno non si presterà a predicare in modo speciale l’analfabetismo, allora si presenterà già da sé anche l’esigenza che, in una vita spirituale libera, non si portino le persone all’urna come a volte avviene oggi, per cui possiamo raccontare che in alcune regioni di uno Stato limitrofo i monaci e i parroci di campagna hanno ripulito gli ospedali per idioti e per malati psichiatrici per portare all’urna elettorale delle persone che non conoscevano nemmeno il proprio nome.

Certamente chi vuole credere in queste cose e sperare in queste cose deve avere fede nella reale forza umana e nella reale dignità umana. Chi, come me, per tutta la vita è stato indipendente da qualsiasi ordinamento sociale, chi non si è mai piegato a dover dipendere da un qualsivoglia ordinamento, è anche riuscito a rimanere spregiudicato riguardo alla costruzione di una vita spirituale poggiante su se stessa, indipendente dallo Stato. Questa vita spirituale non curerà le facoltà umane individuali nello stesso modo in cui l’ha fatto la lussuosa vita spirituale, l’ideologia della vita spirituale, che c’è stata finora. La vita spirituale che si fonda su se stessa non sarà nemmeno una vita spirituale da filistei, una vita spirituale borghese, ma sarà una vita spirituale dell’umanità, una vita spirituale che discenderà dalle vette dei massimi esponenti della creazione spirituale raggiungendo tutti i meandri del lavoro umano e della loro conduzione; i capi dei singoli settori economici saranno allievi della libera vita spirituale e a partire da questa libera vita spirituale non svilupperanno quello che oggi è diventato lo spirito imprenditoriale, lo spirito capitalistico.

I contratti di lavoro esistono, ma in realtà sul lavoro non si può stipulare un vero contratto. Quello che oggi è il contratto di lavoro è una menzogna di vita, perché in realtà il lavoro non è equiparabile ad alcuna merce. Perciò bisogna dire che in futuro, quando si dovrà stipulare un qualche contratto, lo si stipulerà sul prodotto creato in comune, e soltanto allora si avrà questo sentimento chiaro: “Che cos’era, in realtà, questo contratto di lavoro che abbiamo avuto finora? Su che cosa poggiava? - Non poggiava sul diritto, ma su un abuso delle capacità personali, individuali. In sostanza era un imbroglio”. Ma da dove viene l’imbroglio? Dalla furbizia di cui l’attuale vita spirituale spesso si avvale. La vita spirituale che immagino io, che poggia su se stessa, non si avvarrà di questa furbizia, di questa menzogna della vita, ma si avvarrà della verità della vita. Non sarà più dominata dalle truppe coloniali di un qualche trono e altare, ma sarà lo spirito stesso ad amministrare le capacità individuali delle persone fin dentro i singoli settori della vita. Il capitalismo è possibile solo se dall’altra parte si può asservire la vita spirituale. Liberando la vita spirituale, il capitalismo nella sua forma attuale sparisce. Ho voluto riflettere su come possa eliminare il capitalismo. Fra alcuni giorni nel mio libro sulla questione sociale potrete leggere che questo capitalismo sparirà, se la vita spirituale sarà veramente emancipata e se le verità della vita prenderanno il posto delle menzogne della vita.

In fondo, quel che oggi ho tratteggiato brevemente risuona da lungo tempo attraverso l’umanità. Alla fine del XVIII secolo, in Francia, risuonavano come un potente motto le parole: “libertà, uguaglianza, fratellanza”. Nel corso del XIX secolo, delle persone molto intelligenti hanno ripetutamente dimostrato che queste tre idee nell’organismo sociale si contraddicono. Da un lato, la libertà richiede che l’individualità possa muoversi liberamente. L’uguaglianza esclude questa libertà. E a sua volta la fratellanza contraddice le altre due.

Finché si era sotto l’ipnosi del dogma: “Colui che tutto mantiene, colui che tutto comprende non comprende forse te, me e se stesso?” Finché si era sotto l’ipnosi di questo idolo dello Stato unitario, queste tre idee si contraddicevano. Nel momento in cui l’umanità avrà maturato una piena comprensione del sano organismo sociale tripartito, queste tre idee non si contraddiranno più, perché allora nell’ambito dell’organismo spirituale autonomo e sovrano regnerà la libertà, nell’ambito dell’organismo statale, dell’organismo giuridico regnerà l’uguaglianza di tutti gli uomini, e nell’ambito dell’organismo economico regnerà la fratellanza, quella fratellanza in grande stile che poggia sulle cooperative di produzione e di consumo, che poggia sulle associazioni delle singole professioni, che amministreranno in modo adeguatamente fraterno la vita economica. Le tre grandi idee di libertà, uguaglianza e fratellanza non si contraddiranno più, quando i tre ambiti (quello spirituale, quello giuridico e quello economico) staranno al mondo dopo aver conquistato autonomamente ciascuno il proprio diritto. Per oggi prendete ancora tutto questo come qualcosa su cui si pensa poco, ma non è un’utopia, non sono solo cose elucubrate in un modo qualsiasi, sono cose che sono state ricavate osservando per decenni le condizioni politiche, economiche e spirituali moderne; sono cose che sembrano giacere nel seno dell’evoluzione umana stessa come un seme, e che vogliono essere realizzate nel prossimo futuro. E nei fatti di oggi, dalla voce tonante, nelle rivendicazioni del proletariato, si può percepire, anche se si dicono anche molte altre cose, che l’anelito a tale realizzazione oggi è già assolutamente presente.

Molti dicono che quella da me presentata sia una ‘utopia’. Essa è stata tratta da un pensare aderente alla realtà, corrispondente alla realtà. Quest’idea della tripartizione non è un’utopia. La si può attuare ovunque, in qualsiasi stato sociale, immediatamente, se solo se ne ha la buona volontà, che spesso purtroppo oggi manca. Se credete che ciò di cui io parlo sia un’utopia, vorrei ricordarvi che quando parlo dell’organismo sociale sano, parlo in modo molto diverso da come si parla di solito. Le altre persone che parlano di idee sociali redigono programmi. Io non penso di essere più intelligente degli atri e di sapere meglio di tutti come si deve fare ecc., ma penso solo ad articolare l’umanità, che poi dovrà decidersi da sola per il vero, per il buono, per ciò che è utile, nel modo giusto. E mi sembra che se viene articolata in modo che gli uomini siano inseriti in primo luogo in una vita spirituale libera, in secondo luogo in una vita giuridica politica libera e in terzo luogo in una vita economica adeguatamente amministrata dalle forze economiche, allora le persone troveranno il meglio da sé; io non penso a fare delle leggi su ciò che è meglio, ma alla maniera in cui gli uomini devono essere chiamate a trovare da sé ciò che loro giova. Non penso nemmeno, come alcuni hanno creduto, ad una rinascita dei vecchi ceti e classi sociali: il ceto intellettuale, il ceto militare, il ceto contadino – no, sto dicendo il contrario. Non sono gli uomini a dover essere divisi in classi. Le classi, i ceti, devono sparire, perché quella che viene suddivisa è la vita al di fuori dell’uomo, la vita oggettiva. Ma l’uomo è l’unità che appartiene a tutti e tre gli organismi. Nell’organismo spirituale ne vengono curate le predisposizioni, le facoltà. Nell’organismo statale egli trova il suo diritto. Nell’organismo economico vengono soddisfatti i suoi bisogni.

Tuttavia credo che il proletario moderno svilupperà la vera coscienza umana a partire dalla sua coscienza di classe, che capirà sempre meglio ciò cui oggi abbiamo accennato, cioè la vera liberazione dell’umanità. E spero che, quando un giorno all’anima del proletario moderno sarà del tutto chiaro che egli è chiamato a lottare proprio per il reale scopo dell’umanità, questo proletario moderno non sarà solo il redentore del proletariato moderno (cosa che deve sicuramente diventare), ma diventerà il redentore di tutto ciò che è umano, di tutto ciò che nella vita umana merita veramente di essere liberato. Vogliamo sperare questo, vogliamo agire in questa direzione. Se si dice: “Di parole ne sono state dette abbastanza, vogliamo vedere azioni”, ecco, oggi volevo dire parole che possono veramente tradursi direttamente in azioni.

Dibattito

Primo intervento (signor Handschin): parla con enfasi di come la borghesia opprima i lavoratori. La borghesia costringe gli operai ad accettare la violenza. La proprietà privata dei possidenti è stata guadagnata dagli operai. Solo il comunismo porterà pace.

Secondo intervento (signor Studer): accenna alle idee di denaro libero e terra libera, che dovrebbero rendere possibile la liberazione della vita economica.

Terzo intervento: (signor Mühlestein): dice che in Germania stanno ritornando su i vecchi poteri e non è cambiato niente. Critica alla socialdemocrazia e al centro. Critica alla triarticolazione: essa toglierebbe il diritto alla vita economica e a quella spirituale; ma la giustizia dovrebbe regnare in tutti e tre gli ambiti, non solo nello Stato giuridico.

Quarto intervento: Vuole parlare di una ‘Lega svizzera per le riforme nell’epoca di transizione’; ma viene interrotto e con ciò si chiude il dibattito.

Rudolf Steiner: Avrete notato che in sostanza i primi due interventi non hanno portato elementi che io abbia bisogno di obiettare, perché ecco, almeno per il mio modo di sentire, in sostanza ciò che i due signori hanno detto lascia capire (almeno a me) quanto sia davvero necessario prendere sul serio ciò che ho detto, forse in un modo debole, ma schietto, per cercare di contribuire alla soluzione della questione sociale almeno per quanto è umanamente possibile in questi tempi così gravi. E che sia necessario farlo, che oggi è giunto il momento di farlo, lo si capisce comunque anche dal grande impero del signore che è intervenuto per primo. Perciò, essendo già piuttosto tardi, vorrei toccare solo altri pochi punti. Il secondo egregio signore che è intervenuto ha parlato di ‘terra libera, denaro libero’. Vedete, con queste parole ci si riferisce a una cosa con la quale succede come con moltissime altre cose del presente, quando ci si accosta alla questione sociale proprio lungo le vie che ho indicato, le vie della realtà. Molto spesso in queste occasioni mi sono trovato a dover dire: “Sono completamente d’accordo con voi!” - solo che d’abitudine, o almeno molto spesso, l’altro non lo dice a me! Di fatto la faccenda è così: se io pensassi che le mie idee fossero venute fuori così semplicemente da un soffio di vento, non vi annoierei con queste spiegazioni, le riterrei ancora del tutto immature. È proprio questo che credo: che alle idee che oggi vi ho presentato aderisca qualcosa di essenziale. La materia, le pietre da costruzione, le trovate dappertutto. Recentemente ho tenuto questa stessa conferenza anche a Berna. Allora è venuto da me un signore, non solo intervenendo al dibattito, ma venendo il giorno dopo a colloquio con me; anch’egli parlò di ‘terra libera, denaro libero’. Certamente dopo un’ora siamo riusciti a metterci d’accordo sul fatto che ciò che in realtà si vuole raggiungere riguardo alla regolamentazione della questione della valuta, alla fabbricazione di una valuta assoluta, lo si raggiunge semplicemente realizzando in modo consono (certamente in modo consono) questa triarticolazione di cui vi ho parlato oggi, sottraendo semplicemente la gestione dei valori, la gestione del denaro, allo Stato politico e spostandola nella vita economica. Come ho detto, nel mio libro ‘I punti essenziali della questione sociale rispetto alle necessità della vita nel presente e nell’avvenire’ spiego che allora la valuta si baserà su cose completamente diverse da oggi e che inoltre sarà internazionale. Naturalmente finché lo Stato pilota, l’Inghilterra, si attiene alla valuta aurea, nella politica estera dovrà valere la valuta aurea; ma all’interno coloro che ora hanno una vera valuta non useranno più l’oro nell’organismo sociale; l’unica valuta reale consiste invece nei mezzi di produzione, sulla base dei quali allora si stabilirà la valuta per il denaro. Oggi il denaro è appunto completamente misconosciuto. Il denaro lo si capisce soltanto se lo si intende in contrapposizione all’antica economia naturale.

In realtà, che cos’è il denaro per l’attuale organismo sociale? È lo strumento per portare avanti un’economia collettiva. Pensate un po’ qual è la funzione complessiva del denaro. Essa consiste nel fatto che io, semplicemente per il mio stesso lavoro, posso disporre del frutto del lavoro di un altro. E finché il denaro è qualcosa di diverso da questa disposizione, non è giustificato nell’organismo sociale.

Per dimostrarlo potrei fare lunghe spiegazioni; ma voglio spiegarlo solo brevemente: questo, deve diventare il denaro! E lo diventerà quando cesseranno tutte le altre macchinazioni che entrano in gioco nella circolazione del denaro. Infatti, per il confronto fra i contro-valori delle merci il denaro è l’unico parametro comune. È una cosa che si può raggiungere anche con questo tipo di triarticolazione e cui in parte, isolatamente, aspira anche il movimento per la terra libera e il libero denaro; perciò in quel caso ho detto: “Sono completamente d’accordo con questo movimento” – perché io cerco sempre di capire i singoli movimenti nella misura in cui sono giustificati, e vorrei riunirli in una grande corrente comune, perché appunto non credo che una persona, o anche un gruppo di persone, possa trovare ciò che è giusto, ma credo democraticamente che le persone soltanto insieme nella realtà, nella cooperazione, però organizzate nel modo giusto, troveranno ciò che è giusto.

Questa è la visione della realtà che ho caratterizzato, non come una qualche evoluzione oggettiva. Ma credo che l’uomo reale, vivendo umanamente in modo sano nell’unione con le altre persone, troverà ciò che giova all’organismo sociale.

Abbiamo una cosa che tutti sanno essere possibile soltanto nella vita sociale (probabilmente gli egoisti di oggi vorrebbero avere tutta per sé anche questa): è il linguaggio di un organismo chiuso. Nelle scuole si continua sempre a predicare che se l’uomo crescesse da solo su un’isola deserta non saprebbe parlare, perché il linguaggio si può formare solo nella vita sociale. Bisogna riconoscere [...] che tutte le cose che si celano dietro il capitale privato, la proprietà, che si celano dietro il potere su un qualche lavoro e cose del genere, che tutte queste cose, anche i talenti umani, le doti individuali, proprio così come il linguaggio, hanno funzioni sociali, che fanno parte della vita sociale e che sono possibili solo al suo interno. Deve arrivare il giorno in cui già nelle scuole si chiarisca alle persone che cose esse siano diventate grazie all’organismo sociale, e che cosa quindi è loro dovere restituire a tale organismo sociale. Quindi quella su cui conto è un’intesa sociale, che dovrà venire nello stesso modo in cui oggi dalle scuole vengono le tabelline. Nelle scuole si dovrà anche cambiare modo di pensare. Ci furono tempi in cui nelle scuole si imparavano cose completamente diverse da oggi; pensate solo alle scuole romane. Verranno tempi in cui si porterà già ai bambini proprio quella che è la comprensione sociale. Poiché, sotto l’influsso della tecnica e del capitalismo più recenti, questo è mancato, siamo arrivati alle attuali condizioni, alle condizioni malsane dell’organismo sociale.

Anche per quanto riguarda il signor Mühlestein, devo dire, mi trovo nella stessa condizione di non avere effettivamente niente contro ciò che ha detto; credo solo che, se le sue idee si svilupperanno ulteriormente, andranno a sfociare in quello che ho detto io.

Per esempio, egli non ha affatto tenuto conto che io non voglio (ovviamente no!) togliere il diritto dalla vita economica e dalla vita spirituale. No, al contrario voglio proprio avercelo dentro. E poiché voglio avercelo dentro, voglio che si formi una scienza sociale autonoma, dove finalmente esso possa veramente prender forma, prodursi. Dopo essere stato prodotto, esso può agire in riferimento agli altri ambiti. Ve lo dimostra un pensiero spregiudicato. Per esempio tenete presente quanto segue: al giorno d’oggi anche il pensiero scientifico non pensa ancora in modo veramente consequenziale e adeguato, in riferimento all’organismo umano naturale. Qui oggi le persone pensano: i polmoni – un pezzo di carne; il cervello – anch’esso un pezzo di carne, e così via. La scienza certamente dice anche altro, ma non dice molto altro; perché secondo la scienza queste singole parti costitutive dell’organismo umano sono parti di una grande centralizzazione. In realtà altro non vede. L’uomo, come organismo naturale, è un sistema triarticolato: noi abbiamo un organismo neuro-sensoriale. Esso è centralizzato per conto suo, va a finire negli organi di senso. - Abbiamo un organismo ritmico, l’organismo cuore-polmoni; esso va a finire nelle vie respiratorie. - Abbiamo l’organismo del ricambio, che a sua volta va a finire nel mondo. E noi siamo uomini di natura proprio in quanto abbiamo queste tre componenti, queste tre componenti in sé centralizzate dell’organismo.

Ora qualcuno può forse venire a dire (quando, come ho fatto adesso nel mio ultimo libro «Gli enigmi dell’anima», dico che queste tre parti dell’organismo naturale umano risultano semplicemente da un’adeguata osservazione scientifico-naturale), qualcuno può forse venire a dire che la natura non avrebbe dovuto sviluppare queste tre parti, perché è importante che tutte e tre le parti abbiano aria? È ovvio che tutte e tre le parti hanno aria! - Se l’aria viene prima inspirata dai polmoni, e viene rielaborata nel modo adeguato; le membra del ricambio e il cervello hanno la loro aria proprio per il fatto che quest’aria è stata inspirata ed elaborata, e quindi anche può essere trattata con tutta la precisione naturale in una parte specificata, separata, dell’organismo naturale dell’uomo. Non voglio, come fece Schaffte, o come adesso a sua volta fanno Meray[1] o altri, fare questo gioco di analogie fra concetti fisiologici e sociali, non mi passa neanche per la testa; voglio solo richiamare l’attenzione sul fatto che un pensiero strutturato non capisce l’uomo nemmeno come organismo naturale, se pensa soltanto che tutto è centralizzato su una cosa – si comprende l’uomo concependo i suoi tre sistemi organici centralizzati ciascuno in sé.

L’uomo è completo proprio perché ha questi tre sistemi organici in sé centralizzati. Questo sarà un grande progresso nelle scienze naturali, se lo si capirà!E il pensare che pensa in modo così sano sull’uomo pensa in modo sano anche sull’organismo sociale, e ha un sano sentire, a proposito dell’organismo sociale. La vita spirituale sarà massimamente libera ed organizzata nel modo migliore, quando sarà emancipata. Infatti nell’ambito della vita spirituale emancipata si trovano già le persone che provvederanno a questa libera vita spirituale.

Qui verrà chi, di fatto, consegnerà a questa vita spirituale la necessaria sovranità. Chi non gliela consegna, è appunto sottomesso al capitalismo o dipendente da qualcos’altro. Chi, in quanto amministratore dello spirito, sarà libero, potrà portare anche anche agli altri due settori le benedizioni della vita spirituale.

E così, se il diritto verrà prodotto veramente in uno Stato giuridico a sé stante, veramente centralizzato in sé, non ci si dovrà preoccupare che gli altri due settori non abbiamo il diritto, certamente distribuito in modo favorevole: in tutte le cose che sono state toccate dal signor Mühlestein deve esserci la giustizia; vi entrerà dopo essere stata prodotta.

Dunque non è per avere il diritto in un organo separato e non nell’altro, che faccio queste tre parti, ma vedo la necessità che esso venga creato prima proprio per avere nel modo giusto il diritto in tutte e tre.

Vorrei sapere se qualcuno possa dire: “In una casa ci sono padre, madre, i bambini e le domestiche; ma ora tu dividi questa casa in padre, madre, bambini, domestiche e due mucche che danno il latte, ma tutti hanno bisogno di latte, dunque tutti devono produrre latte, e non solo le due mucche”! No, io dico: le mucche devono produrre il latte, affinché tutti nella casa possano essere giustamente forniti di latte. E così lo Stato giuridico deve avere il puntuale diritto di produrre il diritto, allora i diritti saranno dove serve che siano. È proprio allora che essi (perdonatemi il paragone banale) potranno essere munti nello Stato giuridico!

Questo è quanto che volevo sottolineare; il fatto che oggi non si tratta di seguire una qualsivoglia idea preferita, ma si tratta proprio di riassumere ciò che pulsa in molti cuori come esigenza, ciò che in molte teste, anche se in modo più o meno incosciente, è già presente grazie alle forze dell’epoca, e di capirlo realmente negli impulsi che sono presenti come grandi forze epocali, che vogliono realizzarsi e che noi ora dovremmo ragionevolmente realizzare. Ma anche se non volessimo realizzarle ragionevolmente, questo non impedirà loro di convertirsi in realtà.

Egregi signori, abbiamo la scelta appunto se essere ragionevoli, oppure aspettarci che ciò che si deve realizzare si realizzi in un altro modo, perché si vuole realizzare a partire dalle forze della storia stessa.

In questo senso credo che la coscienza proletaria sia sicuramente adatta a capire queste esigenze, che risiedono nella storia, e quindi, ad anelarvi veramente e a raggiungere ciò che ho fatto notare in chiusura, per quanto è possibile agli uomini: la liberazione di tutto ciò che nell’umanità vale la pena di liberare.


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3. Conferenza5. Quinta conferenza
Indice

Note:

[1] Non è stato possibile identificare questo nominativo nè il di poco precedente Schaffte. N.d.C.

Trad. 02/2022