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OO 337b - Idee sociali – realtà sociale – prassi sociale – Vol. II



SECONDA SERATA DI DOMANDE
in occasione del primo corso universitario antroposofico

IndietroAvanti

Dornach, 12 ottobre 1920



Domande sulla vita economica II



Roman Boos: Devo comunicare che la conferenza di oggi sarà seguita da un dibattito e poi, dopo questa conferenza, sarà necessario che un ristrettissimo gruppo si raccolga per continuare a discutere di questioni economiche concrete.

Rudolf Steiner: Egregi convenuti! L'altro ieri abbiamo già detto che queste due conferenze o dibattiti, domenica e oggi, in sostanza avvengono su richiesta di singoli gruppi e che si tratterà essenzialmente di dire qualcosa riallacciandosi a determinate domande e richieste che sono state espresse. Perciò, dato che domenica ho già detto qualcosa di preliminare, oggi entrerò in modo del tutto concreto nelle domande e nelle richieste che sono state avanzate. Innanzitutto, la cosa più importante è che per molte persone la questione della natura delle associazioni nella vita economica pare essere un rompicapo. Innanzitutto vorrei parlarne un po' in generale.

Vedete, egregi convenuti, se si pensa in modo pratico, si tratta sempre di tener conto delle situazioni più immediate e di prendere le mosse del proprio agire da queste situazioni più immediate. Riflettete solo, una buona volta, quanto poco fecondo sarebbe in realtà se oggi, nella situazione in cui appunto ci troviamo, voi sviluppaste tutte le più belle immagini teoriche su un'associazione e l'altra e su tutto ciò che, per esempio, in tali associazioni dovrebbe succedere o essere tralasciato. Dopo aver a lungo discusso di queste cose e aver tirato fuori cose belle e utopistiche di ogni tipo, si può tornare a casa consolati e credere di aver fatto molto per la soluzione della questione sociale; ma in quel modo in realtà non si è fatto molto. Si tratta prima di tutto di intervenire veramente in ciò che è immediatamente presente. Noi ci troviamo di fronte a situazioni concrete nella vita economica, e dobbiamo chiederci: “Quali sono le cose più necessarie che ci sono da fare?” E poi dobbiamo cercare di creare la possibilità di intervenire in queste cose più importanti. Poi, andando avanti (il che, date le circostanze, è veramente necessario che avvenga molto rapidamente se non vogliamo che diventi troppo tardi) poi, si andrà avanti molto meglio che non escogitando utopisticamente cose di ogni genere o ponendo domande che non sono meno utopistiche. Certamente fino ad un certo grado dobbiamo anche capire quali siano basi dei gravi danni del presente. E poi, avendo una certa visione panoramica dell'origine di questi danni, forse, faremo prima a raccogliere l'entusiasmo per quella che è la prima cosa necessaria, che non con utopistiche frasi fatte di ogni genere. E ora mi riallaccerò subito ad una delle domande, che fra l'altro si presenta ripetutamente fra le altre 39. La domanda è questa:

Quello che chiamiamo 'l'impulso alla triarticolazione' non solo come va introdotto fra la popolazione contadina, ma quali sono i pensieri specifici sull'agricoltura in quanto tale nel senso della triarticolazione dell'organismo sociale?

Ora, nessuno si raccapezzerà con questi pensieri senza capire bene la differenza estrema che c'è fra l'agricoltura e l'industria per tutto il modo di produrre, per tutti i nessi economici. È necessario che lo si capisca bene, perché prima che scoppiasse la catastrofe della guerra mondiale noi eravamo imbevuti di pensieri totalmente materialistici, totalmente capitalistici – era per così dire un modo di pensare e di agire capitalistico internazionale – e proprio perché continuando nella direzione condizionata dal capitalismo e che continuerà a perseguire nel capitalismo si evidenzierà un divergere sempre più accentuato dell'agricoltura e dell'industria. Proprio per la sua natura, proprio per quello che è, l'agricoltura si trova nell'impossibilità di partecipare fino in fondo all'ordinamento economico capitalistico. Non fraintendetemi, con ciò non sto affermando che, se il pensiero capitalistico diventasse universale, anche l'agricoltura non parteciperebbe del pensiero capitalistico; abbiamo visto che l'agricoltura ha partecipato al pensare e all'agire materialistico in alto grado. Però, per sua natura, collasserebbe e non sarebbe più in grado di intervenire in modo adeguato nell'intero impianto economico. Quella che, nella vita economica, è massimamente adatta non solo a svilupparsi in modo capitalistico, ma a tendere perfino al sovracapitalismo, (permettetemi di usare questa parola, di questi tempi pure la si capirà), cioè quella che tende alla totale indifferenza per il modo di lavorare e perfino per il prodotto del lavoro e ad avere come unico interesse un qualche guadagno, è appunto proprio l'industria; l'industria ha in sé forze d'azione totalmente diverse da quelle dell'agricoltura. Per capirlo, bisogna veramente mettersi ad osservare per un certo periodo come in agricoltura sia del tutto impossibile passare alla grande azienda capitalistica come avviene nell'industria. Di fatto, se l'agricoltura deve intervenire correttamente nell'intera vita economica, è necessario che ci sia (secondo le sole condizioni di quel che deve succedere nell'agricoltura) è necessario che ci sia un certo nesso fra l'uomo e l'intera produzione, la natura della produzione, dunque tutto ciò che deve essere prodotto in agricoltura. E una gran parte di ciò con cui si deve produrre richiede, se si deve produrre in modo giustamente razionale, l'interesse più intenso di coloro che sono impegnati in agricoltura. È del tutto impossibile che nello stesso ambito agricolo emerga quell'assurdità (è un'assurdità che descriverò subito), quell'assurdità cui ci si trovava sempre di fronte quando negli ultimi decenni si doveva discutere col proletariato. Vedete, l'assurdità cui mi riferisco è la seguente.

L'ho già raccontato spesso: per anni sono stato insegnante in una scuola per operai. Questo mi ha messo a contatto con le persone del proletariato, ho avuto occasione di discutere molto con loro, anche di conoscere a fondo tutto ciò che lì è presente in termini di forze animiche attive. Ma certe cose, prodotte dall'intera evoluzione dell'epoca moderna, vivevano semplicemente come un'assurdità proprio nell'ambito delle mire del proletariato. Sappiate che di regola i delegati dei proletari contestavano il budget dell'esercito. Ma nel momento in cui, durante la discussione, si rinfacciava ai proletari: “Certo, voi siete contrari al budget dell'esercito, però poi vi fate assumere o impiegare come operai dai fabbricanti di cannoni; sicuramente lavorate con lo stessissimo stato d'animo che se foste da qualsiasi altra parte” essi non lo capivano, perché questo non li riguardava affatto. La qualità di ciò che fabbricavano non li riguardava; a loro interessava solo quanto prendevano di paga. E così si creò l'assurdità che da una parte queste persone fabbricavano cannoni, che non scioperavano mai qua o là per la qualità di quel che andava prodotto, ma al massimo per la paga o per qualcos'altro, ma che dall'altra parte in base ad un orientamento partitico erano contrari al budget dell'esercito. Naturalmente, la lotta contro il budget dell'esercito avrebbe necessariamente dovuto portare (come peraltro constata la legge del triangolo) a non fabbricare i cannoni. E se per esempio lo si fosse fatto all'inizio del secolo, si sarebbe dovuto evitare qualcosa che poi sopraggiunse dal 1914. Qui avete, del tutto indifferentemente dal fatto che siano capitalisti o proletari ad occuparsi di una qualche produzione, qui avete l'indifferenza assoluta per l'aspetto qualitativo di ciò per cui si lavora; però da questo dipende l'intera configurazione dell'industria. In agricoltura questo non è possibile, così; in agricoltura semplicemente non funzionerebbe, se subentrasse una simile indifferenza per quello che si produce. E laddove è subentrata questa indifferenza, laddove l'agricoltura è stata direi contagiata dal modo di pensare industriale, qui appunto essa si è atrofizzata. Si atrofizza inserendosi a poco a poco nell'intera vita economica nel modo sbagliato.

Infatti cosa succede qui, in realtà? In realtà qui, con quella che ho chiamato la cellula originaria della vita economica, succede quanto segue: poiché da una parte c'è l'agricoltura e dall'altra c'è l'industria e poiché l'agricoltura, per sua natura, si oppone alla capitalizzazione, mentre invece l'industria tende alla sovracapitalizzazione, qui succede una totale falsificazione, una reale falsificazione della cellula economica originaria. Ma ora, poiché i prodotti devono essere scambiati (perché ovviamente gli operai dell'industria devono mangiare e i lavoratori agricoli devono vestirsi o comunque devono essere in qualche modo consumatori dell'industria), poiché dunque i prodotti devono essere scambiati, avviene una totale falsazione nello scambio fra i prodotti agricoli e quelli industriali. Questa cellula economica originaria consiste semplicemente nel fatto che in una vita economica sana ognuno deve ricevere, per un prodotto fatto da lui stesso (includendo tutto il resto che deve ricavare, che in un certo senso sono le spese, ecc.), deve ricavare tanto quanto gli serve per soddisfare i propri bisogni fino a quando avrà fatto un prodotto uguale. L'ho indicato spesso dicendo banalmente: “Un paio di stivali deve valere tanto quanto valgono tutti gli altri prodotti (siano essi prodotti fisici o spirituali) che servono al calzolaio fino a quando avrà prodotto un nuovo paio di stivali. Una vita economica che per esempio non stabilisce il prezzo degli stivali con una qualche operazione aritmetica, ma che tende a far sì che questo prezzo venga fuori da sé, una vita economica siffatta è sana. E allora, quando la vita economica, attraverso le sue associazioni, attraverso le sue unioni come le ho caratterizzate l'altro ieri, è veramente sana, allora lì dentro si può anche introdurre il denaro, allora non serve un altro mezzo di scambio, allora ovviamente il denaro può inserirsi, perché il denaro allora diventa, assolutamente di per sé, il giusto rappresentante fra i singoli prodotti. Ma poiché in epoca moderna da una parte l'agricoltura, per sua natura interiore, si è andata opponendo sempre più alla capitalizzazione (certamente è stata capitalizzata, ma vi si opponeva, questo era appunto l'elemento corruttivo) e dall'altra parte l'industria tendeva alla supercapitalizzazione, non è perfino mai stato possibile che un prodotto qualsiasi dell'agricoltura conformasse il suo prezzo in modo da corrispondere ad un prodotto industriale nel modo in cui ho appunto caratterizzato la cellula economica originaria. Piuttosto si è sempre più messo in risalto che per un prodotto industriale è venuta fuori una situazione di prezzo diversa da quella che sarebbe dovuta venire fuori. A causa di questa situazione del prezzo del prodotto industriale, il denaro, che ora ha raggiunto una sua autonomia, è diventato troppo a buon mercato, il che ha disturbato tutto il rapporto fra ciò che deve passare dall'agricoltura agli operai industriali e viceversa ciò che deve passare dagli operai industriali all'agricoltura.

Perciò la prima cosa è che si tenda alle associazioni che devono formarsi proprio a partire dall'agricoltura con diversi rami dell'industria. È vero che questo è il primo, vorrei dire, astrattissimo principio fondamentale, che le associazioni consistono nella co-articolazione dei diversi rami. Però queste associazioni agiranno nel modo più favorevole se si costituiscono fra l'agricoltura e l'industria, e precisamente se si formano in modo che ora veramente, grazie al fatto che si realizzano tali associazioni, si miri ad una situazione del prezzo adeguata. Ora però all'inizio, nelle associazioni, che naturalmente dovrebbero prima essere create, non potrete fare molto – questo salterà fuori subito. Se le associazioni potessero essere fatte in modo che le aziende industriali venissero co-articolate con quelle agricole, e se la cosa venisse fatta in modo così brillante che esse potessero rifornirsi reciprocamente, allora verrebbe subito fuori una cosa – subito dopo spiegherò le condizioni in cui questo può avvenire; qualcosa naturalmente la si può fare immediatamente.

Ma che cosa è necessario fare, prima? Ecco, egregi convenuti, prima è necessario essere in condizione di fondare una cosa del genere in modo veramente ragionevole e sensato. Prendiamo un esempio concreto. A Stoccarda è stato fondato il Kommender Tag. Naturalmente il Kommender Tag parte, secondo la sua idea, da quel che va dato tramite i principi, tramite l'impulso della triarticolazione. Esso dunque avrebbe (come il Futurum qui) avrebbe in prima linea il compito di suscitare il principio associativo fra l'agricoltura e l'industria, e precisamente di suscitarlo fino al punto in cui attraverso le associazioni fra i clienti reciproci [si influisca] realmente sulla situazione dei prezzi, in quanto gli uni, che sono consumatori di un settore, diventano produttori nell'altro settore. In questo modo, già in un tempo relativamente breve si potrebbe fare moltissimo per stabilire un prezzo veramente giusto. Ma prendete il Kommender Tag di Stoccarda: è del tutto impossibile agire già adesso in modo ragionevole, per il semplice fatto che non potete acquisire tutti i beni in modo indipendente, perché cozzate dappertutto con l'attuale legiferazione statale corrotta. Da nessuna parte si è nella condizione di produrre ciò che è economicamente necessario, perché dappertutto l'impulso statale è contrario. Perciò la prima cosa è che si capisca che all'inizio devono sorgere associazioni forti, che siano quanto più popolari possibile e che nelle più vaste cerchie siano in grado di impedire radicalmente l'intervento dello Stato in tutti gli ambiti della vita economica. Prima di tutto ogni azione economica deve poter avvenire a partire da considerazioni puramente economiche.

Ora il pensiero statale si cela con tanta forza nella nostra umanità attuale, che le persone non si accorgono affatto di tendere esse stesse, in sostanza, allo Stato. Da decenni l'ho ripetuto più volte: “In realtà il più grande anelito dell'uomo moderno è di andare per il mondo solo avendo alla propria destra un poliziotto e alla propria sinistra un medico”. In realtà è questo l'ideale dell'uomo moderno: che lo Stato gli metta a disposizione tutti e due. Riuscire a stare sulle proprie gambe non è affatto l'ideale dell'uomo moderno. Ma prima di tutto è necessario questo: dobbiamo potere fare a meno del poliziotto e del medico che ci vengono messi a disposizione dallo Stato. E prima di accogliere questi principi in noi, non faremo un passo avanti.

Ora però ci sono tutte quelle istituzioni che innanzitutto non ci lasciano affatto avvicinarci alle persone che sono in questione per formare appunto delle associazioni. Prendete uno degli ultimi grandi prodotti del capitalismo, prendete ciò che inizialmente ha prodotto gli ostacoli più grandi al nostro movimento per la triarticolazione (oltre al torpore e alla corruzione della grande borghesia): il movimento sindacale dei proletari. Questo movimento sindacale, egregi convenuti, è l'ultimo prodotto decisivo del capitalismo, perché qui le persone si uniscono esclusivamente in base al principio del capitalismo, esclusivamente in base agli impulsi del capitalismo, anche se presumibilmente esso è lotta contro il capitalismo. Si riuniscono persone senza riguardo per una qualche configurazione concreta della vita economica; si riuniscono per settori: la lega degli operai metallurgici, la lega dei tipografi, e così via, esclusivamente per suscitare comunità tariffarie e lotte salariali. Infatti che cosa fanno queste leghe? Assumono il ruolo dello Stato in ambito economico. Immettono tutto il principio dello Stato in ambito economico. Proprio come le cooperative di produzione (le leghe che vengono formate dai produttori fra loro) si oppongono al principio associativo, così anche queste cooperative si oppongono al principio associativo. E chi volesse studiare in modo veramente imparziale l'evoluzione delle rivoluzioni così sterili, così infruttuose, così corrotte del presente, dovrebbe dare un'occhiata alla vita sindacale e al suo collegamento con il sindacalismo. Con ciò non mi riferisco solo alle pose capitalistiche, che sono anch'esse già entrate a far parte della vita sindacale, ma mi riferisco a tutta l'unione fra il principio sindacale e il capitalismo.

Vedete, qui arrivo a una cosa che ora certamente, in un certo senso, è anche necessaria. L'altro ieri vi ho caratterizzato le cose così: le associazioni vanno da ramo a ramo, passano dai consumatori ai produttori. In tal modo sorgono cioè già i legami fra i singoli rami, perché chi è il consumatore di qualcosa, al tempo stesso è anche un produttore; una cosa fluisce nell'altra. Si tratta solo di cominciare in generale ad associarsi. Come ho già accennato l'altro ieri, inizialmente sicuramente si può cominciare nel modo migliore riunendo consumatori e produttori nei diversi settori e poi cominciando, come abbiamo visto oggi, a formare associazioni prima di tutto fra quella che è più vicina all'agricoltura e quella che è pura industria. Non intendo un'industria che ricavi ancora da sé le sue materie prime, che è più vicina all'agricoltura che all'industria, che è un parassita assoluto e che lavora solo con puri prodotti industriali e semilavorati. Qui si può entrare del tutto nella pratica. Se solo lo si vuole e si ha abbastanza iniziativa, si può già cominciare a formarle, queste associazioni. Ma prima di tutto è necessario che capiamo che il principio associativo è il principio economico vero e proprio, perché il principio associativo punta al prezzo e nella determinazione del prezzo è indipendente dall'esterno. Se solo le associazioni si estendono su un territorio sufficientemente grande e sui settori economici apparentati, sui settori connessi a un qualche ramo economico, qui si può già fare moltissimo. Vedete, il motivo del ristagno è sempre solo che, quando oggi si comincia a formare una vita associativa, ecco, subito nel mondo esterno si cozza contro lo sdegno delle persone nei confronti delle associazioni; lo si può notare nei settori più diversi. Solo che le persone non notano su cosa in realtà poggino le cose. Perciò consentitemi di tornare ancora una volta ad un esempio che abbiamo già messo in pratica noi stessi. È sicuramente un esempio in cui, per così dire, si deve lavorare economicamente con prodotti spirituali, ma in altri settori appunto non ci hanno lasciato lavorare.

Ora, vedete, la caratteristica della nostra editrice filosofico-antroposofica, l'ho già detto, è che essa lavora in assoluta armonia col principio associativo – in primo luogo almeno, ovviamente deve spesso collegarsi a tipografie ecc. e qui torna di nuovo in altri settori economici; questo rende difficile raggiungere una totale radicalità, ma può rappresentare un esempio. Basterebbe solo che ciò che vi viene fatto si estendesse ad altri settori, basterebbe solo che il principio associativo si estendesse oltre. E qui si tratta per prima cosa di raccogliere gli interessi, come per esempio, se arrivasse qualcuno e raccogliesse migliaia di persone (voglio dare un numero preciso) che si dichiarassero già pronte ad acquistare del pane da un qualche determinato produttore. Così nella Società Antroposofica (che ovviamente non era stata fondata solo per questo scopo, ma tutto ha anche il suo aspetto economico) nella Società Antroposofica così si trovarono insieme le persone che erano i consumatori di questi libri, e così non abbiamo mai dovuto lavorare per concorrenza, bensì abbiamo prodotto solo quei libri che sapevamo con grande precisione che sarebbero stati venduti. Dunque non abbiamo impegnato invano tipografi e fabbricanti di carta ecc., bensì abbiamo impegnato solo tanti operai quanti ne erano necessari per la produzione della quantità di libri che sapevamo sarebbe stata venduta. Dunque non sono state immesse sul mercato merci non necessarie. In tal modo nei confini dell'ambito della produzione di libri e della vendita di libri è veramente stato fondato qualcosa di economicamente razionale, perché è appunto stato evitato il lavoro non necessario. Ho già richiamato l'attenzione su questo fatto: altrimenti si stampano edizioni, le si immette sul mercato, e poi esse ritornano di nuovo indietro – viene svolto così tanto lavoro non necessario per la produzione della carta, vengono impegnati così e così tanti compositori tipografici non necessari, e così via. Il fatto che venga svolto così tanto lavoro non necessario è quel che distrugge la nostra vita economica, perché appunto manca l'intenzione di collaborare razionalmente per mezzo delle associazioni in modo che la produzione, di fatto, sappia dove vendere i suoi prodotti.

Ora, sapete che cosa sparisce, allora? Dovete pensarlo bene: quella che sparisce è la concorrenza. Se il prezzo si può determinare in questo modo, se veramente unendo i settori si può determinare il prezzo, qui la concorrenza cessa del tutto. Basta solo sostenere in un certo modo questa cessazione della concorrenza. E la si può sostenere in questo modo [unendo in associazioni i diversi settori]. Certamente c'è anche sempre già stato il bisogno che si unissero le persone degli stessi settori; però queste unioni di persone degli stessi settori di fatto perde il suo valore economico, perché non essendoci bisogno di fare concorrenza sul mercato libero, non si ha più la necessità di offrire a minor prezzo e cose del genere. Allora sicuramente le associazioni che in sostanza uniscono un settore a un altro verranno attraversate da quelle unioni che allora potremmo di nuovo chiamare cooperative. Ma non serve più che queste abbiano un vero e proprio significato economico, esse non rientreranno più nella vita economica vera e propria. Se coloro che fabbricano lo stesso prodotto si uniscono, sarà un gran bene, ma questa sarà una buona occasione per sviluppare piuttosto interessi spirituali, soprattutto perché le persone che hanno orientamenti di pensiero comuni si conoscano, che abbiano una certa connessione morale. Chi pensa secondo realtà può vedere con quale velocità si riuscirebbe a far sì che le unioni dello stesso settore venissero liberate dalla preoccupazione per la determinazione dei prezzi, in quanto i prezzi verrebbero determinati esclusivamente dalle unioni di settori diversi. In tal modo (in quanto, direi, l'elemento morale entrerebbe nell'unione fra merci diverse) si potrebbe creare nel modo migliore il ponte verso le organizzazioni spirituali dell'organismo sociale triarticolato. Ma quelle unioni che, come i sindacati, sono sorte sulla sola base dell'ordinamento economico capitalistico devono sparire, prima di tutto, quanto più velocemente possibile.

Recentemente, una persona che ha a che fare con la vita economica mi ha chiesto che cosa dovrebbe accadere adesso, in realtà, perché è veramente molto difficile ideare ancora qualcosa per influire favorevolmente, in qualche modo, sulla vita economica che sta collassando a grandissima velocità. Gli ho risposto: “Ecco, se nei relativi posti statali che continuano ad essere determinanti per la vita economica (e proprio solo oggi sono veramente determinanti) si continua così, se si continua a fare così, allora è assolutamente sicuro che la vita economica andrà sempre più in sfacelo”. Infatti che cosa sarebbe necessario, oggi? Sarebbe necessario che coloro che in qualche modo, poco a poco, dovrebbero tirarsi fuori dal borghesismo statale e sostenere le associazioni economiche si impegnassero meno nella direzione che per esempio hanno preso nel Württemberg, dove c'era un ministero socialista. Ecco, proprio nel periodo in cui noi eravamo particolarmente attivi, a volte queste persone hanno promesso che sarebbero venute. Non sono venute. Perché? Ecco, si sono sempre giustificati dicendo che avevano delle sedute di gabinetto. A queste persone non si poteva che rispondere: “Riunendovi, potete confabulare come volete; in ogni caso non migliorerete la vita sociale”. Anche i ministri e tutti coloro che ora avevano un posto inferiore, dai ministri in giù, a quei tempi non sarebbero dovuti entrare nei consigli dei ministri, ma ovunque nelle assemblee popolari, per trovare in tal modo le masse e lavorare fra loro; coloro che avevano qualcosa da insegnare e da fare sarebbero dovuti stare ogni sera con gli operai. In tal modo si sarebbe riusciti a portare le persone ad un punto per cui poco a poco, ragionevolmente, i sindacati sarebbero spariti. E devono sparire, perché solo facendo sparire i sindacati, che sono pure associazioni di operai, si può realizzare l'associazione, ed è del tutto indifferente se oggi uno tende in direzione del sindacato o all'unione degli impiegati o perfino alla lega capitalistica di un determinato settore – si appartengono tutti gli uni agli altri, vanno messi in associazioni. È questo l'importante: che prima di tutto ci diamo da fare per rimuovere ciò che separa a forza le persone l'una dall'altra.

Vedete, questo è il nostro male peggiore. Oggi è del tutto impossibile introdurre in qualche modo nel resto del mondo ciò che è ragionevole proprio nella vita economica. Vi ho detto che il Kommender Tag ad ogni piè sospinto cozza semplicemente contro le leggi dello Stato; esse non gli permettono di fare quel che dovrebbe fare. E vedete, l'editrice filosofico-antroposofica come ha potuto agire in modo ragionevole? Ha potuto agire in modo benefico evitando di impegnare operai non necessari, compositori non necessari, ecc., ha potuto agire voltando le spalle (perdonate se mi esprimo in modo un po' triviale) a tutta la restante organizzazione del commercio di libri, a tutte queste persone che si danno delle arie in quanto Stato, non si è occupata di tutto questo, ma si è occupata dell'associazione fra la produzione dei libri e il consumo dei libri. Naturalmente tutti quelli che con grande forza hanno continuato a pretendere che l'editrice filosofico-antroposofica diventasse diversa non ne hanno tenuto conto. Sicuramente oggi ci troviamo di fronte ad una cosa completamente diversa da quando si poteva lavorare così con l'editrice filosofico-antroposofica. Bisogna lavorare su una scala maggiore. Ma non è possibile che l'editrice filosofico-antroposofica con la sua produzione e con il suo ampliamento, prenda immediatamente la stessa forma che ha una cosa che ora invece [sfocia] di nuovo nella solita stupida economia di mercato della produzione di libri e della diffusione di libri; fondando una normale casa editrice, non può affatto essere altrimenti. Poiché le cose devono appunto ancora cominciare a cambiare, non si riesce affatto ad introdurre ciò che viene perseguito in modo ragionevole nei soliti usi e costumi economici dei nostri giorni.

Che cosa ci insegna tutto ciò? Ci insegna che è necessario innanzitutto formare delle associazioni che puntino a chiarire il più possibile al mondo che il lavoro non necessario va combattuto, che bisogna che fra i consumatori e i produttori si instauri un rapporto razionale. Nel momento in cui oggi si ha la necessità di uscire da un gruppo chiuso e presentarsi in pubblico, qui si presenta subito la grande difficoltà. Per esempio: abbiamo dovuto (era una cosa ovvia) abbiamo dovuto fondare la nostra rivista Triarticolazione dell'organismo sociale. Ecco, che cosa potrebbe essere questa rivista, se potesse attenersi ad agire economicamente e ad essere distribuita come i libri dell'editrice filosofico-antroposofica, cioè in modo da non dover produrre niente di inutile! Naturalmente bisogna tener conto del corrispondente numero di abbonati, della sola piccolezza del corrispondente numero di abbonati. Però così come la cosa è adesso, tutti noi che lavoriamo per la rivista per la triarticolazione abbiamo svolto lavoro inutile, per esempio nella nostra produzione spirituale. La diffusione che la rivista ha oggi non basta per non considerare questo lavoro, in qualche modo, come un lavoro buttato via. E potrei illustrarvi la stessa cosa per i settori più diversi.

Perciò che cosa ci è necessario prima di tutto? E qui arrivo ad un'altra classe di domande che continua sempre a ripresentarsi: che cosa è necessario prima di tutto, per noi? Prima di tutto per noi è necessario che il movimento per la triarticolazione dell'organismo sociale stesso diventi forte e vigoroso e agisca con forza e vigore e che prima di tutto arrivi a capire che cosa è necessario. Vedete, egregi convenuti, è veramente dovuto alle circostanze dell'epoca e all'essenza interiore della cosa, e non è un caso, non è un qualche grillo da parte mia o di un paio di altre persone, che questo movimento per la triarticolazione sia cresciuto dalla Società Antroposofica. Se fosse cresciuto nel modo giusto, potrei anche dire, se la Società Antroposofica fosse stata la cosa giusta per far crescere il movimento per la triarticolazione sociale, allora oggi esso sarebbe già diventato qualcosa di diverso da quello che è. Ora, quel che non è successo, lo si può recuperare. Ma va sottolineato che prima di tutto bisogna riconoscere che proprio su base antroposofica si sarebbe potuto agire nel modo giusto nella triarticolazione. Qui sarebbe stato necessario prima di tutto capire che per principi così drastici (che sono estremamente pratici come quelli descritti nei miei Punti essenziali) è necessaria l'adesione dell'uomo, una vera adesione dell'uomo. Una cosa del genere la si sarebbe potuta imparare nell'ambito del movimento antroposofico. Sicuro, le persone se la sono presa a male, quando per esempio alcuni cicli di conferenze sono stati tenuti solo per un certo numero di persone preparate, ma c'erano dei motivi, per fare così. E se non si continuasse a ripetere per sciocca vanità che uno può ascoltare un ciclo, un altro non deve ascoltare un ciclo e così via, se tutte queste cose non venissero mescolate ad una sciocca vanità ma se venissero capite interiormente, allora si arriverebbe già alla cosa giusta. Ma allora si sarebbe anche visto nel momento giusto, quando era necessario, ciò che l'inchiostro da stampa può e non può fare. Sarebbe bene se oggi il periodico di triarticolazione avesse i suoi 40.000 abbonati. Ma quale sarebbe l'unico modo per averli? Riusciremmo ad averli solo avvalendosi non di quello che è l'inchiostro da stampa, ma dell'adesione personale, della vera adesione personale alla cosa secondo le necessità dell'epoca. Ma questo è ciò che è stato capito meno di tutto.

Vedete, qui devo toccare un punto (dolente), ma oggi questi punti devono essere toccati, perché queste sono questioni vitali della triarticolazione; per esempio ho tenuto la conferenza agli operai della Daimler-Werke a Stoccarda. Ora, egregi convenuti, lì si trattava di parlare davanti ad un precisissimo gruppo di persone, che per così dire quando pensavano alla situazione sociale avevano appunto i loro ben precisi pensieri e usavano il loro ben preciso linguaggio. Questa conferenza fu tenuta per questi operai e per esempio per operai simili. Ora, si sarebbe dovuto vedere e capire che è necessario parlare alle persone a seconda della situazione, e comportarsi di conseguenza. E invece oggi le persone aspirano a stampare il più velocemente possibile, affidandosi all'inchiostro, quel che invece va detto solo davanti a determinate persone in un determinato modo (ovviamente non per dire una cosa all'uno e un'altra cosa all'altro, ma perché le persone ci capiscano). E poi questo materiale stampato viene passato a persone del tutto diverse, che si infuriano perché non lo capiscono. Questa è una cosa che non si è riusciti ad imparare, dal movimento antroposofico, anzi si è fatto il contrario. Si sarebbe dovuto imparare a riconoscere la situazione, ad agire a partire dall'umano. Perciò sarebbe stato importante (e sarà ancora importante, se si vuole andare avanti anziché tornare indietro) che si fossero trovate quante più persone possibile che cominciassero a farlo, perché è finito il tempo di esprimere la propria opinione in generale così come ce la si è formata nella propria coscienza di classe, o coscienza di stato, o coscienza universitaria o coscienza di insegnante del liceo o qualsiasi altra coscienza, e di esporre questa opinione senza tener conto del pubblico al quale ci si rivolge. Nevvero, si esprime questa opinione senza tener conto se si è stati chiamati ad un'assemblea proletaria, dove si prende la propria conferenza, elaborata pagina per pagina, la si appoggia su un podio più alto possibile e la si legge o la si recita pagina per pagina, a seconda che la si sappia a memoria o meno, oppure se si è stati chiamati ad un'assemblea di sacerdoti evangelisti, dove si dicono le stesse cose. In questo modo si va a distruggere la nostra vita sociale. Così non si va avanti. Non vogliamo imparare il linguaggio delle persone alle quali ci rivolgiamo. Ma l'importante è proprio che noi impariamo la lingua delle persone alle quali ci rivolgiamo. E questo lo si sarebbe fatto studiare nella Società Antroposofica, dove lo si è sempre stato coltivato, dove si trattava veramente proprio di raggiungere quel che poteva appunto essere raggiunto al momento.

A volte questo è stato grottesco, così che non si è potuto andare avanti con quel che si era raggiunto. Per esempio una volta (lo porto come illustrazione) mi è successo così: ero stato chiamato a tenere una conferenza antroposofica ad una lega berlinese di spiritisti. Ora, naturalmente non ho parlato alle persone di spiritismo, ma di antroposofia. Se la ascoltarono. Non parlai a quelle persone come avrei parlato a degli scienziati, perché allora loro, gli spiritisti, che avevano davanti a sé grandi boccali di birra, avrebbero capito poco. Cosa successe allora? La conferenza (vi sto raccontando una cosa vera) piacque loro così tanto, che mi elessero presidente. Quella volta erano venuti con me alcuni teosofi, che erano lì ed ebbero una paura tremenda, perché io non potevo mica diventare presidente della lega degli spiritisti! “E adesso cosa succede?” Mi chiesero. Risposi che non ci sarei più andato. In tal modo la presidenza si annullò da sé. Però si riusciva a parlare anche a quelle persone, ed esse certamente ne trassero qualcosa, anche se inizialmente fu solo poca cosa.

Dunque si tratta di portare ciò che è reale in base alle situazioni, quando al giorno d'oggi vogliamo avere delle persone per le cose economiche, per la collaborazione economica. E così non andiamo avanti, se non si riesce a realizzare queste cose. Bisogna tener conto di questi problemi, come è stato proposto ieri in una riunione più piccola, dove un signore che è profondamente inserito nella vita economica ha detto: “Ecco, è proprio vero che la triarticolazione indica la sola via di uscita da queste calamità, però bisogna fare in modo che venga capita”. Affinché venga capita abbiamo bisogno prima di tutto della tecnica della propaganda personale. Poi ovviamente possiamo e dobbiamo avere anche dei periodici come Triarticolazione dell'organismo sociale, che deve essere trasformato in giornale prima possibile. Dobbiamo averlo, ma non sarà altro che un'altra grande quantità di lavoro sprecato, se non c'è dietro l'energico agire personale – però un agire personale consapevole, che ormai abbia veramente anche il coraggio di dire, una buona volta, che in futuro si vuole qualcosa di diverso dal poliziotto e dal medico certificato dallo Stato per non essere né derubati né ammalati. Si può ben provvedere anche in un altro modo a non essere né derubati né ammalati, piuttosto che in questo. Dunque l'importante è soprattutto che con lo scioglimento dei sindacati si faccia qualcosa per riunire i capi delle imprese e degli artigiani, perché, nevvero, gli artigiani stanno da una parte nei loro sindacati e dall'altra parte ci sono i capi nelle loro leghe, e parlano lingue diverse, non si capiscono. C'è da non credere quanto i loro linguaggi siano diversi. Posso assicurarvi che chi non studi con sincera volontà il linguaggio del proletariato non fa che attirarsi pregiudizi (per quanto radicali siano i suoi modi di parlare), quando oggi va a parlare, da borghese, davanti ai proletari. Al contrario, peggiora le cose, se non ha una sincera volontà di calarsi nello stato d'animo, in ciò che appunto c'è nell'anima dell'attuale popolazione proletaria. I modi di parlare più estremi non bastano, bisogna essersi calati nella cosa.

E con ciò arrivo ad un altro genere di domande. Qui per esempio mi viene chiesto:

Ora, dunque, chi si prende in considerazione, in realtà, quando si deve diffondere la triarticolazione dell'organismo sociale? I possidenti non possono essere presi in considerazione, perché il loro unico scopo è quello di conservare indisturbati le loro proprietà.

Essi non ci pensano nemmeno, ad accogliere pensieri diversi da quelli attraverso i quali hanno ottenuto la loro proprietà. Inoltre passano dormendo anche tutti gli avvenimenti importanti del presente, non ne sanno nulla. Al massimo sanno che adesso i Polacchi hanno di nuovo il sopravvento; prima facevano i loro progetti, quando avevano il sopravvento i Russi, ecc. Del fatto che con una qualche vittoria della Polonia non si vinca quel che sorge là ad oriente, i cari borghesi dell'Europa occidentale o centrale non se ne accorgono affatto. E se ciò che vive qui a oriente non può essere combattuto da quegli impulsi che si trovano in direzione della triarticolazione, anche questo entra in una testa diversa; se anche lo si vince e lo si uccide in una forma, risorge in una forma diversa, nuova. Quindi la domanda è già posta a ragione, in un certo senso; è giusto, i possidenti non vengono affatto presi in considerazione, e inizialmente, come si è visto, nemmeno il proletariato, i proletari, non vogliono saperne niente. Però, egregi convenuti, questa domanda non serve che la solleviamo così, ma dobbiamo solo cercare di fare il giusto nella direzione che ho appunto indicato e veramente conoscere quel che c'è, non passare assonnati davanti al presente. Di regola, che cosa sanno i borghesi di ciò che avviene nei sindacati? Non ne sanno assolutamente nulla. Sì, il fenomeno più ordinario del giorno di oggi è questo: per strada, il borghese incontra l'operaio e in realtà gli passa davanti senza avere alcun barlume di quale sia la connessione fra loro. È importante che facciamo il nostro dovere nella direzione del progresso che ho indicato adesso – così si troverà già l'essenziale. Ed è importante che oggi, che possiamo già fare dei tentativi concreti, ovunque possibile chiamiamo in vita il principio associativo così come l'ho caratterizzato l'altro ieri e che dove sia già possibile, facciamo di tutto per sciogliere la vita sindacale e per creare unioni associative fra i direttori delle imprese e gli operai, i lavoratori. Potendo puntare allo scioglimento della vita sindacale, possiamo anche fare delle altre cose. Prima di tutto possiamo essere noi stessi a rafforzare tutta quella che è la lega per la triarticolazione dell'organismo sociale. Per 'noi' ovviamente adesso intendo indistintamente tutti i qui presenti, non solo per esempio i membri della Società Antroposofica – alcuni dei quali continuano ancora a dire: “Il vero antroposofo deve tenersi lontano dalla vita politica, può occuparsi della vita politica solo se la sua professione lo rende necessario”. Capita anche questo, ce ne sono di questi egoisti, e si autodefiniscono ugualmente 'antroposofi', e credono di sviluppare una vita proprio particolarmente esoterica riunendosi in modo settario con un piccolo numero di persone e soddisfacendo la propria voluttà compenetrandosi di ogni genere di mistica.

(applauso)

Egregi convenuti, questa non è altro che insensibilità settariamente organizzata; è puro parlare di filantropia, mentre quello è risultato proprio dalla filantropia, cioè dal principio più intimo dell'agire antroposofico. L'importante e quel che si deve esprimere nella lega per la triarticolazione, e oggi capire queste cose è infinitamente importante ed è più importante che elucubrare tutte le domande sui dettagli. Infatti, egregi convenuti, se domani aiuteremo una qualche istituzione che contribuisce veramente all'emancipazione della vita economica dalla vita statale con qualche cosa di concreto, dopodomani quelle domande che saranno domande concrete si ripresenteranno in un modo totalmente diverso da come oggi ci permettiamo di sognare; e sarà soltanto allora che si presenteranno i compiti.

Non abbiamo alcuna necessità di porci delle domande in base alle idee di oggi, per esempio, su come le persone dall'organizzazione spirituale gestiranno la trasmissione del capitale. Fate solo succedere qualcosa, una buona volta, per la nascita della triarticolazione, fate solo saltar fuori, una buona volta, la forza d'azione, e allora vedrete che importanza avranno domande come quelle che si possono porre oggi. Naturalmente oggi quando ponete delle domande sui dettagli osservando l'organismo spirituale, cioè la somma degli enti scolastici inferiori e superiori, ponete le vostre domande riferendovi ad un'istituzione corrotta dallo Stato. Dovete aspettare, per vedere quali domande si potranno porre quando ci sarà l'emancipazione della vita spirituale. Qui le cose saranno totalmente diverse da oggi. Ed è così anche nella vita economica. Le domande che sarà necessario porre risulteranno soltanto allora. Perciò non è di grande utilità, oggi, parlare così in generale di associazioni ecc., e non ne viene fuori molto, se ci si vuole fare un'idea di come veramente un'associazione si debba connettere all'altra. Lasciate che sorgano una buona volta quelle associazioni economiche all'interno delle quali poi si dovrà lavorare senza l'ausilio dello Stato, intendo anche nello spirituale senza l'ausilio dello Stato, perché allora risulteranno le domande giuste, perché allora bisognerà lavorare stando sulle proprie gambe, allora bisognerà pensare economicamente, affinché le cose possano andare avanti. E questo sarà della massima importanza per il progresso economico.

Pensate solo che cosa sarebbe venuto fuori se queste cose fossero state capite in un momento importante della vita economica moderna; nel momento in cui, grazie all'accrescimento delle ferrovie, i trasporti aumentavano sempre, gli uomini moderni si sono dichiarati economicamente impotenti, hanno passato le ferrovie allo Stato. Se le ferrovie fossero state amministrate dal corpo economico – sarebbero state diverse da come sono diventate con gli interessi dello Stato, perché le ferrovie sono passate in grandissima parte sotto i suoi interessi fiscali. Le cose più importanti per la vita economica sono state trascurate; non devono più essere trascurate; allora sì che arriveranno le domande concrete. Le persone hanno disimparato a pensare in modo economico perché hanno creduto che se da qualche parte nella vita economica manca qualcosa, bè, allora si scelgono i relativi deputati, i deputati poi fanno istanza in Parlamento e i ministri fanno una legge – le leggi si possono sempre fare, non è mai questo l'importante; l'importante sono le persone. Ma essi reclameranno, se la cosa non viene risolta per loro dallo Stato (ovviamente solo in apparenza).

Da questi (vorrei dire) sguardi al progresso rivolti all'indietro deriva anche tutto ciò che vive nella seguente domanda:

Se la vita spirituale diventa libera, la Chiesa cattolica non otterrà una posizione particolarmente favorevole? Non è meglio se...(lacuna nel testo)

Finora però si è percepito che i danni più grandi sono stati dall'altra parte, dal favoreggiamento della chiesa Cattolica da parte dello Stato. In breve, queste cose si presentano in modo del tutto diverso se si è realmente inseriti in ciò che viene provocato dall'organismo sociale triarticolato, sul quale dobbiamo prima lavorare per non fare il terzo passo prima del primo.

Ora, emergono anche delle domande che ovviamente sono molto interessanti, perché sono evidenti, però, egregi convenuti, riguardo all'impulso della triarticolazione si presentano a loro volta diversamente da come si pensi. Così per esempio qualcuno chiede come farebbe l'antroposofia, nell'organismo sociale triarticolato, ad ottenere il denaro per il Goetheanum, dato che secondo lui non ci sarebbe a disposizione il capitale. Ora, egregi convenuti, su questo punto sono assolutamente tranquillo, perché nel momento in cui avremo una vita spirituale libera, per l'antroposofia le cose saranno del tutto diverse proprio grazie alla natura di questa vita spirituale libera e allora potremo rinunciare a quel sistema di accattonaggio dal quale oggi purtroppo dipendiamo e al quale dobbiamo appellarci con la massima intensità. Invece all'interno di una vita spirituale libera, cioè sana, non sarei preoccupato in qualche modo per la costruzione di un Goetheanum.

E non mi sono mai fasciato la testa nemmeno su quest'altra domanda che torna sempre ad emergere:

Se ora ci fosse l'organismo sociale triarticolato, nell'organizzazione spirituale ci sarebbero anche persone che decidono nel giusto modo se uno sia un artista geniale, i cui quadri debbano essere diffusi e venduti?

Se ora ci fosse l'organismo sociale triarticolato – posso sempre solo dire, prima si faccia qualcosa che lo faccia stare in piedi. Ma le persone pensano: “Se ci fosse” - ci sono talmente tanti artisti, che secondo loro hanno un talento pazzesco, che sarebbero tremendamente dotati, tremendamente geniali – non ci sarà il grave pericolo che il numero dei geni misconosciuti aumenti sempre e sempre di più? Come ho detto, questa è una cosa per la quale in realtà non mi sono mai fasciato la testa, perché la vita spirituale libera sarà la base migliore in assoluto perché questi talenti si facciano valere. E prima di tutto, dovete solo riflettere sul fatto che nell'organismo sociale triarticolato non viene svolto lavoro inutile. Le persone, cioè, non riflettono affatto sul tempo libero che avremo quando non verrà più svolto lavoro inutile; in confronto, tutto il tempo libero dei nostri pensionati e dei nostri nullafacenti sarà un nonnulla; solo che per questi ultimi si espande su tutta la vita. Ma per ciò che in sostanza non può prosperare comunque neanche quando viene pagato, proprio nell'organismo sociale triarticolato si troverebbe abbondanza di tempo per portarlo avanti. Per me potete anche prendere quello che dico per un'astrazione, ma posso solo dire, prima si cerchi di aiutare l'organismo sociale triarticolato a stare in piedi, e poi si vedrà già che lì dentro anche l'arte si potrà sviluppare secondo le facoltà delle persone in modo del tutto adeguato.

Egregi convenuti, ho dovuto suddividere le domande più in categorie, perché infine non è possibile rispondere a tutte le trentanove domande in ogni dettaglio. Alcune cose risultano interessanti solo perché in sostanza le persone non riescono affatto ad immaginare che certe cose saranno totalmente diverse per esempio in una vita spirituale libera. Così è stato anche chiesto se nell'organismo sociale triarticolato la vita del cinema, con tutti i suoi focolai di immoralità, debba essere lasciata prosperare liberamente o no perché certamente lo Stato dovrebbe intervenire affinché alle persone non vengano mostrati dei pezzi cinematografici tanto immorali. Di fatto, chi pone questa domanda non è a conoscenza di una certa profonda legge sociale. Ogni volta che credete di poter combattere qualcosa, diciamo l'immoralità del cinema, per mezzo del potere statale, non tenete conto del fatto che voi, con una simile soppressione dei pezzi cinematografici immorali (nel caso che comunque le persone siano interessate ad andare a vedere questi pezzi cinematografici) deviate questi istinti in un altro settore, forse in uno peggiore. E l'appello ad una legiferazione contro l'arte immorale (siano anche pezzi cinematografici) non esprime altro che l'impotenza della vita spirituale a diventare signora sopra queste cose. Nella vita spirituale libera, la vita spirituale avrà una forza tale, che di fatto gli uomini non andranno al cinema per la stupidità delle persone. Però naturalmente non sarà nemmeno necessario che lo Stato proibisca i pezzi cinematografici immorali perché le persone sono troppo stupide. Ma con quella che oggi portiamo nel mondo come scienza naturalmente non curiamo quei sentimenti che scappano a gambe levate dai cinema immorali.

Ad alcune domande trovereste abbondantemente risposte da soli, se esaminaste con maggiore precisione la letteratura sulla triarticolazione dell'organismo sociale. Ho cercato di soffermarmi almeno sulle domande più importanti. Voglio solo citare ancora un'unica domanda, la ventottesima:

Se non sia possibile, per la popolarizzazione sia dell'antroposofia sia anche della triarticolazione dell'organismo sociale, contribuire un po' evitando di utilizzare espressioni che non vengono capite nelle sfere più vaste.

Non posso dire altro che questo: lo si faccia il più possibile, e si vedrà che lo si può fare in alto grado. Ma credo che di tutto quello che abbiamo spiegato oggi dobbiate prendere più la tendenza generale e meno i dettagli; e questa tendenza cerca di richiamare l'attenzione sul fatto che appunto questo impulso alla triarticolazione è un impulso assolutamente pratico. E perciò non dobbiamo chiacchierare e discutere qua e là nel dettaglio sull'aspetto che una cosa o l'altra avranno nell'organismo sociale triarticolato, ma dobbiamo prima di tutto capire questa triarticolazione dell'organismo sociale e veramente diffondere questa comprensione, introdurla in ogni cosa, perché appunto ci servono persone che la capiscano. E poi, quando avremo queste persone, ci basterà chiamarle per i dettagli. Ma prima dobbiamo averle. Prima dobbiamo ottenere una sana diffusione – però prima possibile, altrimenti sarà troppo tardi.

Ora, questo era quello che volevo dire da molto tempo, perché più di un anno fa ho cercato di stendere un appello al popolo tedesco e al mondo della cultura. È certamente stato capito, lo si vede dal numero veramente alto di firme. Ma coloro che lavorano per la sua realizzazione rimangono un piccolo numero. L'Appello lo si sarebbe dovuto conoscere di più e i Punti essenziali li si sarebbe dovuti conoscere anche in modo diverso, e precisamente proprio nell'agire da uomo a uomo. Non si fa un movimento, come lo dovremmo avere oggi, con la sola spedizione di scritti, col solo invio di prospetti, di principi; lo si fa in un modo del tutto diverso. La lega per la triarticolazione dell'organismo sociale deve avere vita dentro di sé; soprattutto deve essere un contesto di persone. È del tutto indifferente che noi spediamo una cosa o l'altra, se si tratta solamente di spedizioni. Prima di tutto bisogna badare a che all'interno della lega per la triarticolazione non si diffonda un qualche principio di burocrazia e altro del genere. È necessario diffondere la nostra letteratura e i nostri periodici, ma al tempo stesso bisogna lavorare umanamente. Bisogna destare comprensione per arrivare il più presto possibile a trasformare il periodico Triarticolazione dell'organismo sociale in un quotidiano. Ma ciò che è necessario prima di tutto è questo: che si capisca che le nostre istituzioni devono attecchire.

Egregi convenuti, se le cose andassero avanti in modo che noi continuassimo a trovarci nelle stesse difficoltà in cui ci troviamo oggi, che in realtà non sappiamo come dovremmo portare avanti la scuola Waldorf, come dovremmo fondare queste scuole e come in realtà dovremmo portare a termine questo Goetheanum, se non si farà largo quella comprensione che ora le persone potrebbero veramente sviluppare per tali cose in tutte le direzioni, allora ovviamente non si andrà avanti. Abbiamo bisogno di comprensione, ma non di quella comprensione che vede solo l'idealismo, che ammira le idee e se ne sta con le mani in tasca perché le idee sono troppo grandi, sono troppo spirituali per volerle abbassare al viscido denaro. Il denaro ce lo si tiene in tasca, e le idee, le idee si ammirano, ma le idee sono troppo pure, non le si insudicia sacrificando per esse viscido denaro. Ora ho parlato per metafore, però qui si tratta di imparare a pensare in modo pratico, e anche di giungere ad azioni pratiche.

Quando è stata fondata la scuola Waldorf, ho detto: “Bello, la scuola Waldorf è bella; ma fondando la scuola Waldorf non abbiamo ancora fatto abbastanza in quest'ambito. Al massimo è stato fatto un primissimo inizio, addirittura solo l'inizio di un inizio. Le scuole Waldorf le avremo fondate veramente solo se nel prossimo trimestre porremo le basi per dieci nuove scuole Waldorf simili. Soltanto allora la scuola Waldorf avrà un senso”. Semplicemente di fronte all'attuale situazione europea non ha senso fondare un'unica scuola Waldorf con quattro o cinquecento o per me anche mille bambini. Solo se la fondazione di scuole Waldorf trova seguito, se una cosa simile trova seguito dappertutto, ha un senso – ha senso solo ciò che sgorga da un giusto modo di pensare pratico. Se coloro che sono entusiasti dell'idea della scuola Waldorf non capiscono una buona volta fino in fondo che ne fa parte anche la propaganda contro la dipendenza della scuola dallo Stato, il massimo impegno per far sì che lo Stato liberi questa scuola, se non avete anche il coraggio di perseguire il distacco della scuola dallo Stato, allora tutto il movimento per la scuola Waldorf è fatica sprecata, perché esso ha senso solo se si sviluppa in una vita spirituale libera.

Per tutto ciò abbiamo bisogno di quello che vorrei chiamare un impegno internazionale per qualsiasi ente scolastico, ma un impegno internazionale che per esempio non si limiti ad andare in giro per il mondo e diffondere dappertutto i principi su come si debbano organizzare le scuole, - questo succederà già se, innanzitutto, si trova il denaro per tali scuole. Quella di cui abbiamo bisogno è un'unione mondiale in tutti i Paesi civili, in modo da trovare al più presto la massima somma di mezzi. Allora sarà possibile, sulla base di questi mezzi, creare quello che è l'inizio di una vita spirituale libera. Perciò, voi che arrivate da qualche parte nel mondo, cercate di agire affinché non si operi solo con ogni genere di impegno idealistico, ma che si operi per mezzo di una comprensione di questo tipo per la libertà della vita spirituale, affinché nel mondo ci si procuri veramente in grandissima scala il denaro per la costruzione di scuole e università libere. Dal concime della vecchia cultura devono crescere quelli che saranno i fiori spirituali del futuro. Come nei campi cresce sul concime quel che le persone devono consumare, così ciò che è maturo, la vecchia cultura, deve diventare concime, che deve essere raccolto affinché una buona volta da questo concime possano germogliare i frutti spirituali, i frutti statali e i frutti economici del futuro.


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