L'artista nell'organismo sociale triarticolato
Ernst Uehli introduce l'argomento 'L'artista nell'organismo sociale triarticolato'. In conclusione, ha luogo un dibattito nel cui corso Paul Baumann pone a Rudolf Steiner la seguente domanda:
Paul Baumann: che rapporto c'è fra l'artista e la cellula sociale originaria, per quanto riguarda il lavoro che l'artista svolge? Nei periodi di preparazione, l'artista non deve anche svolgere un lavoro?
Rudolf Steiner: trattandosi di arte e di vita sociale, in realtà provo sempre un certo sentimento di insoddisfazione quando si discute di queste due cose, per il semplice fatto che tutto l'atteggiamento del pensiero, tutto l'atteggiamento del sentimento che si assume quando si parla di configurazione sociale, di struttura sociale, dev'essere un po' diverso da quello che bisogna avere quando si deve parlare alle persone di arte, della giusta derivazione dell'arte dalla natura umana e di come far sì che essa si faccia valere nella vita.
In un certo senso questi due settori non sono del tutto raffrontabili l'uno all'altro. E proprio perché non lo sono – non perché lo siano, ma perché non lo sono – mi sembra che proprio dal punto di vista della triarticolazione dell'organismo sociale sia possibile illuminare bene la posizione dell'arte nei confronti dell'artista e dell'umanità. Però quando si parla dell'arte nell'organismo sociale non si dovrebbe dimenticare neanche per un attimo che l'arte è il risultato della massima fioritura della vita umana e che all'arte nuoce qualsiasi cosa che non sia annoverabile tra i risultati della massima fioritura dell'evoluzione della vita umana. E così dobbiamo dire: se un organismo sociale triarticolato riuscirà a configurare la vita in generale in modo tale che da questa vita possano emergere gli artisti e l'arte, allora questa sarà una prova certa del fatto che la triarticolazione dell'organismo sociale è giusta ed è anche giustificata interiormente. Però non sarà ben posta la domanda: “Come bisogna organizzare questo o quello, nell'organismo sociale triarticolato, affinché venga data la giusta attenzione all'arte e affinché l'artista riesca ad avere il suo giusto spazio?” Prima di tutto la domanda sarà: “Come vivranno le persone nell'organismo sociale triarticolato?” Si può dire: “Se l'idea della triarticolazione dell'organismo sociale fosse una idea utopistica qualsiasi, naturalmente si potrebbe dire quel che si dice delle utopie: che le persone ci vivranno felici – più felici possibile. Ora, però, l'idea della triarticolazione dell'organismo sociale non deriva da premesse utopistiche, ma semplicemente chiede: “Qual è la struttura dell'organismo sociale conforme alla natura, qual è la sua struttura intrinseca?”
Possiamo anche immaginare qualcuno che sia del parere che l'essere umano in quanto tale potrebbe essere molto più bello di quello che è e che in realtà la natura non abbia fatto tutto il possibile per farlo abbastanza bello. Certo, però, essendo il mondo com'è nel suo complesso, l'uomo ha dovuto diventare così com'è. Può essere naturale che un qualche Lenin o un qualche Trockij dicano: “L'organismo sociale dev'essere così e così” - ma non si tratta affatto di questo. E non si tratta nemmeno di immaginarsi una natura umana diversa da quella che può originare dalla natura nel suo complesso. Si tratta invece di quali leggi interne l'organismo sociale debba avere. E capendo l'organismo sociale triarticolato da questo punto di vista assolutamente e totalmente pratico, ci si può anche fare qualche idea su quel che in questo organismo sociale triarticolato sarà possibile. Prima di tutto, nell'organismo sociale triarticolato sarà possibile un certo impiego economico del tempo, senza che venga imposta la coercizione al lavoro o altre belle cose del genere, che annienterebbero fino in fondo ogni libertà. Per come saranno le cose nell'organismo sociale triarticolato, sarà semplicemente impossibile che così tante persone come adesso bighellonino inutilmente. So che con queste parole 'bighellonare inutilmente' si suscitano malintesi; perché le persone diranno: “Quelli che se ne vanno veramente bighellonando, i veri e propri fannulloni, sono pochissimi”. Ma non si tratta di questo; si tratta di vedere se quelli che fanno molto fanno qualcosa di assolutamente necessario per la vita, se fanno qualcosa che si inserisce nella vita razionalmente, in modo fecondo.
Al giorno d'oggi, se osservate un qualche settore della vita (voglio subito mettere in risalto quello che è il più malfermo in questa vita dei giorni nostri), se per esempio osservate il giornalismo, vedete quanta forza lavoro è necessaria, dal compositore tipografico fino a tutti gli altri che se ne occupano affinché escano i giornali. Prendete tutto il lavoro che viene svolto: la parte più grossa di questo lavoro lo fanno i nullafacenti, perché la maggior parte di questo lavoro in realtà è lavoro inutile. Si può rendere tutto ciò più razionale, senza impegnare così tante persone. Non si tratta di impegnare in una cosa quante più persone possibile affinché possano vivere, ma del fatto che nel senso di un vero circuito di vita sociale vengano svolte quelle mansioni che sono necessarie per uno sviluppo proficuo di tale vita. Tutto il caos che al giorno d'oggi si genera nell'impiego della forza lavoro umana deriva dal fatto che in realtà non abbiamo affatto un organismo sociale, anzi, in realtà abbiamo un caos sociale derivato dall'idolatria per lo Stato unitario. Ho portato spesso degli esempi di questo caos sociale. Guardate solo quanti libri vengono stampati, oggi, che non vendono nemmeno cinquanta copie. Ora, prendete un libro del genere – quante persone se ne occupano, per farlo! Queste persone ricevono un salario, ma svolgono un lavoro totalmente inutile. Se facessero altro, sarebbe più intelligente, e allo stesso modo innumerevoli altre persone sarebbero sgravate e convogliate da un'altra parte. Ma così innumerevoli compositori lavorano, fanno mucchi di libri (in gran parte sono poesie liriche, ma ci sono anche altre cose), vengono fabbricati mucchi di libri; quasi tutti devono di nuovo essere macerati. Ma di queste cose inutili ce ne sono molte, nella vita d'oggi; innumerevoli cose sono assolutamente inutili.
Che cosa significa? Pensate un po', se il nostro organismo non fosse ordinatamente articolato nel sistema dei nervi, localizzato nella testa, nel sistema ritmico e in quello delle membra, che cooperano in modo regolare, agendo così in modo economico. Pensate un po' se noi, quindi, fossimo un essere unitario nel quale tutto è alla rinfusa, dove si costruisce dappertutto qualcosa di inutile che si deve di nuovo rapidamente eliminare: gli organi di eliminazione delle cose inutili che abbiamo adesso non basterebbero affatto. È una cosa sulla quale dobbiamo riflettere. Deve esserci chiaro che questo organismo sociale deve essere articolato, che deve realmente essere organizzato internamente in modo regolare; allora sarà anche economico. Allora il lavoro umano sarà ovunque al suo giusto posto e soprattutto non si svolgerà lavoro inutile.
Che cosa ne consegue? Che le persone avranno tempo. E soltanto allora, egregi signori, soltanto allora ci sarà la base per quelle attività libere, come lo sono l'arte e cose simili. Per tali attività serve tempo. E dal tempo verrà quel che deve esserci per l'arte, e l'arte allora collaborerà con qualcos'altro, essa collaborerà con la libera vita spirituale. Questa libera vita spirituale, sommata al tempo che ci sarà nell'organismo sociale triarticolato, andrà inoltre a sviluppare i talenti – non in questo modo perverso come avviene oggi, ma in modo conforme alla natura. Se l'organismo spirituale libero viene veramente separato dagli altri organismi, allora il numero dei geni disconosciuti calerà di molto, perché ci sarà un'evoluzione molto più conforme alla natura. Si seguiranno molte meno fantasticherie sulla condizione di artista e cose del genere. Dunque, semplicemente attraverso lo sviluppo della libera vita spirituale, lo sviluppo dei talenti verrà posto su una base maggiormente conforme alla natura. Ed è necessario anche dell'altro, se deve svilupparsi l'arte: è necessario il bisogno artistico, la richiesta e il desiderio di arte da parte delle persone. Tutto ciò deve risultare dall'organismo sociale triarticolato come quel che appunto nasce se c'è una convivenza sociale organizzata, e non caotica come oggi. Vedete, per prima cosa nell'epoca moderna siamo arrivati al caos del sentire artistico. Con l'istruzione moderna il sentire artistico originario, che sgorga con forza elementare dalla conoscenza umana, è sparito del tutto. Riapparirebbe, se ci sviluppassimo nel senso della triarticolazione dell'organismo sociale. E così ora bisogna pensare a tutto l'insieme di cose che qui viene a formarsi.
Quando si parla dal punto di vista dell'organismo sociale triarticolato, si deve parlare solo da persone pratiche e non da teorici, non bisogna chiedere princìpi, ma bisogna chiedere dati di fatto, e qui bisogna dire che quel che ho abbozzato adesso può arrivare molto più rapidamente di quanto si pensi. E che cosa nasce allora? Allora per le cose più svariate (in parte dalla vita spirituale, in parte dalla vita economica) nascono le associazioni. E in realtà non si dovrebbe immaginare quel che le associazioni faranno come inserito, in qualche modo, in paragrafi e in principi. In queste associazioni ci saranno a loro volta persone che, con tutto il calore del sentire e dello sperimentare umano, saranno capaci di pronunciare dei giudizi. Dalle associazioni provverranno persone che grazie a ciò che altrimenti fanno nella vita, acquisiranno un certo valore che verrà loro garantito non dallo Stato, non da un titolo consigliare. Se ora qui le persone sono consiglieri segreti di corte o consiglieri aziendali o consiglieri sanitari e altro del genere: nell'organismo sociale triarticolato le persone non avranno un valore grazie a queste cose astratte, ma solo grazie a ciò che esse faranno, e che continuerà a vivere. Attraverso le associazioni vivranno le cose: non vivranno i paragrafi, anzi risulterà quello che le persone che avranno giustamente valore nelle associazioni faranno le une con le altre; risulterà quella che adesso è presente in modo caricaturale come cosiddetta opinione pubblica. Basta solo immaginarsi in modo assolutamente concreto quel che si può realizzare grazie all'interazione delle associazioni.
Delle associazioni fanno parte anche coloro che vengono dalla libera vita spirituale. Ecco, di fatto, anche qui sarà l'esperienza di vita di una persona a giudicare, a ragion veduta, come prendere delle decisioni. E basta intenderlo nel suo pieno significato concreto, per capire questo: semplicemente, grazie a questo giudizio pubblico, l'artista potrà veramente ottenere anche materialmente per la sua opera ciò che però verrà fatto valere da parte delle associazioni. Da queste circostanze si potrà veramente sviluppare ciò che renderà possibile che un artista, anche se gli servissero trent'anni per un'opera d'arte, comunque per quest'opera riceva quel che gli serve per soddisfare i propri bisogni per i trent'anni che gli servono per produrre una nuova opera d'arte – il che in ogni caso, se egli ha già 60 o 70 anni, forse non viene più preso in considerazione. Risulterà questo. Di fatto risulterà (se non si prende il tutto con ignoranza) che da un tale organismo sociale triarticolato nel senso della cellula economica originaria l'artista potrà essere ripagato per la sua opera d'arte. Attualmente non può essere ripagato, perché adesso ci sono prezzi davvero innaturali. In realtà al giorno d'oggi le persone non riescono affatto a pagare all'artista ciò che egli in realtà dovrebbe chiedere se pensasse anche solo un po' a se stesso. Ma oggi egli pensa: “Ho dipinto un qualche quadro ed ecco, anche se ricevo solo quanto mi basta per i prossimi tre mesi, lo accetto – naturalmente in tre mesi non riesco a finire bene nessuna opera, ma tanto le persone non ne capiscono nulla – e fra tre mesi torno a succhiare”.
Ora, queste cose risulteranno, direi, solo come il massimo estratto; perciò in realtà non si può discutere bene di queste cose fin dal principio. Sento sempre come qualcosa di sgradevole, nel discutere di queste cose – nevvero, secondo il teorema di Pitagora in qualsiasi situazione il quadrato dell'ipotenusa è appunto uguale alla somma dei quadrati dei due cateti, però, avendo questo teorema, è impossibile parlare fin dal principio di tutti i possibili gradi dell'applicazione, però varrà dappertutto. Così è anche con l'organismo sociale triarticolato. Non si possono specificare tutti quelli che saranno i risultati della massima fioritura della vita sociale. Perciò in realtà una discussione su queste cose è sgradevole, perché si tratta di due ambiti troppo diversi: la vita sociale e la vita artistica. Ma se ora prendiamo le cose nel dettaglio, dobbiamo dire: una cosa come l'edificio di Dornach doveva proprio sorgere, doveva sorgere da una certa missione della cultura e della civiltà del presente, dalla conoscenza di questa missione. E vorrei dire che se le persone che hanno anche solo un vago barlume di quello che in realtà è stato costruito e dipinto qui fossero ancora di meno di quelle che sono, in un modo o nell'altro il Goetheanum avrebbe comunque dovuto essere fatto. Ma naturalmente questo edificio lo si è potuto costruire solo perché c'erano i mezzi materiali, e lo si potrà terminare solo quando ci saranno ulteriori mezzi materiali per farlo. Di queste cose non si può dire: “Ecco, deve essere fatta una certa cosa” perché, quando si parla di queste cose, in sostanza il 'deve' ha un significato del tutto diverso. E così penso che prima di tutto bisognerebbe che fosse del tutto chiaro che l'organismo sociale triarticolato creerà quella libertà di movimento umano che è necessaria per dare all'arte la sua giusta base. E l'uomo potrà radicarsi correttamente in tale vita sociale soltanto quando le basi della vita sociale saranno conformi alla natura. In fondo qui si tratta veramente più della cosa che delle parole.
Vedete, per esempio mi ricordo degli anni Ottanta del secolo scorso. Eravamo proprio in quel periodo dell'evoluzione artistica esteriore borghese in cui il teatro era dominato dalle commedie di un Paul Lindau, di un Blumenthal, dunque da tutti coloro che mettevano in scena piuttosto commedie – o tragedie – o stoppa teatrale; avevamo l'ultima fase, nevvero, della pittura convenzionale, ecc. A quei tempi fu pubblicato un libro di una persona sconfinatamente ottusa – una persona di cui veramente, se la si guardava esteriormente, non si poteva proprio dire altro che “non può che essere ottusa”. E questo libro dunque che cosa pretendeva? Non pretendeva niente di più urgente che ecco, che quest'arte che avevamo, quest'arte teatrale, quest'arte scultorea, quest'arte musicale e così via. - Tutto ciò non ha un fondamento sociale, è sradicato, e deve essere ricostruito a partire dal sociale. Erano frasi fatte terribilmente belle, ma in realtà era paccottiglia terribilmente sconfortante, perché non radicava nella vita da nessuna parte. E perciò vorrei proprio dire: oggi non si tratta di dire il giusto su queste cose, ma di sentire nel giusto modo dalla reale necessità vitale, il che significa: bisogna sentire la necessità della trasformazione, della ricostruzione della vita. Il che rende necessario, proprio in questo ambito, che stiamo attenti, prima di tutto, ad uscire dalla frase fatta. E così è importante che, quando si parla della triarticolazione dell'organismo sociale, prima la si sia capita, questa triarticolazione dell'organismo sociale; le altre cose risulteranno poi.
Credo che in sostanza si parli già in modo sbagliato dell'arte se se ne parla molto. Nell'arte si dovrebbe dipingere, nell'arte si dovrebbe scalpellare, nell'arte si dovrebbe costruire, ma in realtà dell'arte si dovrebbe parlare il meno possibile. Certo, ci sono dei modi per parlare dell'arte, ma allora ciò stesso deve essere a sua volta qualcosa di artistico. Naturalmente c'è a nche un'arte del pensiero. Dunque nelle opere dell'arte del pensiero viene costruito qualcosa di altrettanto giustificato come nelle altre arti, nell'arte della pittura, ecc. Ma ciò che viene prodotto artisticamente allora è proprio (se si osserva l'elemento creativo) qualcosa di cui non si può dire che dovrebbe essere prodotto in un modo o nell'altro, o che dovrebbe accolto in un modo o nell'altro, perché qui tutta la necessità della vita deve trasformarsi in una specie di cosa ovvia e naturale. È appunto proprio necessario fidarsi, per esempio, anche del pensiero: “Se non c'è nemmeno un genio, non può esserci nessuna arte come si deve”. Ecco allora che tutte le discussioni su come debba essere l'organismo sociale affinché l'artista si imponga nel giusto modo non servono a nulla. Allora al massimo si può dire: “In un organismo sociale che per il resto funziona come si deve, ci sarà un'arte corrispondente, se ci saranno quanti più geni possibile; allora ci sarà già la giusta arte”. Però devono prima esserci, questi geni. E come debbano farsi valere – ora, sicurissimamente la vita di alcune persone geniali è straordinariamente tragica, ma che i geni ora realmente possano agire nel mondo, che i geni secondo le predisposizioni che hanno ricevuto attraverso la nascita possano farsi valere, ecco, questo può avvenire solo in una vita spirituale libera, perché solo lì ci sarà una reale vita spirituale.
E così sarà anche possibile saltar fuori da quel che oggi è nel senso più estremo dis-artistico. Nevvero, cose come il Rinascimento e il Gotico erano categorie che in sostanza venivano comprese a partire da una realtà pienamente vivente. Era vita, e la vita è sempre qualcosa di universale. E perciò il signor Uehli aveva pienamente ragione, quando ha detto che cose come il Gotico e il Rinascimento erano nate dall'intero contesto sociale di quella volta. Le scissioni che recentemente abbiamo in ambito artistico hanno avuto origine proprio, direi, in modo sempre più puramente artificioso, e hanno avuto origine perché il principio della vita borghese si è propagato all'interno della vita spirituale. Nevvero, la vita borghese ha prodotto gente che vive di rendita, cioè nullafacenti che vivono delle loro rendite patrimoniali. Credo che questi, se avevano abbastanza ambizione, diventavano artisti. Ma qui non si tratta di creare qualcosa che sia una necessità umana fatta in un qualche modo, bensì si tratta di creare qualcosa a partire dall'ambizione umana, che, se anche normalmente viene smentita, tuttavia c'è. E qui allora si sradica (come molto giustamente ha detto il signor Uehli) il vero e proprio anelito artistico.
L'anelito artistico interiore, che è assolutamente schietto e verace, in sostanza non si può affatto sradicare, ma da tutto ciò che nella vita è astratto, naturalmente la vita artistica si può sradicare – ammesso che la vita si sradichi. E in una tale vita artistica sradicata poi arrivano cose che si fondano nei tralci della vita, non più nella vita stessa, vengono poi i luoghi comuni: 'impressionismo', 'espressionismo' e altro del genere. Queste sono cose con le quali si ha sempre la necessità (perché esse sono così sminuzzate e separate) di rimetterle di nuovo insieme. Quando si parla di impressionismo e di espressionismo, sono sono rigidi modelli, parole. Ma se parliamo della nostra euritmia, (nevvero, perché ora queste cose ci sono), allora nell'euritmia dobbiamo tornare a fare delle espressioni impressioni e delle impressioni di nuovo delle espressioni. Questo è straordinariamente importante: che ci sia chiaro che tali frasi fatte, tali astrazioni didattiche come 'impressionismo' ed 'espressionismo', in realtà nascono sempre quando non c'è la vita originaria. Perché queste parole, ecco, si possono applicare a tutto. Che cos'è la non espressione? Se uno fa una cattiva poesia, anche questa è un'espressione, se qualcuno starnutisce, anche questa è un'espressione. E così infine tutto, anche l'edificio di Dornach, si può chiamare 'espressione'. Ma non si tratta di questo, bensì si tratta di caratterizzare le cose a partire da una base di vita concreta. Allora non si ricorrerà a frasi fatte, ma si perverrà a cose che in qualche modo possano essere intese seriamente.
Voglio fare un paragone: nella Società Teosofica si parla della 'uguaglianza delle religioni'. Ora, se qualcuno arriva ad astrazioni tali come l'uguaglianza o l'unità delle religioni, allora anche in altri ambiti si arriva a terribili astrazioni del genere, così che per esempio si potrebbe dire: “Ecco, ora, tutto ciò che è in tavola è 'ingrediente per il cibo'”. Così come nell'indianesimo, nel persianesimo, nel teosofesimo, nell'ebraesimo ovunque si può estrapolare un qualcosa di uguale, così in effetti anche col pepe, il sale, la paprika, e anche con altre cose si può mettere alla base ciò che è uguale, cioè 'ingrediente per il cibo'. Ma qui si vede subito che l'importante è l'aspetto concreto, altrimenti a qualcuno potrebbe succedere di salare il caffè e zuccherare la minestra. Si tratta di avere la volontà di arrivare al concreto. Ma allora succede di nuovo che proprio nell'arte si sente che le categorie che sono apparse nei tempi più recenti in sostanza sono qualcosa che ha particolare carattere di tralcio. Non sono affatto del parere che ora vada condannato tutto quel che fanno i singoli che si autodefiniscono espressionisti (perché una buona volta devono pur esserci questi nomi). Anzi, credo perfino di poter avere un cuore molto grande e di poter perfino avere un cuore per quelle opere espressionistiche che altri considerano qualcosa di raffazzonato. Ma teorizzare su queste cose mi sembra veramente distogliere le persone da una sana base di vita. E di fatto oggi succede anche che molte persone conoscono la vita ancora soltanto a partire da fonti distorte. Ci sono persone che non conoscono la vita, ma conoscono Ibsen o conoscono Tolstoi o conoscono Rabindranath Tagore, che adesso nei gruppi che non riescono a farsi un giudizio proprio comincia a diventare una specie di moda. E se oggi si osservano tutte queste cose, se si vede come le persone vagano nei tralci della vita, si sente già necessario tornare una buona volta a sottolineare che nell'organismo sociale sano (e questo dovrebbe essere quello triarticolato) questo sradicamento deve appunto aver fine. Da questo punto di vista, alcune delle osservazioni del signor Uehli mi sembrano importantissime.
Purtroppo, nonostante io abbia già parlato abbastanza, in concreto non ho potuto aggiungere molto, perché chi parla con senso artistico di queste cose (come è risultato anche nel discorso del signor Baumann) deve appunto parlarne in modo che il parlare su tutte le questioni che oggi ruotano intorno alla posizione dell'artista – per esempio se si debba esporre o no o se manchino i geni o no – in realtà in sostanza è piuttosto inutile. Intendo dire che questo andrebbe capito molto meglio; allora si arriverà già a quel che è giusto. Se uno è un artista, può anche soffrire la fame, può anche avere un impiego che lo occupi da mane a sera; dispiegherà la sua genialità artistica di notte. Non è una cosa che si lasci reprimere. Se uno è un artista, dispiegherà la sua vita artistica anche se per il resto deve spaccare legna o pulire stivali – dispiegherà la sua vita artistica anche se la dispiega esclusivamente per la propria stessa stanza, per il proprio armadio. Queste sono cose che appunto non possono affatto essere trattate razionalmente, che, direi, devono esse stesse essere trattate un po' artisticamente. E l'essere trattate artisticamente esclude in sostanza la grettezza, non si lascia imborghesire. E ora in realtà le cose stanno così, che, nevvero, dovendo portare l'umanità in generale ad un ordine sociale, non si può integrare secondo i paragrafi o secondo i principi ciò che appunto dipende solo dalla genialità personale. In realtà bisogna sempre, anche quando si parla della posizione dell'arte nella vita, avere un qualche sentimento artistico e poi in realtà le cose sfoceranno sempre in un parlare libero, in un creare libero; qui non si possono misurare bene le parole.
Direi che è necessario parlare dell'arte partendo dal sentimento artistico e avere già un po' di pedanteria nelle vene (non serve considerarla subito troppo cattiva) quando si deve parlare di quel che è generalmente umano. Infatti, egregi signori, sarebbe male nella vita, se ci fossero solo artisti, o se tutti coloro che credono di dover essere riconosciuti come artisti fossero realmente riconosciuti tali. Vorrei sapere che cosa diventerebbe poi la vita. Certamente la genialità è necessaria per la vita, ma per la vita è necessaria anche la pedanteria. E se non ci fosse pedanteria, probabilmente presto non ci sarebbe più neanche genialità. Le categorie 'bene' e 'male' non sono applicabili alla vita così senz'altro, perché la vita è multiforme. Si può parlare molto, però in realtà non si dovrebbe parlare di nient'altro che di ciò che è tratto dalla vita stessa.
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