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OO 337b - Idee sociali – realtà sociale – prassi sociale – Vol. II



SERATE DI DIBATTITO DELLA LEGA SVIZZERA PER LA TRIPARTIZIONE DELL'ORGANISMO SOCIALE
Quinta serata di dibattito

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Dornach, 23 agosto 1920



Il testamento di Pietro il Grande



Ludwig Polzer-Hoditz tiene una conferenza su Il testamento di Pietro il Grande. Dopo il dibattito, Rudolf Steiner conclude.

Rudolf Steiner: Egregi signori! Naturalmente ci sarebbe veramente moltissimo da dire riallacciandosi all'esposizione davvero molto stimolante del conte Polzer e alle diverse domande che hanno sollevato una cosa o l'altra nel dibattito. Essendo tardi, però, ci dovremo limitare a poche cose.

Prima di tutto, vorrei richiamare l'attenzione sul fatto che evidentemente il conte Polzer ha voluto mettere più in risalto il significato dell'impulso che il testamento di Pietro il Grande ha dato alla politica europea, che non per esempio le singole cose che si rifanno all'efficacia che questo testamento di Pietro il Grande ha avuto. E proprio a questo riguardo vorrei dire che cose come questo testamento di Pietro il Grande in realtà si possono giudicare solo sulla base dell'intero contesto degli eventi nei quali, in qualche modo, si sono verificate. Ora, la questione è che proprio negli anni indicati dal conte Polzer, negli anni Settanta, negli anni successivi alla guerra di Prussia e Austria del 1866, e poi negli anni del governo del conte Taaffe in Austria, in Austria successero veramente molte cose che andavano nella stessa direzione in cui operava il testamento di Pietro il Grande. Si potrebbero mettere in evidenza molte cose, dei tanti eventi che si sono susseguiti, e forse per illustrare quel che c'è da dire una cosa vale l'altra. Voglio mettere in risalto solo alcuni eventi che all'inizio, apparentemente, non hanno nulla a che vedere con il Testamento di Pietro il Grande, ma nei quali questo testamento è assolutamente attivo.

Prendiamo la fine del periodo cui ha fatto particolare riferimento il conte Polzer, il periodo in cui l'Austria ricevette dalla Conferenza di Berlino il mandato di occupare la Bosnia e l'Erzegovina. Sull'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, nella politica austriaca si sviluppò un conflitto molto importante. Come ha già sottolineato il conte Polzer, c'erano degli accaniti oppositori a questo spostamento del baricentro, che l'Austria spostò verso est, e in Austria c'erano dei sostenitori di questa occupazione, di questo spostamento a est del baricentro. In realtà, in sostanza, i sostenitori erano quelli che in qualche modo avevano dei motivi tutti speciali di asservirsi alla politica interna asburgica. Basti solo riflettere sul fatto che questa politica interna asburgica a quei tempi era già sprofondata ad un punto di decadenza tale da essere già a quei tempi, in sostanza, una mera politica di prestigio. Quel che si era andato preparando da un secolo si era compiuto con la guerra di Austria e Prussia e ora gli Asburgo avevano bisogno di una compensazione. Perciò essi ricorsero a ciò che ora era stato comandato all'Austria. Ora però possiamo considerare con grande accortezza tutto ciò che in sostanza era contenuto in quel punto del testamento di Pietro il Grande in cui si suggerisce che bisogna provocare sempre più liti e discordie in Austria procurandole in apparenza qualcosa, dandole qualcosa. Fu un vero e proprio pomo della discordia, quest'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, e in sostanza si salvò solo perché nella camera dei Länder austriaca la cosiddetta sinistra bosniaca si separò dalla cosiddetta sinistra tedesca, che a quei tempi continuava ancora sempre ad essere in questione.

Vedete, il capo di partito della sinistra tedesca alla camera dei Länder austriaca era il deputato Herbst. La politica di Herbst si era sviluppata nella vita politica successiva al 1866; era una politica che fondeva insieme un certo impegno a lasciare certamente all'Austria una specie di carattere tedesco, ma al tempo stesso a darle una specie di carattere astratto-liberalistico. Questa politica si opponeva all'occupazione della Bosnia, specialmente nella persona del deputato Herbst, perché i sostenitori di Herbst si dicevano: se l'Austria prende ancora più Slavi (era proprio un aumento di Slavi, che qui si prendeva con la Bosnia e l'Erzegovina, ad eccezione dell'elemento turco, anch'esso presente), se l'Austria riceve ancora più Slavi, diminuirà la possibilità che in futuro, in qualche modo, l'elemento tedesco in Austria possa raggiungere una speciale priorità. Ora, questo Herbst ricevette una risposta epigrafica da Bismarck. Bismarck era molto interessato a che l'Austria venisse portata ad una specie di caos, a che l'Austria spostasse il proprio baricentro verso est, in modo che le aspirazioni da parte della dinastia degli Asburgo non potessero mai più andare a cozzare contro ciò cui miravano gli Hohenzollern. Infatti una grande parte della politica mitteleuropea del XIX secolo, precisamente dalla metà del secolo e fino alla sua fine, in realtà fu proprio una lotta fra le due dinastie: la dinastia asburgica e quella degli Hohenzollern. Bismarck, che voleva che il potere degli Hohenzollern fosse grande, voleva allontanare l'Austria verso lo slavismo, verso oriente, e su questo punto non riusciva a capacitarsi del fatto che questi seguaci di Herbst lavorassero contro di lui. Allora Bismarck, alla sua maniera, pubblicò anche un epigramma che fu uno di quegli epigrammi della vita politica che uccidevano coloro cui erano diretti. Chiamò gli uomini di Herbst 'i colchichi d'autunno'[1], affermando che il tempo esigeva semplicemente che il baricentro dell'Austria venisse spostato al di fuori dell'Austria, e che chi non era capace di adattarsi a questa esigenza del tempo era appunto un 'colchico d'autunno', perché il capo di questo partito austriaco liberale tedesco era appunto Herbst (autunno). Ora, tutta questa cosa si salvò per il fatto che il più giovane Plener, mentre prima faceva pienamente parte del partito degli uomini di Herbst, se ne separò con un certo seguito, il che permise di formare nella camera dei Laender austriaca una maggioranza per l'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina; Plener a quei tempi formò la sinistra bosniaca.

Ora, Ernst von Plener è proprio una personalità caratteristica di quel che oggi ha voluto spiegare il conte Polzer. Nel Parlamento austriaco Plener era in tutto e per tutto un oratore mediocre di tipo liberalista, un uomo che nella camera dei Laender austriaca parlava in un modo tale per cui quel che diceva sarebbe stato molto più giusto che lo avesse detto in Inghilterra. Plener era anche stato per molti anni attaché della legazione presso l'ambasciata austriaca a Londra e si era molto ambientato in quello che si chiama 'il parlamentarismo inglese'. Questo parlamentarismo inglese, che si è sviluppato molto bene dall'elemento inglese e che là è molto adatto, ora è stato trasportato a dire il vero in modo più o meno felice in tutta Europa, ed è uno di quei fattori che dimostrano quanto, a poco a poco, gli impulsi occidentali abbiano avuto un influsso sempre maggiore in Europa. Direi che quando Plener parlava al Parlamento di Vienna, in realtà parlava il politico educato in tutto e per tutto secondo i modelli politici inglesi. Naturalmente, per l'Austria, alla quale non era affatto adatto, questo fu qualcosa di straordinariamente astratto. Basti riflettere su che cosa in questa Austria era stato mischiato da parte di diverse nazionalità, e che però veniva tenuto insieme dal clericalismo della casata asburgica. Lì, il modello di opinione inglese col sistema del pendolo da sinistra e da destra in realtà si presentò come un elemento del tutto astratto. E a Plener, da astrazionista qual era, in realtà non venne mai in mente di pensare sulla base delle concrete forze attive, anzi, riusciva a fare sempre anche in un altro modo. E Herbst, che per certi versi era caparbio, ostinato, rimase al suo punto di vista tedesco-liberale. Invece Plener, che era una specie di uomo di mondo, me lo vedo ancora oggi di fronte: non si presentò mai in Parlamento se non in calzoni chiari, sempre un po' rimboccati in basso, e con una specie di barba che si manteneva a metà fra quella del bellimbusto e la barba da diplomatico – Plener riusciva appunto a fare sempre anche in un altro modo. Egli formò la sinistra bosniaca, per prestare all'imperatore Francesco Giuseppe o meglio alla casata asburgica un servizio che in seguito potesse essere onorato. Devo dire, mi sembrò sempre che ci fosse un certo nesso fra due eventi: fra la formazione della sinistra bosniaca nel Parlamento austriaco da parte di Ernst von Plener in occasione dell'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina e un evento successivo apparentemente insignificante, ma che deve essere considerato sintomatico. In seguito, quando al posto del ministero Taaffe subentrò il ministero della coalizione di Windisch-Grätz, Plener divenne per un breve periodo ministro delle finanze; aveva sempre mirato a ciò. Ma la gloria non durò a lungo. Poi successe una cosa che in realtà indica sempre che qui sono in gioco forze sotterranee. Plener diventò presidente della corte superiore dei conti e poi, quando lo diventò, stranamente si ritirò dalla politica, nonostante avesse sempre avuto un ruolo di spicco nel suo partito. E quando una volta, successivamente, fu intervistato sul motivo per cui si fosse ritirato, rispose: “Questa è una cosa che riguarda soltanto me e il mio imperatore, questo è un segreto di cui non voglio parlare”.

Ho sempre dovuto riconoscere un certo nesso fra gli eventi che sono avvenuti nella formazione della sinistra bosniaca negli anni Settanta e questo evento, avvenuto negli anni Novanta. Proviamo ad osservare che cosa successe dopo questa occupazione della Bosnia. Si formò, appunto in Austria, il secondo ministero del conte Taaffe, dopo che si erano svolte le ultime fasi di quel sistema di concessione e di governo che era stato creato appunto perché dopo la guerra di Prussia e Austria si era messo alla prova se in Austria si veniva a capo con l'elemento tedesco o no. Si cercò di farlo col cosiddetto 'ministero dei cittadini' dal 1867 al 1870, dapprima col principe Carlos Auersperg, poi ci fu l'episodio fra Potocki e Hohenwart, dove si impose l'elemento slavo. Ma poi, nel 1871 e fino alla fine degli anni Settanta, il ministero passò al principe Adolf Auersperg, di nuovo una specie di ministero dei cittadini, che appunto, come ho detto, costituì l'ultima fase di questi tentativi. Poi venne questo ministero del conte Taaffe. Osserviamo un po' questo ministero Taaffe. Esso sbrigò gli affari di governo in Austria per più di un decennio si può dire, negli anni Ottanta, e qui si mise in tavola, direi, tutto quello che è un compendio della politica europea. Taaffe è presidente dei ministri; egli si mantiene in cima al ministero, nonostante sia proprio un incapace. Conserva la sua carica al ministero principalmente per il fatto che è molto bravo, negli intrattenimenti di corte serali, a proiettare leprotti sul muro col fazzoletto e con le dita. Le dame erano così estasiate, quando il conte Taaffe faceva i leprotti e altre arti del genere, che egli restò per tutto quel tempo nel governo austriaco. Ora si può dire che in questi anni Ottanta i Tedeschi erano dunque soffocati in Austria. I Länder al di qua del Leitha – ecco, un nome questa regione non ce l'aveva, questa terra veniva chiamata, essendo al di qua del Leitha, 'i regni e le terre rappresentati alla camera dei Länder', e i Länder al di là del Leitha avevano almeno un nome che li riassumeva, venivano chiamati 'i Länder della corona di santo Stefano' – i Länder al di qua del Leitha, dunque 'i regni e le terre rappresentati alla camera dei Länder', a quei tempi erano governati dal ministero alla cui cima c'era Taaffe. Certe vignette umoristiche scrivevano 'Taaffe' in modo molto strano: Ta - affe (viene scritto alla lavagna)[2].

Ora, era anche difficile trovare un nome comune per queste terre, perché che cosa comprendeva questa regione 'dei regni e le terre rappresentati alla camera dei Länder'? Inizialmente qui c'era la Bukowina, poi attiguo veniva il regno di Galizia con la Rutenia con Lemberg come capitale; più o meno qui starebbe Krakau (viene disegnato alla lavagna). Questa Galizia era abitata principalmente dall'elemento polacco (tratteggiato, a sinistra), ma qui era abitato dall'elemento rutenico (tratteggiato a destra) – i Ruteni un tipo di Slavi, i Polacchi un altro tipo di Slavi. Più in là qui c'erano poi la regione slesiana, la regione morava e quella boema – dappertutto Slavi e Tedeschi mischiati insieme. Poi vengono l'Austria inferiore e l'Austria superiore, Salzburg, Vorarlberg, Tirol, Steiermark fin giù a Brunn – in gran parte Tedeschi; poi Slavi meridionali, Sloveni in Carinzia e Carniola; qui sotto Istria e Dalmazia. Qui sopra, al di là del Leitha, c'erano i Länder della corona di santo Stefano: qui l'Ungheria con la Transilvania, poi la Croazia con la Slavonia. Qui da qualche parte dovremmo cercare il Leitha; tutto ciò che era qui sopra, tutte queste popolazioni mischiate insieme, costituivano 'i regni e le terre rappresentati alla camera dei Länder'.

Tavola 4
Tavola 4

Ora, com'era la rappresentanza dei 'regni e delle terre rappresentati alla camera dei Länder'? In sostanza, fu abbastanza memorabile. Vedete, se si osservava il banco dei ministri: nel mezzo sedeva il fabbricante di leprotti Taaffe, con la sua fronte sfuggente all'indietro, alla sua destra Dunajewski, il ministro delle finanze, un Polacco certificato, poi c'era una notevole personalità, il ministro Prazäk, un Ceco, poi Smolka, un Polacco certificato, uno di quei Polacchi che una volta in Austria furono decapitati in effigie perché erano colpevoli di alto tradimento, ma che poi si era [di nuovo politicamente] risollevato. Si può dire: quando qui queste personalità parlavano, in un certo senso era straordinariamente interessante.

Al primo banco dei deputati della sinistra (diciamo per esempio che fosse stato un dibattito sul budget) sedeva un buon Tedesco, Carneri; conoscete la figura di Carneri dal mio libro L'enigma dell'uomo. Egli cominciava il dibattito in senso mitteleuropeo; di regola scagliava le accuse più terribili contro questo ministero Taaffe. Uno dei suoi discorsi più efficaci si concluse con le parole (forse era il 1883): “Povera Austria!”. Poi, un po' più lontani da lui, sedevano Herbst, Plener, ecc. Ma tutto ciò che parlava qui in Austria in realtà parlava come parlano le persone di una corrente andata a fondo. Per esempio quel che diceva Carneri era bello, intelligente, grande, però non era qualcosa che potesse vivere. Ma c'era qualcos'altro, a quei tempi, che viveva in Austria; in realtà in Austria viveva qualcosa, quando per esempio parlava il deputato polacco Otto Hausner. In Austria non si scopriva così se un deputato aveva un nome tedesco; perché se per esempio ci si chiamava Grégr e si era un deputato neo-ceco liberale, dunque se si aveva un nome con un ghirigoro, allora, prima di essere diventati cechi, ci si era chiamati Gröger; ci sono queste metamorfosi. Quando parlava Otto Hausner, egli al tempo stesso sottolineava che stava parlando interamente a partire dall'elemento polacco, ed è quello che faceva, anche se sottolineava di avere globuli rossi retico-alemanni nelle vene – in realtà io non so che cosa siano, i globuli rossi retico-alemanni. Non mi era simpatico. Mi ricordo ancora bene: quando si camminava per la Herrengasse di Vienna e arrivava il vecchio Hausner, questo vecchio Adone col suo monocolo, che si lustrava ancora, nonostante in realtà non fosse affatto un uomo di bell'aspetto; non era proprio una persona veramente simpatica. C'è da dire che quando in questi anni che contano parlava Hausner, egli parlava in un modo tale per cui la storia universale fluiva attraverso di lui. E direi che quando parlava Otto Hausner si sentivano fluire le parole del testamento di Pietro il Grande. Si sentivano fluire quando parlava del fatto che in Austria le persone non dovevano farsi gabbare da Berlino, da Bismarck, che non dovevano accettare il trattato di Berlino. Parlava il tempo, il tempo fluente, quando Otto Hausner parlava della linea ferroviaria di Alberg, interpretandola come ferrovia strategica per rendere possibile una coalizione fra Austria e Francia contro la politica tedesca. E si direbbe che nei discorsi di quella volta di Otto Hausner c'era qualcosa che come profeticamente predisse tutto ciò che avvenne in seguito. Ma particolarmente efficace fu un discorso che Hausner tenne su 'il carattere tedesco e l'impero tedesco', nel quale espose in modo retorico e assolutamente meraviglioso tutti i lati cattivi, soprattutto i lati cattivi dei Tedeschi e del carattere tedesco, mai i lati buoni. Tutto ciò che in realtà in Europa centrale agiva per la rovina, quella volta proprio questo deputato polacco Otto Hausner seppe rivelarlo in modo meraviglioso nel suo discorso. Oltre a lui, poi, spesso parlava una figura curiosa, si chiamava Dzieduszycki. Era stranissimo, perché quando parlava si aveva il sentimento che egli non avesse in bocca solo una polpetta, ma due polpette che giocavano a rincorrersi. Tuttavia, quando parlava, la storia universale fluiva attraverso quel che diceva. Era la storia universale, che parlava – e così anche con altri che sedevano lì. E di nuovo, quando queste persone parlavano basandosi solo sulla propria personalità, allora questa non era affatto la storia universale.

All'epoca in cui in Austria la legislazione scolastica già rovinata dai liberali doveva essere rovinata fino in fondo – ecco, come si formò la maggioranza? Voglio rivelarvi un grande segreto: nonostante la politica austriaca, di fatto l'Austria aveva i ginnasi migliori fino agli anni Settanta; e per il successivo ministro dell'istruzione Gautsch fu molto difficile distruggere del tutto questi ginnasi che da un certo punto di vista erano buoni. E sapete di chi era la colpa del fatto che in Austria erano stati fondati questi buoni ginnasi (buoni per quei tempi)? Era stato il clericalissimo conte Leo Thun, ad introdurre questi ginnasi in Austria. In Austria succedeva appunto che stranamente a volte ciò che è reale cooperava con una politica del tutto stolida. Questo clericale per molti versi totalmente nero, il conte Leo Thun, diede vita in Austria ad un sistema scolastico brillante, che però poi fu di nuovo demolito dai liberali, e quel che i liberali avanzarono dovette poi essere demolito ancor più. Ora, come si formò la maggioranza per queste cose alla camera dei Länder? Ecco, queste maggioranze si formavano in modo strano. Qui c'erano i Ruteni, e qui c'erano i Polacchi. Se ora si volevano imporre certe cose che era più facile imporre coi Polacchi, si formava un ministero che consisteva in Tedeschi e Polacchi. E se si voleva imporre qualcosa di tipo diverso, si escludevano i Polacchi e si formava una maggioranza di Tedeschi e Ruteni. I Ruteni e i Polacchi, che si contrastavano aspramente fra loro, venivano usati come ago della bilancia. E a seconda di quel che alla fine veniva buttato sul piatto della bilancia si formava l'opposto. Ora, a quei tempi, quando si doveva sfasciare del tutto la legislazione scolastica, erano proprio i Polacchi l'ago della bilancia; bisognava dunque che i clericali e i Polacchi trovassero un accordo. Se i clericali si mettono insieme ai Polacchi – così ci si diceva – si riuscirà a disfare la legislazione scolastica. Ma i Polacchi erano pur sempre così intelligenti da obiettare che sicuramente non si poteva introdurre questa [nuova] legislazione scolastica in Galizia, cioè nel loro Land. E così poi trovarono una via d'uscita dicendo: “Sì, stiamo dalla vostra parte, eliminiamo la [vecchia] legge scolastica, eccezion fatta però solo per la Galizia”. In tal modo avvenne la cosa strana che un elemento slavo servì da mascheramento, ma che questo elemento slavo si autoescluse da ciò da cui dichiarò in modo chiarissimo di voler escludere il proprio Land. Questa era appunto, a quei tempi, la particolare situazione in Austria.

Poi c'era anche la figura caratteristica del vecchio Ceco Rieger. Mentre i Tedeschi governavano in modo liberale, formale, astratto, i Cechi non andavano al Parlamento di Vienna; si assentavano. Ora, il conte Taaffe aveva avuto il merito, esteriormente grande, di far arrivare il gruppo ceco. Così dunque fra questi parlamentari viennesi adesso c'era anche Rieger: una figura straordinariamente caratteristica piena di fuoco interiore, un personaggio un po' traballante, piccolo, ma con una testa imponente, con occhi dei quali si credeva che alla fine non venisse fuori solo un diavolo, ma più diavoli che sprizzavano fuoco. C'era in lui, di fatto, qualcosa di straordinariamente vivo. Vedete, questa era la situazione. Si potrebbe dire che si sapeva che c'era un elemento inafferrabile, ma da osservare: in Austria con questa particolare configurazione si intesseva veramente questo testamento di Pietro il Grande. Trovandosi di fronte a queste circostanze concrete, si sapeva che c'era una cosa del genere. Di fatto, si sapeva esattamente perché per esempio la politica del conte Andrässy (che, nonostante fosse ungherese, fu a lungo ministro austriaco degli esteri) si imponeva a fatica: perché le persone non potevano immaginare che l'Austria dovesse spostare il suo baricentro a est, verso i Paesi slavi. Si poteva vedere che l'elemento slavo si imponeva, ma non si riusciva a dirsi altro che questo: “Ecco, e ora in realtà cosa viene fuori dal tutto? Come vogliono cambiare, qui, le cose? Che cos'è, allora, questo tutto?” E in realtà, in sostanza, proprio sotto questo Taaffe, l'incapace Taaffe (fra i suoi ministri egli aveva singole menti slave molto dotate, proprio come per esempio Dunajewski, il ministro delle finanze polacco, o anche Prazäk) si vedeva agire l'elemento slavo. Ma il caos agiva anche attraverso l'elemento slavo; menti capaci, in parte menti assolutamente eccellenti, ma attraverso le quali tuttavia si intesseva il caos. E il caos funzionava veramente bene solo accoppiandosi all'elemento tedesco.

Ora, per favore, immaginate tutto questo insieme a qualcos'altro, immaginatelo insieme al fatto che Pietro il Grande è quella personalità che nella sua giovinezza va a ovest, a l'Aia, che da occidente ritorna a San Pietroburgo, che egli è quella personalità che si sforza di introdurre l'occidentalismo in Russia contro le aspirazioni di molti che si credevano dei veri Russi, dei Russi ortodossi. Cercate di aver chiarezza su come sono, qui nella storia, i rapporti fra quella che è l'anima russa e quel che Pietro il Grande introdusse in Russia. Quel che Pietro il Grande introdusse in Russia non fu, di fatto, qualcosa che influì solo sul domani o sul dopodomani, ma fu qualcosa che diede proprio un impulso per i secoli. Si potrebbe dire: si sa che cosa vuole lo slavismo che radica in Russia, si sa come coopera con lo slavismo differenziato, però lì dentro si cela inoltre anche quel che Pietro il Grande portò da occidente. Ora, Pietro il Grande appunto non scrisse nulla, ma diede alle sue azioni di governo una certa direzione; quel che fece si mantenne in una certa direzione, in un certo stile. E così quanto proviene solo dallo slavismo scorre parallelamente e si intesse con l'altro elemento, quello che è stato portato da occidente da Pietro il Grande, che laggiù era diventato un'anima molto forte. Ora provate a calarvi in un qualche periodo successivo a Pietro il Grande e osservate la politica europea – non potete dirvi: “Sì, in quel che qui continua ad agire da Pietro il Grande sono all'opera dei fattori concreti”? Chi ha visto queste cose che ora vi ho descritto, lo sa: è così. Ora arriva un Sokolnicki, che medita sulle situazioni che ha vissuto. E gli sorge nell'anima quello che viene chiamato 'il testamento di Pietro il Grande'. Egli si chiede: “Che forze ci sono in quel che proviene da Pietro il Grande? Che cosa succederà se esso si realizza? Cosa succederebbe, se si scrivesse il testamento non scritto di Pietro il Grande, se lo si pensasse in parte come trascritto da quanto risulta dall'ispirazione e in parte come tratto dai documenti di Stato e altro del genere?” Bisogna poi chiedersi come quello ha intinto la penna nell'inchiostro o quale inchiostro ha usato o come teneva in mano la penna, quando si indaga sull'origine di un testo? Nella storia universale non è così. Ho raccontato spesso una piccola cosa che mi è successa una volta. Ho cercato di dimostrare come avesse avuto origine il componimento di Goethe sulla natura, l'inno alla natura. Ho dimostrato che Goethe era andato a fare una passeggiata sull'Um con lo Svizzero Tobler e aveva pronunciato egli stesso questa poesia. Ora, Tobler aveva una memoria talmente pronunciata che, di ritorno a casa, trascrisse ciò che aveva ascoltato da Goethe e lo fece pubblicare nel Tiefurter Journal che era appena stato trovato nel periodo in cui io ero a Weimar. Ora, nel VII volume degli annali di Goethe ho cercato di dimostrare su basi interiori e spirituali che questo componimento nel Tiefurter Journal era di Goethe, anche se questo componimento 'La natura' si trova nel giornale nel modo più letterale possibile nella scrittura di Tobler.

Il fatto è che, indagando sull'origine proprio delle cose più importanti in un modo direi prosaico-pedantescamente letterale, filologico, non ci si raccapezza nella storia. Certamente, riguardo alla sua stesura, il testamento è un falso – però è una realtà veritiera. E troviamo la vera origine del testamento, proprio quell'origine che il conte Polzer ha cercato di dimostrare, dicendoci che Sokolnicki annotò questa cosa in una specie di meditazione e contemplazione interiore allacciandosi a quel che c'era, ossia a quel che succedeva. Però non se l'inventò di sana pianta, né la conobbe con una semplice mistica interiore, bensì la vide in tutti i suoi nessi con gli eventi mondiali. E si potrebbe dire: egli volle scoprire proprio ciò che era stato inaugurato da Pietro il Grande, ciò che egli aveva portato da occidente, ma che non si era ancora verificato. E ora osserviamo un po' questa torre di Babilonia della camera dei Länder austriaca sotto il ministero Taaffe, come l'ho or ora caratterizzata. Osserviamo la presenza l'elemento slavo, vediamo che esso è proprio l'elemento dotato di talento, ma che appunto riesce solo a portare caos. E cercandone il motivo, scopriamo appunto in ciò che si manifesta una specie di prosecuzione dell'effetto di questo testamento di Pietro il Grande. Così possiamo dire: “Sì, questo testamento di Pietro il Grande, ecc, agisce come una forza storica, però al tempo stesso agisce, se si tengono presenti i fatti concreti, in modo da portare caos”. Ora, aggiungete quel che spesso ho spiegato in altre occasioni, il modo in cui l'occidente ha inaugurato la politica successiva, della quale ho detto che si può benissimo ricondurre agli anni Sessanta. Questa politica consiste nel fatto che si è cercato di provocare in oriente ciò che poi si è anche abbastanza verificato fino in tutti i dettagli, ciò che poi in sostanza ha provocato la catastrofica guerra mondiale. Allora, se adesso siamo capaci di pensare storicamente in modo ordinato, di pensare storicamente in senso interiore, possiamo dirci: “Ecco, l'intera faccenda con Pietro il Grande non è un meraviglioso preludio, un grandioso preludio di ciò che avvenne in seguito?” Voglio dire, se un qualche spirito avesse voluto generare quel che poi è avvenuto nel XX secolo, non avrebbe potuto avviare meglio il caos proveniente da oriente, che chiamando Pietro il Grande all'Aia, dove la distillazione, in merito ai contesti della politica europea, è sempre stata diversa, perché lì c'è una via breve verso l'elemento anglo-americano. Ma poi Pietro il Grande è ritornato a Pietroburgo, e là ha inaugurato quel che ha continuato ad agire come 'testamento di Pietro il Grande', col quale si è introdotto in un modo meraviglioso ciò che appunto ha creato quelle condizioni che servivano per poi provocare quel che avvenne il seguito.

Egregi signori, se uno dice una cosa del genere, naturalmente suona sempre come se le cose fossero addirittura trascinate al paradosso volutamente; ma se si deve spiegare brevemente qualcosa, non lo si può fare altrimenti che spiegando alcune cose in modo più tagliente. Ma io volevo appunto spiegare (se lo si volesse descrivere in modo del tutto esatto, si dovrebbero appunto dire diversamente alcune cose) che di fatto il testamento di Pietro il Grande è una reale forza storica, anche se, come ha spiegato il conte Polzer, è un falso e Pietro il Grande non scrisse mai una cosa del genere come questo testamento o altro di simile. Vi ho mostrato come esso si sia propagato, come si può vedere con l'esempio dei regni e i Paesi rappresentati nella camera dei Länder austriaca. Vi ho mostrato che si può dire che qua tutto vibra, se si prendono i discorsi di Hausner sulla civiltà e se si leggono tutti i discorsi che qui vengono tenuti da Prazäk e altri – si sente, vorrei dire il vento che viene da questo Pietro il Grande. Si sente, in tutti i discorsi che sono stati tenuti pro e contro l'occupazione della Bosnia e dell'Erzegovina, qui in queste lotte che avvenivano allora si sente che doveva succedere qualcosa. Si cercava di dare un senso alla politica austriaca: non le si poteva dare un senso, perché agiva ciò che doveva togliere il senso, che inizialmente doveva portare caos, per poter provocare quel che poi avvenne nel XIX secolo e oltre.

Purtroppo, ovviamente, abbiamo avuto troppo poco tempo per spiegare queste cose come magari qualcuno si sarebbe aspettato e con dovizia di prove. Ma le cose sono tali per cui si può vedere benissimo come ha agito il testamento di Pietro il Grande e come in realtà è importante capire quale sia l'effetto di questo testamento. Infatti questo testamento – adesso non lo dico con una sfumatura moraleggiante, ma solamente come un dato di fatto, senza emozione – questo testamento di Pietro il Grande in realtà ha rovinato l'Austria, naturalmente insieme all'incapacità dei Tedeschi in Austria di capire questo testamento.

E perciò si può ben dire: chi vuole veramente qualcosa di promettente deve appunto mettere un altro documento al posto del testamento di Pietro il Grande. E qui è già necessario cercare le forze che appunto sono state spiegate da quelle tesi alle quali ha accennato il conte Polzer. Ora non voglio occuparmi di questa cosa. Volevo solo indicare con un paio di cenni che si deve pensare che appunto il testamento di Pietro il Grande è una realtà, si è propagato, e che anche questa propagazione è in tutto e per tutto una realtà politico-storica.


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4. Quarta serata6. Sesta serata
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Note:

[1] Herbstzeitlosen – gli 'intramontabili di Herbst', ma Herbst significa autunno. N.d.T.

[2] Affe in tedesco significa scimmia. N.d.T.