Logo tripartizione   
 eventi   newsletter Newsletter!  contatti   cerca 
  
 Bibliografia 
 Progetti 

 

OO 337a - Idee sociali – realtà sociale – prassi sociale – Vol. I



SERATE DI STUDIO DELLA LEGA PER LA TRIPARTIZIONE DELL'ORGANISMO SOCIALE
Settima serata di studio

Indietro 

Stoccarda, 15 settembre 1920



Le condizioni critiche dell'economia al giorno d'oggi



Emil Leinhas introduce l'incontro e dà la parola a Rudolf Steiner.

Rudolf Steiner: Stimatissimi convenuti! Se nella vita politica e comunque nella vita pubblica le cose fossero come molti credono che siano, si potrebbe veramente perdere la speranza di riuscire a fare qualcosa per migliorare la situazione sociale facendo leva sulla capacità di comprensione personale, sull'azione diretta delle persone. In questo senso bisogna ricordare soprattutto che al giorno d'oggi ci sono moltissime persone che credono che la situazione economica si sviluppi in modo simile a come si sviluppano i fenomeni naturali. Credono cioè che i fenomeni economici si presentino in una certa sequenza secondo una necessità di tipo causale sicuramente paragonabile, in qualche modo, alla stessa necessità con la quale un corpo di una certa natura inizia ad ardere se viene messo a contatto in un certo modo con un altro corpo. Sono in molti a pensarla così. Pensano che, se per un certo lasso di tempo nella vita economica si è sviluppata una specie di attività di congiuntura favorevole, ecco che poi semplicemente sulla base di questa attività di congiuntura favorevole si debba sviluppare da sé qualcosa di simile ad una crisi. Seguirebbe poi per un certo lasso di tempo un cattivo andamento degli affari con condizioni economiche di recesso, finché subentrerà di nuovo una specie di ripresa e, in un certo senso, una nuova ascesa della vita economica. Negli ultimi tempi rappresentazioni del genere sono state incentivate in modo molto particolare dai teorici del pensiero economico, dagli esperti di economia nazionale, ai quali piace moltissimo rappresentarsi ogni cosa sulla base del corso esteriore delle cause e che vogliono estromettere del tutto la comprensione della volontà umana. Si è perfino affermato che, per esempio, la grande crisi economica nazionale dell'anno 1907 è appunto dovuta seguire per una certa necessità allo slancio precedente. Forse si può credere che l'osservazione di questi processi che si estendono su ampi settori della vita economica – come le congiunture favorevoli e sfavorevoli – riguardi meno il singolo. Ma non è così. E, di fatto, chi in un dato periodo vuole intraprendere qualcosa per conto proprio deve sempre fare attenzione alla costellazione congiunturale nella quale andrà ad introdursi.

E si può capire benissimo che questa fede in un necessario complesso di cause nell'economia risulta dall'intero complesso del modo di pensare scientifico-naturale degli ultimi tre o quattro secoli. Sapete che è soprattutto la concezione teorica del sociale che rende omaggio al marxismo, quella che si dà a queste idee e che a queste idee vorrebbe anche orientare il proprio agire pratico. Al giorno d'oggi sono in molti a ritenere che opporsi a queste idee sia del tutto dilettantesco, perché appunto proprio il pensare scientifico-naturale viene considerato un ideale, e si considera perfino una conquista, il fatto che questo pensare scientifico-naturale si sia esteso alla vita pratica. Qui la scienza dello spirito deve appunto davvero intervenire apportando delle correzioni, perché un modo di pensare socialmente sano può nascere solo e unicamente sulla base delle concezioni che noi, qui, portiamo avanti da sempre. E la scienza dello spirito può intervenire con le sue correzioni a partire da tutto il suo essere, perché non ha proprio per nulla quel carattere teorico e astratto assunto invece dal modo di pensare materialistico, scientifico-naturale dell'epoca moderna. Quest'ultimo modo di pensare porta l'uomo a non guardare ai fatti oggettivi della vita, ma a confondere in una specie di nebbia i fatti oggettivi della vita con ogni sorta di teorie.

Nel mio «I punti chiave della questione sociale» ho sottolineato il fatto che proprio il proletariato dei nostri giorni in realtà è massimamente schiavo di una concezione del mondo veramente del tutto astratta. Questo dipende semplicemente dal fatto che questo proletariato dei nostri giorni, incompreso nelle sue aspirazioni dalla classe borghese che diventa sempre più e più materialistica, come concezione del mondo ha appunto conservato solo il materialismo sostenuto da questa borghesia e pertanto crede a questo materialismo come ad un indiscutibile vangelo e semplicemente non riesce a venirne fuori. Alla scienza dello spirito non è consentito essere schiavi delle teorie, soprattutto non è consentito tendere ad una qualsivoglia fantasticheria. Infatti, se da scienziati dello spirito si porta in sé la tendenza alla fantasticheria, si distorcerà tutto ciò che si osserva nel mondo spirituale, ne si farà una caricatura; si riuscirà a giungere solo ad un mondo del tutto distorto. La scienza dello spirito richiede a chi la conosce, come una base necessaria, di educarsi al reale, perfino, direi, ad un certo grado di sobrietà. Ma per il fatto che, proprio in ambito spirituale, prima ci si educa ad una logica chiara e sicura, ma poi, in secondo luogo, anche ad una considerazione dei dati di fatto, ecco che si è del tutto in grado di introdurre nella vita pratica ordinaria questa educazione e di lasciar parlare anche qui nel modo giusto i dati di fatto, con tutto il peso che hanno.

Cosa fa il teorico dell'economia nazionale, e cosa fanno tutti quelli che a scuola vanno da lui, se per esempio vogliono studiare qualcosa come la crisi economica del 1907? Prima cominciano a studiare che cosa è successo sul piano economico nel 1906, giungendo così all'anno di una congiuntura favorevole. Poi cercano in questo passato le cause del collasso economico che ne è seguito. Procedendo in questo modo, si riesce ad imporsi con tutti i concetti nebulosi possibili e perciò si è poi in genere incapaci di pensare correttamente nella vita sociale. Ma se ci si educa per mezzo della scienza dello spirito, poi si pongono delle domande sui dati di fatto economici, e poi si scopre più o meno per l'anno 1907 (si potrebbero scegliere anche altri esempi) che in America c'era un potente gruppo di magnati della finanza che detenevano più di trenta banche e più di trenta linee ferroviarie a lunga percorrenza e oltre ad altre cose ancora. Questo potente consorzio si accaparrò in tutta segretezza un certo titolo di speculazione che veniva messo in commercio anche nelle Borse europee e se ne accaparrò una quantità talmente ingente che la quasi totalità di questi titoli era di proprietà di questo consorzio di magnati. Poi, con ogni genere di speculazioni economiche, si indussero le banche europee - e soprattutto le imprese europee - a comprare questi titoli «al portatore». Quella volta si giunse al punto che la gente comprò un gran numero di quei titoli al portatore. Ora, però, supponiamo che una qualche azienda in un tale titolo abbia stipulato un acquisto alla consegna (al portatore) per voi rivenderlo a sua volta; e allora era così che queste stesse banche in America nello stesso tempo in questo titolo stipulavano [in grande estensione] acquisti alla consegna con aziende europee. Un'azienda europea quindi cominciava da un lato a comprare questi titoli e dall'altro lato si impegnava a rivenderli dopo un certo lasso di tempo – ma non li aveva, perché questi titoli precedentemente erano stati tutti accaparrati da [questi gruppi finanziari], il gruppo Morgan; esso quindi doveva prima essere di nuovo venduto da là. Dunque le imprese europee si erano molto ampiamente prese l'impegno di consegnare questi titoli. Ora, in quell'intervallo di tempo che passò fra la speculazione e il termine di consegna, dall'America si portò a rialzare enormemente il valore di questi titoli, e la conseguenza fu un sovraccarico del tutto straordinario del mercato monetario europeo, che poi suscitò quella crisi. Cioè una pura speculazione finanziaria, suscitata da un certo ristretto numero di individui umani, creò questa crisi. Chi conosce questa crisi si ricorderà che allora lo sconto bancario in Inghilterra aumentò fino al 7%, in Germania provvisoriamente perfino fino all'8%, e uno sconto bancario più alto è sempre un barometro per le crisi. Quindi in realtà questa crisi fu creata per volontà umana.

Ed è a questi dati di fatto, dunque a fatti del tutto specifici, concreti, della vita, e non a teorie astratte, che bisogna guardare se si vuole capire la vita, anche nei suoi fenomeni sociali. Può essere intelligente, immensamente intelligente e impressionante, il modo in cui per esempio Karl Marx fa derivare dai modelli economici con una certa necessità ciò che poi le persone pensano. Ma in sostanza tutto questo viene sviluppato nello studiolo, ed è proprio un segno molto caratteristico il fatto che il prodotto più puro dello studiolo, il «Capitale» di Karl Marx, abbia ottenuto fra il proletariato la stessa popolarità del vangelo. Ma se si vuole conoscere la vita, bisogna direttamente osservare la vita. Allora si vedrà che proprio la scienza dello spirito educa ad una concezione della vita – senza dubbio scomoda. In sostanza è davvero molto più comodo formulare teorie astratte, che avere a che fare con la vita reale.

E ora direte: “Però in quello che dicono i teorici e che gli oratori danno al popolo come qualcosa di plausibile i conti tornano” – infatti basta ricordarsi con quanti numeri, con che statistica sicura normalmente vengono dimostrate queste cose. Se al giorno d'oggi nei nostri libri, nei libri che si reperiscono correntemente nella vita pubblica, specialmente quelli sulle concezioni economiche, brulicano così tanti risultati statistici, è solo perché, ovviamente, cosa ci potrà mai essere di più giusto di ciò che si può documentare con i numeri? Ma ci sono anche delle altre statistiche, che in un determinato settore si presentano come se fossero in grado di rappresentare il corso della vita umana naturale ed esprimibile per mezzo della scienza naturale. Prendete per esempio le statistiche dell'assicurazione come base di un settore del tutto pratico della vita, l'assicurazione sulla vita. Si fa un conto di quante persone, di un certo numero di ventenni, dopo trent'anni vivranno ancora e di quanti saranno già morti. Questo dà, se solo si prende un numero sufficientemente elevato, numeri molto costanti: di tutti questi ventenni dopo trent'anni ne vivranno ancora solo una certa quantità. Da ciò si può quindi calcolare la somma che la persona in questione dovrà pagare, e si può dire: le cose sono veramente tali per cui qui la statistica dà perfino qualcosa su cui nella vita pratica, fino ad un certo grado, ci si può basare. Forse sapete che c'è anche una statistica dei suicidi; sapete che per una tale statistica basta solo considerare un territorio sufficientemente vasto e un lasso di tempo sufficientemente lungo per poter dire in modo abbastanza preciso: in questi anni in questo territorio si suicideranno così tante persone. - Ma ha ragione chi, dall'apparente necessità che in cinque anni in un determinato territorio avverranno così e così tanti suicidi, voglia trarre la conclusione che gli uomini non siano liberi, ma che ora anche queste persone debbano suicidarsi con la stessa necessità con la quale un sasso cade a terra? Non ha ragione. Per il fatto che esistono un certo numero di 'leggi' statistiche, non viene eliminata la libera volontà dell'essere umano. Non si può affatto dire che le 'leggi' statistiche possano asserire qualcosa sulla libera volontà dell'essere umano, nemmeno se dovesse succedere che, da cinquantenni, voi doveste constatare che, a parte voi stessi, tutti quelli che quando erano ventenni la statistica aveva previsto che sarebbero morti al massimo entro i cinquant'anni sono già morti – [Essi perciò per molto tempo non sono costretti ad uccidersi]. La statistica, e anche la statistica dei suicidi, esiste per qualcos'altro che non per determinare qualcosa sulla libera volontà dell'essere umano. E altrettanto poco le leggi economiche di qualsiasi genere sono in condizione di decidere qualcosa sul libero intervento dell'iniziativa umana nelle questioni economiche. Senza dubbio qui c'è ancora dell'altro.

Supponiamo che le cose vadano come sono andate all'inizio del 1907. Nel 1906 c'era una congiuntura economica favorevole; questo generò in un grande numero di persone certe abitudini di vita. E si può dire: Se la gente per un paio di anni vive in una situazione tollerabile, assume determinate abitudini di vita. E quando si sono sviluppate queste abitudini di vita, quelli che appunto vogliono approfittare proprio di questa situazione riescono a fare qualcosa di simile a quello che ha fatto il gruppo Morgan nel 1907. Essi dunque possono dirsi: Ora la gente ha voglia di fare questo o quello, perciò speculiamoci sopra! È proprio come se in un Paese ci fossero certi influssi sfavorevoli che istigassero le persone al suicidio. Ma ugualmente le persone di sicuro ricorrono al suicidio per libera volontà, per quanto nella vita ordinaria si possa parlare di libera volontà – ne ho parlato nella mia «Filosofia della libertà». Ora però è assolutamente così, che non è dalla precedente costellazione della vita economica, che deriva quel che succede dopo, bensì deriva soltanto da quello che fanno le persone. E ora, se queste persone fanno qualcosa che in un certo senso si può 'calcolare', questo dunque che cosa attesta?

Dunque basta solo osservare un processo che sarà noto a tutti voi. Supponete che qui stia il cane Tyras, e voi gli tenete davanti al muso un pezzo di carne; potrete calcolare in modo piuttosto esatto quello che farà: cercherà di addentarlo. E solo in rarissimi casi succederà che il cane Tyras non cerchi di addentare il pezzo di carne. Ma se l'uomo in una ben determinata situazione fa qualcosa di calcolabile, questo attesta soltanto che il suo livello animico è sprofondato; e più sono le cose che è possibile calcolare o determinare causalmente nella vita sociale, e tanto più in questo modo si dimostra che le persone sono sprofondate ad un livello animalesco. E così le statistiche sui suicidi e altri calcoli, per esempio sulle congiunture favorevoli o sfavorevoli non dimostrano nient'altro che quale sia la costituzione animica delle persone; a dire il vero, poi bisogna anche verificare le circostanze temporali, l'atmosfera generale, in cui è possibile l'una o l'altra costituzione animica. Così, una cosa come quella che ha fatto il gruppo Morgan nel 1907 e che ha fatto crollare in miseria innumerevoli esistenze in Europa poteva avvenire soltanto in quell'epoca; una cosa del genere, per esempio, centocinquant'anni prima non sarebbe stata possibile.

Che cos'è che ha reso possibile una cosa del genere? L'ha resa possibile l'emancipazione del mercato del denaro dal mercato delle merci. Questa emancipazione deriva più o meno dagli anni dal 1810 al 18015. Solo in quel periodo, dal precedente dominio economico della vita pubblica [che poggiava] solo [sullo scambio delle merci] si passò ad un dominio per mezzo del mercato del denaro. Solo in quel periodo, in realtà, l'ente bancario diventò sovrano della vita economica. E la possibilità di provocare situazioni economiche di questo genere nella vita economica per mezzo del commercio sul mero mercato del denaro (in una misura tanto colossale quanto era appunto potuta diventare nel 1907) è sorta solo per il fatto che il denaro è diventato una vera e propria astrazione. È diventato un'astrazione che, da quel periodo in poi, semplicemente dilaga su tutta la nostra vita economica e anche su tutto il resto della nostra vita.

Riandiamo col pensiero ai tempi in cui l'uomo concresceva con ciò che produceva. Allora, in sostanza, il denaro era solo una specie di equivalente per la produzione delle merci prodotte; allora si dipendeva dalla produzione delle merci. Allora, in realtà, non era affatto indifferente, quello che si produceva, bensì si cresceva insieme ai propri prodotti. Oggi questa è già una leggenda, mentre prima potevano succedere cose come quella che ora voglio raccontarvi, a mo' di esempio. Una volta arrivai a Budapest e volli farmi tagliare i capelli; trovai un barbiere che veramente tagliava ancora i capelli con entusiasmo e che disse: «Io non miro al guadagno, miro solo ad un bel taglio». Lo disse in un modo tale per cui faceva realmente l'impressione di veracità e sincerità interiore. Questo essere concresciuti con il proprio prodotto oggi è del tutto andato perduto e si ha ancora soltanto l'anelito a guadagnare un tanto, per provvedere ai propri bisogni. Oggi l'unica cosa che è rimasta importante è l'introito di capitale o la paga. E proprio allo stesso modo in cui i principi generali astratti si diffondono su ogni cosa possibile, così anche il denaro diventato astratto si diffonde su tutto il possibile. In fin dei conti per molte persone al giorno d'oggi è del tutto indifferente, per guadagnare un tot di marchi al giorno, che si fabbrichino scarpe o libri di testo. Questo denaro emancipato dalla realtà vera e propria della vita ha reso possibile quell'atmosfera nella quale poi poterono avvenire processi come quelli del 1907 – eppure questi processi derivano nel modo più assoluto dalla volontà umana!

Con queste parole ho voluto solo indicare come la scienza dello spirito procede dal concepire la realtà nella sua vera forma. Proprio il materialismo (sia quello scientifico-naturale che quello storico) si è totalmente allontanato dalla realtà; ormai non fa altro che teorizzare. La scienza dello spirito deve giungere alla realtà. Perciò non si lascia nemmeno offuscare da concezioni teoriche; ma proprio per questo perviene ad una reale comprensione della vita. Proprio per questo sarà chiamata a riuscire a promuovere efficacemente una ricostruzione sociale nel futuro.

Ha preso gradualmente forma l'usanza di tener ancora conto, specialmente nell'economia nazionale, soltanto di cose come l'offerta e la domanda o altro del genere, con la situazione del mercato, del commercio o del cambio [di valuta]. Qui in realtà si intende ancora sempre qualcosa di astratto, con quello che si pensa essere il profitto, l'utile. E quando al giorno d'oggi le persone riflettono su questioni relative all'economia, in realtà non lo fanno altrimenti che limitandosi a prendere in considerazione solo e soltanto il fattore del profitto. In questo modo, in un certo senso, l'intera vita economica viene considerata in modo unilaterale, perché viene tenuto fuori tutto ciò che è in rapporto al consumo. Il consumo dovrebbe semplicemente, direi, risultare automaticamente da ciò che si ricava come compenso per un determinato prodotto. Quando ci si introduce in una professione, si sta attenti a quali saranno le entrate, ma non si fa caso a quale tipo di consumo sia in rapporto con questa professione. Non si tiene affatto conto della specifica qualità dell'articolo, nella misura in cui esso è un articolo di consumo; si pensa economicamente solo al lato del profitto, al lato della produzione, non al lato del consumo. Ma se si tralascia del tutto di volgere il pensiero economico al lato del consumo, il consumo va anarchizzandosi sempre di più, finché il consumo si ingigantisce sempre di più.

Ora, però, questo consumo ha una determinata caratteristica: esso si trova in un certo nesso causale con la morale umana, con la costituzione dell'anima umana; al contrario della produzione, però, dipende in modo inverso dalla costituzione dell'anima umana. Nella produzione ha gioco anche la morale, l'animico; perciò qui la causa è l'animico. Se io produco un articolo col quale imbroglio le persone, questo proviene da una morale cattiva. Ma il modo in cui le persone vivono, cioè quali possibilità del consumo esigono, se consumano questo o quello, questo agisce in modo causale sulla costituzione dell'anima, sulla morale. E in tutto la nuova dottrina dell'economia nazionale non si tiene conto di questo fattore. Perciò sfugge, questa economia nazionale. Se si pensa in modo sano, è chiaro: è del tutto impossibile capire dalla situazione della produzione, il motivo per cui gli scioperi dal 1907 al 1919 sono aumentati dell'87% - qualcosa si fonda anche sulla situazione della produzione. Ma ci si fa subito un'immagine di che cosa realmente si è trattato, se si osserva la situazione del consumo. Ora, nell'attuale vita economica tutte queste cose sono situate all'interno di un determinato contesto. Sicuramente gli economisti nazionali hanno riflettuto su questo contesto, ma non hanno riflettuto sulle cause reali e sui nessi, perché facevano i conti solo con i profitti. L'economista del giorno d'oggi è in grado di dire molto poco sul rapporto fra una determinata produzione e gli scioperi, [e in primo luogo assolutamente niente sul rapporto fra il consumo e questi scioperi]. Sa, da ciò che è abituato a pensare, cosa l'una o l'altra produzione frutta in profitti. Egli sa, per esempio, se è un produttore parigino di cri-cri (prendiamo un caso estremo del passato) che i cri-cri possono essere un articolo molto propizio per un paio di anni. Questi cri-cri erano strumenti molto piccoli; in un piccolo corpo di metallo era fissata una piastra d'acciaio, e quando si andava in giro con questo strumento in tasca e si toccava la piastra di metallo, essa emetteva un suono orribile, che faceva arrabbiare moltissimo la gente per strada, con quel rumore. Questo succedeva negli anni Settanta del secolo scorso; allora le strade erano proprio diventate insopportabili, con questi cri-cri. Ma i profitti dell'inventore del cri-cri erano veramente molto alti; egli diventò plurimilionario, ma non fece affatto i conti con che cosa questo ha significato dal lato del consumo. Infatti, ovviamente, per la vita umana sarebbe bastato che non fossero stati fabbricati per niente, i cri-cri. Ma ora fate un paio di conti su quanti uomini sono stati occupati in queste fabbriche di cri-cri; con questi proventi essi hanno provveduto al proprio consumo. Questo consumo di un certo numero di operai del cri-cri è dunque sorto da un lavoro umano non necessario. Tutto ciò agisce nella vita sociale; il lavoro umano non necessario ha conseguenze enormi nella vita sociale.

Potrei scegliere anche un altro esempio. Già Lichtenberg una volta disse: in un anno verranno prodotte il 99% in più delle opere letterarie di cui l'intera umanità ha bisogno per il proprio godimento. - Si può ben dire la stessa cosa anche per il tempo presente: se venissero prodotti il 99% in meno dei libri, sarebbe verosimilmente una grande gioia per l'umanità. Pensate solo ai libretti della lirica – essi vengono ovviamente sempre da geni misconosciuti -, che hanno una forte tiratura di trecento, di solito di cinquecento pezzi, quanto lavoro non necessario viene impiegato e in linea di massima non ne vengono smerciati nemmeno cinquanta, quanto lavoro non necessario viene impiegato in questo caso. Esso potrebbe essere risparmiato, e ciò avrebbe una straordinaria ripercussione sulla situazione del consumo delle persone. Cioè, se si fanno i conti solo con il profitto, non serve avere nessuna relazione con le reali necessità della vita, si può voler regolare la vita in modo del tutto indipendente da tali necessità reali. Questo si cela nella nostra attuale grande crisi, nel nostro declino. Infatti quelli che fanno i conti nel vecchio stile economico nazionale non vedono i nessi fra il lavoro umano non necessario e l'indigenza delle persone.

Qui ora può subentrare la scienza dello spirito e dare i grandi nessi, perché la scienza dello spirito non procede mai da qualcosa di unilaterale, bensì dalla poliedricità. Non intendo una scienza dello spirito che anela alle altezze astratte, mistiche, ma una scienza dello spirito che vuole educare l'essere umano a diventare utile alla vita e che sia pratico. La scienza dello spirito, se viene impiegata correttamente, è un'educatrice alla vita, ad un'impostazione realmente vivente della vita. Perciò essa potrà fondare una dottrina economica nazionale che conosce il nesso fra l'avversione al lavoro e la produzione di qualsivoglia prodotto non necessario.

Che da un simile modo di pensare scientifico-spirituale ora, una buona volta, debbano procedere anche imprese pratiche in realtà è stato il pensiero fondamentale di una cosa come il «Kommender Tag». Ovviamente non si può subito porre su una base sana una simile impresa riguardo a tutte le singole misure concrete. Ma se una simile singola impresa viene guidata solo da persone che sono compenetrate da un'educazione che viene dalla scienza dello spirito, allora anche i criteri pratici smetteranno da sé di gravare le persone di lavoro non necessario, ma solo di lavoro necessario; si dovranno appunto fare i conti con il consumo, nell'economia nazionale. Solo così potrà verificarsi qualcosa che ci riporterà di nuovo ad una risalita.

A chi vuole soltanto trarre profitto è indifferente, per che cosa produce o per che cosa viene retribuito; perché ne ricava del denaro. Il denaro è astratto nella vita economica, e si può avere di tutto coi soldi. Si tratta proprio di configurare la nostra economia nazionale in modo tale che dipenda dalla volontà dell'essere umano in modo sincero, non in modo insincero. Come può iniziare a dipendere dalla volontà umana in modo sincero? Attraverso le associazioni. Se si hanno delle associazioni, quel che succede nella vita economica agisce a partire dalla volontà delle persone che fanno parte di tali associazioni. Poi ci saranno scambi fra le singole associazioni; allora uomini viventi tratteranno fra loro, e ciò che viene prodotto nella vita economica procederà da un tale scambio reciproco di persone viventi nelle associazioni. Se si deve fondare una fabbrica, non ci si rifletterà solo dal punto di vista di quanto essa dovrebbe rendere nella congiuntura del momento, ma si procederà dalla visione d'insieme di quanto è necessario. A tal pro non c'è bisogno di massime di Stato, perché questo accasermerebbe tutto, ma si ha bisogno della conoscenza di coloro che sono attivi nelle singole aziende e nei singoli settori. Solo così si capirà se un settore è necessario o meno. E se è necessario, potrà essere prodotto, e così se ne potrà anche trarre un guadagno. Sulla via delle associazioni verrà eliminato tutto ciò che potrebbe avere un influsso nocivo. Allora non si potrà agire sulla base di considerazioni puramente finanziarie, come ha fatto, per esempio, il gruppo Morgan, perché allora si lavorerà a partire da necessità puramente economiche. È strano, come ad alcune persone nel tempo presente riesce difficile addentrarsi nelle realtà della vita. Addentrarsi nelle realtà della vita è l'esigenza più importante del tempo presente. Si può anche chiedere: da cosa dipende che le persone nel tempo presente si siano talmente tanto allontanate dalla vita reale? - Dipende proprio dal materialismo, perché il materialismo ha la caratteristica di educare all'astrattezza. La scienza dello spirito, al contrario, ha proprio la caratteristica di educare al concreto, al reale, al pratico.

Questo è quel che volevo dire oggi in questa discussione. Ma sarà necessario molto, per venire fuori dalle vecchie abitudini di pensiero e di sentimento. Però deve succedere, per venire fuori da tutti i danni che si sono appunto insinuati nella vita economica più moderna e in tutta la più moderna vita pubblica. Un tale pensare oggettivo potrà solo risultare da un reale approfondimento nel mondo spirituale. Solo a partire dallo spirituale potrà venire la risalita, e non dalla mera prosecuzione di ciò a cui ci si è abituati a considerare giusto negli ultimi decenni, quasi ormai in tutta la seconda metà del diciannovesimo secolo. E chi oggi non ha la volontà di incamminarsi assolutamente fino in fondo nel progresso in questa direzione, nel cambiamento del modo di pensare, nel cambiamento della propria mentalità (direi quasi un cambiamento del modo di vivere), non potrà contribuire per nulla ad una reale risalita; continuerà sempre solo a contribuire a farci ruzzolare giù nel baratro. E così avverrà senza dubbio quello che persone come Oswald Spengler hanno detto ne «Il tramonto dell'Occidente». Allora ne risulterà oggettivamente ciò che conduce la civiltà occidentale alla barbarie. E se non si vuole arrivare alla barbarie, si dovrà volere ciò che può prevenire questa barbarie, e prevenirla può solo una educazione spirituale dell'occidente. Solo una tale educazione spirituale aprirà agli uomini gli occhi sulla vera realtà. È di un tale aprire gli occhi, che abbiamo bisogno. Se riusciremo a farlo, allora staremo già andando avanti!


Un partecipante al dibattito: Gli operai del cri-cri certamente hanno predisposto un consumo inutile, però si sarebbero presentati in ogni caso, anche se avessero prodotto altri prodotti, come consumatori. Il dottor Steiner come spiega questa differenza?

Rudolf Steiner: Si può anche porla, questa domanda, ma se viene posta in questo modo non si coglie realmente fino in fondo l'importante. Si tratta propriamente del fatto che non si guardi soltanto a quello che succede in un determinato momento della vita, ma che si guardi a che cosa risulta dal contesto della vita. È giusto: questi operai del cri-cri sarebbero apparsi come consumatori anche se non avessero prodotto i cri-cri, cioè se non avessero svolto questo lavoro non necessario. Ma in questo caso avrebbero svolto del lavoro necessario, e questo ha un'importanza molto sostanziale per l'economia nazionale. Ed è questo, che conta. Ci sono moltissime persone che si ritengono persone pratiche; esse leggono «I punti chiave» e trovano che questi pensieri siamo un'utopia. Il vero dato di fatto è che proprio queste persone sono dei non-pratici utopisti. E poiché questa non-pratica utopistica in sostanza domina l'intera vita, il che ci ha condotti adesso nella situazione attuale, la gente in generale è poco ricettiva per ciò che è stato pensato in modo pratico nel vero e proprio senso della parola.

Ma quando sono proprio le persone pratiche ad addentrarsi nelle cose pratiche, ce ne si rallegra sempre. Così, recentemente un uomo pratico del nord mi ha detto che «I punti chiave» puntano alla cosa più importante di tutte: al problema dei prezzi. I rappresentanti delle dottrine dell'economia nazionale al giorno d'oggi si occupano di tutto il possibile, ma non del fatto che il prezzo di una merce in realtà è qualcosa che non deve né poter superare né essere troppo al di sotto di un determinato livello. Quel tipo pratico lo capiva. E non appena si capisce che il problema dei prezzi è così importante, e che in realtà i problemi dei salari e del capitale svaniscono dietro di esso, ecco che si poggia sul terreno di un sano pensare. Sicuramente, gli operai del cri-cri si sarebbero anche presentati come consumatori, ma non lo si può considerare in questo contesto. Perché ciò che fa la vita economica nazionale e che infine si riconnette alla situazione dei prezzi è interiormente collegato col fatto che venga svolto del lavoro necessario o non necessario.

Una volta, nel 1902 o nel 1903, ho avuto una conversazione a tavola con un conoscente a proposito delle cartoline postali illustrate. Dissi che io non scrivo volentieri cartoline, che generalmente non scrivo cartoline postali illustrate; perché devo pensare che per ogni cartolina illustrata un postino in certe circostanze deve fare troppe scale – solo per una cartolina postale – e io vorrei risparmiargli questo lavoro, perché le cartoline postali illustrate non fanno affatto parte delle necessità della vita. La persona in questione commentò: lo so, ma io rendo le persone felici con le cartoline postali illustrate, e ne scrivo moltissime, e questo contribuisce alla gioia; e se poi da qualche parte un postino non basta per portare le cartoline, bisognerà che ne venga assunto un altro, e questo contribuisce poi a far sì che un'altra persona possa mantenersi. - Ma la persona in questione non pensava oltre: infatti, se si impiega un postino in più per le cartoline illustrate, in questo modo non si produce nulla di ciò che è necessario per vivere. Ma se si producono solo le merci necessarie alle necessità fondamentali della vita, l'aumento di questa produzione implica un determinato prezzo. Chi poi effettua lavoro non necessario rimarrà comunque consumatore di cose necessarie per vivere [il che si traduce in una alterazione dei prezzi]. Se uno, quindi, non recapita più cartoline illustrate inutilmente, non moltiplicherà più la massa del lavoro inutile; piuttosto farà dunque un lavoro giusto, che corrisponde alle esigenze necessarie per vivere, e ciò avrà un influsso sostanziale sull'intera formazione dei prezzi nell'economia nazionale.

Nelle cose che si riferiscono alla vita pratica sono importanti due momenti, dei quali di solito se ne osserva uno solo. Per prima cosa si tratta del fatto che una cosa sia giusta e in secondo luogo che corrisponda alla realtà. Le persone pensano che sia già sufficiente che una cosa sia giusta; ma deve anche corrispondere alla realtà, e prima che questo pensare corrispondente alla realtà faccia presa nel modo più ampio, prima che questo accada non possiamo venire fuori dalla miseria della vita. Chi dunque pensa che gli operai del cri-cri in ogni caso si presenteranno come consumatori, sia che fabbrichino il cri-cri, sia che non lo facciano, non riflette sul fatto che l'economia nazionale si modifica in rapporto al lavoro necessario o non necessario. È di questo, che si tratta. Questo volgere lo sguardo all'importante e al necessario è ciò di cui dobbiamo appropriarci per la vita sociale. Questo dovrebbe essere prima inaugurato una buona volta per mezzo de «I punti chiave» e di tutto il movimento per la tripartizione.

Walter Kühne deplora che i socialisti non abbiano voluto prender parte al dibattito. Ci si sarebbe potuti aspettare che discutendo di queste questioni proprio i socialisti si sarebbero fatti avanti e che avrebbero portato avanti il dibattito, perché proprio in Marx ed Engels la questione del lavoro produttivo e del rapporto fra produzione e consumo gioca un ruolo molto importante. Anche Tolstoi avrebbe preso in considerazione questa questione, ma al contrario di Marx e di Engels ne avrebbe vista la soluzione più nella fondazione di piccole organizzazioni. Davanti a queste due unilateralità solo la tripartizione mostrerebbe la sana via di mezzo.

Un partecipante al dibattito pensa che, oltre al cri-cri, ci siano anche altri oggetti che sono stati creati apposta per la distruzione, come per esempio le granate. La produzione di tali oggetti, dei quali l'operaio sa esattamente che non hanno alcun senso, deve portare ad un immiserimento dell'operaio. Perciò il proletariato deve rincretinirsi, non può affatto più giungere alla propria dignità umana, non può più avere nessuna gioia di vivere, e viene sistematicamente coltivata l'insoddisfazione. Il dottor Steiner risponde che ci aiuterebbe soltanto l'assunzione dell'economia del fabbisogno, ma che questa a sua volta può essere messa in azione solo per mezzo delle persone. Il dottor Steiner darebbe proprio valore all'essere umano, ma con gli esseri umani instupiditi da decenni sarebbe semplicemente impossibile introdurre in un prossimo futuro un nuovo sistema economico. Perciò vorrebbe rivolgere al dottor Steiner la seguente domanda: è dunque possibile fondare un nuovo sistema economico con l'attuale generazione?

Siegfried Dorfner: E come si potrebbe, in un nuovo sistema economico, regolare la questione secondo il consumo? Le necessità delle persone sono molto diverse; alcuni hanno bisogno di stivali di vernice alti, altri di cartoline postali illustrate. Quali necessità si possono proibire o impedire, o come si possono regolare i bisogni?

Herr Roser: Il dottor Steiner ha accennato alle cause più profonde della crisi del 1907. A quel tempo gigantesche serrate di operai erano all'ordine del giorno. A quei tempi si diceva che noi operai avessimo lavorato così tanto alle scorte, che non sarebbe più stato possibile tenere in piedi l'industria. Queste crisi finanziarie si possono impedire solo togliendo al capitalista il carburante, il capitale. Le crisi vengono scatenate dal fatto che il capitale è un mezzo di produzione e perché si cerca di ammucchiarlo in un posto o di bloccarlo in un altro. Io sono convinto che per questo motivo in pochissime settimane si manifesteranno le nuove catastrofi, e ora per me è interessante sapere quali saranno le prossime crisi e quale sarà il loro decorso.

Un partecipante al dibattito chiede come la sovrapproduzione nel settore della letteratura possa essere ricondotto in modo ragionevole ad una produzione normale, che corrisponda alle reali necessità dell'umanità.

In chiusura viene ancora posta la domanda scritta: Quali sono i fondamenti spirituali del distacco del mercato del denaro dal mercato delle merci dal 1810 al 1815? Come agiscono questi fondamenti in altri settori, che non sono settori economici?

Rudolf Steiner: Per prima cosa, per quanto riguarda gli stivali di vernice alti, vorrei dire che per queste cose sicuramente ci sono contesti della vita [in cui si vorrebbe comprarli], ma si vedrebbe già come anche certe voglie spariscono se hanno fine produzioni semplicemente non necessarie. Ovviamente, se si parla di una regolamentazione del consumo, in un certo senso si è già di nuovo su una specie di via sbagliata. Non si tratta di regolamentare il consumo in modo dittatoriale. Ma se tutta la situazione economica fosse mirata a far gradualmente sparire il lavoro non necessario, ciò avrebbe determinate conseguenze sull'intero contesto della vita economica. La conseguenza sarebbe che chi, senza averne la necessità, vuole avere stivali di vernice alti non sarebbe in grado di pagarli. E poiché una cosa è in relazione con l'altra, deve esserci chiaro che i bisogni non necessari non si devono combattere in modo diretto, perché essi spariranno di necessità in una situazione economica diversa. Infatti in quel modo si diventerebbe tiranni. Nella vita le cose sono tali per cui, se si vuole proteggere la libertà, non si può disfare qualcosa dall'oggi al domani. Ma certe cose, sotto l'influsso di circostanze modificate, spariscono da sé. Se si fa strada un nuovo pensare economico nazionale, tale per cui il lavoro inutile deve sparire, anche tali desideri inutili spariscono, o meglio, non ce ne sarà più il denaro necessario. Questo sarà solo il risultato della comprensione dei contesti di vita pratici. Le condizioni del consumo non possono essere regolate per mezzo di un qualche 'criterio', ma solo per mezzo di un determinato progresso della vita.

Vorrei dire la stessa cosa anche in merito alla letteratura, naturalmente prendendo in considerazione solo i rapporti sociali; si può sicuramente avere un cuore per chi vorrebbe che venissero stampate poesie liriche. Qui posso sempre solo accennare all'esempio della nostra editrice di Berlino. Non ha mai avuto libri che non sarebbero stati venduti. Non ha avuto molti libri che venivano fortemente richiesti, ma mai libri che sarebbero stati accatastati in mucchi e non venduti. Poggiava sempre su quello che si può chiamare un bisogno spirituale. Un libro veniva stampato solo se si sapeva che per quel libro c'era un certo numero di lettori. Il lavoro cominciava col presentare la materia alle persone e così si trovavano dei lettori; con la dittatura non si è fatta una cosa del genere. Dal punto di vista dell'economia nazionale bisogna dire che proprio questa editrice non ha svolto lavoro inutile.

L'importante è da dove si comincia il lavoro, nella vita economica nazionale. Se si parte dalla comprensione dei bisogni, gradualmente verranno prodotti solo tali prodotti necessari, in modo che la produzione non continui sempre a raffazzonarsi dietro [1], [si ferma ai bisogni necessari per la vita]; precisamente allora si produrrà davanti in modo che dietro i bisogni realmente presenti potranno essere soddisfatti. Se si parla solo dell'utile, si imbriglia in un certo senso il cavallo per la coda. Si tratta di osservare la vita e di sapere da dove bisognerebbe cominciare a lavorare; non si tratta di 'regolamentare' un certo qualcosa, ma di introdursi nella vita in un modo tale per cui le cose prendano la piega giusta. Nella crisi attuale si tratta del fatto che essa è un'ultima conseguenza di una lunga evoluzione; non può essere provata nello stesso modo dell'altra, ma comunque deve essere provata – non secondo teorie, ma secondo i dati di fatto. Vi prego di tener conto di che cosa è successo negli ultimi anni. Dal 1914, quanto è stato prodotto dalla forza lavoro umana, tanto da giungere allegramente al punto che nel giro di cinque anni da dieci a dodici milioni di persone sono morti e tre volte tanti sono diventati storpi? Quanta forza lavoro è stata applicata per questo, togliendo alla vita del lavoro che sarebbe potuto servire diversamente alla vita? Intendo dire che si può anche pensare che qui quello che è stato prodotto per ammazzare gli uomini sparando è stato un lavoro 'non necessario' – se ne poteva fare a meno! Si pensi solo quanto a lungo – ancora nel 1912 – si è dovuto riflettere, quando c'era stato bisogno di un milione per l'istruzione – e con quanta velocità è stato messo a disposizione il denaro, quando invece c'è stato bisogno di un milione per dilapidarlo. Osservate poi che cosa ne è conseguito: il denaro, che nel corso del diciannovesimo secolo è diventato un'astrazione, adesso è diventato la stessa astrazione alla massima potenza. Adesso è veramente diventato la massima astrazione. Guardate quanto butta via ogni giorno la stampa della crisi [2].

In realtà [tutto quel denaro] serve solo se se ne regola artificialmente il consumo. Dietro a questo si cela il fatto che, con le forze produttive che ci sono ancora rimaste dal periodo del 1914-1918, si è praticato lo sfruttamento. Ma questo finirà, una buona volta, e poi verrà la crisi. La crisi attuale è stata suscitata dalla peggiore sventatezza possibile da parte delle persone, perché si credeva di poter impegnare gli uomini per anni nella fabbricazione di cose inutili, allontanandoli dal lavoro necessario.

E ora la questione, se adesso, con l'attuale generazione, sia realmente possibile pervenire ad una ricostruzione: nel giornale di tripartizione sono spesso ritornato su questa domanda e ho sempre ripetuto che questo genere di domande derivano da un pensare sterile. Ciò su cui posso ancora contare in questo contesto è la volontà – non più di tanto la visione d'insieme di quello che c'è – ma l'infiammarsi della volontà. E quando sento dire “Con la generazione attuale non si riuscirà a far nulla”, devo invece premettere che quelli che criticano in questo modo la generazione attuale sicuramente sono del parere che con loro stessi invece si possa far qualcosa. E poiché io conto più sulla volontà che sull'osservazione, li richiamo: Su, allora venite, ecco, vogliamo far qualcosa con voi! Il numero di coloro che “con la generazione attuale non riescono a far nulla” sarebbe già sufficientemente grande, [per far qualcosa]; perciò vogliamo chiamare a raccolta proprio questi e lavorare insieme a loro.

È stata anche posta l'importante domanda di quali siano i retroscena spirituali della separazione del mercato del denaro dal mercato delle merci. Possiamo rispondere a questa domanda solo se ci rendiamo conto che affermazioni come quelle che ho fatto oggi devono essere intese in modo del tutto corretto e che non intendono essere solo una critica storica relativamente giusta. Nel momento in cui si dice: “con l'emancipazione del denaro si è creata questa o quella atmosfera” – ecco che si tratta sicuramente di osservarla, questa atmosfera. Se si osserva questo diventare astratto del mercato del denaro, dove è indifferente ciò che il denaro significa, bisogna pure dire che questo era necessario per l'andamento generale dell'evoluzione. A questo proposito ho spesso accennato al fatto che dalla metà del quindicesimo secolo nell'umanità civilizzata vive l'impulso a separare l'individualità dall'appartenenza al gruppo, che la democrazia è diventata sempre e sempre di più un impulso per l'umanità, che il singolo individuo sempre più e sempre più debba farsi valere e che deve farsi valere anche quanto proviene dalla sua interiorità. Per tutto questo andamento dell'evoluzione dell'umanità, il divenire astratto della vita economica sotto l'influsso del denaro era una necessità. E si tratta soltanto di capire, a questo riguardo, che tutto ciò che sorge, dopo un certo periodo di tempo, ha bisogno di una correzione, oppure deve subentrare qualcos'altro che compensi i danni. Perché nella vita reale non è che ci sia qualcosa di assolutamente buono; tutto nella vita è soltanto relativo. Non si può dire, se oggi ho gli stivali strappati, che questi stivali siano per forza pessimi; è il destino dei buoni stivali, quello di diventare pessimi, col tempo. Anche nella migliore vita economica possibile si arriva ai danni, se si sono esauriti certi compiti. È così anche con l'economia del denaro. Non era cattiva fin dall'inizio. Si studi qual'era la situazione del denaro verso la metà del diciannovesimo secolo; essa ha apportato l'essenziale per il sorgere delle concezioni democratiche. Ma poi è giunto il tempo in cui questo diventare astratto del denaro doveva giungere a termine. Posso sicuramente parlare di un'astrazione, perché si può per esempio assolutamente paragonare la funzione del denaro al processo animico del fare astrazione.

In questo senso c'è un fenomeno vistoso, per esempio nel movimento teosofico. Questo movimento teosofico, col quale il movimento antroposofico in passato è stato in qualche modo collegato, in realtà è un movimento materialistico. Certamente parla delle parti costitutive superiori dell'essere umano, ma, quando per esempio parla del corpo eterico, lo intende soltanto come qualcosa di più sottile, di più fine del corpo fisico, e allo stesso modo il corpo astrale sarebbe qualcosa di ancora più sottile, e così via. Si applicano dunque sempre solo pensieri materialistici, e questi pensieri materialistici si attaccano con spaventosissima tenacia nelle teste. E quando nel movimento teosofico, una volta, le persone vollero fare qualcosa di molto intelligente, iniziarono, riguardo alle ripetute vite terrene, a parlare dello 'atomo permanente'. Pensavano che sicuramente qualcosa dovesse passare fisicamente nella successiva incarnazione dell'essere umano. Dalla scienza naturale quelle persone avevano imparato che l'essere umano consiste di atomi e con la morte dell'uomo gli atomi sarebbero caduti nella terra. E così i teosofi si erano inventati la dottrina dello 'atomo permanente': questo singolo atomo non verrebbe sepolto, ma attraverserebbe la morte e intorno a questo singolo atomo permanente si raggrupperebbero poi, nella vita successiva, gli altri atomi. Qui abbiamo, sotto le vesti di un movimento spirituale, il materialismo più crasso. È così, quando ci si impelaga totalmente nell'astratto. Così avete l'astratto nell'anima, e così nella vita economica avete il denaro come merce astratta.

E poiché ciò che succede nella vita economica è solo il lato esteriore della vita spirituale, questa vita economica è realmente connessa alla vita spirituale. Perché è sbagliato credere che quaggiù avvengano solo i processi economici e che rispetto a questi la vita spirituale sia soltanto un'ideologia. È vero invece che la vita economica di una determinata epoca e la vita spirituale di una determinata epoca (non esattamente la stessa epoca) si comportano reciprocamente come la noce rispetto al suo guscio: la vita economica è sempre un'emanazione della vita spirituale, dalla quale riceve la propria forma. Perciò, dopo che la vita spirituale è diventata così astratta, anche la vita economica non può che diventare astratta. Perciò abbiamo prima l'epoca del pensare astratto e soltanto più tardi l'epoca del denaro astratto. Questi sono nessi che dovrebbero essere osservati.

Osservandoli, si riceve il pensiero fruttuoso della tripartizione dell'organismo sociale. Si capirà come i tre settori dell'intera vita si intreccino l'uno con l'altro, costituendo così un'unità all'interno della quale a ciascun settore viene data l'autonomia che gli compete. Lo stesso avviene all'interno dell'organismo umano. Nell'uomo, distinguiamo il sistema neuro-sensoriale, il sistema ritmico e il sistema del ricambio. Dal punto di vista funzionale, questo è l'uomo intero. Questi tre sistemi agiscono insieme, ma ciascuno di essi è relativamente autonomo, e tale deve restare. Non può venir fuori nulla di buono, mescolando tutto insieme. Non si tratta affatto di un'unità astratta, come la vuole lo Stato moderno, soprattutto come la vuole l'attuale Stato socialista dell'est. Si tratta esclusivamente di conoscere le condizioni della vita individuale, e in tal modo si vede che essa è tripartita. Chi ha a che fare con queste cose deve capire che i tre settori della vita per prima cosa sono autonomi, in secondo luogo però agiscono poi a loro volta tutti insieme e in terzo luogo agiscono insieme nel modo migliore nel caso in cui abbiano prima già sviluppato la propria autonomia. Allora si realizza l'unità – e non da fuori. Un'unità astratta, sterile, si distrugge da sé. Mentre invece ciò che viene sviluppato a partire proprio dai settori indipendenti diventa un'unità piena di vita, diventa ciò che, soprattutto, può vivere e crescere.


Indietro 
9. Ottava conferenza 
Indice

Note:

[1] Testo poco chiaro. NdT

[2] Passaggio di difficile interpretazione. NdC