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OO 329 - Liberare l’uomo per ricostruire la società



Nona conferenza
Lo spirito: la nostra guida nel mondo sensibile e fin dentro il mondo sovrasensibile

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Basilea 10 novembre 1919


Ancora oggi in vasti ambienti si ritiene che le menti più illuminate siano quelle che negano che l’uomo possa penetrare nel mondo spirituale, sovrasensibile per mezzo della conoscenza. Sicuramente è vero che attualmente, proprio in singoli ambienti di mentalità scientifica, si ha già da ridire su questo modo di essere ‘illuminati’, però, per quanto forse in questi ambienti si parli di spirito e di mondo sovrasensibile da diversi punti di vista, non si può dire che al giorno d’oggi siano in molti anche soltanto a cercare o ad impegnarsi per trovare una via realmente soddisfacente che conduca al mondo dello spirito.

La scienza dello spirito ad orientamento antroposofico, che (come ho già detto qui qualche settimana fa) deve essere rappresentata esternamente dal Goetheanum di Dornach, che testimonia l’esperienza dello spirito, cerca di diffondere il pensiero che la fede indeterminata, scolastica, non è l’unica possibilità di penetrare nel mondo sovrasensibile, ma che lo si può fare anche appunto portando avanti la modalità di rappresentazione resa tanto grande proprio dal pensiero scientifico moderno.

Dovendo di nuovo rendere comprensibile, da un punto di vista diverso da quello che ho già assunto qui in numerose conferenze, com’è questa via della scienza dello spirito ad orientamento antroposofico, oggi vorrei parlare in modo introduttivo di qualcosa di apparentemente molto astratto, che forse alcuni sentono distante.

Non è per niente, che il Goetheanum ha preso il nome da Goethe. In un certo senso l’intera concezione del mondo, tutto il modo in cui Goethe si rappresenta le cose, costituisce il punto di partenza di un nuovo impegno scientifico-spirituale. E anche se si può dire che ciò che si trova in Goethe ha ancora un aspetto assolutamente iniziale, forse si può illustrare il principio nel modo migliore proprio partendo da certi pensieri o idee semplici di Goethe. In vaste cerchie è ben nota, ma purtroppo oggi ancora troppo poco apprezzata, proprio quella che Goethe chiamò la ‘dottrina della metamorfosi’, in cui troviamo anche la sua idea di pianta archetipica.

Per ‘pianta archetipica’ Goethe non intende affatto una struttura vegetale di tipo semplice, come direbbe lo scienziato moderno vero e proprio; per ‘pianta archetipica’ Goethe intende qualcosa che deve essere concepito e sperimentato esclusivamente nello spirito. Ma al tempo stesso per lui la ‘pianta archetipica’ non è qualcosa da cercare in una qualche singola pianta, ma qualcosa che si può trovare in ogni singola pianta di tutto il vasto regno vegetale della Terra. Egli presuppone che – diciamo – all’interno di ogni pianta sensibile sia presente una pianta archetipica che va concepita sovrasensibilmente, che va sperimentata in spirito.

Egli si raffigura la stessa cosa anche (nonostante l’abbia spiegato in modo meno chiaro) per gli altri organismi, quelli non vegetali. E se Goethe, in parte proprio grazie alla sua artisticità, sviluppò quest’idea della pianta archetipica, tuttavia va detto che il suo impegno prioritario era quello di trovare, per mezzo di una cosa come la pianta archetipica, qualcosa di scientifico nel senso migliore del termine, qualcosa che per l’uomo potesse essere come un’idea guida, che potesse fungere da guida spirituale attraverso l’intero vasto mondo vegetale.

Una volta, durante il viaggio in Italia che aveva intrapreso per definire e maturare la sua concezione del mondo, Goethe scrisse ai suoi amici di Weimar, che conoscevano bene quel che egli in realtà voleva con la sua pianta archetipica, dicendo loro che nel vario, rigoglioso mondo vegetale italiano l’immagine della pianta archetipica riaffiorava in lui in modo particolare. All’inizio disse astrattamente (ma vedremo presto che non serve fermarsi all’astrazione), all’inizio disse astrattamente: “Una pianta archetipica del genere deve sicuramente esistere, perché altrimenti da che cosa sarebbe possibile capire, nell’intero variegato regno vegetale, che ogni singolo esemplare è realmente una pianta intera?” Come ho detto, questa è un’espressione astratta, ma Goethe parla di questa pianta archetipica anche in modo più preciso, sostanzialmente più persuasivo. Così, per esempio, dice: “Una volta che si è concepita questa pianta archetipica nello spirito, dall’immagine viva di questa pianta archetipica si possono immaginare singole piante reali che hanno possibilità di esistenza.”

Basta intendere nel senso giusto ciò che viene effettivamente detto con queste parole. Goethe vuole dunque pervenire in spirito ad un’idea dell’essere vegetale, e in spirito vuole avere la possibilità di formare spiritualmente, partendo dalla sua pianta archetipica, una struttura che sia una pianta, ma non uguale ad una pianta che egli vede coi sensi; egli vuole per così dire aggiungere alle piante sensibili, per invenzione, una pianta che non esiste sul piano sensibile, ma che tuttavia, se ce ne fossero le condizioni, avrebbe la possibilità di esistere a livello sensibile. Che cosa significa? Significa che l’uomo può immergersi con l’anima nella realtà sensibile e immergendosi nella realtà sensibile può fare esperienza dello spirituale che vi è contenuto, in modo tale da unirsi completamente a questo spirito che vive ovunque nella natura creando e intessendosi in essa.

Questa è proprio la grandiosità della concezione del mondo di Goethe: il fatto che essa mira ad immergersi nella realtà, nella convinzione che, nella misura in cui ci si immerge nella realtà, si perviene allo spirituale della realtà stessa, che nella realtà si scopre lo spirito che ci potrà far da guida attraverso tutta la sconcertante molteplicità del mondo sensibile stesso.

Ora, ciò cui Goethe aspirava si può estendere a tutto il mondo circostante e all’uomo stesso. Diffondere il più possibile questa modalità di rappresentazione su tutto ciò che l’uomo trova fuori e dentro di sé: questo è il compito che si assume la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico. Con ciò essa è il contrario di qualsiasi nebuloso oscurantismo, il contrario di qualsiasi nebuloso misticismo. Essa aspira alla concezione del mondo rivendicata da Goethe: immergersi nel mondo spirituale con chiarezza matematica, con trasparenza matematica.

Ora, qui la scienza spirituale si sente del tutto in armonia proprio con le scienze naturali moderne, anche se le supera di molto. Basta essere passati attraverso le scienze naturali, per capire che la scienza dello spirito deve germogliare dalle scienze naturali stesse. Vediamo un po’ ciò cui aspirano le scienze naturali moderne. Esse considerano loro vero scopo quello di trovare una conoscenza delle cose che circondano l’uomo, il mondo minerale, vegetale e animale e anche l’uomo stesso, tale per cui nessun sentimento soggettivo o rappresentazione dell’uomo stesso abbia voce in capitolo. Le scienze naturali cercano cioè, dal punto vista che a ragione, in quanto scienze, hanno assunto in epoca moderna, il punto di vista sperimentale, di studiare la natura in modo tale che i singoli fenomeni e processi naturali stessi dischiudano la propria essenza, le proprie leggi, senza che l’uomo immetta alcunché di ciò che trova in se stesso in quella che chiama ‘conoscenza della natura’.

La scienza che è apparsa negli ultimi tre, quattro secoli, ma soprattutto nel XIX secolo, si distingue così dal modo di conoscere la natura di tempi precedenti. Chi studia il modo di conoscere la natura dei tempi precedenti sa che gli uomini immettevano le proprie idee preconcette nei fenomeni naturali e, per così dire, tornavano a trarre a loro volta dai fenomeni naturali ciò che essi stessi vi avevano immesso prima. Lo sforzo delle più recenti scienze naturali è proprio di fare in modo che questo non accada, che l’uomo lasci parlare la natura astenendosi da ogni pregiudizio.

Però l’unico modo di studiare la natura è quello di lasciare che sia lo spirito a compiere le ricerche. Non si può che applicare al contesto dei fenomeni naturali la vita del pensiero, la vita delle idee che si ha in sé, e che è di natura spirituale. E qui ci sono due vie. Una via l’ha aperta l’ordinaria concezione del mondo scientifica moderna; l’altra invece vorrebbe aprirla la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico.

Quando le scienze naturali si formano delle proprie idee, con queste idee, che dovrebbero essere ricavate esclusivamente dalla natura, come ho spiegato, con queste idee possono, diciamo, osservare se stesse; allora potrebbero chiedersi: “Di che natura sono, che valore hanno, dunque, le idee che applichiamo alla natura esterna?” Le scienze naturali moderne non lo fanno. La scienza moderna si limita a riconoscere, della natura, tutto ciò che non risponde alla domanda: “Che cos’è dunque in realtà l’uomo stesso?” Questo è l’aspetto caratteristico di tutti, diciamo, gli scienziati ragionevoli, ciò che risalta: che si dice: “Per quante cose riusciamo a studiare del mondo fisico fuori e dentro di noi – con esse non si risponde alla domanda: che cos’è l’uomo stesso?” E bisogna sempre continuare a sottolineare che, aspirando a conoscere la natura, la scienza offre un’immagine del mondo in cui l’uomo non è contenuto in quanto anima e spirito. In realtà allo stadio attuale alla domanda sull’anima e sullo spirito le scienze naturali non danno alcuna risposta. Come mai? Per rispondere bisogna considerare la storia. Lo stesso studio delle scienze naturali non sa perché non giunge alla conoscenza di anima e spirito, non sa perché, nonostante gli ammirevoli risultati raggiunti riguardo alla natura esteriore, davanti all’anima e allo spirito si arresta, perché continuano sempre a venir fuori degli scienziati che dicono: “Bé, se le scienze naturali parlassero di anima e spirito, travalicherebbero i propri limiti”. Si crede di parlare della natura senza pregiudizi. Non se ne parla senza pregiudizi, perché c’è una specie di fardello, una pressione che opprime le scienze naturali, che opprime il modo di pensare del moderno studio della natura, e che da secoli si è stabilito sotto forma di un certo tipo di rappresentazioni. E questa pressione consiste nel fatto che certe correnti confessionali hanno rivendicato un monopolio sulle verità riguardanti anima e spirito.

Se risaliamo ad alcuni secoli fa, proprio ai tempi in cui le scienze moderne stavano albeggiando, vediamo le confessioni religiose rivendicare il monopolio dei dettami sulle verità riguardanti anima e lo spirito. Davanti alla rivendicazione di questo monopolio, la scienza moderna capitolò. La scienza moderna è penetrata con grandiosità nella natura esteriore; ma se si è tralasciata questa ascesa, non è perché penetrando nella natura esteriore si sia riconosciuta l’impossibilità di ascendere all’anima e allo spirito, ma perché nelle concezioni umane inconsce era radicato così saldamente il principio che bisognasse tener conto del monopolio rivendicato dalle religioni confessionali. Perciò questa credenza si trasformò in un’apparente dimostrazione dell’impossibilità di penetrare nell’anima e nello spirito.

Chi si sia prima interessato dei metodi scientifici dell’epoca moderna e poi abbia elaborato interiormente, nell’anima, le idee che ne risultano sulla natura esteriore ad eccezione della reale natura umana sa che in futuro l’umanità dovrà proseguire ulteriormente sull’altra via, quella aperta dalla scienza dello spirito ad orientamento antroposofico. Se la ricerca sulla natura capisse se stessa, se non vivesse sotto la suddetta pressione, proprio perché mira ad una scienza della natura che prescinda dalla soggettività umana, arriverebbe al principio goetheanistico, concrescerebbe con lo spirito che è diffuso nei fenomeni e nei fatti e negli esseri della natura. E le scienze naturali moderne, se capissero se stesse, sceglierebbero da sé proprio ciò cui ora la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico deve ricorrere da sé come prosecuzione della direzione scientifica.

Certamente, in sostanza la forza di rappresentazione interiore, la forza del pensiero che è educabile proprio dalle scienze naturali, va favorita dall’impiego di accurati metodi spirituali interiori. E sull’educazione di tali metodi spirituali interiori poggia tutto ciò con cui la scienza dello spirito come la intendiamo qui vuole trovare la via verso il mondo sovrasensibile, spirituale.

Oggi ci si immagina forse con faciloneria la via verso il mondo sovrasensibile che intendiamo noi. Si pensa che ci si riferisca ad una specie di elucubrazione interiore, a una dedizione a rappresentazioni di ogni genere con cui tessere cose di ogni tipo su quella che dovrebbe essere la natura delle cose. Forse si immagina che questo sia più facile del difficile metodo sperimentale o dei metodi che vengono applicati nell’osservatorio astronomico e nelle cliniche. Solo se leggete cose come quelle che ho cercato di illustrare nel mio libro Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori? o nella mia Scienza occulta, vedrete che non si tratta di dare rappresentazioni interiori arbitrarie, ma di farsi strada interiormente, animicamente con lo spirito nello spirito con severa disciplina. Infatti la vera scienza dello spirito non può mai essere del parere che si possa penetrare nello spirito con metodi sperimentali esteriori; la vera scienza dello spirito non può che essere dell’idea che solo lo spirito dell’uomo può trovare lo spirito del mondo.

Qui in queste conferenze e nei miei libri ho chiamato spesso ciò che l’uomo deve compiere nella sua interiorità ‘meditazione’ e ‘concentrazione’. Oggi vorrei solo dire che questo lavoro di concentrazione e di meditazione è un lavoro puramente interiore. Ma a che cosa mira questo lavoro animico interiore? A che cosa mira questo lavorare solo con forze animiche interiori, questa dedizione al puro esercizio dell’animico-spirituale nell’interiorità umana?

Sapete che, vivendo nel mondo, percepiamo il mondo con i sensi e poi lo elaboriamo. Così fanno anche le scienze naturali. Poi elaboriamo questo mondo riflettendo su di esso, scoprendone le leggi, facendocene delle idee. Ma sapete anche che questo farsi delle idee porta ancora a qualcos’altro, a qualcosa che è intimamente connesso con la salute della nostra essenza personale. Questo farsi delle idee sul mondo è connesso al fatto che possiamo conservare le impressioni del mondo, come si dice, grazie alla nostra memoria, grazie alla nostra forza mnemonica. L’uomo sorvola tanto facilmente su questa forza mnemonica, su questa memoria, perché essa per lui è qualcosa di tanto quotidiano. Ma la caratteristica del reale sforzo conoscitivo è proprio questa: che spesso ciò che per l’uomo è quotidiano deve essere concepito proprio come ciò su cui si devono porre le domande più importanti, le più significative.

Quando percepiamo il mondo dei sensi, se ce ne facciamo delle rappresentazioni, dopo un po’ di tempo sembra che le riproduciamo a partire dalla nostra interiorità, sicché ci ricordiamo gli avvenimenti vissuti, e in questi ricordi, in questo esercizio mnemonico, c’è molto di inconscio. Pensate solo a quanto poco, in realtà, con la vostra volontà siete padroni della vostra memoria, a quanto poco potete per così dire padroneggiare la vostra forza mnemonica. Riflettete soprattutto su quanto poco siete in grado, mentre percepite esteriormente, di pensare anche a questo ricordo. O forse che l’uomo, mentre guarda fuori nel mondo con gli occhi, mentre ascolta i suoni con le orecchie, al tempo stesso provveda a far sì che ci siano delle rappresentazioni che rendano possibile un ricordo? No, in questo caso oltre alle percezioni, oltre all’azione dei sensi sull’interiorità, l’uomo dovrebbe esercitare coscientemente anche un’altra forza. In realtà nella vita ordinaria non lo fa. Diciamo che la memoria, con la sua forza, scorre così a latere accanto alla vita esteriore. Ma è ciò che qui agisce in modo subconscio a, per così dire, co-determinare tutta la vita nel mondo esteriore dei sensi in modo che noi viviamo portando questa vita vissuta nel mondo sensibile grazie ai nostri ricordi. La dobbiamo estrarre dal subconscio come una forza. In altre parole: ciò che noi esercitiamo nella forza mnemonica e che le scorre accanto inconsciamente, non possiamo estrarlo dalle profondità della nostra anima ricordandoci semplicemente le nostre esperienze, bensì cercando di portare la forza, che altrimenti non conosciamo affatto, che appunto scorre lì accanto, come ho detto, alla stessa chiarezza di coscienza che altrimenti abbiamo solo per la percezione sensoriale esteriore, estraendo questa forza dalle profondità inconsce e tessendo e vivendo in ciò che altrimenti, nella memoria, è presente inconsciamente. Se non impieghiamo la forza mnemonica per la memoria, per ricordare, ma per far essere coscientemente presenti nel nostro spirito idee e rappresentazioni che altrimenti vengono mantenute vive appunto dalla forza mnemonica, rafforziamo nel nostro spirito qualcosa attraverso cui, se è giunto il momento necessario, conosciamo un risveglio completamente diverso da quello che viviamo ogni mattina. Continuando sempre a lavorare consapevolmente nello stesso modo in cui altrimenti lavora solo la memoria, la forza mnemonica, si assiste alla comparsa nell’anima di un uomo completamente diverso da quello che altrimenti attraversa il mondo dei sensi. Lo spirito non si può raggiungere teorizzando. In realtà, ogni spiegazione filosofica che voglia raggiungere lo spirito per mere deduzioni non ha in vista altro che la parola o le parole dello spirito. Lo spirito vuole essere esperito. E può essere esperito solo estraendo quella che altrimenti è l’attività mnemonica subconscia, che vive in strati profondi della nostra natura animica, in modo che essa viva in noi con la stessa lucida chiarezza con la quale altrimenti vive in noi ciò che vediamo con gli occhi, ciò che udiamo con le orecchie, e che in questo elemento estratto la volontà cosciente viva nello stesso modo in cui la volontà cosciente vive quando io sposto lo sguardo da questa parete a quella parete là, per distogliere lo sguardo da ciò che vedo qui e per guardare ciò che posso vedere là. Servendomi dei sensi, in questo servirmi dei sensi vive la volontà cosciente. Questa volontà deve compenetrare interamente questo interiore lavoro dell’anima, poi si arriva a qualcosa che è una prosecuzione dell’attività ordinaria dell’anima umana, che sta all’attività ordinaria dell’anima umana come la vita diurna di veglia sta alla vita di sonno, dalla quale al massimo parla il sogno.

La scienza dello spirito ad orientamento antroposofico vuole dimostrare che gradualmente, svolgendo questo lavoro animico interiore, nella natura umana si trova qualcosa che si può estrarre e che diventa un nuovo organo di conoscenza, che diventa quello che Goethe chiama ‘occhio dell’anima’, ‘occhio dello spirito’. Con esso la scienza dello spirito vuole dire ciò che le scienze naturali non riescono a dire, perché vivono sotto la pressione che ho detto. Però, dato che l’umanità ne ha il desiderio, (si può notare questo desiderio se solo si è abbastanza spregiudicati per farlo), questa pressione esercitata sulla conoscenza umana deve cessare.

Così vedete che la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico non vuole essere una specie di mistica distorta o qualcosa di oscuro, ma una reale prosecuzione di ciò che è risaputo proprio nelle scienze naturali. E proprio per chi ha ricevuto un’educazione scientifica sarà più facile arrangiarsi con la concentrazione e la meditazione dei pensieri, perché è abituato ai metodi, ai modi di ricerca che prescindono dalla soggettività umana e che penetrano del tutto nell’oggettività. Ora, applicando alla meditazione ciò che in tal modo si ha educato con le scienze naturali, si elimina qualsiasi arbitrarietà, si porta nella meditazione, nel lavoro animico interiore, la stessa oggettiva regolarità che si applica alla natura stessa. Proprio introducendo nell’uomo il modo di pensare delle scienze naturali, la mentalità scientifica, si supera l’autoconoscenza caotica e nebulosa cui si aspira con certe mistiche astruse e distorte dove si vuole sempre solo rimuginare nella propria interiorità. Contro questo ineducato rimuginare nella propria interiorità c’è quel lavorio che, nella propria interiorità, muove ogni passo con la stessa coscienziosità dello scienziato più rigoroso, che osserva ciò che ha davanti agli occhi o davanti agli strumenti mantenendo vigile la propria capacità di giudizio.

Questo è un aspetto. Direi che è l’aspetto che si rifà al risveglio di forze conoscitive specifiche. Certamente nei momenti in cui si vuole studiare lo spirituale direttamente non ci sarà l’ordinaria forza mnemonica, perché questa forza mnemonica avrà essa stessa compiuto una metamorfosi. È diventata un occhio spirituale capace di percepire lo spirito. Con le deduzioni ordinarie della logica attualmente corrente non si può raggiungere il vero spirito. Chi vuole parlare di una vera penetrazione nello spirito deve rifarsi a forze realmente presenti che portano allo spirito. E una di queste forze realmente presenti è la forza mnemonica. Solo che questa forza mnemonica deve essere trasformata, deve trasformarsi in una cosa completamente diversa. Qualsiasi altro modo di penetrare nello spirito porta al tempo stesso nell’oscurità, perché allora la volontà dell’uomo, e quindi la parte più importante della natura umana, viene annichilita. Così come non chiamiamo veri ricordi le fantasie incontrollate che, diciamo, emergono dalle basi organiche del nostro spirito e di cui non abbiamo padronanza, così il vero ricercatore spirituale non accetterà, per la sua ricerca spirituale, alcun contenuto dell’anima che egli non compenetri con la luce della propria volontà.

Fin qui da un lato, la vita di rappresentazione come viene impiegata dalla ricerca spirituale. Però, se vuole veramente trovare la via verso il sovrasensibile, verso il mondo spirituale, l’uomo può e deve impiegare anche un’altra cosa. E come è proprio lo spirito delle scienze naturali, con la moderna vita di rappresentazione, a suscitare la scienza dello spirito, così dall’altro lato in epoca moderna è la vita umana stessa a causare la scienza dello spirito. Chi studia l’evoluzione dell’anima umana degli ultimi secoli con spregiudicatezza, non coi pregiudizi degli storici di oggi, ma appunto con spregiudicatezza, può dirsi che proprio intorno alla metà del XV secolo è avvenuta una possente svolta nella costituzione delle anime umane, certamente solo in seno al mondo civile, ma appunto in seno al mondo civile è avvenuta una possente svolta. Se, guardando solo i fatti storici esteriori, si crede che un’anima umana del mondo civile dell’VIII, IX secolo dopo Cristo avesse la stessa costituzione interiore che hanno le anime umane attuali, questo è solo un pregiudizio. Certamente, anche oggi ci sono anime umane rimaste indietro, che sono ancora più o meno allo stesso punto dell’VIII, IX secolo; e sono istruttive proprio perché, anche esteriormente, ci riportano a quell’epoca. Ma nel complesso possiamo dire che basta veramente guardare la vita umana basandosi sull’esperienza. È avvenuta una possente svolta che a partire dalla metà del XV secolo ha avuto effetti sempre più forti. Volendola descrivere più nel dettaglio bisogna dire che, se si risale a un tempo precedente a questo, si trova che l’uomo si poneva di fronte all’altro in un modo completamente diverso da quello di oggi e anche da quello al quale le forze inconsce dell’umanità aspirano realmente per il futuro. Per quanto vi si possa obiettare per via di certi pregiudizi, in merito al rapporto fra uomo e uomo si aspira a qualcosa che ha preso avvio nel periodo indicato. Nei tempi precedenti gli uomini sentivano una vicinanza reciproca dovuta alla consanguineità, a tutto ciò che nel loro organismo li imparentava anche in base al contesto organico che si manifesta, per esempio, nell’amore sessuale. Infatti, se solo lo vogliamo vedere, non vediamo forse che al posto dell’antica consanguineità, al posto degli antichi nessi tribali, degli antichi nessi famigliari, degli antichi nessi di stirpe, si presenta sempre più ciò che opera da un uomo all’altro passando dall’anima, dall’anima volente di un uomo, all’anima volente dell’altro? Non vediamo che l’evoluzione dell’epoca moderna rende sempre più necessario che un uomo si accosti all’altro grazie a qualcosa di completamente diverso dal suo solo organismo corporeo? Vediamo che a partire dal periodo indicato la coscienza della personalità cresce, che l’uomo è diventato sempre più interiore e quindi anche sempre più solo. A partire da quel momento l’uomo, con la sua vita animica, vive, diciamo, sempre più isolato in sé. La vita dell’anima si chiude al mondo esterno. Il sangue non parla più, quando stiamo di fronte al prossimo. Dobbiamo attivare la nostra interiorità. Dobbiamo immedesimarci negli altri. Dobbiamo aprirci animicamente nell’altro. Spesso, soprattutto nelle cerchie che oggi credono di chiamarsi socialiste a ragione, si fraintende molto quello che possiamo chiamare il principio sociale, l’impulso sociale dell’epoca moderna. Lo si vede germogliare, questo impulso; ma oggi sono ancora soltanto in pochi a sapere in che cosa esso consista.

Esso consiste nel fatto che nell’uomo divenuto solitario si sveglia sempre più l’impulso a vivere animico-spiritualmente per mezzo della propria volontà negli altri uomini, sicché ci diventa prossimo colui che lo diventa grazie alla nostra coscienza, e non per mezzo del nostro sangue, non a causa della nostra compagine organica. Ormai ci troviamo di fronte agli altri e abbiamo la necessità di immedesimarci in loro. Oggi parole come ‘benevolenza’, come ‘amore’, hanno un significato diverso da quello che avevano in passato. Però immedesimandoci negli altri in questo modo è come se tutto ciò che pulsa in noi stessi, tutta la nostra volontà, accogliesse la volontà dell’altro. È come se con la nostra anima passassimo completamente nell’altro. Usciamo per così dire dal nostro corpo ed entriamo nel corpo dell’altro. Se questo sentimento aumenta sempre più, se questo sentimento compenetrato d’amore, diciamo, come moderno amore per il prossimo si diffonde fra gli uomini, allora da questo vivere la volontà, tutta la vita animica dell’altro, si presenta qualcosa che è una reale esperienza di vita. Ed è un’esperienza di vita che oggi molte persone potrebbero già avere, se non se la lasciassero offuscare dai pregiudizi. Dove essa si presenta, la si respinge veramente per dei motivi che non sono validi. Basti solo ricordare una persona come Lessing. Alla fine della sua vita, quando la sua anima era già stata attraversata da tutto ciò che di umanamente grande egli era stato in grado di produrre, scrisse anche la sua Educazione del genere umano, che culmina nel riconoscimento della realtà delle ripetute vite terrene dell’essere umano. Esistono filistei di grande statura, come esistono figlie di alta statura, che essi hanno il giudizio già pronto su una cosa del genere. Dicono: “Sì, Lessing fu intelligente appunto per tutta la vita; ma poi la vecchiaia lo logorò ed egli arrivò ad idee balzane, come quella delle ripetute vite terrene.”

Ma le ripetute vite terrene non sono un’invenzione; ne facciamo esperienza se, invece di rapportarci all’altro solo in base a questioni di consanguineità o di appartenenza organica, riusciamo veramente a passare a vivere in ciò che vive nella sua anima. Allora ci si apre qualcosa che si fa strada verso di noi; allora lo spirito di una persona compare dinanzi allo spirito dell’altra, e si fa esperienza del fatto che dall’altro proviene qualcosa di cui si può dire: “Ciò che crea un legame fra la tua anima o il tuo spirito e l’altra persona non ha avuto origine in questa vita. Questa vita ha dato origine a ciò che risiede nel sangue. Ma quella che si presenta come una necessità nello spirito ha avuto origine da qualcosa che precede questa vita”. Anche se per la gran parte delle persone questa conoscenza è come annebbiata, chi segue realmente l’evoluzione della vita moderna dell’umanità a partire dalla metà del XV secolo arriverà all’idea delle ripetute vite terrene dalla convivenza con le altre persone. E ciò che qui si manifesta si presenta, diciamo, come un sogno. Dico ‘come un sogno’ per questo motivo: addormentandoci, entriamo nell’inconscio. Poi dall’inconscio viene fuori una cosa o l’altra sotto forma di sogno. L’immergersi nell’anima dei nostri consimili che ho testé caratterizzato si può paragonare a questo addormentarsi nell’inconscio. Allora da questa immersione nell’anima altrui emerge, diciamo, non solo in immagini, ma in modo molto reale qualcosa come il sogno delle ripetute vite terrene, richiamando la nostra attenzione sul fatto che per comprendere la vita, per trovare la via attraverso il mondo dei sensi si deve cercare qualcosa del genere. E se ora, come vi ho illustrato poco fa per la memoria, educhiamo la volontà umana, quello che riluce come un sogno dalla vita sociale si trasforma in una completa certezza. Però, come la memoria deve trasformarsi in una forza totalmente cosciente, così dall’altra parte anche la volontà deve deporre qualcosa che nella vita ordinaria la dirige completamente.

Che cos’è, dunque, che nella vita ordinaria dirige la nostra volontà, i nostri desideri, le nostre brame? Se dalla nostra vita corporea organica non sorgessero le nostre brame, la volontà non avrebbe per così dire niente da fare. Chi consideri la volontà conformemente all’esperienza sa che la volontà si appoggia alle brame. Però quella che agisce come forza di volontà vera e propria possiamo anche scollegarla dalle nostre brame. Nella vita sociale la scolleghiamo appunto fino ad un certo grado. Ma con questo arriviamo ad una cosa veramente importante. Nella vita sociale la scolleghiamo perché, amando il nostro prossimo, perdendoci nel nostro prossimo, non lo bramiamo come un pezzo di carne. Non amiamo il nostro prossimo a causa delle nostre brame; qui impieghiamo una volontà priva di brame. Ma anche questa volontà priva di brame la si può educare con un addestramento specifico. Lo facciamo quando non vogliamo solo ciò che si ottiene nel mondo esterno, ciò cui si volge uno o l’altro desiderio, ma quando applichiamo la volontà a noi stessi e alla nostra evoluzione. Possiamo farlo. Solo che troppo spesso ci abbandoniamo alla vita, ce ne lasciamo trasportare. Però dopo aver finito la scuola, cioè quando gli altri non provvedono più alla nostra educazione, possiamo anche esercitare una continua auto-educazione, una continua autodisciplina. Si può prendere in mano la propria anima, ci si può ripromettere di raggiungere l’una o l’altra cosa. Quando la vita ci ha condotti fino ad un certo punto, ci si può ripromettere di acquisire conoscenze in un qualche ambito della vita, di applicare la propria capacità di giudizio ad un altro ambito della vita, in breve, possiamo volgere la volontà in direzione contraria. Mentre di solito la volontà agisce sempre dall’interno verso l’esterno, come avviene con le brame che sono volte all’esterno, la volontà può essere rovesciata, può essere rivolta verso l’interno. Esercitando l’autodisciplina con la nostra volontà, cercando sempre di migliorarci in una direzione o nell’altra, applichiamo la vera e propria forza di volontà priva di brame. E ciò che trovate nel mio libro Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori? e nella seconda parte della mia Scienza occulta mira, oltre al resto che ho già caratterizzato, a far sì che l’uomo applichi a se stesso questa cultura della volontà, in modo da penetrare sempre più con la sua volontà, diciamo, in se stesso. Ma poi, quando queste due forze cooperano, la forza mnemonica tratta dall’inconscio che poi afferra la volontà, l’uomo sa interiormente di essere uno spirito, sa di aver afferrato interiormente in modo puramente spirituale lo spirito, e sa di non averlo fatto con gli organi corporei. Allora sa com’è l’agire spirituale nello spirito, sa che cosa significa che l’anima e lo spirito sono indipendenti dal corpo. Non si può dimostrare che l’anima e lo spirito sono indipendenti dal corpo, perché nella vita ordinaria non lo sono. Nella vita ordinaria lo spirito e l’anima sono assolutamente dipendenti dal corpo. Ma in noi vive un altro uomo, e questo è indipendente, lo possiamo far emergere dalle sue profondità. Soltanto allora ci si presenta quello che nell’uomo è l’elemento l’eterno.

Vedete, nella scienza dello spirito ad orientamento antroposofico non c’è affatto un’astrusa mistica falsa. Quel che c’è nella scienza dello spirito si può assolutamente esprimere in modo totalmente chiaro, ma vi si perviene soltanto se ce lo si spiega in modo realmente interiore e non limitandosi a dire: “Devi educare la tua interiorità, devi guardare in te stesso, devi trovare Dio nella tua stessa essenza!” Nella scienza dello spirito ad orientamento antroposofico si indicano forze ben precise che devono essere coltivate in un modo ben preciso. È questo l’importante, qui. Certamente questo fa della scienza dello spirito ad orientamento antroposofico, in modo diverso, la prosecuzione del moderno impegno scientifico e sociale. Sì, in ambito scientifico non si può più prescindere del tutto dallo spirito. E così è successo che, dato che non si voleva rimuovere la pressione che ho caratterizzato all’inizio, oggi si vuole anche dimostrare che nell’uomo c’è qualcosa come uno spirito, come un’anima con gli stessi metodi con cui, diciamo, ci si piega alla suddetta pressione. E questo è ciò che si è manifestato in coloro che non capiscono bene come stanno le cose nell’evoluzione culturale del presente.

A questo anelito allo spirito, che però si muove in una direzione sbagliata, sono dovute tutte le speranze fondate su certe basi che pure hanno ragion d’essere, le speranze che alcuni scienziati ripongono nell’ipnosi, nella possibilità che una persona induca una qualche idea in un’altra persona che si trova in uno stato di coscienza attenuata. Dobbiamo a questo anelito le speranze che alcuni ripongono nelle ricerche sulla vita di sogno e altro del genere, e dobbiamo a questi sforzi fatti per arrivare allo spirito (perché certamente l’uomo non può fare a meno che cercare lo spirito) tutto l’errore dello spiritismo.

Che cosa si cerca in realtà in quest’ambito? Ora, prendete per esempio l’ipnosi o la medianicità: che cosa succede qui, in realtà? Qui la normale coscienza umana, grazie alla quale l’uomo è inserito saldamente nella vita ordinaria, viene attutita. Quando l’uomo è ipnotizzato, la sua capacità cosciente della vita ordinaria viene attutita. Allora in un certo senso sull’uomo divenuto incosciente o semicosciente o cosciente per un quarto agiscono altre forze, esercitate magari da chi gli sta vicino o da altri. Qui, senza dubbio, vengono alla luce parecchie cose interessanti. Certamente anche attraverso la medianicità vengono alla luce cose interessanti di ogni genere; però ciò che viene alla luce lo si raggiunge sulla base di un oscuramento, di un addormentamento della coscienza ordinaria. I metodi di ricerca della scienza dello spirito ad orientamento antroposofico non si ripropongono mai di fare cose del genere. Il metodo di ricerca della scienza dello spirito ad orientamento antroposofico dice: nella sua evoluzione l’uomo è pervenuto alla coscienza che ha nella vita ordinaria per mezzo dei suoi sensi nello stato di veglia; se si vuole conoscere qualcosa di nuovo e di utile sull’uomo, non si dovrebbe paralizzargli questa coscienza, né smorzarla, ma al contrario bisognerebbe portarla avanti, come dicevo. Bisogna aumentare la chiarezza, bisogna portare la percezione sensoriale nella forza mnemonica impiegando la volontà, che altrimenti sgorga solo dalle cupe brame, nell’autodisciplina. Poiché non si percorre questa via, poiché non si ha il coraggio e la perseveranza di seguire questa via, si smorza la volontà e si crede di arrivare così ad una conoscenza dell’animico, dello spirituale nell’uomo.

Ma a cosa si giunge sottraendo all’uomo le sue facoltà ordinarie? Se si addormenta una persona e la si osserva esteriormente, non se ne vede l’animico-spirituale, ma proprio la sua subumanità, ciò che lo rende più simile all’animale di quanto lo sia nella vita ordinaria. Bisogna sottolineare con forza che con questi metodi di ricerca, a volte benintenzionati, l’uomo viene abbassato al subumano. Se ipnotizzo qualcuno e gli do una patata, ma con forza di suggestione gli spiego che è una pera ed egli morde la patata con la coscienza di mordere una pera, gli oscuro la coscienza superiore, agisco su di lui nello stesso modo in cui si agisce sull’istinto dell’animale. Solo che l’uomo, anche nel suo aspetto subumano, non è del tutto un animale: la sua natura animale si manifesta in un modo diverso. E quando si cerca di trasmettere dei pensieri in uno stato di sonno o in genere di attutimento della coscienza, si ha di nuovo a che fare con un’attività istintiva, cioè con un elemento subumano, traslato nell’umano. Chi accomuna con queste cose quel che vuole essere la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico diffama la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico. Infatti qui non si tratta di abbassare l’uomo dal suo stato di coscienza ordinario ad uno stato subumano, ma di condurlo al di sopra di sé, di modo che la coscienza ordinaria continui ad agire mentre ad essa si aggiunge una coscienza superiore.

È proprio questo, che la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico mostra coi suoi metodi di ricerca: che alla base dell’uomo che abbiamo qui nel mondo sensibile c’è un istinto animalesco, subumano; e, addormentando la coscienza ordinaria, lo si può rievocare, lo si può mostrare. Se esso si manifesta in modo diverso che nella coscienza ordinaria, proprio la scienza dello spirito come la intendiamo noi può studiare questa diversa manifestazione. Essa caratterizza questa diversa manifestazione, che avviene sempre nell’ipnosi, nello stato medianico, come una discesa nell’animalità. Ma al tempo stesso si evidenzia che ciò che di animalesco vive nell’uomo non è come nell’ordinario animale. Il metodo di ricerca di cui ho parlato qui, il metodo di ricerca della scienza dello spirito come la intendiamo qui, sa che ciò che viene alla luce con esperimenti come quelli che si fanno nell’ipnosi e nella medianicità è qualcosa che vive ancora oggi nell’uomo, ma che risale a stadi precedenti dell’umanità. Proprio per il fatto che la scienza dello spirito non perviene ad un’autoconoscenza a sfondo soggettivo, ma ad un’autoconoscenza oggettiva, essa può farsi un giudizio su che cos’è in realtà ciò che si presenta attraverso l’ipnosi, attraverso la medianicità. È qualcosa che non appartiene affatto a questo mondo terreno.

Studiando ciò che si trova in Terra nel regno animale, vegetale, minerale, coi mezzi della scienza dello spirito, studiandolo nella sua relazione con l’uomo, si scopre che l’uomo, com’è adesso, è adatto alla Terra proprio perché ha la sua coscienza attuale. Gli stati di coscienza che si presentano nella coscienza addormentata, non in quella ordinaria, ma nell’ipnosi, nella medianicità, non sono stati di coscienza o forze umane che possano derivare dal fatto che l’uomo è adatto alla Terra; derivano da un adattamento che era proprio dell’essere umano prima che la Terra divenisse Terra. E la ricerca ci rimanda proprio a stadi che sono sì della Terra stessa, ma che ne precedono lo stato attuale.

Portando avanti le ricerche su come lo stato attuale della Terra è connesso al mondo animale e vegetale, si vede che l’uomo porta in sé qualcosa che non lo fa apparire adatto all’attuale esistenza terrena, mentre invece il mondo animale e vegetale sono adatti all’attuale esistenza della Terra. Così si riesce poi a notare che certamente in stadi primitivi, che, se provocati oggi, non fanno che attutirne la coscienza, l’uomo era presente prima che fossero presenti gli animali attuali nella loro figura odierna. Sicché dobbiamo dire che l’uomo non è derivato evolvendosi dal mondo animale, ma che invece (certamente in condizioni animiche e in condizione spirituali come quelli animaleschi che appunto facciamo emergere in condizioni particolari), l’uomo era presente prima che la Terra giungesse a questo attuale stadio planetario.

Oggi non posso illustrarvi i dettagli, che potete leggere nei miei libri. Ma volevo almeno illustrare che, proprio studiando alcune delle cose su cui oggi si ripongono delle speranze per la conoscenza dell’attuale natura umana, si trova una via per gettare uno sguardo su epoche preterrene e sulla natura umana di tali epoche. E nello stesso modo, riuscendo a suscitare stati di coscienza che sono al di sopra di quello attuale, che è adatto alla Terra, la nostra attenzione viene richiamata su come vivremo in stati di coscienza più elevati, quando la Terra non sarà più la nostra dimora.

Queste cose si dischiudono alla vista interiore. Non si può dire che queste cose non si possono dimostrare, perché non si può nemmeno dimostrare che esistono cammelli. Bisogna che o voi oppure qualcun altro li abbia visti, i cammelli, per sapere che esistono. Così con l’ordinaria capacità di giudizio valida solo per il mondo ordinario non si può dimostrare il sovrasensibile. Bisogna mostrare come si perviene alla visione del sovrasensibile. Dalla visione del sovrasensibile risulta ciò i cui effetti sono certamente presenti nel mondo sensibile, ma che nel mondo sensibile stesso non è affatto visibile.

Così naturalmente si potrebbe dire: “Sì, tu ci mostri che alcune persone riescono, grazie alla visione sovrasensibile, a fare dello spirito la guida attraverso il mondo sensibile e fin dentro il mondo sovrasensibile. Ma tutti gli uomini riescono a giungere così alla visione del mondo sovrasensibile?” Le cose stanno così: se lasciate agire su di voi la disciplina interiore che ho descritto nei libri già menzionati come uno sviluppo interiore che voi stessi prendete in mano per la vostra anima, arrivate in ogni caso a capire, con la vostra stessa capacità di giudizio, col vostro stesso sano intelletto umano, che appunto è già sviluppato, ciò che il ricercatore spirituale può scoprire nel mondo spirituale. Però, come per la ricerca fisica ci sono dei singoli ricercatori che si occupano di una cosa o dell’altra, e bisogna accogliere quello che hanno scoperto, così nella futura evoluzione dell’umanità ci saranno dei singoli ricercatori spirituali che studieranno una cosa o l’altra nel mondo spirituale. Per loro la possibilità di svolgere determinate ricerche dipende dal fatto che in determinati attimi della vita che essi hanno atteso, senza la loro collaborazione (perché attraverso lo sviluppo animico si può solo fare di sé delle persone in attesa), essi possono conoscere ciò che si presenta loro come dato di fatto spirituale. Questo deve avvenire, come si direbbe usando un’espressione religiosa, come per grazia. Questa grazia si presenterà al ricercatore spirituale proprio come, diciamo, ad altri si presenta una o l’altra esperienza nel mondo sensibile. Così saranno sempre singole persone a tirar fuori certi fatti dal mondo spirituale.

Per tirar fuori questi dati di fatto sono necessarie diverse cose; non è necessario solo aver eseguito ciò che si trova nei libri menzionati e aver capito fino in fondo ciò che dice il ricercatore spirituale, ma è necessario anche un grado molto elevato di quella qualità dell’uomo che può essere chiamata come ‘intrepidità’ davanti al mondo spirituale. Se gli uomini penetrano tanto malvolentieri nel mondo spirituale è perché in realtà hanno paura dell’ignoto, perché l’uomo ha sempre paura dell’ignoto. Lo scienziato spirituale deve diventare intrepido. E d’altra parte deve acquisire la qualità della sopportazione del dolore, della sopportazione della sofferenza; perché una reale scoperta dal mondo spirituale non può essere conseguita senza un certo dolore, senza una certa sofferenza. Capirete che deve essere così, se riflettete sul semplice fatto che le condizioni della visione spirituale non sono adatte alle ordinarie condizioni terrene, così come in sostanza la nostra anima non è adatta al nostro organismo ammalato che prova dolore. Se ci si traspone realmente con l’anima sviluppata nei fatti del mondo spirituale, ci si ritrova in un mondo per il quale inizialmente non si è organizzati. Si penetra in un mondo che qui taglia, là brucia. E si giunge ai fatti solo se ci si accosta ad essi veramente con quell’atteggiamento interiore che consiste nell’applicare tutto ciò che l’anima è in grado di sviluppare, ma poi nel mettersi in attesa finché in certi, vorrei dirlo ancora una volta, attimi di grazia si manifestano i fatti spirituali.

Non bisogna affatto immaginare queste manifestazioni come fantasticherie, ma come esperienze di grande intensità per l’esistenza interiore dell’essere umano. Voglio prendere solo il semplice dato di fatto, che ho già menzionato, che in realtà oggi si può presentare all’anima umana solo grazie alla ricerca spirituale, il dato di fatto che alla metà del XV secolo tutto il genere umano del mondo civile ha vissuto una svolta: un semplice dato di fatto. Per poter presentare una cosa del genere come un dato di fatto delle scienze naturali bisogna necessariamente aver lavorato alla propria anima, avervi lavorato con solerzia, non volendo conquistare lo spirito a proprio piacimento, ma essendosi posti con questo lavoro in uno stato pieno di aspettativa finché è arrivata quella che si è svelata come una verità apparentemente semplice.

Poi è necessario ancora dell’altro. Ci sono persone, ricordo solo, per esempio, il filosofo Schelling o altri, che in particolari momenti di grazia ricevettero dal mondo spirituale l’una o l’altra impressione. Che cosa facevano? Quando ricevevano un’impressione dal mondo spirituale, non erano mai abbastanza svelti a costruire una concezione del mondo. Traevano conseguenze da una qualche impressione che ricevevano dal mondo spirituale. Ricevevano un’impressione e ne facevano un intero sistema, un’intera concezione del mondo. È una delle cose dalle quali il vero ricercatore dello spirito deve completamente disabituarsi. Il vero ricercatore dello spirito deve attenersi a quel singolo dato di fatto che gli si rivela e deve continuare ad attendere finché gliene si rivela un altro. Quando per esempio si ha conosciuto il dato di fatto che ho menzionato oggi, che la Terra è stata preceduta da stadi preterreni in cui l’uomo viveva già, non si deve dedurne un intero sistema scientifico sull’evoluzione della Terra, ma bisogna accogliere tale dato di fatto come un dato di fatto isolato, singolo, e lasciarne venire altri altrettanto isolati, dei singoli dati di fatto, di modo che un dato di fatto si accosti all’altro, in maggiore o minore abbondanza. Ma bisogna aspettare ogni singolo dato di fatto; è questo l’importante. Anche se alla base della ricerca spirituale ci sono assolutamente delle illuminazioni spirituali, queste illuminazioni si presentano solo se il destino vi predestina l’uomo. Proprio come non si può dedurre dall’emisfero nord della Terra che cosa c’è all’emisfero sud, ma bisogna ricercare separatamente che cosa c’è all’emisfero sud, così da un angolo del mondo spirituale non si possono fare deduzioni sull’altro lato del mondo spirituale, ma bisogna imparare ad aggirarsi per il mondo spirituale ed afferrarne i singoli dettagli isolatamente. Perciò capite bene che ciò che le persone possono ricercare nel mondo spirituale sarà distribuito fra loro; esse possono imparare alcune cose.

Ora potreste dire: “Sì, ma così non si corre il rischio che coloro ai quali si rivelano questi fatti spirituali diventino superbi, che si considerino individui speciali che spiccano al di sopra di tutti gli altri?” A questo il rimedio c’è già. La prima cosa che deve precedere la vera ricerca dello spirito è l’assoluta modestia, proprio la modestia intellettuale. Senza che venga sviluppata questa modestia rispetto a tutto il resto dell’umanità, non si può procedere nell’ambito della ricerca spirituale. Il ricercatore dello spirito è certamente in grado di comunicare ai suoi consimili dei singoli dati di fatto del mondo spirituale, ma se egli ha la grazia di comunicare ciò che gli si manifesta è al tempo stesso per il modo in cui egli va incontro ai suoi consimili. Lo scienziato dello spirito è uno scienziato che va incontro anche al bambino più piccolo con vero rispetto, quando questi gli balbetta qualcosa dallo spirito e dall’anima celati nella sua interiorità, anche se si manifesta solo con gridolini della sua piccola gola di bimbo. Lo scienziato dello spirito si rallegra, quando qualcuno gli racconta l’una o l’altra delle sue esperienze. Le esperienze che le persone gli comunicano sono la sua scuola. Ad essa egli sottostà completamente. Egli sa solo una cosa, sa che ciò che le persone, per quanto primitivo sia il loro livello d’istruzione, esperiscono è di inestimabile valore e che qui la sola ordinaria capacità di giudizio umana non tiene il passo. Se gli uomini valutassero correttamente ciò che hanno vissuto, tirerebbero fuori dalla loro interiorità e dal fondo del loro essere tesori dell’anima e dello spirito. Il ricercatore dello spirito guarda a tali tesori. Per lui ogni uomo è un essere uguale con sacri enigmi nell’anima, solo che a volte la coscienza attiva, la facoltà di giudizio, non tiene il passo con ciò che si trova nelle profondità dell’anima. Così proprio il ricercatore dello spirito diventa una persona modesta, perché in questo senso ha sempre sotto gli occhi l’uguaglianza spirituale degli uomini, e perché sa di avere ciò che ricerca nel mondo spirituale soltanto perché è un uomo fra gli uomini. Ma questo lo predestina a lavorare nello spirito per gli altri uomini, che da parte loro, con la meditazione e la concentrazione, possono portare la loro anima abbastanza avanti da accettare quel che dice il ricercatore spirituale.

Potreste obiettare che però non è una bella cosa, che gli uomini debbano vivere gli uni accanto agli altri in modo che ciò che certamente si può capire, ma che non si può ricercare da soli si debba venire a sapere da singole persone. A ciò posso ribattere con due cose. Una è che questo è appunto un dato di fatto, che va accolto come altri fatti della vita, anche se alcuni vorrebbero che le cose fossero diverse. Questa è una cosa che posso ribattere. Ma l’altra è che chi prevede per l’uomo un simile futuro, un futuro in cui fra gli uomini ce ne saranno alcuni che vedono nel mondo spirituale, e da questo mondo spirituale svelano agli altri intime faccende, in modo che gli altri partecipino con la loro comprensione a ciò che essi sono in grado di scoprire nella maniera accennata, sa anche che allora si sviluppano intimissimi rapporti fra uomo e uomo. E sa anche che gli impulsi sociali passano da un’anima all’altra proprio in tal modo e che in tal modo si suscita nello spirito la vera vita sociale, che oggi si crede di dover raggiungere solo con mezzi esteriori. Pensate solo a come vengono portati insieme gli uomini, a come essi nella loro convivenza manifesteranno una struttura sociale, stando l’uno di fronte all’altro in modo che uno accetti ciò che l’altro ricerca come una faccenda per lui importantissima, intima. Proprio così in futuro gli uomini si avvicineranno l’uno all’altro nel modo più auspicabile, in modo che lo spirito agisca sull’anima del prossimo come ho accennato.

Le altre persone sentiranno di avere la necessità di coloro che sono capaci di ricercare lo spirito. Dall’altro lato, anche il ricercatore spirituale sentirà l’intera umanità come ciò in cui egli radica, senza cui non può vivere, senza cui egli stesso con la sua ricerca spirituale non avrebbe il benché minimo senso.

Se oggi si è fatto anche della questione sociale qualcosa da intendere solo in senso esteriormente materialistico, quella che è la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico (proprio visto interiormente) mostra che, se lo spirito diventa la guida attraverso il mondo sensibile e dal mondo sensibile fin dentro il mondo sovrasensibile, anche nella convivenza sociale umana si suscita quella struttura che in futuro consentirà all’uomo di diventare per gli altri ciò che deve realmente diventare.

Così oggi ho cercato di caratterizzare ancora una volta, da un punto di vista diverso da quello che ho assunto nelle numerose conferenze precedenti, come con l’antroposofia si cerchi di penetrare nello spirito, e che questa penetrazione poggia sulla base dello sviluppo di forze proprie dell’anima umana. È questo ciò che cerco di sostenere (da quasi due decenni) in quella che chiamo ‘scienza dello spirito ad orientamento antroposofico’. In numerose cerchie si continua ancora a dire che la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico voglia rifarsi al buddhismo o ad altro del genere. Già nell’ultima conferenza ho accennato al fatto che proprio questa scienza dello spirito ad orientamento antroposofico, che lavora a partire dall’essenza dell’uomo, dall’essenza stessa dell’uomo di oggi, aborrisce quella debolezza di chi non vuole sforzarsi di partire da quel che c’è, da quel che abbiamo acquisito con le scienze naturali moderne, e che invece vuole volgersi all’oriente, all’India, per andarvi a pescare ciò che era adatto ad un’epoca completamente diversa e che non è più adatto al nostro presente. Succede in continuazione. Un paio di giorni fa qui abbiamo di nuovo sentito dire: “Anche l’antroposofismo (dicono così) rappresenta una fuga verso oriente”. Se questo viene detto soprattutto da persone che si definiscono ‘cristiane’, allora una buona volta vorrei ricordare a questi cristiani qualcosa che forse conosceranno: “Non fare falsa testimonianza contro il tuo prossimo!” Perché non è altro che falsa testimonianza contro il prossimo, dire che quella che intendiamo qui come scienza dello spirito ad orientamento antroposofico sia qualcosa di oscuro, una specie di ricerca per persone divenute del tutto passive e cose del genere. Dato che l’umanità è divenuta passiva, dato che l’umanità non riesce più ad attivarsi per mezzo di ciò che le viene tramandato da secoli dalla tradizione, bisogna cercare uno spirito nuovo che ci faccia da guida attraverso il mondo sensibile e fin dentro il mondo sovrasensibile.

A coloro che continuano ad esecrare quella che si presenta come scienza dello spirito basandosi solo sul vecchio spirito riscaldato nello stesso modo in cui ai tempi di Galilei fu esecrata la scienza naturale, soprattutto a loro, specialmente se vogliono parlare di spirito cristiano, si dovrebbe dire: chi prende sul serio il cristianesimo non deve aver timore che per una qualche scoperta, sia anche spirituale, si pregiudichi il vero significato dell’impulso-Cristo, la devozione religiosa in genere. Al contrario, se le persone torneranno a sapere che cosa sono lo spirito e l’anima, se non si faranno dettare che cosa sono lo spirito e l’anima, ma cercheranno nell’interiorità dell’anima la via per sperimentare lo spirito e l’anima, alla vita religiosa verrà dato maggiore splendore. Ma è questo, cui aspira quel movimento che là fuori, a Dornach, ha il suo rappresentante esteriore nel Goetheanum.

Questo movimento si impegna per soddisfare quell’anelito che numerose anime, senza saperlo, covano inconsciamente. Questo anelito non lo si estirperà da quelle anime con un mero decreto o con un dogma, ma continuerà a vivere nelle anime, anche se si arrivasse a calpestarne la vera e propria rappresentanza esteriore. Infatti proprio come l’uomo morirebbe, se a trentacinque anni smettesse di accogliere in sé nuove forze vitali, come da quel momento in poi non potrebbe continuare a vivere se non assumesse nuove forze vitali materiali, così l’umanità non potrà continuare a vivere se si limita a rielaborare vecchie cose tradizionali, se a tempo debito non viene ad intessersi nell’evoluzione dell’umanità uno spirito nuovo.

Infatti è questo, che la scienza dello spirito vorrebbe introdurre, che vorrebbe introdurre in modo chiaro e ben stagliato, e non un oscurantismo, non una mistica astrusa. Essa vorrebbe introdurre in modo chiaro e netto il fatto che lo spirito è il vivente, è la giusta guida attraverso il mondo sensibile e nel mondo sovrasensibile. Nel mondo dei sensi perderemmo la bussola, senza lo spirito. Ma se sviluppiamo lo spirito come guida attraverso il mondo sensibile, esso non si rivela solo come uno spirito di idee astratto, ma si rivela essere lo spirito vivente in noi. E poi dovremmo addirittura tagliargli le ali con le quali esso vuole tendere alla sua patria vera e propria, alla patria dello spirito, se, dopo averlo eletto a guida attraverso il mondo dei sensi, non volessimo ascendere per suo mezzo, grazie alla sua guida, al mondo spirituale. Infatti lo spirito è vivo. E di chi è la colpa, se si può diffondere la credenza che lo spirito, rispetto alla materia, non sia nulla che abbia vita autonoma? La colpa è solo del fatto che l’uomo soffoca, mortifica lo spirito con la sua volontà, e così lo spirito morto non è in grado di concepire lo spirito vivo. Ma se nell’uomo lo spirito viene vivificato, allora lo spirito vivente nell’uomo afferrerà lo spirito vivente nel mondo.


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8. Ottava conferenza 
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Trad. 12/2022