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Una visione d'insieme



4. Verso una nuova moneta

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La crescita improvvisa della comunità kepleriana sta indubbiamente mettendo in crisi molti degli equilibri economici e sociali realizzati sul pianeta ad opera dei primi coloni. Non che questi equilibri riposassero su assunti "errati", semplicemente le dimensioni dell'organismo sociale rendevano poco evidenti fenomeni già presenti ma resi innocui dalle circostanze. Ora essi manifestano chiaramente la necessità di azioni correttive. Indubbiamente le più urgenti fra queste devono essere indirizzate al superamento del baratto, introducendo una qualche forma di sistema monetario. Con il crescere del numero dei lavoratori e con il corrispondente aumento della produzione, senza il denaro infatti nella comunità risulta sempre più complicato e scomodo scambiare le merci.

Da poco sono quindi iniziate delle discussioni sulla soluzione ottimale da adottare. Mancando nella comunità dei veri e propri esperti in materia monetaria, non si è giunti sulla questione ad una decisione unanime e condivisa. Soprattutto i vecchi coloni paventano che i nuovi arrivati, forti del loro numero, possano imporre soluzioni che non tengano in debito conto i princípi di uguaglianza e fraternità che hanno portato all'attuale forma sociale kepleriana. Tuttavia il dialogo risulta aperto, e molti degli abitanti vi partecipano portando il proprio contributo grande o piccolo che sia. Per questi dibattiti, i kepleriani hanno preso l'abitudine di incontrarsi verso sera in uno dei saloni della grande astronave da crociera.

salone astronaveA queste riunioni ci sono ospiti praticamente fissi, soprattutto fra le persone più anziane, altri invece vi partecipano non appena il lavoro glielo consente. Alla riunione di questa sera è presente anche il responsabile del gruppo degli agricoltori, Fabian. Assente da un po' di tempo per seguire meglio i lavori sugli Altopiani, da quanto gli è stato riferito sull'esito degli incontri non gli sembra però che nel frattempo siano stati fatti dei progressi significativi: nessuna proposta per una nuova moneta è stata infatti ancora formalizzata. Quando egli entra nel salone del terzo ponte, trova che la discussione è già iniziata.

«In teoria, possiamo utilizzare qualsiasi cosa come moneta - si sente dire da un signore di mezz'età - purché sia pratica da utilizzare, non deperibile e disponibile in una quantità opportuna».
«D'accordo, ma dovremmo tornare ad utilizzare dei metalli preziosi di cui qui non disponiamo, ed inoltre mica possiamo mettere in piedi una zecca, non ne abbiamo le risorse!» risponde un signore anziano.
«Non è necessario - ribatte il primo - può essere, come ho detto, qualsiasi cosa, purché la si accetti e la si riconosca come nostra moneta».
«In effetti, è passato ormai un bel po' di tempo da quando la cartamoneta era convertibile in oro - osserva un altro signore partecipante. - Allora vigeva la convertibilità aurea, la banconota che avevi in mano la potevi cambiare in una banca con la sua corrispondente quantità d'oro. Il sistema aureo ha retto le politiche monetarie della maggior parte dei Paesi occidentali, nonché la Russia, l'India e il Giappone, dalla fine dell'Ottocento fino ai primi decenni del Novecento, in cui è stato sospeso diverse volte a causa delle guerre mondiali».
«E poi?».
«Poi, nel 1944, ci furono gli accordi di Bretton Woods, per cui la convertibilità in oro è stata sospesa e sostituita con una convertibilità in dollari, che a loro volta mantenevano la convertibilità in oro...».
«E fino a quando ha funzionato tutto ciò?».
«Fino al 1971, quando la convertibilità è stata sospesa del tutto dal presidente Nixon: stava in effetti diventando troppo onerosa per gli Stati Uniti».
«Noi l'oro non ce l'abbiamo, ma forse possiamo adottare anche noi un sistema basato sulla convertibilità! » dice con enfasi un giovane.
«Ovvero?».
«Non abbiamo forse un Casinò? Potremmo utilizzare i gettoni del Casinò come moneta corrente, mentre il denaro vero che sta nel Casinò, quello che circola anche sulla Terra, farebbe da riserva aurea, per cosí dire».
«E quindi?».
«E quindi circolano i gettoni, ma se ne hai bisogno, questi possono poi essere convertiti, e il denaro che ne ricevi in cambio lo potrai usare pure quando ritorneremo sulla Terra!».
«Già, ma ho qualche dubbio che il denaro vero che sta nella cassaforte del Casinò uscirà a fronte di un flusso entrante di gettoni» ride divertito Oscar, il gestore del Casinò.
«Va bene signori, lasciamo stare i gettoni, ma sulla Terra come caspita funziona la moneta? Perché dobbiamo inventare l'acqua calda? Se funziona sulla Terra dovrà funzionare anche qui!» interviene un ufficiale.
Ribatte un colono: «Mai sentito parlare di speculazione finanziaria, derivati e finanza creativa? Che funzioni per davvero ci sarebbe da discutere...».
«Mah, non sono sicuro che c'entri con il nostro problema... Ad ogni modo sentiamo come funziona sulla Terra! Chi ne sa qualcosa?» risponde l'ufficiale. «Ci provo io... - risponde Laura, responsabile del sistema informatico della Deepskydiver. - Oggi, come si è appena detto, non c'è più alcuna convertibilità, e l'emissione della moneta viene controllata dalle banche centrali. Si è instaurato, cioè, il cosiddetto corso forzoso».
«Il valore della moneta da cosa deriva allora?».
«Dal fatto che l'autorità statale ne decreta l'uso e non la puoi rifiutare, è il mezzo legale di pagamento vigente all'interno di uno Stato».
«D'accordo, ma quel che non mi è chiaro - chiede una voce dal fondo della sala - è chi decide quanta moneta stampare. Nel caso dell'oro è semplice, tante riserve auree tante banconote, e un paese è più ricco o più povero a seconda di quanto metallo prezioso possiede. Ma nel regime "forzoso" attuale, come funziona?».
«Mah... non credo che sia cosí semplice... ad ogni modo - risponde Laura - direi che l'emissione è una faccenda che riguarda la Banca centrale, e rientra senz'altro nelle sue competenze determinare quanta moneta mettere in circolazione. Sulla base di quali considerazioni, poi, non ne ho idea...».
«Probabilmente recepisce qualche direttiva del governo».
«Non credo, in genere le Banche centrali sono private e dotate di una certa autonomia dal potere politico» risponde Laura.
«Private?» chiede il vecchio colono.
«Sí, sono davvero poche quelle di proprietà dello Stato, come ad esempio la Banca d'Inghilterra, mentre quasi tutte le altre, fra cui la BCE e Bankitalia, sono consorzi di banche private» risponde Laura.
«Ma che cosa ricavano dall'emettere moneta? Ci guadagnano sopra qualcosa?».
«Sí, certo - risponde Laura - è il cosiddetto "signoraggio", ovvero il guadagno per chi emette moneta derivante dalla differenza tra valore nominale e il costo dell'emissione della moneta. Questo però è vero solo per le monete metalliche, che non vengono emesse dalla Banca centrale ma dalla zecca dello Stato. In sostanza, per ogni moneta da 1 euro, ad esempio, lo Stato ricava un reddito che è pari alla differenza tra 1 euro, che è il valore nominale, e il costo di produzione della monetina fisica, ovvero pochi centesimi».
«E per le banconote invece?».
«Quelle vengono emesse dalla Banca centrale, quindi il reddito da signoraggio è certamente suo».
Interviene allora un signore canadese, Robert: «Io ricordo abbastanza bene come funzionano le cose per la Banca del Canada, ma direi che la cosa dovrebbe essere cosí anche per tutte le altre. L'esempio, alquanto semplificato, parte dalla stampa di una banconota da 20 dollari. Con questi soldi la Banca acquista titoli di Stato per un importo equivalente, supponiamo ad un tasso del 5% annuo. In questo modo in un anno la banca guadagna 1 dollaro, per via degli interessi maturati. Supponiamo ora che il costo di produzione della moneta sia 9 centesimi e che la vita media della banconota sia di tre anni. Con questi presupposti il costo per anno è di 3 centesimi, cui possiamo aggiungerne 2 dovuti a costi per mettere in circolazione la banconota e per rimpiazzarla quando si deteriora. Quindi la Banca del Canada guadagna annualmente 95 centesimi netti per ogni 20 dollari emessi».
«Accidenti, mica poco!» esclama il colono.
«Sono pressappoco 2 miliardi di dollari, considerato tutto il circolante! Ma attenzione, che in realtà una parte di questi soldi viene utilizzata per coprire i costi di gestione della banca e, tolte le tasse versate allo Stato, del resto non rimane effettivamente granché, "solo" qualche centinaio di milioni di dollari!» precisa Robert.
«Beh, mica poco comunque!» ribadisce il colono.
«Nel caso del Canada, la Banca in effetti è di proprietà del popolo canadese, owned by the people of Canada» afferma Robert.
«C'è però una cosa che non torna in questo giro - aggiunge Laura. - Nel conto che tu hai riportato, Robert, figura solo l'interesse sul titolo di Stato, ma quando questo scade, la banca non ne avrebbe anche il capitale oltre che l'interesse?».
«Ad ogni modo - interviene il colono - che tipo di ricchezza produce la banca? Essa acquista un titolo che lo Stato usa per coprire le sue spese, in sostanza sembrerebbe che essa acquisti un debito, una porzione di debito pubblico!».
«In effetti, la Banca centrale segna l'emissione della moneta sul suo passivo» precisa Laura.
«Per avere stampato della carta? Ha solo messo in circolazione della carta, ma poi, quando lo Stato avrà raccolto denari attraverso le tasse, riceverà indietro soldi "veri"!» esclama il colono.
«Certamente, si può dire che soltanto quando lo Stato paga le sue spese e i cittadini usano quel denaro per creare beni e servizi, ovvero "cose" reali, solo allora la moneta riceve il suo vero valore» conclude Robert.

«Signori, tutto questo sarà anche molto interessante, ma non vorremo mica creare su Kepler 2b una Banca centrale e farle emettere pure dei titoli di Stato, vero?» chiede Fabian prendendo la parola. Un po' di brusío nella sala, poi silenzio. Fabian prosegue: «Io credo che non ne abbiamo davvero bisogno. Direi che possiamo anche trarre qualche insegnamento da quanto abbiamo realizzato nella nostra piccola comunità. Tutti noi abbiamo il necessario per vivere dignitosamente: a fronte di ciò che ciascuno di noi produce con il proprio lavoro, indipendentemente dal fatto che si tratti di grano piuttosto che di indumenti, di legname o altro. In cambio, ed equamente, si ottengono i prodotti del lavoro altrui. Se dobbiamo introdurre una moneta nella nostra comunità, ebbene per questo semplice fatto non devono potersi creare condizioni di ingiustizia sociale. Questo direi deve essere un requisito fondamentale per la nostra nuova moneta».
Ancora brusío, ma molti cenni di assenso. Fabian continua: «Fino a quando gli scambi avvengono nella forma del mero baratto, è piuttosto difficile che si possano creare condizioni sociali malsane. Quindi se dobbiamo introdurre una moneta "sana" nella nostra comunità, dobbiamo immaginare come anche adesso, con il baratto, ci sia una sorta di moneta ‘invisibile' che passa di mano ogni volta che qualcuno riceve qualcosa. Dobbiamo immaginare che questa moneta esista già, che circoli effettivamente anche se invisibilmente tra noi, ma che per le sue caratteristiche non produca gli effetti collaterali che normalmente essa porta con sé e che ci sono ben noti in quanto tragica realtà terrestre. Adesso vi chiedo: se dobbiamo renderla visibile, questa moneta immaginaria, di che natura ci aspettiamo sia? Come potrebbe configurarsi?»
Interviene il colono: «Di certo non si può pensare che possa accrescersi attraverso la speculazione. Ad esempio, oggi se circolano più patate è perché qualcuno ci ha lavorato sopra e ne ha prodotte di più, non perché si sono create magicamente, cosa che invece accade con il denaro che crea denaro».
«Giusto! - ribatte Fabian - e quindi non abbiamo bisogno di una moneta convertibile in un qualche metallo prezioso o in titoli di Stato, perché la moneta deve essere intesa come un assegno in conto merci, che sono le merci complessivamente prodotte dalla comunità».
«Ma a chi spetta allora il compito di emettere la moneta?» chiede l'ufficiale.
«Non può che essere emessa dalle varie associazioni economiche. Nessuno meglio di loro ha la percezione della quantità di merci che si producono nella comunità» conclude Fabian.
«D'accordo - asserisce Laura - ma con l'introduzione della moneta si pone il problema del prezzo delle varie merci e del commisurare tra di loro le varie attività lavorative. Con il baratto il problema non si pone, e per esso vendita ed acquisto sono per cosí dire un tutto unico. Solo quando produttore e consumatore si allontanano attraverso l'interposizione del denaro, perché allora si scambia prodotto per denaro e poi ancora denaro per prodotto, solo allora inizia a diventare difficile attribuire il giusto prezzo alle varie merci».
«Bisogna fissare i prezzi una volta per tutte e calcolare poi i salari in modo che si possano acquistare tutti i prodotti di cui si ha bisogno!» afferma risoluto un signore dal fondo del salone.
«Io però non sarei cosí rigido... - replica Fabian - non è nemmeno necessario poi... credo che si possa lasciare tranquillamente che i prezzi si formino da soli come avviene di fatto sotto la spinta dei più svariati fattori. Dobbiamo però fare in modo che il profitto non alteri il processo».
«E bravo Fabian, hai detto niente!» ribatte Laura, accompagnata dalle risate dei presenti.
termometro ghiaccio«Aspetta, fammi finire... - replica Fabian - credo che in questo compito ci venga in aiuto proprio il denaro, se solo proviamo a vederlo sotto una luce diversa... se lo interpretiamo cioè come una sorta di termometro. Mi spiego meglio. Se misuro la temperatura del mio corpo, posso rilevare come essa sia "giusta" oppure troppo alta, e quindi ho la febbre. Non mi verrà però mai in mente di abbassare la febbre semplicemente agendo sul termometro raffreddandolo, siete d'accordo?».
All'annuire dei presenti, Fabian prosegue: «Dovrò indubbiamente agire sulle condizioni del mio corpo, in modo tale che successivamente si ripresenti la condizione di salute con relativa "giusta" temperatura. Allo stesso modo, devo considerare il denaro alla stregua di uno strumento di misura. Se il prezzo di una merce è troppo alto, non devo intervenire artificialmente fissandolo più basso o più alto, magari attraverso una disposizione statale. Lo Stato anzi non deve intromettersi per nulla nel processo, se non controllare che non ci siano contraffazioni e illeciti. Devo invece intervenire a monte, sui processi produttivi, in modo che il prezzo vari, ad esempio, in conseguenza di una produzione resa più efficiente attraverso innovazioni tecnologiche, oppure aumentando o diminuendo il numero di persone in essa impiegate. Questo è in sostanza compito ancora una volta delle associazioni economiche. Solo esse hanno la percezione della necessità di un'azione correttiva, intervenendo dinamicamente sulla filiera produttiva e ripristinando le condizioni che generano il giusto prezzo».
«Tutto bello e in apparenza funzionante, ma perché mai queste associazioni non dovrebbero cercare di massimizzare il loro profitto tenendo alti i loro "giusti" prezzi?» chiede una matura signora.
«Potrei rispondere in molti modi - ribatte Fabian - ma mi viene da rispondere che questa obiezione proviene in massima parte da certe abitudini di pensiero. Abitudini che vanno superate, non dimentichiamo che l'economia su Kepler 2b è primariamente orientata al soddisfacimento dei bisogni umani e non al profitto, che è il vero compito del dominio economico. Se torniamo alla nostra moneta immaginaria, oggi nella nostra comunità non abbiamo un "profitto", eppure la nostra economia gira bene, funziona. Il profitto appartiene al passato, non è indispensabile all'economia: se le associazioni economiche interagiscono e collaborano anche solo un minimo tra di loro, difficilmente si potranno instaurare condizioni peggiori di quelle attuali sulla Terra. Non dobbiamo poi arrivare al sistema perfetto ma ad un sistema possibile».
«Mi sembra una sciocchezza, francamente... - risponde il gestore del Casinò. - Il profitto avrà certamente i suoi lati negativi, ma chi potrebbe negare che il livello di benessere raggiunto nella nostra epoca sia il più alto rispetto ad ogni altra epoca passata? Chi oggi critica il neoliberismo, neanche cento o duecento anni fa avrebbe dovuto lottare buona parte della propria vita contro la fame e con una'aspettativa di vita da far venire i brividi... Il neoliberismo semplicemente riconosce senza ipocrisie la natura egoistica dell'uomo, ma attraverso la prospettiva del profitto genera ricchezza, anzi molta ricchezza, che però poi riesce vantaggiosa a tutti».
«Non nego ciò che dici, Oscar - ribatte Fabian - né potrei farlo, perché è tutto vero. Ma questo non ci impedisce assolutamente di migliorare il sistema. Ogni volta che sento questo discorso della ricchezza che poi ricade su tutti mi viene in mente questa immagine: un villaggio in cui, in pieno inverno, gli abitanti si affannano ad accatastare quanta più legna possibile nella piazza centrale per accendervi poi un gigantesco falò. Sperano infatti, tenendo aperte le finestre delle loro case, che vi entri il massimo caldo possibile… E vi entra, infatti: le case che sono vicine alla piazza sono certamente belle calde, ma quelle più lontane? Ed è poi questo un modo sensato di risolvere il problema? Non sarebbe molto meglio portare in ogni casa la giusta quantità di legna, prima di arrivare a disboscare l'intero pianeta? Che è poi quello che sta accadendo adesso sulla Terra, che, come un limone, viene spremuta delle sue risorse da un insensato sviluppo senza freni!».

Per qualche attimo l'assemblea rimane in silenzio.
«Fabian, torniamo però all'argomento principale... D'accordo, quanto dici ci può stare - interviene Laura - ma se il tuo denaro è un assegno in conto merci, e dobbiamo portare fino in fondo questa analogia, allora dobbiamo porre l'attenzione al fatto che la produzione delle merci ha un andamento discontinuo, e anzi nel caso delle derrate alimentari queste vanno rapidamente incontro al loro consumo: di un raccolto, qui su Kepler 2b, dopo una stagione non rimane che la semente, il resto viene consumato».
«E altrettanto deve fare la moneta. Dopo un certo tempo dovrà scomparire, per venire riemessa successivamente. In sostanza la moneta, al pari di qualsiasi altra merce, deve avere una data di scadenza. Questo ci assicura, proprio nel senso di tale analogia, che il denaro non possa essere accumulato e tesaurizzato, come le merci, che non lo possono essere perché si deteriorano, invecchiano e perdono valore. La stessa cosa deve accadere anche per il denaro». A queste parole segue un certo brusío, nel salone riecheggiano commenti salaci e qualche risata, ma si sentono anche gli applausi di molti dei presenti. Si è fatto tardi, per cui non rimane che sciogliere l'assemblea. Molti però si fermano ancora nel salone, discutendo animatamente: forse si è imboccata la strada giusta, sono stati finalmente presentati degli argomenti nuovi. La prossima riunione potrebbe senz'altro essere quella risolutiva.


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3. La comunità si accresce4. Una moneta in decumulo emessa in libera concorrenza
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