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La proprietà dei mezzi di produzione



Sesto capitolo
Le imprese pubbliche e la proprietà dei mezzi di produzione

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Public Utilities

Che ovunque nel sistema dell’economia privata esista, in modo più o meno esteso, anche la proprietà pubblica (statale) dei mezzi di produzione, è cosa nota. Da un punto di vista prettamente ideologico, ciò appare incomprensibilmente illogico e una proprietà pubblica all’interno di un sistema privatizzato un’“inclusione illecita”. Si tratta di un’idea sbagliata. Il dualismo risultante dal diritto romano è una componente essenziale del sistema capitalistico e privatizzato, al punto da legittimare anche un agire economico da parte della mano pubblica e consentire quindi una proprietà dualistica. L’azione della mano pubblica, tuttavia, tende ad allargarsi in modo “illecito”; per questo quando si tratta di segnare i confini non si arriva mai a degli accordi e, malgrado tutto, i confini restano sempre labili. In Europa le imprese di approvvigionamento pubblico” (di gas, acqua ed energia elettrica), che richiedono il numero più elevato di mezzi di produzione ad alta intensità di capitale, non sono più una questione di diritto privato; in questi paesi la mano pubblica regna pressoché sovrana. Negli USA, invece, la proprietà privata domina anche in questo settore (negli USA circa l’80 percento delle cosiddette Public Utilities è in mano privata) e le ragioni vanno cercate nelle diverse evoluzioni storiche del vecchio e il nuovo continente. Tuttavia ragioni plausibili che giustifichino l’incapacità di imprese pubbliche di gestire affari privati non dovrebbero esistere affatto, fermo restando che la proprietà privata sia sostanzialmente l’unica forma organizzativa possibile, come afferma il dogma della libera economia di mercato. Le imprese di approvvigionamento pubblico sono mezzi di produzione tecnologici, per origine non diversi da quelli fabbricati per produrre beni di consumo per la comunità. Le ragioni addotte perché la proprietà e l’azione della mano pubblica vengano cancellate, sarebbero altrettanto valide nell’ambito della produzione dei beni di consumo. Per questo non si dica che l’energia elettrica debba restare in mano pubblica perché è “un bisogno di tutti” e “non possa essere coperta da un’iniziativa privata”. Dopotutto anche i vestiti, la casa, ecc. sono “un bisogno di tutti”.

La tendenza al monopolio

Molto più importante è che le competenze “indiscusse” della mano pubblica riguardano beni di consumo, che – relativamente simili per quanto riguarda gli impianti di trattamento – servono a tutti: materie prime come l’acqua, il gas e l’energia elettrica appartengono allo stadio di civilizzazione urbana della nostra epoca, proprio come la nettezza urbana, i trasporti e le fognature. Per questo le imprese di approvvigionamento tendono a monopolizzare.

Questo tratto monopolistico connesso alle tecniche di fornitura e costruzione delle “Public Utilities” è per natura in contrasto con l’economia basata sulla concorrenza. La questione qui non è lo scardinamento del principio dell’economia privatizzata e della proprietà privata dell’Ovest per la presenza di interessi di profitto in ambito pubblico (di buon grado accettato dagli oppositori dell’economia privata), ma il come in un sistema privatizzato si sia instaurato un interesse generale che nel diritto unitario delle origini si ricollegava al concetto di concessione: con i proventi di un’economia basata su questo bisogno generale di materie “prime”, il monopolio garantisce una rendita eterna. Se impianti di produzione di tale importanza come quelli dell’energia elettrica fossero solo privati, si garantirebbe ai proprietari un monopolio a tempo indeterminato e rendite eterne. Questo (negli USA) è stato camuffato attraverso le azioni vendibili che hanno reso la proprietà un oggetto di valore messo in mano a un numero infinito di persone; se fosse in mano a una sola persona ne risulterebbe un fatto insostenibile dal punto di vista sociale.

Servizi pubblici

Le “imprese di approvvigionamento” non sono fabbriche come quelle per le quali si adotta incondizionatamente il termine di collettivo degli strumenti. In esse si adoperano determinate apparecchiature per rendere fruibile una materia prima a disposizione della collettività e favorirne il consumo. Spesso il numero delle linee di trasporto (le linee e le reti di trasporto dell’energia elettrica) supera la produzione effettiva. In questo modo si è portati ad accostare alle infrastrutture pubbliche, per noi ora normali, il concetto di servizio per indicarne la funzione sociale. Ci si può quindi interrogare sulla natura giuridica della proprietà di tale varietà di mezzi di produzione e indagare se, a partire dalla concezione di servizio, si arrivi alle stesse conclusioni raggiunte applicando la concezione strumentale.

Il servizio dell’impresa di approvvigionamento pubblico è destinato a un determinato gruppo di consumatori connessi alla rete di approvvigionamento (attraverso le linee e reti di trasporto). Ci troviamo davanti a una correlazione diretta tra produzione e consumo attraverso il servizio che genera di per sé il concetto di impresa di approvvigionamento collettivo. In tal caso si arriva senza dubbio al concetto statico di proprietà del diritto romano. Siamo in presenza di una comunità “senza proprietari” – nel senso romano del termine – tipica dell’ordinamento comunitario delle origini e delle antiche entità giuridiche collettive germaniche e nordiche. Se avessimo il coraggio di staccarci dal concetto statico di proprietà, esattamente come è accaduto per l’idea strumentale, ovvero arrivassimo a un’idea di mezzo di produzione come proprietà invendibile, salterebbe subito all’occhio la natura comunitaria delle imprese di approvvigionamento pubblico. Senza i proprietari pubblici e gli azionisti, chi adopera i mezzi dovrà prendere parte attiva a una organizzazione di tipo comunitario.

Chi scrive deve esimersi dal trattare gli effetti “sociali” come ha fatto con l’articolo di Sandvoss. Basti solo ricordare che attraverso una nuova presa di coscienza della proprietà si lascerebbe spazio al convergere delle forze sociali a favore di una “comunità aziendale”. E anche in questo caso, il convergere delle forze sociali porterebbe fornitori e consumatori a prendere subito coscienza della dimensione associativa e comunitaria, nel momento in cui il “proprietario pubblico di troppo” rinuncia ai diritti di rendita “pubblici”. Che il risultato siano indicazioni significative per una forma di comunità economica futura, è cosa evidente. Differenziando tra mezzi di produzione tecnologici della fabbrica e quelli per la produzione di energia, si può spostare l’accento su entrambi gli aspetti giuridici, quello individuale e quello pubblico. Il tornitore davanti al tornio industriale rappresenta l’aspetto funzionale e individuale del tornio, suo strumento. L’ingegnere che sorveglia una macchina a produzione continua di energia da 300.000 kilowatt, mentre è in servizio ha sempre presente l’utente, la sua “cooperativa” di consumatori. Tuttavia entrambi gli aspetti, ciascuno con la propria importanza, sono sempre in correlazione.

Si può partire dalla concezione di servizio come da quella strumentale anche nel caso della fabbrica. In entrambi i casi il risultato non cambia: il diritto di proprietà statico della romanità scompare per portare alla luce nuovi rapporti giuridici con due orientamenti, ovvero la collaborazione all’interno della comunità produttiva delle “maestranze” e l’unione organizzata di produttori e consumatori. Nel primo caso si arriva a una nuova sostanza giuridica della proprietà del mezzo di produzione e nell’altro a una nuova forma organizzativa per l’economia. Per l’elemento cooperativo che prende vita in un’organizzazione di questo tipo, parliamo di associazione. A partire dalla natura strumentale si revoca concetto giuridico di proprietà autonoma del mezzo di produzione. Se si parte dall’idea di servizio, il concetto della proprietà pubblica alla dimensione associativa e cooperativa viene meno. In entrambi i modi la si voglia guardare, la proprietà autonoma dei mezzi di produzione di tipo statico come quella della romanità è da rigettare, non avendo più ragione di esistere né l’eredità né la vendibilità[1] .


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5. Capitolo7. Capitolo
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Note:

[1] A questo scopo l’impresa di approvvigionamento di energia elettrica danese è un esempio rivoluzionario e concreto della rete meridionale della penisola dello Jutland. A dimostrare la bontà degli impianti cooperativi sono i risvolti economici: il sistema produce energia al costo più basso in Europa. (Cfr. Hans Wolfram Schweppenhäuser, Elektizitätswirtschaft, Dissertation, Freiburg, 1956).