Stoccarda, 16 maggio 1919 |
Ho già potuto parlare spesso, qui, della cosiddetta tripartizione dell'organismo sociale, che deve essere la via per soddisfare le esigenze dell'epoca attuale, espresse nell'appello alla socializzazione. Oggi vorrei aggiungere alcuni dettagli a completamento e a chiarimento di quanto detto nelle conferenze precedenti. So molto bene che anche ciò che potrò esporre oggi non corrisponderà ancora per tutti a quelli che sembrerebbero essere i singoli consigli pratici richiesti. Però direi che via via diventerà sempre più chiaro che gli impulsi che vogliono introdursi nel mondo sotto il nome di 'sano organismo sociale tripartito' sono impulsi assolutamente pratici, a tal segno che, come per tutti gli impulsi veramente pratici, a quel che viene presentato è necessario portare incontro un certo istinto per la realtà. Infatti proprio quello che non vuole essere un programma preconcetto, pensato e sentito a priori, ma che viene tratto dalla realtà e pensato come inserito nella realtà, sostanzialmente lo si può capire solo dandosi la pena di trasporsi nella situazione così com'è e ponendovi mano per tradurlo in realtà. È più facile avere un programma preconcetto e pretendere che venga realizzato, che carpire dalla realtà stessa quel che questa realtà esige. L'organismo sociale tripartito vuole risolvere il problema della socializzazione in modo che tutto quel che succede in direzione di questo impulso debba prima essere dimostrato nell'applicazione, nell'introduzione diretta nella realtà. Per impulsi di questo genere l'epoca attuale è, da un lato, tanto poco accessibile quanto dall'altro lato necessaria proprio sulla base delle esigenze più fondamentali dell'epoca. Questo impulso per un organismo sociale tripartito vuole por mano in modo aperto e sincero ai fatti oggettivi che possono essere sottoposti ad una reale socializzazione. Soprattutto non vuole rendere impossibili tutti i frutti della cultura umana che sono risultati dai grandi progressi evolutivi dell'epoca moderna. Non vuole demolire, vuole costruire. Per esempio non vuole rendere impossibile che certi rami aziendali che sono sorti e che corrispondono sicuramente alle necessità dell'uomo vengano tolti dal mondo socializzando in un modo schematico senza mettere in atto questa socializzazione sulla base della conoscenza dei dettagli. Per un programma del genere, corrispondente alla realtà (se avessimo un'altra parola non lo chiamerei 'programma'), bisogna veramente avere la buona volontà di capire, perché è molto facile disconoscere quel che realmente si intende con questa tripartizione dell'organismo sociale. Prima di tutto si intende quanto può essere estrapolato dalla nostra prassi di vita così come si è configurata grazie ai progressi tecnici, industriali, grazie a ciò che è stato creato in termini di mezzi di produzione e di conoscenze riguardanti la produzione.
Ma al giorno d'oggi c'è anche qualcosa di completamente diverso, che deve dare un impulso veramente pratico in questa direzione: deve darlo una reale conoscenza dell'essere umano. Ecco perché continuo sempre a ripetere che nell'organismo sociale tripartito non si tratta di creare nuove classi sociali o altri gruppi di persone diversi l'uno dall'altro, ma di ripartire in tre parti soltanto tutto quel che succede nel mondo intorno all'uomo.
In futuro dovremo avere una specifica gestione dell'economia, una specifica gestione del diritto, una specifica gestione della cultura. Ma saranno le stesse persone, ad essere attive nell'organismo economico, in quello spirituale, in quello giuridico o statale. È proprio un continuo passaggio da una parte all'altra, compiuto dall'uomo, a poter produrre la necessaria unità della vita sociale umana. Chi vuole capire una cosa secondo la realtà che attualmente le corrisponde deve innanzitutto sapere che è piuttosto importante, che l'uomo venga portato da una sfera della vita all'altra. Le stesse persone saranno attive nell'organismo economico, che avrà la sua propria amministrazione, la sua propria organizzazione. Le stesse persone, ovviamente non nello stesso momento, saranno attive nell'organismo giuridico e anche in quello spirituale, almeno per i loro rapporti con l'organismo spirituale. Ora, si potrebbe dire, ecco, cosa significa allora questa socializzazione? Un'obiezione del genere la fa solo chi vuole chiudere gli occhi alla vera realtà.
Voglio raccontarvi un'esperienza ovvia. Per chi abbia conosciuto un poco la vita, fino a poco tempo fa i commercianti erano persone totalmente diverse, riguardo al tipo di vita, direi per il modo di presentarsi dai, diciamo, freddi burocrati. Ora, è successo qualcosa di molto strano ultimamente, sotto l'influsso della cosiddetta economia di guerra. I commercianti sono stati trasferiti alle cariche governative burocratiche, e guarda un po', questi commercianti, negli uffici governativi burocratici, sono diventati i burocrati più belli. Ora, questo è un esempio indesiderabile di adattamento dell'uomo al posto in cui viene collocato, ma questo esempio forse poco simpatico mostra un fenomeno generalmente umano. L'uomo si comporta una buona volta come si deve comportare in base ad una certa categoria professionale. Trasformando l'intera vita sociale umana in modo che i tre settori essenziali della vita abbiano la loro propria gestione, diciamo la loro propria rappresentanza, la loro propria organizzazione, l'uomo, dovendo adattarsi ad una tale sfera dell'organismo sociale, agirà a partire dallo spirito di quella sfera. Sarà in grado di apportare alla vita umana complessiva quello che non può più apportare se nella vita sociale agisce tutto in modo confuso ed è tutto mischiato. Fare chiarezza in un ambito del genere richiede però un'osservazione della vita e una pratica di vita piena di dedizione. E se ciò cui si anela per il bene dell'umanità per il futuro non si basa su questa osservazione della vita e su questa pratica di vita piena di dedizione, non faremo che addentrarci ancor di più nei disordini e nel caos, ma non ne verremo fuori. Prima di tutto, proprio quando vogliamo fare qualcosa di sano nel dettaglio, dobbiamo poterci dedicare pieni di dedizione a quel che in realtà ci può insegnare l'immediato presente in merito alla vita sociale. Non dobbiamo chiedere: “Cosa abbiamo pensato da decenni sul socialismo, sui programmi socialisti?” e, pensando così, trascurare totalmente quello che abbiamo intorno a noi nell'immediato presente, ma dobbiamo avere la capacità di guardare veramente a questo presente immediato. Questo presente immediato ha procurato qualcosa che dovrebbe sorprendere più di tutti tutti quelli che hanno pensato sul socialismo già in precedenza.
Chi conosce con precisione questo pensare sul socialismo anche da parte dei socialisti dei decenni passati deve appunto dire che gli eventi del presente dovrebbero sorprendere, quando, proprio oggi, si vogliono veramente prendere le cose secondo il senso e secondo la realtà in modo franco e sincero. Provate a chiedervi: se non si guarda soltanto all'aspetto esteriore, ma se si è in grado di vedere quello che in un fenomeno contiene il germe per il futuro, qual è il fenomeno più eclatante, il più importante, nella vita delle necessità sociali del presente? Chi ha veramente avuto a che fare in modo adeguato con quel che succede realmente non può, credo, trovare alcuna altra risposta a questa domanda che questa: il fenomeno più eclatante è il cosiddetto sistema consigliare. E direi che si dovrebbe avere il talento di riuscire ad essere attenti come si deve al fenomeno sintomatico enormemente importante del sistema consigliare. Perché, per certi versi, si può dire che la nascita di questo sistema consigliare è proprio quel che dovrebbe avere stupito più di tutto il socialismo tradizionale. In questo sistema consigliare il vecchio socialismo tradizionale avrebbe dovuto ascoltare con molta attenzione, avrebbe dovuto dirsi: “In realtà in sostanza esso è la confutazione di molto di quello che mi ero pensato io”. Il sistema consigliare è la confutazione di molte vecchie rappresentazioni del socialismo. Basta solo, direi, ricordarsi a grandi linee quello che il socialismo tradizionale ha sempre sottolineato e continua a sottolineare ancora (purtroppo succede ancora oggi): “Non sono gli uomini che fanno le rivoluzioni sociali, le fa l'evoluzione”. Si è parlato del fatto che a poco a poco le forme economiche, soprattutto ammucchiando i mezzi di produzione nelle mani di pochi capitalisti, si trasformano di modo che, in un certo senso, il vecchio tipo di società si sviluppa da sé in quello nuovo. Ora è arrivata la catastrofica guerra mondiale che ha scosso l'umanità. Si è riversata da una parte sul capitalismo che andava a grandi passi verso la sua stessa distruzione. Ma si è anche riversata su quegli sforzi veramente giustificati dalla natura umana che si chiamano 'movimento sociale'. Infatti, che cos'è sorto, in realtà, da questo movimento sociale? Si sono sollevate persone, persone che nei modi più diversi, come consigli, consigli di persone, vogliono prendere le redini dell'evoluzione, che vogliono intervenire nell'evoluzione a partire da se stessi, dalla propria forza decisionale umana, dalla propria capacità di comprensione umana, dalla propria volontà umana. Se oggi si avesse una capacità di distinguere abbastanza buona per i fatti della realtà, ci si sentirebbe molto sorpresi di quanto ho appena detto. Ma sembra quasi che proprio quelle cerchie che si sono così ben adattate alle vecchie rappresentazioni del socialismo abbiano difficoltà a conseguire questa capacità di distinguere. Si sono svolti i fatti di novembre. Quello che in oriente (non voglio né approvarlo né disapprovarlo) si è annunciato come sistema consigliare si è presentato anche in Europa centrale. Si è stati forzati, da quelli che sono stati gli eventi di novembre, a pensare a qualcosa che si potrebbe chiamare: 'realizzazione della lotta sociale', a cui per lungo tempo ci si era dedicati e su cui da lungo tempo si era tanto profetizzato. Qui si sono verificati dei fenomeni molto strani. Basta solo ricordare poche cose in questa nostra attuale epoca di transizione così strana, e ci si accorgerà immediatamente di quanto poco il vecchio modo di pensare fosse adatto al nuovo fenomeno che in realtà avrebbe dovuto sorprendere.
Voglio farvi un esempio. Un uomo molto intelligente e pieno di entusiasmo per le idee sociali ha tenuto a Berlino una conferenza sulla socializzazione. Ha parlato di certe rappresentazioni assolutamente generali sulla socializzazione, come appunto le si avevano quando il socialismo poteva esercitare ancora la critica, giustificata, ma appunto solo critica, quando non era ancora chiamato, come a partire da novembre, a porre mano agli eventi. A quell'epoca si fece delle rappresentazioni generali ben precise su quella che doveva subentrare come socializzazione e io credo (perché una persona che sia in grado di riconoscere l'anima umana fra le righe di quanto esposto deve assolutamente dedurre questo) che quell'uomo si sia dovuto dire: “Quello che mi sono rappresentato nelle frasi generali del programma non si deve fare!” Se qualcosa non si deve fare, oggi si dice – lo si è detto anche prima, ma oggi è diventato molto caratteristico – “ora le persone non ne sono ancora mature, questo avverrà più tardi”. Ecco, dunque più tardi, secondo l'opinione di questo uomo, verrà il vero socialismo. Ma che cosa viene fino a quella volta? Egli ha elaborato un vasto programma di socializzazione. È l'ingegner Hermann Beck[1] di Berlino, che chiama quello che dovrà essere raggiunto nel periodo di transizione 'capitalismo sociale'. Siamo dunque felicemente arrivati al punto che gli eventi che sono successi non ci fanno venire in mente, come ideale, quel che si è sempre preteso, un vero superamento dei danni del capitalismo, ma che ci dovrebbe venire in mente, come ideale, un capitalismo sociale. Però bisogna imparare a distinguere fra la vera socializzazione e ciò cui spesso si mira oggi, il passaggio del capitalismo privato al capitalismo statale e comunale. Questa non è socializzazione, è fiscalizzazione o qualcosa del genere. La socializzazione non va confusa con la fiscalizzazione. Ciò cui bisogna mirare oggi (se si ha un senso della realtà lo si fa) questo è, come ho già accennato, il sollevarsi degli uomini che vogliono collaborare agli eventi sociali e questo si manifesta nel cosiddetto sistema consigliare. Ma non sarà mai finita, con questo sistema dei consigli, perché qui il passaggio dal capitalismo al socialismo vuole basarsi su principi astratti, su una qualche ideologia, su un qualche presupposto utopistico. Al giorno d'oggi, come mostra proprio l'impegno per il sistema consigliare, è impossibile fare un qualche tentativo di socializzazione dall'alto al basso. Al giorno d'oggi l'unica via è quella di creare veramente uno scambio di opinioni e di esperienze in idee immediatamente umane in un lavoro comune con coloro che si impegnano per il sistema consigliare. Per questo motivo quando ho parlato qui martedì, ho detto che al giorno d'oggi è necessario che noi impariamo a capire la realtà della fiducia, che impariamo veramente a fare con coloro che provengono dal popolo che fa e che si impegna per il raggiungimento di determinati obiettivi. Al giorno d'oggi è molto più importante sapere che cos'ha da dire chi proviene dal lavoro, che non riflettere sulla base di certe idee su come debba diventare una qualche legge o cose del genere. Ciò di cui abbiamo bisogno oggi, ciò che oggi deve veramente diventare realtà, è riconoscere che è grazie al popolo che deve succedere quel che deve succedere. Dunque creare un legame vivente con le vaste masse del popolo è più importante che stare lassù a tenere riunioni. Tenere delle riunioni lassù in alto ci porta solo alla prosecuzione dei vecchi danni, perché quel che oggi vuole compiersi deve provenire direttamente dal popolo, e il sintomo del fatto che la storia vuole questo è il sistema consigliare. E a questo si aggiunge inoltre che questo sistema consigliare finora, fondamentalmente, è sorto in una doppia forma, e come la via crucis del Proletariato ha necessariamente portato alla tripartizione dell'organismo sociale, perché il proletariato ha vissuto la crisi nei tre settori di vita nel corpo e nell'anima, allo stesso modo oggi anche lo strano fenomeno del sistema consigliare suggerisce proprio la tripartizione dell'organismo sociale. Inizialmente questo sistema consigliare ha questo aspetto: da una parte hanno origine i consigli dei lavoratori, ma dall'altra parte si affaccia già un'altra forma di consiglio, quella forma di consiglio che ora subentra come un'esigenza dei consigli aziendali.
Chi abbia un istinto per quanto prende forma dall'epoca al giorno d'oggi può già sapere che il sistema dei consigli generali degli operai indica il lato politico, il lato statale, il lato giuridico e che se ne vedrà la formazione solo se si può andare verso una vita giuridica separata dalla vita economica e da quella spirituale. Cose del genere vengono fuori come staccandosi dall'umanità, direi, con l'inevitabile confusione storica. Ma ci si deve chiedere come si possa dar forma a quel che si fa valere in questo modo su un terreno sano, che renda possibile una vera organizzazione della società umana. Come il sistema dei consigli degli operai si richiama alla base giuridica autonoma, così l'istituto dei consigli aziendali si richiama alla base economica autonoma, perché la prassi dell'impulso per l'organismo sociale tripartito deve essere cercata nel fatto che qui non si costruisce per aria con un programma, ma a partire dalla realtà storica, che basta solo guardare nel modo giusto, e su un terreno solido. Veramente non c'è bisogno di stare a discutere se i consigli siano una realtà o meno. In parte lo sono, lo diventeranno sempre di più, nessuno potrà più frenarli, risorgeranno in forme ancora diverse da quelle che esistono già. Per pensare in modo conforme alla realtà dobbiamo creare la base sulla quale ci sia possibile lavorare con questi consigli. Un ambito nel quale l'organismo sociale tripartito vuole lavorare è l'ambito economico. Gli egregi convenuti che hanno già ascoltato mie conferenze precedenti sapranno che qui si tratta di configurare l'ambito economico in modo tale che in esso sparisca il cosiddetto rapporto contrattuale, che la regolamentazione del modo e del tempo e altro del genere della forza lavoro umana viene sottratta al circolo economico e posta nello Stato giuridico, nel quale si decide sul tempo, il modo e la misura della forza lavoro umana. Nell'ambito economico rimane ancora quello che si manifesta nella realtà come produzione di merci, circolazione di merci, consumo di merci. Dalle conferenze precedenti avrete anche appreso che per la vita economica si tratta di un'organizzazione tale da consistere in associazioni, soprattutto in associazioni tali da regolamentare contemporaneamente la situazione del consumo e quella della produzione. Da parte dei socialisti è stato detto spesso: “In futuro non si potrà produrre per avere profitto, si dovrà produrre per consumare”. È un'ovvietà, il fatto che quel che finora non ha giocato un gran ruolo consapevole nel processo economico passi in primo piano nel lavoro economico: l'interesse del consumo. Si dovranno formare delle cooperative nelle quali vengano rappresentati sia gli interessi del consumo che le condizioni della produzione da essi dipendenti. In queste cooperative si tratterà principalmente di stabilire sempre all'interno del lavoro pratico quanto grande debba essere una tale cooperativa. La dimensione di una cooperativa del genere non può risultare dai limiti della struttura statale sorti nel corso della storia moderna – per il semplice motivo che queste strutture statali a corpi amministrativi chiusi sono sorte da considerazioni ancora del tutto diverse dalle circostanze della produzione e del consumo, e perché risultano altri limiti non appena le persone, riguardo alle circostanze del consumo e della produzione, si riuniscono socialmente in modo tale per cui, con la regolamentazione della situazione della produzione e del consumo, viene fuori quel reciproco valore delle merci che per gli strati della popolazione più vasti rende possibile una condizione di vita sana. Dedicandosi a questi compiti, si dovrà ascendere ad una reale scienza economica, certamente ad una scienza che non può essere estratta dalle dita, per così dire, e nemmeno da esperienze umane soggettive, bensì dalle esperienze della vita economica collettiva. Si dovrà guardare all'interno di queste esperienze, come cooperative troppo piccole fanno sì che i membri di queste cooperative debbano soffrire riguardo alla propria situazione economica; cooperative troppo grandi devono anch'esse portare sofferenza alla vita economica cui provvedono le cooperative. Se una buona volta si riconoscerà con chiarezza la relativa legge alla base della vita economica, si dirà: cooperative troppo piccole riducono alla fame i soci di queste cooperative, cooperative troppo grandi riducono alla fame le altre persone legate a queste cooperative nella vita economica. Perciò si tratterà di bilanciare questa duplice sofferenza per le esigenze umane.
Questa sarà la linea guida che l'intero popolo dovrà seguire. Infatti, non si può trovare la misura della grandezza di una cooperativa di questo tipo basandosi su un qualche calcolo matematico: in un certo luogo dovrà essere di una certa dimensione, in un altro di un'altra. La sua dimensione va regolata in base alle premesse oggettive. Queste premesse oggettive possono essere stabilite solo da coloro che sono inseriti nella vita economica stessa. Non si possono regolare altrimenti che non, a prescindere da qualsiasi emanazione di leggi riguardanti la vita economica, affidando appunto questa vita economica alla sua stessa vivace vitalità, in modo che questa vita economica possa essere configurata dalla cooperazione vivace e continua dei consigli. A seconda delle circostanze, in un certo periodo una data cooperativa dovrà essere ingrandita, un'altra ridotta. Perché l'organismo sociale non è qualcosa che si possa stabilire con una costituzione, che si possa determinare con delle leggi, ma è qualcosa di continuamente vitale, come sostanzialmente lo è anche un organismo naturale. Perciò quelli che sono i provvedimenti della vita economica possono esprimersi al massimo soltanto in contratti più o meno a lunga durata che vengono stipulati, ma mai in una qualche limitazione o dichiarazione delle autorizzazioni dei consigli che fanno parte della vita economica.
Oggi giustamente potreste ancora dire: “Questo qui ci parla delle dimensioni di una cooperativa, ma come lo si dimostra?” Certo, questo sta proprio nel fatto che fino ad oggi non siamo ancora arrivati ad una scienza economica che debba poggiare assolutamente sull'esperienza economica, che non possa essere impostata e realizzata basandosi sull'idea, ma solo sulla vita. Vi dico che nessuno che abbia studiato la vita economica spassionatamente e con dedizione giunge ad una visione delle cose diversa da quella che ho espresso io. Infatti è caratteristica delle leggi sociali di non poter mai essere dimostrate come le leggi di natura, ma di dover essere dimostrate direttamente nell'applicazione, e perciò può capirle soltanto chi abbia un certo istinto della realtà per la realtà sociale. Questo è talmente difficile nel presente, che ci troviamo di fronte a dei fatti davanti ai quali questo istinto della realtà è certamente necessario, ma le persone recalcitrano quando devono sviluppare questo istinto della realtà presente in ogni anima umana.
La seconda cosa che sarà necessaria in futuro sarà una regolamentazione dei prezzi che risulti dalle leggi della vita economica, che rappresenterà i valori reciproci delle merci. Infatti il principio fondamentale dell'intera socializzazione sarà realizzabile soltanto potendo percepire questa regolamentazione dei prezzi nell'esperienza economica. In tal modo sarà possibile che venga soddisfatto il principio fondamentale di tutta la socializzazione, che tuttavia sostanzialmente non consiste in nient'altro che nel fatto che quel che un uomo normale può fare col normale lavoro umano fondato sui suoi talenti equivalga a quello che la società nella quale egli si trova fa per lui, in modo che ognuno possa avere dalla società, per quello che produce, il consumo equivalente. Ovviamente bisogna aggiungere quel che la società deve fare per quelle persone che a causa di malattia, vecchiaia o anormalità devono essere mantenute dalla società stessa. Questa è una cosa che non si raggiunge affatto con la lotta salariale o altro del genere, ma soltanto facendo in modo che il circolo economico si compia in modo tale che ci sia una formazione dei prezzi sana, che non ci siano prezzi troppo bassi o troppo alti. Di per sé i prezzi, egregi convenuti, si può anche dire che siano indifferenti. Si tratta sempre soltanto di guadagnare tanto quanto le cose costano. Ma questo avverrebbe solo in cooperative che si limitassero a lavorare i prodotti del terreno. Nel momento in cui in una società devono essere contemporaneamente fabbricati prodotti per i quali si usano mezzi di produzione fabbricati a loro volta dall'uomo, è necessario un prezzo standard che non deve essere né superato né diminuito.
In questo senso si potrebbe imparare davvero moltissimo dalla stessa storia, se si fosse già capaci di osservare la storia non basandosi su fantasticherie economiche, come è stato fatto nelle osservazioni sulla storia dell'economia negli anni passati, ma basandosi sulla vera conoscenza delle leggi economiche. Per esempio è straordinariamente istruttivo, per chi prende sul serio questo ambito, che in passato, nelle regioni più importanti d'Europa, eravamo già così avanti, che in vasti territori c'era quasi un prezzo standard. Ciò avvenne circa nel XV secolo, verso la metà del XV secolo. Questa standardizzazione dei prezzi (andate a leggervelo nei libri di storia che diano almeno alcuni punti di riferimento su questo aspetto), che a quell'epoca invalse in una grande parte dell'Europa, fu possibile solo perché l'antica subalternità e mezzi rapporti di schiavitù, l'antica gestione ereditaria e cose del genere a poco a poco cedettero a migliori condizioni, a condizioni migliori, ma nient'affatto a condizioni ideali. Poi però successe qualcosa che tirò via la terra sotto i piedi a questa evoluzione economica. Non si può affatto dire che cosa avrebbe significato per l'umanità europea se non fosse successo questo avvenimento. Ovviamente non voglio coltivare cattive costruzioni storiche, non voglio mettermi a criticare la storia, ma soltanto accennare a queste cose per una migliore comprensione, perché quel che successe doveva succedere. Non possiamo neanche immaginare quali sviluppi economici ci sarebbero stati, se quel che era già pronto intorno alla metà del XV secolo si fosse sviluppato in modo lineare. Ma questo sviluppo fu bloccato dalla radicale introduzione dei concetti giuridici romani; è stato bloccato per il fatto che è stato proprio disturbato proprio a partire dall'ambito giuridico. Chi conosce i fondamenti di questo fenomeno vi trova già una dimostrazione storica estremamente forte della necessità della separazione della vita statale vera e propria da quella economica. Le vecchie abitudini spinsero le persone a portare una certa simpatia incontro a questi concetti giuridici romani. Nei Paesi baltici, dai quali è arrivato così tanto reazionarismo, nel consiglio del Land c'erano persone che dicevano: “Secondo i concetti giuridici romani, che dobbiamo reintrodurre perché sono quelli giusti, in realtà i contadini dovrebbero tornare ad essere schiavi”.
Cose del genere, al giorno d'oggi, quando, come ho già detto, non siamo alla piccola, ma alla grande resa dei conti, cose del genere in sostanza devono essere osservate per bene con un occhio animico sano, osservate bene con tutte le conseguenze per il presente. Ma se si vorrà configurare la vita economica autonoma in modo pratico sia da questa parte che anche da altre parti, sarà necessaria una vera organizzazione proprio del sistema consigliare. L'importante sarà mettere sulle proprie proprie gambe ciò cui oggi si ambisce, ciò che ci si augura e per cui alcune persone si impegnano già a partire da una certa comprensione dell'epoca: il sistema dei consigli aziendali. Bisogna che questo sistema venga introdotto nelle aziende per poter mediare fra gli operai e i dirigenti degli operai del futuro nel senso in cui l'ho inteso nell'ultima conferenza che ho tenuto qui e come, di fatto, l'ho spiegato nel mio libro «I punti essenziali della questione sociale». Questo sarà il primo compito dei consigli aziendali: potersi veramente fare mediatori per quei contratti sulle prestazioni che devono essere stipulati fra gli operai e i dirigenti degli operai del futuro, che non continueranno ad essere capitalisti. Ma tutte queste cose possono essere preparate già oggi. Tutte queste persone, che sono dentro questi consigli, possono già oggi assumere delle funzioni, anche se possono essere solo funzioni transitorie. Inoltre il consiglio aziendale dovrà prima di tutto comunicare tutti quelli che, a partire dall'azienda, si fanno valere in un corpo economico chiuso come interessi generali della vita. Però, se non si vuole continuare a individualizzare economicamente, per questo sistema dei consigli aziendali sarà necessario ancora dell'altro, qualcosa con cui proprio la classe operaia in breve tempo sia almeno d'accordo; se si vorrà socializzare l'intera vita economica, il corpo economico correlato, allora si avrà bisogno di alcuni altri tipi di consigli. Vorrei solo mettere in risalto che fra gli altri, saranno necessari dei consigli commerciali e anche dei consigli economici. I consigli aziendali saranno vicini alle condizioni della produzione e alle necessità della produzione delle persone che lavorano. I consigli economici saranno vicini alle condizioni del consumo. Ne risulterà un corpo economico che rappresenterà soprattutto un vero sistema consigliare. Un sistema consigliare che non impedisca (sarà questo l'importante, nell'organizzazione pratica) che nel dettaglio possa essere determinante l'iniziativa della singola persona attiva nella vita economica. Se domina la fiducia, si può realmente sviluppare tutto questo. Se questa iniziativa del singolo individuo venisse seppellita dal sistema consigliare, allora verrebbe abolita tutta l'internazionalità della vita economica. Questa internazionalità della vita economica sarebbe abolita soprattutto – oggi le persone non riescono a immaginare in che misura – se, invece della socializzazione, si lasciasse subentrare una statalizzazione, cioè il capitalismo di Stato, se si mischiasse la vita economica con la vita statale. Se lo Stato facesse l'economia, come vogliono alcuni (chi conosce le circostanze oggettive lo sa) sarebbe impossibile controllare quelle complicate condizioni che l'internazionalità della vita economica rende necessarie. Articolando un reale sistema di consigli economici, commerciali, aziendali e consigli simili, che in realtà per la direzione non sottrarranno all'umanità che lavora tante persone quante ne sottrae l'attuale burocrazia, allora, se nell'esecuzione pratica si arriva anche a non seppellire l'iniziativa di chi lavora nell'amministrazione, allora tutti i sottili apparati dell'internazionalismo, nonostante la socializzazione, potranno assolutamente essere tenuti in piedi. Allora si farà sì che i consigli siano veri consigli, cioè istituzioni che orientano la vita, e che questi consigli, convivendo insieme alle persone dell'amministrazione, riusciranno a far sì che la persona dell'amministrazione alla quale essi danno fiducia possa cogliere anche la loro singola iniziativa. Le grandi linee direttive delle istituzioni verranno sempre date dai consigli. Proprio per questo, quel che deve essere intrapreso giorno dopo giorno potrà essere deciso dai consigli. A questo riguardo, chi può ritenersi inserito nella vita economica potrà, proprio prendendo in visione la situazione attuale nel suo complesso, accostarsi alle istituzioni che non disfano quanto è stato raggiunto dalla vecchia cultura, ma che rendono possibile che nella cornice di quanto raggiunto tutti possano vivere un'esistenza degna dell'essere umano.
Potreste chiedervi quali mezzi avrà a disposizione la vita economica separata dallo Stato per prendere delle misure anche, in un certo senso, contro la resistenza dei singoli. Certamente al giorno d'oggi si pensa che queste cose siano realizzabili solo usando mezzi coercitivi. In questo senso non ci si è ancora discostati molto dalle vecchie abitudini di pensiero. Non so quante persone si siano accorte che queste vecchie abitudini di pensiero si protraggono in modo strano. Se ora, per esempio, vi leggo un certo punto di un certo discorso, qualcuno si meraviglierà. Questo punto – si tratta di un discorso ad un contingente di truppe a Danzica – dice: «Le truppe devono vedere l'uomo che li protegge nel bene e nel male e che si adopera per l'ordine e per la disciplina militare. Se nella truppa vive il giusto spirito militare, io ricambierò la fiducia con la fiducia.» Vi chiederete: ma in quale vecchio discorso del Kaiser lo ha pescato? - No, è dal discorso tenuto dal ministro della difesa Noske alle truppe volontarie di Danzica. È così, che le vecchie abitudini di pensiero si annidano. Ma bisogna abbandonare le vecchie abitudini di pensiero. Al giorno d'oggi le persone non si accorgono ancora per nulla di quanto lavoricchiano nelle vecchie abitudini di pensiero, di quanto poco si sono discostate dalle vecchie abitudini di pensiero.
Naturalmente una domanda del genere la fa solo chi pensa che le misure stabilite si possano far rispettare con la coercizione statale o militare: che strumenti ha il corpo economico per portare a compimento quello che, nel modo descritto, porta in seno? - in futuro avrà un mezzo molto efficace, ma al tempo stesso molto umano: il boicottaggio. Il boicottaggio, che non serve che venga imposto con mezzi coercitivi in condizioni come quelle che ho descritto, ma che si dà semplicemente da sé. Se c'è una cooperativa per una qualche azienda e ramo del consumo e qualcuno vorrà affiancarsi, questi non riuscirà produrre, proprio per via di quella legge per la quale in quel caso il suo gruppo di produzione sarà troppo piccolo. E in modo simile il mondo potrà creare altre condizioni per contrastare i provvedimenti per l'economia per mezzo del semplice boicottaggio. Se qualcuno di voi crede che il ribelle, da solo, potrebbe riuscire a creare una cooperativa così grande da poter fare concorrenza – basta solo che rifletta sulle vere leggi della vita economica per sapere che, per quando quel ribelle sarà riuscito a diventare concorrenziale sarà già morto da lungo tempo.
Dietro alla tripartizione, come pratica di vita, dovete vedere che questa tripartizione fa i conti con le realtà e vuole creare una base per queste realtà. Comunque bisognerà prendere sul serio certe cose che oggi contraddicono ancora molto le abitudini di pensiero degli uomini. Si dovrà prendere sul serio quello che ho già spiegato nelle conferenze precedenti, l'emancipazione della vita spirituale. Con questa vita spirituale si dovrà realizzare qualcosa che in realtà nell'appello dei pensatori socialisti c'è sempre stato, ma che proprio oggi viene capito male. C'è sempre stato che bisogna arrivare a qualcosa di nuovo di questo tipo, ma che non si è mai avuto un chiaro pensiero in proposito. Da parte del socialismo si è sempre continuato a ripetere: al posto della concorrenza, del profitto, deve subentrare la gestione oggettiva. - Assolutamente vero. Deve subentrare soprattutto nell'ambito della vita spirituale. Qui sarà sicuramente necessario che questa vita spirituale possa auto-gestirsi. Solo in base alle osservazioni sull'essere umano, con una pedagogia di massa, si riuscirà a creare qualcosa di veramente fruttuoso per l'avvenire. So che per molti oggi forse ho detto perfino qualcosa di bello, dicendo: Se vogliamo socializzare in modo sano dobbiamo prima di tutto portare ad espressione la forza e le predisposizioni umane in modo che l'uomo, per l'intera durata della sua vita, possa inserirsi con vigore nella realtà. Questo potrà avvenire soprattutto nella libera gestione dell'istruzione. In altri settori lo si è già visto in modo poco piacevole, in quanto le condizioni per la promozione nel vecchio apparato statale hanno erano tali per cui le massime cariche consigliari di regola venivano occupate da quei vecchi signori che poi volevano avere a che fare il meno possibile con la faccenda. Dall'autogestione dello spirito, in futuro, risulterà proprio la necessità che questi vecchi signori abbiano i più disparati compiti direttivi. Ma per questo dovranno avere una freschezza giovanile. La nostra scuola statale seppellisce la freschezza giovanile. Questa freschezza giovanile non la si è di certo trovata nell'ufficio statale dei vegliardi, pardon, nell'ufficio statale delle ferrovie – lo si è chiamato 'ufficio statale dei vegliardi' perché le cariche sono in gran parte occupate da vecchi[2]. Sarà necessario che riusciamo a configurare il primissimo livello dell'istruzione scolastica, che si può dispiegare solo nella vita spirituale libera, sulla base di una antropologia fondamentale, affinché non succeda come oggi, che le forze del pensare, del sentire e del volere vengano sviluppate in modo che nel periodo successivo della vita non si sia in grado di tenerli in piedi, perché si indeboliscono. Negli anni in cui l'uomo deve formare il pensare, il sentire e il volere, dobbiamo configurare tutto questo in modo da creare un supporto alla vita. Dall'uomo non si può più recuperare quel che va raggiunto negli anni giovanili. Ma solo quando la vita scolastica sarà gestita sulla base delle leggi più proprie della vita umana, e non dalla corporazione statale, sarà possibile che per tutta la vita non venga indebolita la potenza della sua forza.
E per la vita sociale sarà necessario che noi in futuro non acquisiamo un sapere solo attraverso le istituzioni scolastiche, ma che impariamo ad imparare, che impariamo sempre ad imparare dalla vita. Oggi sembra ancora strano, quando si dice che un'istruzione scolastica veramente adeguata in futuro ci consegnerà dei vecchi totalmente diversi da quelli che abbiamo oggi.
Vedete, qui è necessario che subentrino cose nuove, cose alle quali adesso non si pensa affatto. Le persone oggi storcono il naso, quando si dice loro che si desidera che la vita spirituale possa seguire le sue proprie leggi. Non riescono a pensare che ad una vita spirituale gestita dallo Stato, perché non hanno alcun barlume di quel che è l'uomo stesso nella società umana. La faccenda oggi è grave e quelli che vogliono prenderle sottogamba non pervengono a quel che oggi ci è tanto necessario, al risanamento dell'organismo sociale. Purtroppo si continua sempre a vedere che stranamente al giorno d'oggi le persone portano avanti le vecchie abitudini di pensiero, e che al massimo riescono a dire a fatica: è così poco chiaro, quello che dice! Certo, cose che devono avere in sé la forza di partorire una realtà durevole, bisogna accettarle inizialmente come qualcosa di poco chiaro, perché bisogna abituarsi ad acquisire una nuova concezione della vita consona alla realtà appunto occupandosene. Oggi abbiamo il dovere di riflettere sui nostri istinti più profondi. Se vi riflettiamo, saremo in condizione di riconoscere con chiarezza quel che è apparentemente non chiaro. Quando al giorno d'oggi molti dicono che gli impulsi dell'organismo sociale tripartito sono poco chiari, spesso alla base c'è proprio la vecchia formazione scolastica sbagliata, che ha distolto le persone dal pervenire ad un pensare veramente concentrato, di pervenire alla concezione di pensieri corrispondenti alla realtà. E così si è nella condizione, da una parte di dover dire quel che è necessario, e dall'altro di dover combattere per impedire che ogni genere di pregiudizi dovuti alle vecchie abitudini di pensiero si mettano a creare nuove cose nel mondo. Quando oggi la gente continua a ripetere: “Qual'è la via? Come si fa?” vorrei sapere quale sarebbe una via più chiara di questa dell'organismo tripartito, se solo la si vuole percorrere. Ma provate a pensare cosa dovrebbe succedere, se la si vuole percorrere. Quello che si protrae come governo dal precedente corso evolutivo un giorno dovrà dirsi: Stiamo frenando tutte le competenze che si riferiscono alla vita giuridica, alla sicurezza pubblica, e cose del genere. In rapporto alla vita spirituale, al culto, all'istruzione, alle idee tecniche da una parte, in relazione alla vita economica dall'altra parte, all'industria, al commercio, ai mestieri, ecc., diventiamo un governo di liquidazione.
La nostra epoca ne ha bisogno come di qualcosa di immediatamente pratico: la convinzione che i governi che provengono dalle antiche usanze e abitudini possano fare la fatica di dirsi quello che ho appunto accennato; liberare a destra e a sinistra la vita spirituale e quella economica, in modo che queste possano configurarsi da sole e gestirsi da sole.
Solo l'iniziativa può rimanere ai governi che ci sono stati fino adesso, perché già una volta si sono evoluti nella vecchia situazione, però devono avere l'altruismo di diventare governi di liquidazione a destra e a sinistra. È questo, che la grande resa dei conti richiede. Chi chiama tutto ciò 'non pratico', io riesco a capirlo, perché appunto non riesce a cambiare il modo di pensare che gli è stato inculcato per secoli. Però al giorno d'oggi ci troviamo nella necessità di estirpare dalla testa ciò che vi è stato martellato dentro per secoli. Oggi ci troviamo di fronte alla necessità di prendere le cose con la massima serietà, perché prenderle con la massima serietà è l'unica cosa pratica. Questa serietà poi si unirà alle conoscenze necessarie, che vi ho spiegato in rapporto alla configurazione della vita economica, grandezza o piccolezza di questa o quella cooperativa, determinazione dei prezzi, ecc. Ma questi sono compiti che sono urgenti nel concreto, nella pratica, che dobbiamo deciderci ad affrontare, perché queste sono le basi di una vera socializzazione, le basi per una configurazione veramente sociale della vita umana. È quello che vogliono, anche se non riescono ancora a dirlo in modo chiaro, le società consigliari, che vogliono innalzarsi al di sopra della grande società del popolo. Perciò le persone avrebbero dovuto meravigliarsi dei sistemi consigliari, soprattutto tutti quelli che credevano di essere già abbastanza arrivati a quella che viene chiamata 'socializzazione'. Al giorno d'oggi si sperimentano cose strane.
Oggi pomeriggio ho dovuto leggere, perché mi è stata portata, una frase strana, che, direi, ho dovuto accogliere con i sentimenti più strani, in quest'epoca grave. Riguardo agli impulsi di questo organismo tripartito ho letto la frase seguente. Veramente non lo si vorrebbe proprio credere: «Nella lotta attuale non si tratta affatto di trovare un'idea o di mettere al vertice la persona giusta, ma del modo in cui l'idea socialista debba essere tradotta in realtà. Non si tratta di bei progetti, ma di realizzazione» Ora, egregi convenuti, vi chiedo come si possa realizzare, senza avere nulla da realizzare. Al giorno d'oggi cose del genere vengono dette in buona fede, proprio in buona fede. Ma non sono che un sintomo di quanta poca comprensione e intendimento abbiano le persone per quello che deve succedere. Uno accenna al progetto di una casa, e l'altro gli obietta: “Non si tratta del progetto di una casa, ma della sue edificazione”. Qui si può ben chiedere: Dov'è il vostro progetto? Dove si presenta? - Taceremmo, se apparisse il vostro progetto, perché noi parliamo veramente solo chiamati dai dati di fatto.
Il fatto che oggi siano possibili cose del genere, che sia possibile un pensare del genere di fronte alla gravità dell'epoca, è quello che continua sempre ad affliggerci, se pensiamo alla possibilità e alla necessità di quel che deve succedere. Oggi dobbiamo essere afferrati, proprio noi qui in Europa centrale, dalla gravità della situazione. Infatti oggi solo disabituandoci a pensare e a parlare delle cose dal di fuori (perché non vediamo mai le cose per dentro), solo in questo modo riusciremo a stornare la tragedia.
Al giorno d'oggi si ha bisogno della possibilità di creare a partire dalle più vaste masse della popolazione. Se qualcuno cerca questa possibilità, allora gli si obietta di suggerire qualcosa alle masse, perché le masse non lo capiscono affatto. Le cerchie dirigenti non hanno alcun barlume di tutto ciò che le masse oggi capiscono già, coi loro cervelli non usurati, e che esse stesse non capiscono proprio per niente, perché non vogliono capire. Questo è un problema dell'epoca e io non pavento di parlare di fronte a voi, per quante siano le obiezioni che vengono fatte sulla suggestione e cose del genere, perché sostanzialmente dico solo quel che verrebbe fuori da sé dai cuori e dalle anime delle persone, se esse riuscissero a fare chiarezza su quel che vive in questi cuori, in queste anime. Vorrei solo chiarire ciò che vive nei cuori e nelle anime. Ma proprio di questo oggi molte persone non vogliono saperne proprio nulla, perché temono la vita in comune con coloro che portano chiaramente nei loro cuori proprio le esigenze dell'epoca. A questo proposito si sperimentano sicuramente parecchie cose su tutti i possibili stati d'animo. Così, recentemente mi ha scritto un signore a partire da un sentimento ben preciso, nella rivista, molto letta, Die Hilfe (la quale non è socialista, ma vuole essere una rivista sociale, al giorno d'oggi anche nelle riviste socialiste si possono leggere cose del genere): “Adesso non possiamo socializzare”. - Non si accorge che è lui, che non sa come si fa, ma ovviamente non dà la colpa a se stesso, ma attribuisce agli altri la causa per cui lui non ha alcuna idea di come si debba attuare la socializzazione. Molto ingenuamente nel suo articolo scrive: «Il capitalismo ci ha appunto guastato gli uomini… Certo, chi disponga di un popolo di persone sane, contente di lavorare, allegre, di buon cuore, per le quali la fratellanza sia un concetto pieno di vita e non, come per noi, solo uno slogan, potrebbe ardire di introdurre il comunismo da un giorno all'altro.» Ora vi chiedo chi mai nel mondo avrebbe la necessità di introdurre il comunismo se vivessimo in un ordinamento sociale in cui le persone fossero sane, contente di lavorare, allegre, di buon cuore e in cui vivesse soltanto la fratellanza. Vedete, questo è il mondo dei pensieri di oggi. Le persone non hanno idea alcuna di quel che hanno detto solo poco tempo prima. Veramente non sarebbe loro necessario pensare a un ideale di socialismo, se le persone fossero così, come dovrebbe essere loro data la possibilità di essere, proprio per mezzo della socializzazione.
C'è una cosa sulla quale le persone non riflettono mai: se l'organismo naturale è sano, l'uomo non percepisce quella che è la salute dell'organismo naturale. In quel caso deve sicuramente cercarla nella salute, ma può farlo solo l'armonia della sua anima, per esempio la gioia che ha nell'anima. Ma se l'organismo è ammalato, allora egli sente il dolore, allora il dolore dell'organismo fa parte delle sue esperienze dell'anima. Allora nessuno può andare a dirgli: “Non posso guarirti, perché lo potrei soltanto se tu prima ti sentissi sano nella tua anima, se tu avessi nella tua anima armonia, gioia”. - Dobbiamo ambire all'organismo sociale sano. È questo, l'importante. Non dobbiamo chiedere, come il signore del quale vi ho parlato: “Ma dove li prendiamo gli uomini a questo scopo? Bisogna prima educare l'umanità al socialismo!” Pensate al protagonista fanfarone che vuole sollevarsi nell'aria prendendosi per i capelli. No, il socialismo deve esserci, perché gli uomini possano essere educati. È facile definire le persone immature quando non si è in condizione di giungere da sé ad impulsi maturi. Adesso il nostro compito non è quello di accusare l'umanità, ma quello di creare le condizioni che ci porteranno ad un punto in cui non ci sarà più necessario accusare l'umanità nella misura in cui lo si fa oggi. Perciò l'impulso del quale si parla qui si pone il compito di analizzare le condizioni dell'organismo sociale sano. Non si andrà avanti, finché non si sarà risvegliata la comprensione per questo organismo sociale tripartito. Poi vorrei vedere, se un numero sufficientemente grande di persone (e oggi si tratta di questo) avesse comprensione per quel che deve succedere, quale governo potrà opporre resistenza a questa comprensione! In altre condizioni, con tutti gli esperimenti, non andiamo avanti.
Oggi bisogna darsi da fare per sviluppare la comprensione nelle cerchie più vaste. Il che può avvenire più velocemente di quanto si creda. E deve avvenire più velocemente di quanto si crede, perché le frasi sull'immaturità delle persone le pronunciano solo persone che sono esse stesse immature. Non abbiamo tempo per sognare che sarà necessario molto tempo per socializzare. Se si riconosce la possibilità pratica di porsi sulle tre basi dello spirituale, del giuridico e dell'economico, si riconoscerà che su queste tre basi è possibile realizzare una vera socializzazione. Però bisogna decidersi a non attenersi ai vecchi pregiudizi. Bisogna decidersi a cambiare veramente il modo di pensare. Lo stesso signore del quale vi ho già raccontato aggiunge anche la bella frase: «Ogni rinnovamento che cerca di anticipare questo sviluppo – egli intende l'evoluzione verso uomini di buon cuore, gentili, soddisfatti – deve naufragare, perché appunto non trova alcun sostegno nel sentire del popolo.» - nei sentimenti di questo signore essa certamente non trova alcun sostegno. Da questi sentimenti, se non si possono migliorare, si deve solo allontanarsi, perché l'umanità non può essere trattenuta più a lungo dai vecchi pregiudizi e dalle vecchie abitudini di pensiero. Al giorno d'oggi è necessario che ci addentriamo profondamente in noi stessi, per riformare e rivoluzionare interiormente il nostro sentire e il nostro pensare. Allora nelle persone troveremo risonanza. Non abbiamo bisogno di suggerire niente alle persone, abbiamo bisogno solo di trovare chiarezza per ciò che esse giustamente vogliono. Abbiamo solo bisogno di fare questo lavoro della fiducia e di non temere questo lavoro in comune con le vaste masse, allora saremo nel vero senso della parola a servizio delle esigenze del nostro tempo. Al giorno d'oggi, voglio ripeterlo anche questa volta, ognuno deve attenersi al significato di queste parole: “Io devo imparare a capire quello che c'è da fare dai fenomeni dell'epoca, dai dati di fatto che parlano con voce forte e chiara, prima che sia troppo tardi”. E potrebbe essere subito troppo tardi, e che cosa patirebbero allora soprattutto quelli che non si sono prestati a trasformare se stessi con le capacità che hanno acquisito, in modo da capire veramente queste nuove esigenze dell'epoca e potersi mettere a loro servizio. Potersi mettere a servizio dell'epoca, anche se si deve cambiare modo di pensare nella propria più profonda interiorità, deve diventare il compito di tutti, prima che sia troppo tardi!
Conclusione dopo il dibattito
Dato che, in sostanza, a parte quello che ha detto nel dibattito l'egregio signore, non è stato detto altro contro quanto ho esposto, sarebbe superfluo aggiungere molte cose entrando nei dettagli per concludere. Non vorrei tornare a quanto esposto dal signore che ha mosso le sue obiezioni. Credo che sia sicuramente una strana maniera, quella di dire che si devono confutare le cose che sono del tutto scorrette rispetto a quello che c'è nel mio libro. Non può esserci una discussione in cui si prendano scorrettezze e imprecisioni e si costringa una persona a confutare qualcosa che non ha mai affermato. Vorrei dire solo una cosa. È sostanzialmente già stato detto dal signor L. ed è anche mia convinzione che proprio in merito a Karl Marx, chi conosce Karl Marx, chi lo conosce veramente, dovrà dire che Karl Marx si è sempre lasciato istruire dai fatti oggettivi della storia, della storia contemporanea, e che senza dubbio oggi sarebbe spaventosamente retrogrado, uno che non fosse in grado di rispondere alla domanda: “Che cosa penserebbe proprio Karl Marx nella situazione attuale?” Vedete, c'è un'espressione molto, molto strana di Karl Marx, che mi viene in mente proprio ora che una persona come il signor W. ha fatto riferimento in modo tanto strano a Karl Marx. Marx ha trovato alcuni contemporanei, che erano suoi seguaci, che dicevano di essere marxisti, ed è di Karl Marx lo strano detto, che però ha un significato molto profondo in merito a questi marxisti: “Per quanto mi riguarda, non sono un marxista”. Un'espressione del genere dovrebbe proprio far pensare. A volte bisogna chiedersi come vadano realmente le cose con i seguaci di una data concezione del mondo. Una concezione come quella proposta da Karl Marx è proprio da lui stesso intesa come qualcosa da far fluire in tutto il movimento dell'epoca. E in un'epoca posteriore può capirla solo chi la voglia accogliere in modo da essere in condizione di ritrasformarla per la propria epoca. A proposito dell'osservazione che è stata fatta, basta così.
Ora, dato che qui ci sono tre domande, vorrei solo fare un paio di osservazioni su queste tre domande. Precisamente, tutte e tre le domande si riferiscono alla politica estera. Naturalmente potrei rispondere nel dettaglio, se forse oggi non fosse meglio, e per favore non fraintendetemi, non rispondere proprio a queste tre domande nel modo in cui lo desidera chi ha posto le domande, dati gli eventi ancora pendenti. È proprio necessario, di fronte a quelli che oggi sono gli eventi pendenti, trattenersi, benché non sia proprio verosimile che quello che dico qui domani sia nel Temps[3]. Ma in effetti è meglio che certe cose non vengano sciupate proprio intromettendosi. Però voglio dirvi quanto segue, in modo che Lei non creda che si possa mettere da parte qualcosa alla leggera in merito alla risposta a questa domanda. Vedete, quella che adesso viene presentata come tripartizione dell'organismo sociale è stata trattata inizialmente nel grave, terribile periodo bellico prima di tutto proprio come una questione di politica estera. In un periodo in cui non era pensabile avviare la socializzazione direttamente all'interno della Germania prima che finisse la guerra, in un periodo in cui l'unica cosa importante era che cosa la Germania, per esempio, avrebbe obiettato, per esempio, ai 'quattordici punti' di Woodrow Wilson, se voleva che la tragedia avesse fine. Oggi ancor più di allora sono dell'opinione che si sarebbero potuto fare davvero molto, se allora ci fosse stata comprensione per quella politica estera che si trova in questa tripartizione dell'organismo sociale sano, oltre alla socializzazione. È proprio questo, che ho con tanta tristezza sotto gli occhi. Questa partizione sarebbe stata, penso, l'unica possibilità di non arrivare ad una fine così tragica della guerra come quella che invece c'è stata. Che ora, gli strati più vasti della popolazione, cioè le persone che ora devono subentrare, non facciano propria la stessa mancanza di comprensione che hanno avuto le corrispondenti cerchie di quella volta! Che si trovi ascolto negli strati più vasti della popolazione, più di quanto lo si è trovato in coloro che, invece di cercare una politica estera ragionevole sotto l'influsso di questi impulsi, hanno combinato Brest-Litowsk e ciò che ne è conseguito.
Adesso non posso farvi una seconda conferenza sulla politica estera. Ma un giorno si studieranno le vere cause, quelle più vicine e quelle più lontane, di questi funesti eventi europei degli ultimi cinque anni. In futuro per esempio si studierà quel tessuto di cosiddette cause della guerra che hanno portato al conflitto fra l'Austria e la Serbia. In questo conflitto sono stati intessuti nella politica estera motivi economici e politici mischiati. E chi, come me, ha passato metà della sua vita, cioè tre decenni, in Austria, chi conosce la situazione austriaca, sa che per lo sviluppo infelice di questa situazione austriaca le cose dovevano andare così, perché questa situazione la si sarebbe potuta frenare solo riuscendo a separare la situazione economica e quella politico-giuridica anche in merito alla politica estera. Vedete, una volta, durante la guerra, venni a Vienna. Mi vennero incontro svariate persone e, prendendo solo un aspetto, l'aspetto economico delle cause della guerra, dissero: “Ah, questa guerra con la Serbia è proprio solo una guerra di maiali”. - Naturalmente si riferivano solo ad un settore, alle cause economiche, però c'erano. A queste si aggiungevano le cause politiche e perfino quelle culturali, anche se queste erano in diverse lingue: l'Austria ne aveva ufficialmente tredici. In breve, come ho detto, dovrei tenere conferenze dettagliate, per mostrarvi come queste cose, che io chiamo un'inorganica, caotica gettata di dadi dei tre settori della vita che in futuro dovranno essere separati, hanno avuto degli effetti oltre i confini nazionali di allora.
Così, oggi, per motivi facilmente comprensibili posso proprio soltanto accennare a tutto questo. Vedete, quello che oggi si chiama debito della guerra, quelle che si chiamano condizioni di pace, alle quali si riferisce la domanda, ecco, sono forse cose impossibili da realizzare? No, non sono cose impossibili, ma sono una semplice stoltezza, perché sarebbe come navigare in un vicolo cieco. È del tutto incomprensibile, come oggi le persone a Versailles possano immaginarsi qualcosa del genere. Certo, forse non si vede chiaro, non abbastanza concretamente, nella situazione, ma pensate solo una cosa. Lasciamo da parte il debito di guerra. Prendiamo i debiti che sono risultati dalla situazione precedente, debiti che devono essere estinti all'interno dei confini tedeschi stessi. Dunque lasciamo per un attimo da parte il debito di guerra, e per i prossimi anni i semplici interessi, ascoltate bene, egregi convenuti, gli interessi, ammontano, credo, a 28 miliardi di marchi l'anno. Dunque non è solo qualcosa di impossibile, ma follia pura. Sono cose che non sono affatto realizzabili. È proprio il fenomeno tipico del tempo presente, che noi ovunque, sotto l'influsso delle vecchie condizioni, siamo posti in qualcosa che si potrà sviluppare oltre solo se costruiamo qualcosa in modo totalmente nuovo, su basi assolutamente nuove. Ora, presto gli uomini si convinceranno di dover costruire su basi assolutamente nuove. Quelli che oggi non vogliono saperne ancora niente della tripartizione dell'organismo sociale dovranno imparare proprio dalla politica estera che è impossibile uscire da questa tragica situazione se non ci si mette in condizione di stabilire dei rapporti internazionali a partire dalle necessità della vita economica al di là di tutte le situazioni politiche e culturali. Naturalmente, questo va studiato nel dettaglio. Se lo si studia, si vede appunto che un risanamento lo si può raggiungere solo cercando di fondare i rapporti economici internazionali su una base che, almeno per noi, tripartisce l'organismo sociale. Non è affatto un ostacolo, il fatto che le nazioni dell'Entente non si tripartiscano. Per noi sarebbe necessario solo, per andare avanti, per tornare ad avere aria e possibilità di vita, che verso est anche la Russia e l'Ucraina potessero accogliere la tripartizione. Ma chi conosce più profondamente le intenzioni dell'anima di popolo russa sa quanto in realtà è stato combinato con la pace di Brest-Litowsk, e che di fatto proprio in Russia, se non fosse stato seppellito così tanto, ben presto molte persone avrebbero accolto questo impulso per l'organismo sociale tripartito. Naturalmente bisogna trovare il modo per recuperare. Ma per chi non prende le cose secondo programmi, non secondo pensieri preconcetti, ma per come sono nella realtà, anche in politica estera c'è un'unica possibilità: quella di rafforzarsi abbastanza, in un territorio sufficientemente grande in Europa orientale e centrale, da riuscire a non essere danneggiati da quell'intenzione occidentale che si esprime in condizioni di pace così tremende. Vorrei menzionarvelo: gli impulsi di questa tripartizione sono stati pensati inizialmente nel corso della guerra come politica estera, ed è questo che oggi dà un senso di oppressione: anche adesso, dopo queste esperienze spaventose, sanguinose deve essere anche adesso di nuovo come era durante la guerra? Quella volta ho cercato di chiarire che ci sarebbero state reazioni assolutamente diverse a tutto il resto, se ci fosse stato qualcosa in questa direzione. Ovviamente se ne sarebbe parlato diversamente da oggi, secondo le esigenze dell'epoca, ma sarebbe stato diverso se fosse successo qualcosa in questa direzione. Ma adesso che è iniziato un altro periodo si vorrebbe che questo nuovo periodo capisse queste cose meglio di come le hanno capite le persone che erano gli ultimi ritardatari della vecchia epoca e che, essendo state ritardatarie, hanno trascinato l'umanità europea alla terribile catastrofe. Che il maggior numero possibile di persone apra il cuore, che non si voglia essere ritardatari, ma precursori dell'unica cosa che può dare sostegno, cioè di quel che veramente risana l'organismo interno. E l'organismo interno sano troverà anche i mezzi e le vie per farsi valere nel giusto modo all'esterno.
|