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Estratto dal libro "L'Economia delle Merci Fittizie - Lavoro, Terra, Capitale e la Globalizzazione dell'Economia" di Udo Herrmannstorfer.

Capitolo 5. La legge sociale fondamentale - l'altruismo come potere sociale creativo

Udo Herrmannstorfer

02/2013

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“La salute di una comunità di uomini che lavorano insieme è tanto maggiore quanto meno il singolo ritiene per sé i ricavi delle sue prestazioni, vale a dire quanto più di tali ricavi egli dà ai suoi collaboratori, e quanto più i suoi bisogni non vengono soddisfatti dalle sue prestazioni, ma da quelle degli altri.”

R.Steiner: la fondamentale legge sociale
Scienza dello spirito e problema sociale

I pseudo-mercati per il lavoro e le imprese

Con l'instaurarsi della divisione del lavoro, sono sorte due questioni interconnesse tra loro alle quali non si è ancora data una risposta soddisfacente: qual è il ruolo del lavoro umano? E quale forma dovrebbero avere le imprese in quanto luoghi di cooperazione? Da quando sono stati resi effettivi i diritti umani universali, i vecchi diritti sociali e di classe ancora accettati come una cosa ovvia nel tempo che precede il divenire maggiorenne dell'individuo, non possono essere più utilizzati...La nuova regola del diritto si basa sull'uguaglianza giuridica e non deve condurre, o favorire, nuovi sistemi di dominio. Tuttavia, nel caso del lavoro, è precisamente ciò che è accaduto.

In Europa e in America, i sistemi di servitù e schiavitù sono esistiti per buona parte del XIX secolo. È interessante notare come si sia verificato, in particolare, nel settore dell'agricoltura. Lo smantellamento delle vecchie strutture ha rappresentato una volta per tutte un grande passo in avanti, attraverso il successo di convinti combattenti per la libertà quali von Stein oppure Lincoln. Applicato alla moderna vita lavorativa ciò significherebbe che i contratti d'impiego dovrebbero essere basati, e regolati, da accordi tra persone con eguali diritti/che stanno sullo stesso piano. Chiunque sia ideologicamente “incontaminato”, dovrebbe considerare come una cosa logica che imprenditori e lavoratori, quelli che gestiscono e quelli che eseguono il lavoro, dovrebbero stare sulla stessa base legale come collaboratori e che i rispettivi salari dovrebbero essere una parte di quanto è stato guadagnato insieme.

Invece, si è verificato un altro tipo di sviluppo. La proprietà privata della terra, che comparve soltanto verso la fine del medioevo, divenne la base delle organizzazioni aziendali del nostro tempo. Ci fu un fallimento nello sviluppare nuove forme sociali di proprietà per i nuovi impianti di produzione in economie fondate sulla divisione del lavoro. Proprietari della “persona giuridica” di un’impresa divennero soltanto quelli che fornirono il capitale di rischio al momento della fondazione invece di tutti coloro che vi lavorano insieme. Pertanto, anch’essi sono i proprietari di tutti i guadagni dell'impresa. Il proprietario, a sua volta, decide e concorda l'importo che – attualmente in base alle regole del mercato del lavoro di recente invenzione – dà ai suoi dipendenti in qualità di un salario. Collaboratori e soci sono stati trasformati in lavoratori e salariati.

Per il fatto che, in termini di legge sulla proprietà, le varie forme di imprese sono considerate dalla prospettiva del capitale, è diventato possibile acquistare e vendere imprese e quindi “persone giuridiche” al pari di una qualsiasi merce. La sostituzione della libera cooperazione con la vendibilità, ha condotto oggi ad una grande ondata di fusioni e acquisizioni. Tutti i contratti di lavoro vengono quindi presi in carico automaticamente, in modo che un’impresa possa oggi essere venduta al nuovo acquirente nell’arco di una notte. La libera vendibilità delle imprese comporta quindi anche una vendibilità degli esseri umani. Questa è però solo un tipo di moderna schiavitù che pensiamo di aver abolito. C'è una logica dietro ad essa: ancora una volta, un’entità giuridica (l'impresa) e un rapporto giuridico (i collaboratori) sono stati trasformati in merce, che possono essere acquistati o venduti nei loro rispettivi mercati, il mercato dei diritti di proprietà sulle imprese (ovvero il mercato azionario) e il mercato del lavoro.

Queste regole che sono state trasformate in legge, hanno causato danni incommensurabili nel mondo. Profondi fossati si sono aperti tra imprenditori e dipendenti, e questi difficilmente potranno essere riempiti. I contratti collettivi sui salari con una durata da un anno ad un anno e mezzo e le negoziazioni che durano mesi concludenti i rituali tra “datori di lavoro” e “sindacati”, trasformano la vita lavorativa in una vertenza sindacale permanente. Come potrà mai svilupparsi la volontà di lavorare per il bene sociale se le persone che vi partecipano devono combattere continuamente per le loro condizioni di lavoro e per i salari? Il pseudo-mercato delle imprese (mercato reale) verrà menzionato ancora nel capitolo sulla moneta (vedi sotto), ma non verrà discusso qui in modo approfondito. Invece di esaminare sistematicamente il problema del mercato, mi piacerebbe introdurre qui il percorso verso una nuova comprensione del lavoro. Il punto di partenza sarà la cosiddetta “legge sociale fondamentale” come menzionato all'inizio:

“La salute di una comunità di uomini che lavorano insieme è tanto maggiore quanto meno il singolo ritiene per sé i ricavi delle sue prestazioni, vale a dire quanto più di tali ricavi egli dà ai suoi collaboratori, e quanto più i suoi bisogni non vengono soddisfatti dalle sue prestazioni, ma da quelle degli altri” (R.Steiner in “Scienza dello spirito e problema sociale”).

“Un’utopia moralmente preziosa, ma troppo idealistica e, dopotutto, irrealistica” – questo è il più delle volte il giudizio sulla “legge sociale fondamentale” espresso dai “professionisti”. Al contrario, l'esposizione che segue vuole mettere in evidenza gli aspetti pratici di questa “legge” nella vita di ogni giorno, a condizione che il lettore sia disposto a guardare oltre gli aspetti superficiali e il comportamento della vita sociale del presente e, con mente aperta, prenda in considerazione l'essenza spirituale dell'essere umano, il suo potenziale e il suo bisogno di svilupparsi, come parte di una realtà più completa. Il senso della praticità che riguarda la vita, è quindi quello di esplorare i suoi poteri di germinazione e di adoperarsi per creare condizioni di vita per crescere e svilupparsi.

Maturità individuale e paternalismo sociale

Il fatto che i diritti umani universali siano stati fatti propri dalla maggior parte delle costituzioni del nostro pianeta, può giustamente essere considerato uno dei più grandi traguardi raggiunti dalla moderna umanità. La battaglia per realizzarli è però ovviamente ben lontana da essere vinta e richiede ulteriori sforzi. Questi diritti umani universali incorporano il concetto che l'uomo moderno è diventato sufficientemente maturo per dare scopo e direzione alla propria vita. Non era questa la situazione in tempi precedenti. Tanto più indietro andiamo, tanto più il singolo si trova ancora nel grembo di gruppi umani, collegati da legami di sangue. La direzione e lo scopo dell'individuo, dalla religione alla vita economica, era regolato dalla comunità. Questa, a sua volta, era ispirata da un potere superiore, che si rivelava ad esseri umani che si erano preparati attraverso un percorso specifico oppure in dipendenza di selezionate linee ereditarie. L'effetto totalizzante delle vecchie comunità culturali sopra l'individuo, ha portato ad un’impressionante consistenza di tutte le sfere della vita, in un modo che ancor oggi è in grado di toccarci. Gli uomini di quei tempi non sentivano tutto questo come una limitazione alla loro personalità, proprio come un bambino non sente il suo regolato ambiente circostante come una restrizione, ma necessita di questa regolazione dall'esterno per il suo sviluppo, fino a che non è “maturo” a sufficienza per dare a se stesso queste medesime regole da sé.

Con la consapevolezza odierna di cosa significhi essere adulto, non siamo capaci di giudicare il funzionamento delle precedenti relazioni sociali, né possiamo trovare un modo per dar forma alla moderna vita sociale se proviamo a portare la vecchia idea di “unicità” delle comunità nel futuro. La maturazione di tutta l'umanità comporta una completa inversione della relazione tra individualismo e comunità. Con la proclamazione della maturità, la lotta per la libera autonomia viene condotta ad una conclusione certa. Ora, il compito è di rendere questa libertà la sorgente dell'individuo al pari della vita sociale.

Inizialmente solo in casi isolati, ma a partire dalla Prima Guerra Mondiale con la velocità di un’epidemia, tutte le istituzioni sociali vennero legittimate democraticamente da cittadini politicamente maturi. Così coloro che si sentirono chiamati a guidare le persone in virtù di un’investitura suprema, per “Grazia di Dio”, furono tutti privati del loro potere. La nuova autorità decisionale è ora la maggioranza democratica. Ciò sta conducendo ad una standardizzazione artificiale in tutte le sfere della vita in cui trova applicazione: l'uguaglianza di esseri politicamente maturi diventa un’uguaglianza di opinioni e intenti. Lo stato sotto il dominio della legge, realizzata dai cittadini politicamente maturi per i cittadini politicamente maturi, diventa l'oppressore della minoranza nel nome della maggioranza. La più estrema minoranza, ma anche la più naturale, è tuttavia l'individuo stesso. Questa contraddizione della moderna società fondata sulla democrazia è risolvibile soltanto se la politica – che tende a standardizzare – si ritira da tutte le sfere della vita nelle quali persone consapevoli e responsabili sono capaci e disponibili a prendere l'iniziativa per creare istituzioni concrete da se stessi.

Il fattore che collega le persone tra di loro in una moderna società non è più ormai una conformità a valori e a regole di comportamento. Essa piuttosto appare attraverso la diversità e l'ampiezza dello sviluppo di ciascuna azione individuale. Se, dopo la maturazione di tutti gli esseri umani, essa tenta ancora di realizzare tale conformità con l'aiuto delle istituzioni democratiche, allora i troni dei vecchi regnanti dei tempi antichi vengono restaurati e rimpiazzati da governanti in abiti civili, per “grazia del popolo”. Cercare di usare le istituzioni democratiche per realizzare una tale conformità nell'epoca dell'autonomia dell'individuo, condurrebbe ad un ritorno a vecchi sistemi di governo antecedenti il tempo dell'autonomia politica, e per “grazia del popolo”, restaurerebbero i governanti, vestiti ora in abiti civili, che farebbero uso delle regole della maggioranza come del più forte dei loro argomenti, quello in grado di legittimare tutto. E tanto più essi fanno sentire le loro opinioni e intenzioni, tanto più essi volgono i diritti umani universali nel loro specifico diritto. L'obiezione che molte persone non sono ancora capaci di usare la propria libertà in un modo responsabile, e che quindi regole sociali devono essere messe in pratica per supportarli, non devono essere considerate come un argomento per inibire iniziative private.

Così da un lato la politica democratica deve lasciare libero spazio per l'autonoma estrinsecazione degli impulsi individuali e della creatività, se essa intende trasformare la maturità di tutti i cittadini in una realtà sociale. Così, la libertà si sta rafforzando a discapito dell'uguaglianza. Ciò è anche vero, inizialmente, per l'altro lato della politica, per la vita economica: abilità e bisogni sono entrambi espressione di un carattere individuale. Il potenziale individuale che è stato liberato dalla divisione del lavoro per un incremento enorme della produttività, è testimoniato dalla nostra apparente ricchezza.

Per la moderna vita economica non è tuttavia sufficiente stabilire una solida base né la libertà per capacità e bisogni, né la disponibilità di norme fondate sull'uguaglianza giuridica. In primo luogo, è la divisione del lavoro in se stessa che richiede collaborazione secondo la distribuzione del lavoro. Come altra conseguenza della divisione del lavoro, i risultati del mio lavoro non sono più destinati a soddisfare i miei bisogni; prima devono essere scambiati con prodotti e servizi prodotti da altri attraverso i processi di acquisto e di vendita. Così compare la questione ulteriore del prezzo equo e giusto e, insieme a questa, il problema di una distribuzione socialmente equa dei frutti della cooperazione. Lo stato democratico ha anche qui di fronte a sé una contraddizione. Se lo stato lascia il desiderio individuale di libertà di essere vissuto come puro illimitato egotismo, allora sorge nell'individuo la tendenza a reclamare i maggiori vantaggi del proprio lavoro per soddisfare i propri bisogni. Non appena lui o lei devono chiedere i frutti del loro lavoro da altri, la libertà del singolo si trasforma in un esigente egoismo e, dal punto di vista sociale, distrugge la base della cooperazione. Se lo Stato – per ragioni di uguaglianza – vuole comunque proteggere lo stato sociale di tutti dai danni, in primo luogo i diritti democratici e individuali devono essere ridotti in modo significativo; un processo di affrancamento dovrebbe verificarsi anche nel dominio economico. La domanda se alla vita economica si può concedere di essere l'unico campo d'azione dell'Ego oppure se deve essere regolata collettivamente dalla società, ha dato vita ad un acceso dibattito nella scienza economica sin dall’inizio.

Entrambe le questioni, quella sulla cooperazione e quella sulla giusta distribuzione dei risultati del lavoro, risultano ugualmente interconnesse come talenti e bisogni rappresentano le due facce di un medesimo essere umano. Il conflitto indicato può essere risolto nella vita economica soltanto se il comportamento individuale viene orientato al bene di tutta l'umanità e lo stesso vale anche per la realizzazione della giustizia sociale. Questo comportamento può essere chiamato fratellanza. La fratellanza è il corrispettivo dell'uguaglianza giudiziaria nella sfera economica. Come la libertà, è una conseguenza di un comportamento maturo e la sua realizzazione pratica è necessaria, se la dignità umana deve potersi affermare nella realtà sociale. La Legge Sociale Fondamentale descrive l'agire fraterno e le sue conseguenze per coloro che sono interconnessi tra loro. Opposto a questo si erge il dogma dell'egoismo.

L'egoismo: una costante naturale?

La vita economica è il risultato del lavoro umano consapevole e intenzionale, e in tal modo essa ha rappresentato una parte della cultura umana fin dai suoi inizi. Mentre le sostanze e le forze della natura vengono utilizzati per la produzione di beni e servizi, la guida e la motivazione del lavoro umano e del comportamento economico-sociale sono un’emanazione della vita interiore umana. In questo modo, la scienza economica si trova coinvolta da un lato con le scienze naturali e dall'altro con le scienze umane. Affinché tale scienza divenisse quanto più precisa possibile, gli economisti si misero alla ricerca fin dagli inizi di modelli che supportassero la trasposizione computazionale e calcolabile delle strutture comportamentali umane in quanto “leggi naturali” della vita sociale. Cosa è che dà all'uomo l'orientamento nella vita economica? Per tutto il tempo in cui l'individualità si risveglia all'autonomia, ma simultaneamente continua ad escludersi dai vecchi impulsi spirituali, la risposta alla domanda di cui sopra è: “l'individuo stesso”. Interpretata da una prospettiva scientifica e materialista della natura umana, ciò riflette l'istinto umano per l'autoconservazione e affermazione, che gli consente di avere successo nella lotta per la sopravvivenza: l'istinto per la sopravvivenza è il più forte di tutti, il vantaggio personale è il più pertinente e forte dei motivi.

L'immagine di „Homo oeconomicus“ ovvero la persona che ossessivamente cerca e si procura il suo tornaconto, si dice sia un centro inalterabile del carattere umano, una caratteristica naturale costante in tutte le anime umane e quindi statisticamente calcolabile in quanto fenomeno naturale. ”Questo tratto [di essere una legge di natura, N.d.A.] del carattere umano non viene modificato per il fatto che le leggi statistiche che riguardano l'economia in ultima analisi risultano fondate su tratti ereditari ed azioni. Questa validità non viene messa in discussione fino a quando non cambia l'atteggiamento umano nei confronti della vita economica. Questo atteggiamento è l'istinto per l'autoconservazione (egotismo) ovvero la lotta economica per l'esistenza e la strenua ricerca del vantaggio economico utilizzando tutti i mezzi legali a disposizione. Da qui l'inesausto desiderio di ottenere il più alto prezzo possibile per il fatto che qualcosa è intensamente desiderato da qualcun altro, invece di permettere agli altri di averlo gratuitamente, e nonostante il fatto che [dovuto alla divisione del lavoro, N.d.A.] esso non abbia per te alcun valore”.

Secondo questo modo di concepire il lavorare per gli altri e il condividere con essi sarebbe già un indebolimento dell'istinto per l'autoconservazione: “un individuo che lavora con un compagno è meno laborioso di un individuo che gode da solo dei frutti del suo lavoro. Se ci sono 10, 100 o 1000 compagni, l'impulso al lavoro deve essere diviso per 10, 100 o 1000 e se tutto il genere umano è per condividere i ricavi del lavoro, ciascuno dovrà dirsi: Non importa come lavoro, in quanto il mio lavoro è una goccia nell'oceano”. Il lavoro quindi non viene più guidato da impulsi, questi devono essere sostituiti da qualche forma di costrizione. Per questa ragione il saggio di Neuchâtel, Charles Secrétan, ha ragione nell’affermare: “l'egoismo dovrebbe essere, massimamente, lo stimolo al lavoro. Qualsiasi cosa, dopotutto, che può dare a questo impulso più forza e libertà di azione deve essere incoraggiato; qualsiasi cosa che lo indebolisca e limiti deve essere condannato. Questo principio fondamentale deve essere applicato con inflessibile determinazione nonostante l'opposizione della miope filantropia e la condanna delle Chiese”.

L'umanità è stata, è, e sarà sempre “egoista”. L'intero edificio della scienza economica odierna in ultima analisi posa su questo assioma sulla natura umana non economico, ma ideologico. Finché tale giudizio si basa sull'osservazione del comportamento umano, è innegabile che l'egoismo sia l'onnipervadente motivo del comportamento economico. Tuttavia, l'evoluzione è inseparabilmente legata allo sviluppo della ragione umana: non è possibile prevedere un’azione libera e responsabile senza la capacità di un pensiero cosciente...Soltanto da qui, il motivo guida dell'egoismo può essere sostituito da altri motivi. Ciò presuppone che entro il pensiero umano ci sia un potere in grado di cambiare la sua stessa natura e favorire la trasformazione sociale.

L'egoismo e la divisione del lavoro

Le forze trainanti che stanno dietro l'egoismo economico sono costituite dai nostri bisogni. Molti di essi sono così fortemente connessi con il nostro essere fisico che il non soddisfarli metterebbe seriamente in discussione la nostra vita. Siamo legati a questo essere fisico, e, fino a che ne abbiamo bisogno, dobbiamo quindi mantenerlo. Un'altra questione è, tuttavia, se l'egoismo dell'essere fisico ci costringe anche ad agire egoisticamente nella comunità umana, nel nostro ambiente sociale.

Fino a quando i valori e le regole sovraordinate della comunità dirigevano il singolo verso una particolare posizione nella vita e davano alla sua anima una collocazione spirituale, l'egoismo risultava gestibile per la struttura sociale. Ciò tendeva anche a lavorare in favore dello sviluppo del mondo poiché esso conduceva l'uomo verso l'autonomia. Da quando però questa autonomia è stata raggiunta, e la comunità risulta essere dipendente dal comportamento del singolo, l'egoismo non può più strutturare il potere sociale secondo la propria natura. Una delle più grandi realizzazioni degli ultimi secoli inizia a questo punto: la divisione del lavoro, nella quale il singolo non lavora più per se stesso, ma per gli altri, noti collettivamente come “mercato”. Ciò che è stato prodotto serve solo indirettamente a soddisfare i propri bisogni, in quanto fornisce le risorse finanziarie per gli acquisti attraverso la vendita dei prodotti del proprio lavoro. Quanto più si sviluppa questo processo, tanto più chiaro ne diventa visibile il principio di base: tutto ciò che produco è destinato ad altri; tutto ciò di cui ho bisogno è stato prodotto da altri per me. A livello di beni e servizi, questo principio risulta oggi in gran parte realizzato. La divisione del lavoro costringe, a causa della sua intima natura, a far sì che ci si impegni a lavorare per altri uomini. Questo comportamento viene chiamato altruistico, disinteressato, in opposizione al comportamento egoistico. La divisione del lavoro si rivela essere uno strumento sociale, una “scuola per l'altruismo”. Il singolo non può fare altro che lavorare per la collettività: “non è né un Dio, né una legge morale, né un istinto che richiede l'altruismo nella moderna vita economica, nel lavoro e nella produzione delle merci. Lo richiede la moderna divisione del lavoro, una categoria puramente economica”.

Attraverso la sola divisione del lavoro, l'egoista non diventa un altruista. Nella vita economica, l'egoismo, nonostante si sforzi più e più volte per trovare i modi per raggiungere il suo scopo, è fortemente frenato dal fatto che ci troviamo oggettivamente nella situazione di lavorare per altre persone quando produciamo beni o forniamo servizi come sopra descritto; per questo motivo, oggi esso si concentra sul momento dello scambio che deve avvenire. Nella compravendita, l'egoista può ancora tentare la fortuna di ottenere il miglior prezzo possibile ricavandolo dagli altrui bisogni e quindi spostare il rapporto di cambio del lavoro umano a proprio vantaggio. Oggi l'egoismo si pratica non nei prodotti ma nei prezzi e nei salari. È lì dappresso che dobbiamo seguirne le tracce.

Il “principio economico” – Lo sviluppo della produttività e della contro-produttività

“Raggiungere il massimo rendimento con la minima spesa” – questo principio rappresenta spesso il credo dell'“homo oeconomicus”, con il quale egli vuole raggiungere l'optimum nella sua lotta per il vantaggio personale. La realizzazione di questo principio dipende tuttavia dalla sfera della vita in cui si applica:

  1. Se viene applicato nella produzione di beni e servizi, la sua utilità può essere immediatamente osservata. Applicata in modo conseguente esso produce i seguenti effetti:
  2. Si traduce in un più economico utilizzo di materiali, capitale e lavoro umano
  3. Migliorando la relazione tra punto di partenza e risultato, ottimizza la produttività e crea le opportunità per un’ulteriore produzione
  4. Aumenta il livello dell'offerta della comunità
  5. L'aumento della produttività può anche essere usato per rendere più economici i prodotti, per risparmiare capitale e ridurre le ore di lavoro

Questi risultati vengono raggiunti attraverso l'efficienza dell'intelligenza umana, capace di modificare e migliorare le condizioni esistenti di lavoro attraverso la razionalità e la creatività. Pertanto, il principio economico dimostra il potere creativo della nostra mente, se esso si volge verso la vita economica. É il “principio produttivo dello spirito” (intelligenza, riflessione, ecc.).

Il flusso dell'offerta che sgorga da questa sorgente porta vantaggio nel modo migliore a tutti coloro che collaborano insieme, se il singolo applica il principio economico a loro stessi in modo tale che colleghino gli sforzi ad essi stessi ma i ricavi vadano alla comunità. Questo accade nella Legge Sociale Fondamentale, che in questo modo dimostra di essere la metamorfosi del principio economico nella sfera sociale.

Un quadro completamente differente appare, invece, se anche i ricavi del produttore vanno massimizzati. In questo caso il principio economico significa che l'individuo lotta per ricevere il massimo servizio dagli altri mentre fornisce loro il minimo impegno. I miglioramenti tecnici della produzione che hanno causato l'aumento del vantaggio e migliorato così le condizioni sociali, mostrano ora una tendenza a diminuire l'attività: quanto meno do o quanto più ampia è la differenza tra il mio investimento e i ricavi, tanto meglio sto agendo. La condizione ideale di tale comportamento è di non fare nulla, mentre si viene curati in tutto e per tutto dagli altri, in sostanza un mondo illusorio di latte e miele. Il vantaggio per me stesso deriva dall'alterare le condizioni dello scambio di beni e servizi (prezzi) a mio favore. Per realizzare questa visione, è necessario applicare il potere (“potere del mercato”) che l'egoismo ci costringe ad utilizzare. Se questo ha successo, l'incremento egoistico del benessere individuale si connette con la diminuzione del benessere di tutti.

Nell'ambiente sociale della divisione del lavoro, il principio economico agisce in modo controproducente se applicato in questo modo. Il risultato è ampiamente noto e viene sempre in mente se riguarda il comportamento all'interno di una comunità. La gestione del business oggi, ad esempio, è totalmente orientata verso il principio economico: producendo nel modo più economico possibile, vendendo nel modo più costoso possibile. Se un singolo impiegato di un’impresa dovesse applicare questo principio per se stesso, se lui o lei tentassero di guadagnare il proprio salario con il minimo sforzo possibile, ci sarebbero un sacco di proteste. Si contesterà loro di danneggiare l'intera azienda e verrebbero minacciati di licenziamento come forma di esclusione dalla comunità sociale. Simili modelli possono essere visti nell'economia mondiale in cui ci si lamenta di un declino permanente delle condizioni di scambio per i paesi in via di sviluppo. Di conseguenza, il principio economico, se applicato in contesti sociali, comporta che tutti diventano più poveri attraverso l'arricchimento dei singoli membri. Quindi, l'individuo si disconnette da questa comunità, che è solo un mezzo per un fine senza altri significati. Dopo aver descritto il principio economico come un principio produttivo dello spirito creativo, possiamo ora riassumere i suoi effetti in una comunità sociale come segue quando viene applicato sulle condizioni del prezzo:

  1. Lo sforzo individuale viene ridotto nella misura maggiore possibile
  2. Il miglioramento delle condizioni di vita di un individuo non hanno nulla a che vedere con un miglioramento delle prestazioni, ma è soltanto un risultato della redistribuzione a spese degli altri. Non è la produttività che è aumentata ma l'egoismo
  3. Beni e servizi vengono richiesti ad altri per quanto possibile
  4. I rapporti di prezzo diventano ingiusti, ovvero non sono in equilibrio. Il significato sociale dell'individuo appare esagerato in quanto basato sul potere dell'egoismo
  5. Attraverso l'abbandono e il rifiuto di rendersi utili, i poteri produttivi individuali si ritirano dall'organismo sociale e la comunità subisce un danno consistente
  6. Come l'ego umano si forma attraverso l'espansione dei suoi poteri creativi, un’atrofia di questi poteri comporta un indebolimento della sua stessa individualità (“...poiché questa idea di servizio, nel suo senso più ampio, non può essere separata dall'idea dell'umano” – scrive il Prof. Sontheimer in un saggio che si intitola “Tra felicità e pressione per la prestazione”). L'umano regredisce così in un comportamento animale di auto conservazione
  7. Il comportamento sociale derivante dal principio economico porta alla distruzione sociale. Gli individui si separano dalla comunità sociale anche se essi vivono proprio in mezzo ad essa.

Il principio economico risulta tanto vantaggioso se si colloca nel processo del lavoro, tanto distruttiva diventa la sua influenza sul processo sociale se il benessere dell'individuo e non il benessere comune diventa l'obiettivo del proprio lavoro.

Limitazioni della consapevolezza egoistica ed espansione della consapevolezza sociale

Agendo per egoismo, la salute sociale di tutti risulta subordinata al benessere individuale. La sfera d'azione dell'egoismo diventa così il limite permanente della consapevolezza globale degli individui, limite che è vietato superare. L'egoismo conduce ad una struttura sociale che consente a se stessa di essere egoista. Come può essere, in una comunità che vive sotto la dittatura dell'egoismo, che secondo gli statuti dei diritti umani chiunque ha diritto ad un’esistenza economica? La soluzione dell'economia di mercato, che domina nella nostra società, si basa su un pensiero straordinariamente semplice: che esiste un solo potente nemico naturale dell'egoismo individuale ovvero l'egoismo degli altri. Il disagio di una persona è quindi l'opportunità per un’altra che tenta anche di sfruttare al massimo la situazione. Se però i contesti sociali sono modellati in modo tale che queste opportunità di ottenere un vantaggio sono note da quanti più possibili individui orientati all'egoismo, senza che essi siano consapevoli l'uno dell'altro, allora si presenta la strana situazione che risultano esserci più opportunisti che effettive opportunità. Ciò significa che le aspettative sono troppo alte. Ne deriva che coloro che vogliono avvantaggiarsi iniziano a competere fra loro stessi. La fine di questa lotta spietata è una vittoria fittizia in quanto vinta da chi rinuncia alla maggior parte del vantaggio originariamente atteso poiché chi è in difficoltà può scegliere liberamente tra i concorrenti e ovviamente sceglierà il più economico. Il beneficiario della competizione tra i venditori è l'acquirente e viceversa.

In sintesi, si può affermare: tanto più l'egoista si sforza ed ottiene, tanto maggiore è il benessere complessivo, a patto che esso crei e protegga le condizioni della competizione attraverso cui il tutto va nella direzione che l'individuo desidera. Tutte queste condizioni di competitività formano insieme il sistema del libero mercato: trasparenza dei mercati (riconoscimento dei cambiamenti vincenti), libero accesso ai mercati (a ciascuno è concesso di provare e di ottenere il vantaggio prospettato), atomizzazione degli interessi (dovrebbero esserci quanti più differenti venditori e acquirenti possibili, in modo tale da avere sufficiente competizione), isolamento della consapevolezza dei partecipanti (nessuno dovrebbe conoscere le intenzioni degli altri, soltanto la promessa del profitto viene condivisa da tutti), no a privilegi ottenuti attraverso il potere, accordi, ecc..

Mentre si elencano tali condizioni, diventa ovvio che il concetto di economia di mercato rende un dovere sociale la limitazione della consapevolezza attraverso l'egoismo. L'equilibrio sociale avviene al di fuori della coscienza individuale attraverso il meccanismo di mercato di domanda e offerta in quanto inversione di un vantaggio? Esso avviene attraverso una “mano invisibile” a condizione che ciascuno soddisfi il proprio dovere di agire egoisticamente. Si trova all'interno di questa linea di pensiero, se gli economisti di mercato mettono ripetutamente in guardia contro le interferenze in questo complesso meccanismo sulla base di immagini sociali e desideri, come se fosse compito dello stesso meccanismo provvedere all'equilibrio sociale.

La soluzione della economia di mercato appare invero essere incontrovertibilmente geniale: nessuno deve cambiare il proprio comportamento egoistico né devono essere fatte delle critiche a tal proposito; nessuno deve minacciare gli altri sollevando questioni morali; e soprattutto, nessuno deve pensare a riguardo della complessità della questione sociale. L'unica condizione è la doverosa sottomissione a comportarsi secondo i dettami dell'economia di mercato! Allora, la comunità riceverà ciò di cui necessita attraverso la competizione. L'odierna prosperità generale non fornisce forse le migliori credenziali per la correttezza di questa teoria?

Il livello della prosperità rende difficile controbattere tale affermazione in quanto la prova fornita dall'economia di mercato è unicamente quantitativa. Per l'essere umano responsabile, tuttavia, il risultato è secondario rispetto al modo in cui è stato raggiunto. Nonostante sia in corso, diventa visibile la misura in cui il risultato è espressione di un’intenzione poiché senza un’impegnata consapevolezza dei promotori, non si può parlare di responsabilità e quindi di maturità. Forse che l'umanità si è liberata dalla guida dei poteri sovrumani unicamente per sottomettersi inconsciamente ad un puro meccanismo? Il modello sociale dell'economia di mercato è, da questa prospettiva, un anacronismo! Questo in quanto la sua qualità sociale riposa nell'assicurare l'esistenza economica di tutti come base per la loro maturità attraverso l'incapacità dei singoli. Se la salute di una comunità di persone che collaborano è destinata a rimpiazzare l'egoismo inteso come motivo per l'azione economica, la consapevolezza dell'individuo deve anche essere capace di espandersi verso questo insieme. Nel contesto della divisione del lavoro, in cui ciascuna persona gioca soltanto una piccola parte nella realizzazione del tutto, le interconnessioni sociali devono essere trasparenti e sperimentate in contrasto all'isolamento dell'economia di mercato. Soltanto quando i diversi interessi dal produttore al consumatore si incontrano e trovano le loro associazioni diventa possibile attraverso esperienze condivise compiere valutazioni globali dei processi sociali.

Le comunità che lavorano con un’economia associativa diventano olistici organi di percezione, creando una base sulla quale possono essere formati dei giudizi socialmente applicabili che possono, a loro volta, accendere la conscia volontà individuale. Se i rappresentanti delle differenti sfere sociali lavorano insieme in questo modo, il problema di un meccanismo di regolazione diventa superato, in quanto la regolazione verte sull'attività stessa, la quale non è basata sull'inconscio ma sulla consapevolezza della collettività. Silvio Gesell fa ricorso al meccanismo inconscio del mercato nel 1918 rifiutando l'idea dell'economia associativa in quanto non riconobbe la situazione e le opportunità di sviluppo della coscienza umana. Poco tempo dopo Rudolf Steiner dichiara che è l'uomo responsabile ad essere il soggetto del processo economico e sociale: “Una medicina universale per l'ordine delle condizioni sociali esiste tanto poco quanto un prodotto alimentare che sfami per tutto l'avvenire. Gli uomini possono però inserirsi in comunità tali che, attraverso la loro collaborazione vivente, venga sempre ridata all'esistenza la direzione verso l'elemento sociale”33. Le associazioni sono un tale tipo di comunità di persone che sono tutte attive nei processi economici. Facendo parte di esse, l'individuo può ampliare la propria consapevolezza fino a includere l'intero processo sociale. Questo ampliamento della consapevolezza a incorporare i processi economici di una comunità cooperante come un tutto non è ancora sufficiente. Il soddisfacimento di bisogni non può essere fine a se stesso. “Se qualcuno lavora per un altro, il primo deve trovare nell'altro il motivo del proprio lavoro; e se qualcuno deve lavorare per la comunità, egli deve sentire il valore, l'essenza e l'importanza della comunità stessa...[la comunità] deve essere pervasa da un vero spirito al quale ognuno prenda parte. Deve essere tale che ognuno si dica: è giusta, ed io voglio che sia così. La comunità deve avere una missione spirituale, e ogni singolo deve contribuire a che quella missione si compia”

Nell'epoca della libertà, una missione spirituale non può venire dalle correnti subcoscienti della nostra natura, come per esempio accade nel nazionalismo, ma soltanto da ciò che è stato riconosciuto spiritualmente. Le intuizioni e la conoscenza non possono essere raggiunte attraverso interessi o particolari caratteristiche organizzative, esse si connettono a tutta l'umanità. Affrontando le particolarità e riconoscendole come tali, le conduce verso il loro posto fra le attività umane e così riacquistano il diritto di esistere. “Missione spirituale” – in contrasto con missioni “fisiche” – sono sempre compatibili con il progresso umano. L'intuizione non deve rimanere sulla superficie della vita economica “in se stessa”, ma deve comprendere la conoscenza delle realtà spirituali e lo sviluppo e il destino degli individui e delle comunità. La compassione per i tentativi umani fornisce la base spirituale per l'esperienza dell’uomo come fratellanza, la cui base giuridica viene data con la dichiarazione dei diritti universali dell'uomo.

L'ampliamento della consapevolezza economica e sociale necessita di perseguire una corrispondente crescita della consapevolezza spirituale e una più profonda visione dei fondamenti dello sviluppo dell'umanità. Una solida base verrà raggiunta soltanto da chi impara a sperimentare e a comprendere la propria individualità nella sua realtà spirituale. Sulla via di una “osservazione dell'anima”, si può trovare l'attività dell'anima mentre pensa, ed è un'attività interamente sua e, tuttavia, non ha un contenuto soggettivo. Questa attività dischiude la coerenza spirituale dei fenomeni non riconosciuti dalle impressioni sensorie in un modo puramente disinteressato e pertanto abilita l'individuo a partecipare dello spirito del mondo. La coscienza pensante, essendo la nostra stessa attività, è sempre al tempo stesso autocoscienza, così un'azione che è diretta verso un oggetto di conoscenza, in modo penetrante, può essere sperimentato al tempo stesso come sgorgante dal nostro centro più profondo. Diventa evidente che davvero possiamo parlare della libertà umana soltanto quando qualcosa proviene da una tale intuizione. L'amore per la libertà richiede l'amore per l'idea. Nella stessa misura in cui la conoscenza diventa il principio guida delle nostre azioni, il pensiero governa la nostra anima. Prima di questo stadio esso agisce soltanto come uno schiavo intellettuale volto a soddisfare i desideri dell'anima. Pertanto, si apre una nuova sorgente per le motivazioni umane, nel cui contesto l'egoismo perde la sua forza trascinante e la brama sottostante non ci costringe più ma diventa parte delle percezioni che prendiamo in considerazione per comprendere una situazione (un’obiezione frequente è il punto di vista secondo il quale soltanto un impulso come l'egoismo è in grado di far lavorare le persone; se manca, le persone devono essere costrette a lavorare, e così le cose vanno di male in peggio. Il fatto che un uomo possa accendere la propria volontà attraverso le proprie intuizioni e così tenere aperte le porte alla libertà e avere la possibilità di superare l'egoismo attraverso un potere più alto, è del tutto ignorato presentando invece le alternative della costrizione interna ed esterna. La nostra intera struttura sociale praticamente dipende dalla fiducia nella capacità di sviluppare intuizioni dei nostri simili, una capacità che probabilmente non esiste nella vita economica).

L'ampliamento della consapevolezza dell'intero organismo sociale attraverso lo strumento delle associazioni, è il fondamento dell'attività economica, che viene motivata dal benessere di una comunità di esseri umani. L'ampliamento della consapevolezza attraverso la missione spirituale di una comunità integra questa comunità nell'intera umanità. Questa consapevolezza della fratellanza rappresenta il terreno per l'uguaglianza. L'ampliamento della consapevolezza per comprendere come l'individuo partecipa ai processi spirituali del mondo ci risveglierà alla realtà vivente della libertà individuale. Da qui può essere meglio compresa la stretta connessione tra la Fondamentale Legge Sociale e la vita pratica.

La Fondamentale Legge Sociale – La trasformazione dell'egoismo

Attraverso la nostra abilità di creare valori economici e attraverso i nostri bisogni, che consumano e infine dissolvono questi valori, siamo doppiamente connessi con tutti i nostri collaboratori. La divisione del lavoro dirige queste connessioni in un modo tale che in ultima istanza tutte le mie capacità servono agli altri e le mie necessità sono soddisfatte dai servizi eseguiti dagli altri. La Fondamentale Legge Sociale viene inizialmente sostenuta da questa funzione direttiva della divisione del lavoro.

Si è già detto che in un’economia fondata sulla divisione del lavoro, anche gli egoisti più incalliti saranno costretti a cercare il proprio vantaggio in una produzione che serva i bisogni degli altri nel modo più preciso possibile. La divisione del lavoro conduce anche alla massima riduzione del prezzo di tutti i beni e servizi che vengono scambiati. Con l'ingresso nella condizione creata dall'uomo della divisione del lavoro, il potere della motivazione personale ed egoistica volto a produrre, termina e si trasforma nell'effetto altruistico la cui vocazione è il benessere globale. Liberato dalla sua stessa domanda di soddisfacimento dei bisogni, il carattere delle nostre abilità si dimostra essere fondamentalmente disinteressato.

Tuttavia, le cose sono diverse per quanto riguarda le nostre esigenze, che di per sé si esprimono egoisticamente. Ovunque esse incontrano il flusso della produzione e le prestazioni basate sulle abilità, l'egoismo trova il materiale per il suo proprio arricchimento. Produzione e bisogni si incontrano in tre punti: al momento della vendita, dove i miei prodotti incontrano i bisogni degli altri; all'acquisto, dove i miei bisogni incontrano i prodotti degli altri. Acquisto e vendita cooperano insieme per l'assegnazione del tasso di scambio delle merci, il prezzo. Ciò non riguarda però soltanto l'individuo. L'adeguatezza dei prezzi, il loro essere “equi”, può essere gestito soltanto attraverso le associazioni (il prezzo quindi non è né il risultato di un meccanismo del mercato, come nel libero mercato, né il postulato politico delle economie pianificate, ma esso diventa un giudizio sociale che serve come valore di riferimento. Una discussione ulteriore sulla questione del prezzo non è qui possibile. Senza una nuova soluzione della questione del prezzo, il problema del salario in definitiva non è risolvibile). Il terzo punto d'incontro si colloca in mezzo tra due barriere di prezzo all'interno della sfera d'influenza di ciascun individuo. La questione del prezzo si trasforma qui nella questione del salario: quanto dovrei o posso chiedere per i risultati della mia produzione? L'egoista chiede quanto più è possibile. Le persone mature, che sono a conoscenza della loro parte di responsabilità nei confronti di tutti i collaboratori, devono prendere una decisione difficile. Si dovrebbe diventare senza bisogni e praticare l'ascetismo? E dove dovrebbe terminare questo percorso se non nell'autodistruzione? Oppure dovrebbero abbandonare l'impiego dei collaboratori? E che cosa possono concedere loro, se non ciò che essi desiderano? “Ciò che ciascun individuo necessita effettivamente, non può che essere conosciuto e sentito da lui medesimo; in che cosa debba consistere il suo contributo, egli lo può determinare con la sua intuizione nelle circostanze della vita intese come un tutto”35. Reclamare simultaneamente la libertà e l'altruismo di cui qui si parla, sembra condurre moralmente in un vicolo cieco. Il problema viene risolto unicamente se l'incontro delle abilità e dei bisogni viene posto su un'altra base. Fino adesso, la relazione tra entrambi i termini della questione è stata solitamente vista in modo che il motivo del mio lavoro e lo sforzo connesso per ottenere dei ricavi dalle mie attività, risiede nella necessità di soddisfare i miei bisogni. Questa prospettiva è ancora interamente modellata da un punto di vista egoistico. Se, invece, sono in grado di accendere la mia motivazione economica grazie ai bisogni degli altri, come si è detto nei paragrafi precedenti, allora la relazione tra abilità e bisogno si inverte: io necessito di mezzi per soddisfare i miei bisogni in modo che io possa produrre ciò che ha significato per gli altri ed è conforme ai loro desideri. Il salario diventa credito alla produzione, i beni di consumo assumono il carattere di mezzi di produzione, e rinunciare alla rivendicazione per i ricavi delle mie attività diventa il rimborso per il mio “credito salariale”. È come archiviare una pratica per ottenere del credito: non è essenziale la quantità richiesta, ma quello che il risultato sperato significa per la comunità. Il “credito salariale” è la porta attraverso la quale l'abilità umana per la produzione, la costruzione e la creatività fa il suo ingresso nella comunità umana, e si richiede che essa vi entri, in quanto la sua efficacia è nell'interesse di questa comunità. Il bisogno, e con esso l'egoismo essenzialmente sottostante, non scompaiono per questo, ma sono stati resi utilizzabili per il benessere complessivo. Il “bisogno” riceve un nuovo significato; esso diventa il portatore della nostra produttività in via di sviluppo e in tal modo partecipa all'essenza non egoistica della sorgente delle nostre abilità. L'altruismo è diventato un potere socialmente creativo. Attraverso tutto questo, non soltanto è stato migliorato il benessere di tutti gli esseri umani che lavorano cooperativamente. La cooperazione acquista una nuova qualità sociale e umana, per il fatto che trasforma l'egoismo, e quindi la vita economica, in un potere in grado di far avanzare il progresso dell'umanità. Lo stato sociale è cresciuto fino al risanamento.

La realtà della fratellanza

Si è già mostrato quali effetti distruttivi abbia per la comunità il principio economico – raggiungere il massimo risultato con il minimo sforzo – se esso viene spostato dalla sua usuale collocazione nell'area della produzione e inserito nella sfera sociale. Lì esso si pone come espressione palese dell'egoismo. Il suo carattere coercitivo diventa visibile per il fatto che il puro mercato economico costringe chiunque ad obbedire alla legge della competizione, cioè di fare il proprio dovere come un beneficio per ottimizzare l'egoismo. È quindi incommensurabile rispetto ad una libera umanità. Mentre la Fondamentale Legge Sociale ha semplicemente un carattere descrittivo, essa non spiega il modo in cui ci si dovrebbe comportare ma mette in evidenza le conseguenze del nostro comportamento. In questo senso è una legge del destino sociale: come un individuo agisce si trova interamente entro il dominio del sua propria libertà, ma non le conseguenze delle sue azioni. Qui, sorge una nuova responsabilità verso la vita della comunità. 'Quanti più individui cedono i frutti del loro lavoro ai propri collaboratori, tanto maggiore è la salute della comunità degli esseri umani che cooperano tra loro' – chiunque agisca in tal modo, trasforma il principio economico dal punto di vista del benessere individuale verso la salute del tutto. È altruismo in pratica sperimentare questa totalità nello specchio della propria anima, disegnare da lì gli incentivi per il proprio comportamento economico e portarlo nella comunità. La Fondamentale Legge Sociale non richiede che l'altruismo diventi un dovere – questa sarebbe una contraddizione in termini – ma essa mostra come il disinteresse sia il più efficace sostenitore della salute del tutto. L'altruismo, che è stato anche chiamato la scuola del disinteresse, sostituisce l'egoismo, in quanto lato interno della divisione del lavoro, e la supera nella sua capacità di rilasciare forze creative. L'altruismo, che significa cercare il motivo della mia azione nei bisogni degli altri, porta alla formazione della fratellanza nella vita sociale che poi migliora anche la libertà e l'uguaglianza. Tuttavia, gli strumenti che consentono di trasformare l'egoismo in altruismo sono le associazioni economiche.

Possiamo sintetizzare gli effetti del comportamento fraterno per la vita sociale, ampiamente riferito alla Fondamentale Legge Sociale con le parole “salute” o “sanità” come segue:

  1. Gli individui rinunciano alla rivendicazione dei proventi del loro lavoro – il salario diventa una richiesta di credito. Il surplus diventa disponibile per i collaboratori come parte dei ricavi comuni
  2. Attraverso il carattere di credito del “salario”, il potenziale talento individuale viene portato alla efficacia sociale
  3. I ricavi conducono al rimborso del credito. Il surplus è disponibile per i collaboratori. Il termine “co-lavoratori” viene qui usato in un senso più ampio che l'usuale “dipendente” di un’impresa
  4. I prezzi giusti ed equi si possono sviluppare. Essi diventano equi soltanto se ciascuno sviluppa completamente le proprie abilità per gli altri, senza trattenere qualcosa per il proprio vantaggio
  5. Così il benessere e la salute dell'insieme degli uomini che collaborano tra loro aumenta
  6. Essendo attivo per gli altri e liberandosi dal peso di avere innanzitutto i propri bisogni soddisfatti, l'individuo diventa capace di agire dalla sorgente interiore della sua libertà, sviluppando così il suo carattere e il suo spirito
  7. Una nuova fraternità sorge fra le persone che cooperano, che, nel contesto di un’economia fondata sulla divisione del lavoro, desidera includere l'intera umanità

Dal momento in cui il nostro sé diventa maturo, esso non vive più dell'energia della comunità, piuttosto la comunità viene creata attraverso l'efficacia delle individualità. La fratellanza, che finora è stata la cosa più difficile da portare nella vita sociale, affonda le sue radici nella libertà vissuta da ogni individuo, e nell’uguaglianza di tutti gli esseri umani che si basa sulla consapevolezza di questa libertà. In questa triplice natura l'intero essere umano viene considerato nella sua dignitosa responsabilità di sé. Il motto dell'etica sociale (Rudolf Steiner):


La salute della vita sociale si ha soltanto quando
nello specchio dell'anima umana
l'intera comunità si forma
e nella comunità vive
la forza dell'anima individuale



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