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Per gentile concessione della Federazione per il Diritto alla Libertà di Cura - Onlus, pubblichiamo il seguente articolo che esemplifica quanto schematizzato nella pagina dei confronti alla voce medicina.

La scienza medica e l'incertezza delle evidenze

a cura della Federazione per il Diritto alla Libertà di Cura - Onlus

Anna Maria Fritz

01/2011

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La medicina è indubbiamente scienza, poiché trae le sue conclusioni da fatti sperimentali, tuttavia non è una scienza esatta, dovendo constatare che, nel proprio ambito, da una stessa causa non discende uno stesso effetto, bensì una molteplicità di effetti, diversi e non prevedibili. Ciò è inevitabile, in quanto l'oggetto della sperimentazione è l'uomo, la cui personalità e le cui dinamiche dipendono da molte variabili, che non consentono di fare asserzioni, ma di formulare solo ipotesi e teorie. La medicina, pertanto, è scientifica unicamente in ragione della metodologia con cui procede all'analisi statistica delle risultanze sperimentali, allo scopo di stabilire criteri diagnostici, prognostici e terapeutici, che offrano un sufficiente grado di obiettività.

Attualmente la medicina si avvale di azioni terapeutiche generalmente fondate sulle risultanze della "Evidence-Based Medicine" (medicina basata sulle evidenze scientifiche), una metodologia di ricerca, valutazione ed utilizzo sistematici dei migliori risultati della ricerca scientifica, disponibili fino a quel dato momento, dedotti da studi condotti con metodo scientifico e pubblicati, una volta superata la procedura di peer review (revisione paritaria effettuata da specialisti), nelle migliori riviste specializzate. Essa, dunque, più che ai risultati delle ricerche sperimentali in sé, è prevalentemente interessata ai dati ottenuti dalla valutazione critica di studi e linee-guida clinici, limitandosi a formulare asserzioni statistiche e considerando il paziente non come un essere irripetibile dotato di corpo e d'anima, ma come un complesso sistema materiale, di cui garantire la mera funzionalità ("Poiché questo è il grande errore dei nostri giorni, che i medici separano l'anima dal corpo" - Ippocrate). Salute e malattia vengono fatti rispettivamente equivalere a concetti di normalità e di anormalità, valutati in base a dati strumentali ed ematochimici standard, che non tengono in considerazione né le psicodinamiche individuali, né le innumerevoli differenze che graduano il passaggio dallo stato di normalità a quello di anormalità.

L'Evidence-Based Medicine trova un'autorevole fonte nella Cochrane Collaboration, un'associazione inglese di professionisti volontari, dedita alla produzione e diffusione di revisioni sistematiche della letteratura scientifica clinica, sorta nel 1992 e ispirata ad Archibald Cochrane (1909-1988), noto epidemiologo inglese, autore di un famoso testo, in cui evidenziò che generalmente i sanitari, anziché applicare le migliori risultanze dell'evidenza sperimentale, tendono a perpetrare l'utilizzo di pratiche mediche consolidate dalla consuetudine e spesso di valore scientifico non provato (del resto, essendosi calcolato che ogni anno vengono pubblicati circa 2 milioni di articoli nuovi in oltre 20.000 riviste scientifiche, la possibilità di un serio aggiornamento professionale da parte dei medici appare alquanto remota e, conseguentemente, l'assistenza riservata ai malati non viene praticata in base ai più aggiornati risultati della ricerca scientifica).

Tom Jefferson, epidemiologo italo-britannico e membro della Cochrane Collaboration, rivela però che "il 95% di quello che viene pubblicato sulle riviste scientifiche è immondizia o non è ciò che sembra", e che "la scienza è diventata mercimonio e la salute un mercato" [1].

Ma per la scienza medica ogni fatto scientifico che non sia pubblicato in qualche rivista del settore è considerato inesistente, pur essendo di pubblico dominio che la ricerca scientifica sia ormai controllata e indirizzata, attraverso finanziamenti e sponsorizzazioni alle varie Università, da una decina di gruppi farmaceutici che si dividono, a beneficio dei propri azionisti, la metà del mercato mondiale dei farmaci e utilizzano i propri guadagni per porre in essere sistemi di ingerenza e influenza, cui non si sottraggono le più prestigiose riviste scientifiche e la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Una di tali forme di ingerenza si realizza attraverso l'inserimento dei key opinion leaders (opinion-leaders chiave), operatori sanitari selezionati dall'industria e "costruiti", sia nell'immagine che nella personalità, allo scopo di istruire i colleghi in congressi, convegni e seminari sponsorizzati dalle stesse case farmaceutiche, personaggi che occupano posti chiave in istituti e accademie, che pubblicano articoli sulle riviste finanziate con la pubblicità delle case farmaceutiche da cui sono stipendiati e la cui fama artefatta esercita la sua influenza anche nelle procedure di peer review per la pubblicazione di articoli altrui. "I key opinion leaders...sono persone da cui bisogna guardarsi, o bisogna stare attenti a quello che dicono o addirittura ignorare quello che dicono, perché hanno dei profondissimi conflitti di interesse che non dichiarano" - afferma ancora Tom Jefferson e "...ho visto comitati per la vaccinazione del governo tedesco che sono composti interamente da persone che sono anche speaker per l'industria farmaceutica" [2].

E' attraverso i propri sistemi di infiltrazione, quindi, che le lobbies farmaceutiche riescono ad imporre la pubblicazione, nelle più note riviste scientifiche, di articoli favorevoli ai propri interessi, celando deliberatamente gli esiti di ricerche sfavorevoli, che oltretutto privano la comunità scientifica di conoscenze altrettanto utili alla scienza e alle persone malate. Va da sé che esse siano anche interessate ad oscurare i moltissimi studi scientifici che riguardano terapie naturali, le quali favoriscono sia il libero commercio di sostanze che, non essendo brevettabili, sono a libera disposizione dell'umanità, sia una politica di promozione della salute fondata sulla prevenzione delle malattie, il che è in contrasto con la politica di medicalizzazione della vita attuata dalle multinazionali del farmaco, il cui evidente scopo è quello di mantenere l'umanità intera in uno stato di farmacodipendenza, che alimenti esponenzialmente gli affari e i guadagni dei propri azionisti.

Per citare solo un paio di esempi, negli anni sessanta del secolo appena trascorso, quando la chemioterapia si apprestava a divenire nel tempo l'attuale business da miliardi di dollari l'anno, fu fatto sparire dalla circolazione un importante lavoro del 1962: J. Morrone, "Chemotherapy of inoperable Cancer. Preliminary report of 10 cases trated with Laetrile, Exp. Med. Surg. 20, pp.: 299-308, 1962, nel quale, in dieci casi clinici di avanzato stadio di cancro con metastasi, senza possibilità di condurre a buon fine interventi chirurgici e non trattati con chemioterapia, si dimostrò la buona efficacia clinica di una sostanza naturale: il Laetrile (vitamina B 17), immesso per endovena con remissione clinica di tutti i dieci casi considerati [3].

Non a caso oggi, pena il crollo dei bilanci delle multinazionali produttrici di chemioterapici, sta subendo la stessa sorte il recente articolo scientifico "The Contribution of Cytotoxic Chemotherapy to 5-year Survival in Adult Malignancies"(G. Morgan, R. Ward, M. Barton - 2004 © The Royal College of Radiologists, Published by Elsevier Ltd), uno studio australiano, pubblicato nel 2004, che prende in esame dieci anni di statistiche mediche australiane e americane (gennaio 1994 - gennaio 2004) sui risultati della chemioterapia nella cura del cancro, dimostrando che il contributo della chemio al tasso di sopravvivenza complessiva, a cinque anni dalla malattia, è solamente del 2,3% in Australia e del 2,1% in America [4].

"La promozione della salute è a rischio di essere ridicolizzata dall'arroganza del marketing industriale, che ha capito che si possono fare molti soldi dicendo ai sani che in realtà sono degli ammalati, aumentando così l'ansia e l'angoscia sociale, che rappresentano l'incentivo di prima scelta nella promozione del consumismo", scrive Gianfranco Domenighetti, già direttore del Servizio Sanitario del Canton Ticino (Svizzera) e docente di Economia, Politica e Comunicazione sanitaria alle università di Losanna e Lugano [5].

Che la scientificità di molti articoli pubblicati nelle riviste specializzate possa essere artefatta e strumentale è dimostrato anche da una ricerca condotta per conto della Health Partners Research Foundation di Minneapolis, la quale ha messo in luce che un numero rilevante dei 3247 ricercatori americani intervistati ha ammesso di aver fornito interpretazioni non corrette dei dati ottenuti e il 15% di essi ha confessato di aver modificato i risultati dei propri lavori su pressione degli sponsor commerciali [6]. David John Moore Cornwell, ex agente segreto britannico e autore di famosi libri di spionaggio sotto lo pseudonimo di John Le Carrè, afferma di aver scoperto, durante le ricerche per la stesura di uno dei suoi libri, che vi sono scienziati mercenari che approvano solo ciò che è commercialmente conveniente; università invase dalle case farmaceutiche, che sponsorizzano laboratori e assegnano borse di studio; giornalisti totalmente dipendenti dalle informazioni delle aziende, che li inondano di regali, pranzi e viaggi [7], come avviene, del resto, anche nel nostro Paese.

Note:

[1] Interviste a Tom Jefferson in: http://mangialibri.com/?q=node/1793

[2] http://www.sardegnasalute.it/index.php?xsl=313&s=48303&v=2&c=3545

[3] http://www.dirittolibertadicura.org/images/stories/File/Documenti%20vari/Aspetti%20clinici%20della%20terapia%20con%20Laetrile.pdf

[4] http://www.dirittolibertadicura.org/images/stories/File/Documenti%20vari/Chemio%20risultati%20fallimentari.pdf

[5] Gianfranco Domenighetti, Medicalizzazione della vita e comunicazione sanitaria: http://www3.ti.ch/argomenti/index.php?artId=512&conta=0&fuseaction=articolo.leggi

[6] Corriere della Sera, 14.06.2005

[7] John Le Carrè in: http://www.mednat.org/vaccini/lecarre.htm