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OO 337b - Idee sociali – realtà sociale – prassi sociale – Vol. II



SERATE DI DIBATTITO DELLA LEGA SVIZZERA PER LA TRIPARTIZIONE DELL'ORGANISMO SOCIALE
Prima serata di dibattito

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Dornach, 14 luglio 1920



Le conseguenze del pensare astratto nel sociale



Nel corso di questa serata di dibattito furono poste delle domande e anche presentate diverse preghiere, per esempio:

Elisabeth Vreede legge un biglietto da corrispondenza proveniente dall'Olanda, in cui si incita all'introduzione immediata di un sistema consiliare.

Rudolf Steiner: Vorrei dire qualcosa riallacciandomi a quanto appena detto. Voglio prendere le mosse da un libro del professor Varga sul movimento proletario in Ungheria. Il professor Varga era commissario del popolo per le questioni economiche durante la repubblica consiliare ungherese. Faceva parte, insieme ad alcune altre persone, che erano a capo della repubblica consiliare ungherese, di coloro che poi fuggirono e che adesso sono internati a Karlstein. Ora, là egli scrisse il suo libro, I problemi politici della dittatura proletaria, che è straordinariamente interessante, in quanto spiega come lui e i suoi colleghi avevano intenzione di realizzare questa repubblica sovietica in Ungheria. In mezzo vi sparpaglia osservazioni sulle esperienze fatte in Ungheria durante il breve periodo della durata della repubblica consiliare. Ora, questa dissertazione è molto interessante per il fatto che la repubblica consiliare ungherese, per così dire, fu un esperimento significativo che fu tanto istruttivo perché le sue conseguenze, nella regione relativamente piccola dell'Ungheria, sono meglio visibili che in Russia, che è immensamente grande.

Innanzitutto c'è una cosa strana in questo libro, ed è che qui si ha a che fare con un'opera spiccatamente professorale, con qualcosa di totalmente estraneo alla vita. Si ha sempre il sentimento: qui parla uno che ha rivoluzionato un intero Paese, ma che non ha mai capito le reali forze dell'economia politica. Il professor Varga è tutto con Lenin e Trotzki; solo che Varga e i suoi colleghi in Ungheria avevano a che fare con una regione più piccola di quella di Lenin e Trotzki in Russia. E perciò in Ungheria è venuto alla luce molto di ciò che in Russia verrà alla luce solo in futuro. Naturalmente il professor Varga non riconduce il fiasco dell'esperimento ungherese all'interiore impossibilità di tutto questo impegno e di tutto questo agire astratto, ma afferma che la cosa è andata male perché non la si è potuta portare fino alla fine, perché la potenza militare rumena fu attaccata sul fianco.

Prendete subito uno dei punti principali che troviamo. Questo esempio è particolarmente importante perché qui non abbiamo a che fare con un qualche teorico marxista, ma con un uomo che ha organizzato un intero Paese in base alle proprie astrazioni, e che poteva fare quello che voleva. Egli voleva diventare pratico e bisogna chiedersi: ne fu anche capace? Il professor Varga fu costretto ad adottare misure che ora dovevano mettere in piedi l'economia ungherese in senso socialdemocratico. Egli dovette mettere in risalto il fatto che i veri e propri portabandiera delle sue riforme erano gli operai industriali cittadini, la cui motivazione trainante ovviamente era il miglioramento delle proprie condizioni di vita. Ora però egli mostra che in un primo momento non può che succedere che questi veri e propri portabandiera, per il primo periodo in cui si introduce la repubblica consiliare, devono soffrire un peggioramento sostanziale della propria condizione di vita; gli unici che ci guadagnano sono i contadini nelle campagne. E ora, che cosa ne deduce, il professor Varga? Ne deduce che il proletariato industriale, dunque i soli che in realtà hanno avuto interesse in una rivoluzione del genere, inizialmente non ottengono ciò che vogliono ottenere, ma che sono i contadini in campagna, ad ottenerlo. Però egli pensa che in futuro queste condizioni del proletariato industriale cittadino miglioreranno – precisamente passando per la campagna. Sarebbe bastato lavorarsi il proletariato industriale cittadino in modo che esso capisse di dover certamente, per un periodo, patire la fame e coprirsi di stracci, finché le cose sarebbero andate meglio.

Qui c'è già un errore capitale che è la conseguenza più estrema dell'odierno pensare astratto riguardo alle questioni sociali. Non sarebbe successo che, passando attraverso la campagna, le cose sarebbero migliorate, ma sarebbe successo che a poco a poco l'intera industria sarebbe stata annientata. A poco a poco le città sarebbero state smantellate e tutto sarebbe stato portato in campagna; la produzione si sarebbe infine ridotta al semplice sfruttamento del suolo. Tutta la vita restante a poco a poco sarebbe sparita, il che significa che si sarebbe tornati indietro a certi stadi primitivi dell'umanità. Se si pensa in modo concreto, dalle spiegazioni del professor Varga deve venire fuori questo.

C'è una seconda cosa interessante che troviamo in lui riguardo all'articolazione sociale. Egli è totalmente leninista, trotzkista, marxista, così da vedere in tutto ciò che è attivo nell'organismo sociale non uomini, ma innanzitutto solo categorie. Egli non vede personalità in carne e ossa, ma categorie. Nell'organizzazione sociale che c'è stata finora egli vede militari, giuristi, funzionari e appunto i proletari come categoria di persone. Ora la sua ristrettezza di vedute consiste anche nel fatto che in sostanza egli vuole che tutto lo Stato che c'è stato finora venga trasformato in una gigantesca cooperativa economica. Soprattutto è molto interessante quel che pensa delle tre parti dell'organismo sociale. Così egli parte trattando della seconda parte, dello Stato politico. Egli isola molto finemente questa seconda parte. Egli nomina le singole categorie in modo davvero carino: giuristi, funzionari, ecc. e spiega: tutti questi vengono eliminati. - Dunque in realtà viene eliminato tutto lo Stato politico. E la vita spirituale? Il professsor Varga in realtà conosce solo la vita economica. Egli dice: “La vita spirituale sono gli insegnanti”. Riguardo a questi, egli si consola perché in generale essi si inseriscono, e precisamente per motivi economici, nel nuovo regime, mentre la prima categoria, la categoria dei giuristi e dei funzionari, non vi si inserisce e perciò dovrà appunto svolgere lavoro proletario. Ora, anche nel movimento per la triarticolazione è successo che gli insegnanti chiedevano sempre: “E allora chi ci paga?” Quindi, Varga trova che la gran parte delle persone verranno inserite, che andranno a far parte della parte economica. Gli altri verranno mandati via. Dunque la vita spirituale non gli importa affatto, gli interessa solo la vita economica degli insegnanti; rimane solo la vita economica.

Ora è interessante la ferrea energia con la quale è stata presa in mano l'organizzazione della repubblica consiliare. Le imprese sono semplicemente state espropriate; intanto si è tenuto un po' conto dell'estero. Cioè sono state rilevate le imprese con tutti gli attivi e i passivi e così si è avuta la possibilità di trattare i titolari delle imprese straniere in modo diverso da quelli nazionali. Si trattava di municipalizzare certe imprese e di statalizzarne altre. E ora, qui, avvenne qualcosa di interessante. Si dispose l'elezione dei consigli di fabbrica. Di regola si dispose che i consigli di fabbrica dovessero essere eletti fra gli operai. Questi consigli di fabbrica erano formati in modo tale per cui non capivano niente di niente. E qui il professor Varga dice: si è raggiunto il 'successo' che le persone che dal lavoro manuale erano state promosse a consiglieri di fabbrica se ne stavano sedute tutto il giorno senza far nulla e la povertà vera e propria, la vera e propria miseria, continuò ad esserci. Egli pensa che tuttavia a poco a poco le cose sarebbero pur migliorate. Non capisce che la miseria sarebbe aumentata sempre e sempre di più; e non è per esperienza, che pensa che sarebbe diminuita. Ora, dunque, al vertice delle aziende c'erano i consigli di fabbrica, dei quali perfino all'inizio si poté notare una forte corruzione. Ora egli dice: “La corruzione c'era anche prima (anche nella borghesia era così), solo che adesso ce ne sono di più, che possono rubare, e quindi ovviamente il numero è aumentato”. Secondo il professor Varga, però, in futuro le cose sarebbero pur migliorate, se si fosse potuta fare più propaganda. Poi egli dice: “Per amministrare la vita economica centralizzata, bisognerebbe avere dei commissari di produzione”. Dunque, fra le aziende prima sarebbero stati eletti i consiglieri di fabbrica. Ma non come quelli che vogliamo avere noi a Stoccarda e nel Württemberg, che prima dovrebbero far pratica lavorando con solerzia nella vita economica e poi riunirsi in un gruppo di consiglieri di fabbrica: alle persone come Varga questo non va bene. Si scelse semplicemente a casaccio – che altro si sarebbe potuto fare, volendo regolare le cose in base ad un'utopia? Dai consigli di fabbrica furono estratti i commissari di produzione. Questi avevano a che fare con le disposizioni generali, con la chiusura di aziende, con la concentrazione di rami aziendali ecc., ma anche con la disciplina degli operai. Questi commissari di produzione erano i veri e propri funzionari centrali della vita economica.

Ora, è interessante che l'intero libro del professor Varga, dall'inizio alla fine, è un groviglio marxista della specie più astratta. Egli descrive le riforme da attuare con una tale ovvietà da dare la stessa impressione che si avrebbe se le descrivesse, per esempio, un uomo come Lenin. E Varga sa esporre questi principi in modo del tutto plausibile, secondo la capacità di comprensione della gran parte delle persone di oggi. Chi conosce queste cose sa come proprio laddove al giorno d'oggi si vogliono mettere sulla scena le cose nella pratica, regna lo spirito più tremendamente utopista. Non si può pensare qualcosa di più utopistico di quello che doveva essere messo in pratica in Ungheria. Ovunque Varga racconti le sue esperienze, parla di qualcosa di cattivo e di nocivo. Nell'Ungheria dei consigli si mischiarono corruzione, rivolte degli operai, ecc., così che ci si diceva: “È un bene per la gente, che siano arrivati i Rumeni, perché altrimenti avrebbero fatto una figuraccia ancora peggiore. Da dentro a fuori ci sarebbe stato un crollo spaventoso”.

Tutto il libro di 140 pagine è un groviglio di marxismo che sarebbe dovuto diventare pratico. Con un simile groviglio si voleva organizzare in cooperativa economica un intero Paese. Ma fra alcune pagine, circa a metà del libro, all'improvviso si trova una frase che non rientra nelle altre spiegazioni e davanti alla quale si ha il sentimento: questo non è affatto lo stesso Varga, ma un qualcosa di estraneo. Così per esempio egli parla dei grandi vantaggi dei commissari della produzione e aggiunge marginalmente: “...se in quei posti ci sono le persone giuste”. Questa frase subordinata dice che questo tipo di organizzazioni non potranno affatto funzionare finché non sia cambiata “l'ideologia avida, egoista di queste persone”. I marxisti affermano sempre che l'ideologia risulta dalla situazione economica della produzione. Quindi, se Varga avesse in qualche modo un pensiero sano e consequenziale, dovrebbe dirsi: “Noi marxisti abbiamo affermato per più di settant'anni che l'ideologia deve risultare dalla condizione della produzione, che l'ideologia deve salire, in quanto sovrastruttura, come un fumo che si sviluppa. Dunque se noi allestiamo qui in Ungheria il nostro grande edificio economico, deve risultarne un'ideologia che in ogni caso non abbia alcun significato diverso da quello di salire come un fumo dalla vita economica”. Ma Varga non dice così; anzi, ovunque parli del fondamento delle sue istituzioni, viene fuori (anche se solo marginalmente) che le cose andranno meglio solo quando sarà cambiata l'ideologia avida delle persone. Cioè, egli aspetta il momento in cui le persone avranno dei principi che non siano determinati dall'avidità e dall'egoismo, egli aspetta che l'ideologia avida si trasformi in un'ideologia altruista. Ora, però, questa non può sorgere direttamente dal modo della produzione economica, perché egli ammette che questa porta al suo contrario. Dunque egli aspetta semplicemente che questa trasformazione avvenga da sé. Si vede che, dove si trattava di porre alla base della nuova struttura una trasformazione dell'orientamento spirituale delle anime, dove si trattava di impiantare lo spirituale concreto, qui in Varga non c'è che una piccola frase subordinata, che però era priva di importanza per l'intera evoluzione nell'Ungheria dei consigli. È proprio questo, che è triste. Oggi ci troviamo in grandissima misura davanti all'opinione che si debba uscire dall'astratto e arrivare al concreto. Questo emerge dall'appello che la signorina Vreede ha appunto letto, e che viene dall'Olanda. Qui si propone un qualche gruppo consiliare, ma non c'è la frase subordinata che sarebbe necessaria: che salta fuori qualcosa solo se nei relativi posti, come consiglieri, ci sono le personalità adatte. È questo, l'importante: che alla fin fine si affrontino le cose. Si può parlare quanto si vuole, non serve a nulla; la sola e unica cosa che serve è ciò che immette nelle personalità spirito e anima. Siamo proprio arrivati al punto di essere spremuti fino in fondo, di non avere più barlume del fatto che l'importante è introdurre nelle personalità proprio forza, spirito e anima. È questo, che si cerca di fare con la triarticolazione. Ho parlato dell'uomo in Ungheria per farvi capire da quale spirito nascono le cose che vengono fatte al giorno d'oggi, e perché devono andare a rotoli. Tutto ciò che compare come questo libro e che poi deve fare una confessione così strana ci mostra che col vecchio spirito le cose non funzionano più. È quel che oggi si può vedere ovunque: in teoria si può affermare tutto; ma quando un uomo come il professor Varga, che era nella condizione di approntare qualcosa di nuovo, appronta qualcosa secondo le sue idee, allora si può appunto vedere come vanno le cose.

Lo dico perché vediate quanto sono folli pretese come quelle che ci sono in questa carta da corrispondenza che appunto la signorina Vreede ci ha letto.


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