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Hibernia Schule e il futuro del lavoro
di Aurelio Riccioli

01/2018

Klaus J. Fintelmann
Nato nel 1924, Klaus J. Fintelmann frequenta la scuola Waldorf di Dresda fino al 1941 (anno in cui fu chiusa dal regime nazista); consegue il diploma di scuola media superiore in un ginnasio nel quale vengono impartite anche delle lezioni di artigianato. All'università studia legge ed economia e nel 1949 consegue il dottorato sul tema "Limiti e scopi della legge" (basato sulla "Filosofia della libertà" di Steiner). Terminati gli studi accademici, si dedica alla costruzione di un centro di formazione per apprendisti per la miniera Hibernia - e annesso impianto per la produzione di azoto -, ad Herne, che in seguito diventa la scuola di Hibernia. Lavora nella scuola dal 1952 al 1972. Successivamente lascia la scuola per rielaborare ed analizzare da un punto di vista tecorico quanto sperimentato praticamente. Si dedica quindi alla costruzione di un istituto per la ricerca educativa a Berlino che nasce per risolvere la questione di come superare la divisione tra istruzione di tipo generalista e professionale. Partecipa in qualità di consulente al monitoraggio dello sviluppo dell'Iniziativa Sekem del Dr. Ibrahim Abuleish in Egitto. Muore il 5 febbraio 2005.



Ogni attività umana può dirsi veramente lavoro solo se soddisfa l’aspirazione propria di ogni uomo ad autorealizzarsi.

Klaus J. Fintelmann


Sommario

Oggi molto si discute delle forme che il lavoro potrebbe assumere in un futuro prossimo sempre più tecnologizzato ed automatizzato. Luci ed ombre che si estendono di conseguenza anche alla scuola sulla quale ci si interroga in merito ai suoi reali compiti e alla sua effettiva capacità di formare nei giovani competenze adatte al nostro tempo. Dal saggio di Klaus J. Fintelmann “La missione del lavoro nell’evoluzione umana”[1], emerge una visione originale del futuro del lavoro, pregna di inusuali ispirazioni che hanno trovato realizzazione pratica nella scuola Hibernia ad Herne in Germania. Una esperienza di successo che può valere come orientamento per coloro che si interrogano sul futuro del lavoro.


Il futuro del lavoro

Nel suo libro “La missione del lavoro nell’evoluzione umana”, Fintelmann sostiene che siamo ormai giunti ad un punto dell’evoluzione umana in cui il lavoro necessita di presentarsi in forma rinnovata. Ed in effetti si può da molte parti osservare come, giorno dopo giorno, il concetto di lavoro, sotto la spinta di impressionanti innovazioni tecnologiche, - robotizzazione, intelligenza artificiale, machine learning, etc. -, sembra volersi metamorfosare in qualche cosa che, sebbene non ancora ben delineato, non si riesce nemmeno più a far coincidere con ciò che si conosceva sin qui.

Fintelmann, per stimolare una adeguata comprensione dei fenomeni connessi con l’attuale trasformazione del lavoro, affronta la questione collocandola innanzitutto nell’ambito dell’evoluzione storica dell’interiorità umana. Una visione certamente ampia e sistemica, non priva tuttavia di concreti orientamenti per una azione pratica. Osservando le cose da questo punto di vista, Fintelmann enuncia da subito un fatto che inizialmente potrebbe evocare al sentire qualcosa di sgradevole se non proprio di antipatico: nel nostro tempo è definitivamente tramontata l’epoca dell’artigiano medievale, del magister che nella sua attività riversava tutto se stesso e conferiva alla sua opera una impronta intima e personale. Ciò significa che se oggi nel carattere moderno del lavoro avvertiamo alcunchè di spersonalizzante e a volte alienante, deve tuttavia di necessità fallire ogni tentativo di “redenzione” volto a ripristinare una relazione uomo-lavoro di tipo artigianale nel senso sopra descritto. La cosa appare paradossale proprio in chi, ad esempio, si è dedicato ad una recente professione “moderna”, quella del programmatore o dello sviluppatore software. Essa presenta molti dei caratteri di artigianalità descritti poc’anzi e tuttavia, osservandone l’evoluzione, si deve ammettere che con il passare del tempo sempre meno di questo carattere riesce a preservarsi. Se, ad esempio, ancora negli anni novanta e primi anni duemila erano presenti sul mercato molti prodotti che riportavano una chiara impronta individuale o di pochi individui, oggi l’industria del software immette sul mercato prodotti di grande complessità dei quali il singolo sviluppatore realizza parti molto limitate lavorando assieme a tantissime altre persone.

La tendenza dunque è quella di un lavoro sempre più spersonalizzato e altamente specializzato. E’ una necessità del nostro tempo, quindi non ha senso combatterla o cercare di “correggerla” con qualcosa che ormai è tramontato. Questa osservazione Fintelmann non l’ha fatta ovviamente per primo. Ad esempio, solo per citarne uno, anche Ernst Jünger in “Der Arbeiter” aveva rilevato il mutato carattere del lavoro moderno. Ma, preso atto del cambiamento, Fintelmann individua tre presupposti per un rinnovamento del lavoro nel futuro: l’altissima specializzazione, l’altruismo e le qualifiche legate alla biografia.

Altissima specializzazione

Il lavoro del futuro sarà caratterizzato da una sempre crescente specializzazione. Questa tendenza deve però essere controbilanciata da un adeguato sviluppo “dell’universalità della coscienza del lavoratore”. In altri termini, allo sviluppo estremamente verticale delle competenze professionali deve associarsi una consapevolezza dei fini ultimi della propria prestazione lavorativa. E’ interessante notare che questa necessità emerge esplicitamente nelle cosiddette organizzazioni teal che tipicamente nascono proprio attraverso un processo di cristallizzazione attorno a ciò che viene chiamato “proposito evolutivo”, il fine ultimo per cui una organizzazione esiste. Un livello ulteriore di questa consapevolezza, più centrato probabilmente rispetto alle aspettative di Fintelmann, riguarda un ambito ancor più globale e sistemico e riconducibile alle complesse relazioni nell’ambito dell’economia associativa tra produttori (lavoratori) e consumatori.

Altruismo

L’altruismo, secondo Fintelmann, è il secondo elemento essenziale per un rinnovamento del lavoro nel futuro. Questo elemento deve manifestarsi senza alcun pathos etico, in modo del tutto oggettivo, verrebbe da dire quasi tecnico poiché in realtà deriva dall’altissima specializzazione di cui si è detto al punto precedente. In un sistema caratterizzato da una elevata divisione del lavoro, di fatto gli uni si ritrovano a lavorare per gli altri e nessuno produce per sé. E’ fondamentale tuttavia che si sviluppi al grado più elevato la consapevolezza del significato del proprio lavoro affinché si generino dei corretti sentimenti sociali e dei sani impulsi di volontà. Tra i fattori che ostacolano questo processo, indubbiamente quello più rilevante per le sue implicazioni organizzative e sociali, è il salario. Esperimenti interessanti per un superamento del lavoro salariato si trovano, a gradi diversi di maturità, ancora una volta nelle organizzazioni teal - che hanno sviluppato pratiche specifiche per gestire la remunerazione delle prestazioni - ed anche in altre organizzazioni [2].

Questo tema, nota sempre Fintelmann, si collega ad un altro aspetto del nuovo mondo del lavoro che subirà sempre più una profonda trasformazione: la scelta della professione. La razionalizzazione crescente prodotta dalla tecnica unitamente all’elevata specializzazione interviene nel problema della scelta professionale fino alla percezione che “lavorare significa fare ciò a cui si è chiamati dallo sviluppo oggettivo del mondo” . Dalla consapevolezza di questa chiamata, sorge anche un chiaro sentimento della responsabilità individuale.

Per quanto possa sembrare contro-intuitiva o anche problematica una caratterizzazione della scelta professionale non improntata al piacere o al desiderio di affermazione personale, tuttavia si può osservare qualcosa di simile in quei contesti in cui al contrario il processo di scelta è permeato di consapevolezza. Ad esempio in molte delle già citate organizzazioni teal, esiste un processo di onboarding per i colleghi neoassunti durante il quale viene illustrato il funzionamento dell’organizzazione ma si lascia poi all’autonomia del nuovo arrivato individuare che cosa sia più vantaggioso per essa che egli faccia.

Qualifiche legate alla biografia

Con “qualifiche legate alla biografia”, Fintelmann intende i nessi tra mansioni da svolgere e biografia individuale. Si tratta della medesima connessione che, nella pedagogia steineriana, porta a configurare contenuti e modalità didattiche in base alle esigenze interiori del bambino in modo specifico per ciascuna tappa del suo percorso di crescita. Fino ai diciotto anni questo approccio configura l'insegnamento in modo che il giovane impari facendo - learn by doing -, mentre una adeguata ed approfondita esperienza del pensiero teorico ed accademico viene coltivata soltanto in seguito. In ambito lavorativo ciò significa che dopo i diciotto anni tutti i giovani dovrebbero essere avviati in un primo tempo ad una attività assolutamente pratica che li porti a sviluppare una conoscenza approfondita della realtà.

In ambito medico questo potrebbe significare, ad esempio, svolgere per un tempo adeguato il ruolo di infermiere o altra attività assistenziale in modo da comprendere a fondo i processi patologici nel loro reale svolgersi. Solo in seguito ci potrebbe essere una evoluzione professionale prima come medico terapeuta e poi come medico diagnostico.

Nel caso invece della produzione industriale, bisognerebbe partire dalla manutenzione che mette il giovane a diretto contatto, a volte proprio fisicamente, con la realtà del processo produttivo. Al contrario, sovrintendere inizialmente dei processi di monitoraggio e controllo sarebbe controproducente dato il velo di astrazione che essi stendono sopra il ciclo produttivo. Solo in seguito, una volta posseduto intimamente l’intero processo della produzione, sarà eventualmente possibile affrontarne il controllo e la razionalizzazione.

Fintelmann sottolinea la differenza dell’approccio appena descritto da un semplice periodo di stage pratico: “dovrebbe trattarsi [...] proprio di un’esperienza professionale che faccia sentire la persona inserita profondamente in un campo specifico, sia mediante l’attività pratica che attraverso l’esperienza acquisita.”

Una corretta comprensione delle qualifiche legate alla biografia dovrebbe condurre in modo naturale ad una “integrazione tra studio e lavoro protratta per tutta la vita”. Coltivando adeguatamente questa alternanza tra periodi di apprendimento rispetto a periodi in cui si riversano le conoscenze acquisite nell’ambito pratico - nel “lavoro” -, si avrebbe un’altra importante conseguenza: la scomparsa del cosiddetto “tempo libero”. Si tratta di un fenomeno peculiare del nostro tempo, da considerare tuttavia come una sorta di sottoprodotto della visione tayloristica del lavoro, una realtà meccanizzata e meccanizzante da cui evadere. Con le parole di Fintelmann:

“Solo se egli [l’uomo] è in grado di operare in modo autonomo e responsabile nell’ambito del lavoro riuscirà a costruirsi un tempo libero, autonomo e responsabile e non programmato da altri come oggi accade spesso. E viceversa, solo se durante il tempo libero potrà realizzare se stesso secondo le proprie intenzioni sarà poi in grado nell’ambito lavorativo di assumere gli incarichi che, in conformità con l’oggettivo evolversi del mondo, gli competono e gli spettano.”

Evoluzione futura della scuola

Futuro della scuola
Fig. 1. Il futuro della scuola

Fintelmann, alla luce della sua ventennale esperienza pedagogica, alla fine del suo libro delinea brevemente in quale modo l’ordinamento scolastico dovrebbe articolarsi per essere aderente alla visione descritta nei paragrafi precedenti.

Alla scuola deve essere riconosciuto innanzitutto il compito generico di “trasformare gradualmente il gioco in lavoro” dove per lavoro si devono intendere tutte le “attività rivolte alle esigenze altrui”. Si tratta di un percorso da sviluppare progressivamente partendo dalla scuola materna - apprendimento attraverso il gioco -, fino alla conclusione di un percorso decennale - scuola dell’obbligo -, che porti all’acquisizione di una generica capacità di lavoro. Durante questo percorso è necessario conseguire un apprendimento individuale e sociale: il primo “coltivando la capacità di avere degli interessi”, il secondo “creando nel giovane l’attitudine ad assumere responsabilità”.

Il percorso appena descritto dovrebbe terminare intorno ai sedici anni e proseguire con una scuola superiore che porti l’adolescente “a completare la nascita del suo Io”, il college. Durante questo periodo di formazione, il giovane dovrebbe scegliere, tra le tante opzioni, quella che gli consente di sviluppare alcuni interessi personali attraverso un “insegnamento libero e al tempo stesso professionalizzante”.

Infine, come ultimo livello formativo, ci dovrebbe essere una università libera e aperta a tutti che, in accordo con una visione rinnovata del lavoro, possa essere frequentata per tutta la vita, alternando periodi di lavoro a periodi di apprendimento. I periodi di studio dovrebbero servire a promuovere sia una evoluzione interiore del singolo che un suo ulteriore perfezionamento professionale con il quale fecondare poi i periodi di lavoro.

In questo modo, i cambi di professione e le vocazioni tardive, di solito vissute traumaticamente negli organismi sociali attuali sia quando sono volute che subite, troverebbero naturalmente delle occasioni favorevoli per potersi concretizzare.

Hibernia Schule

Fintelmann pubblica il suo libro sulla missione del lavoro nel 1992 al termine di una lunga esperienza pedagogica nella scuola Hibernia da lui stesso fondata ad Herne in Renania Settentrionale-Vestfalia. Il primo nucleo della scuola nasce nel 1952 come laboratorio di formazione aziendale per la vicina miniera e impianto per la produzione di azoto, Hibernia. Fu proprio la direzione di Hibernia a richiedere a Fintelmann e ai suoi collaboratori di fondare una scuola professionale per formare i propri operai specializzati. Nel 1962 inizia la costruzione dell’attuale complesso che verrà inaugurato due anni più tardi. Disegnato secondo i principi dell’architettura organica, già nelle sue forme, il complesso scolastico palesa la sua visione didattica e sociale:

“Gli edifici sono disposti in modo che le tensioni e il modello organizzativo che la struttura educativa esprime diventano visibili e possono essere vissuti. Ad esempio, quando si entra, le aule per le lezioni si trovano di fronte ai laboratori;[...] La grande Hall, dove l'intera scuola si riunisce come una comunità ogni giorno per il pranzo e per funzioni speciali, si trova al centro dell'intero complesso. Questi temi di base sono rafforzati dalla progettazione architettonica di altre parti dell'edificio, nonché da opere d'arte selezionate. Essi proseguono poi nella forma e nelle combinazioni di colori delle aule, dei corridoi e dei laboratori. Un edificio scolastico concepito in questo modo permette agli alunni di diventare veramente consapevoli l'uno dell'altro, di incontrarsi; diventa un vero spazio di vita per i bambini"[3].

Da allora, la scuola si è andata via via ampliando e, con l’ultima estensione completata nel 2014, al complesso iniziale è stato aggiunto un edificio per seminari, un moderno palazzetto dello sport a tre campi e un edificio per l'educazione scientifica.

Oggi Hibernia ospita approssimativamente mille studenti - dalla scuola materna fino ai 18 anni -, un centinaio di docenti circa e offre qualifiche professionali nei campi della sartoria, carpenteria, elettronica, edilizia, della meccanica di precisione e della formazione per l'infanzia.

La scuola termina con la 12° classe (cioè intorno ai 18 anni di età) rilasciando sia una effettiva qualifica professionale (elettronica, sartoria, etc.), sia un diploma di scuola media superiore (Fachoberschulreife). Questo titolo consente di accedere all'Hibernia College per conseguire infine il diploma di maturità (Abitur, al termine della 14° classe, 20 o 21 anni di età) con il quale si può entrare all'Università. In questo modo Hibernia ha di fatto eliminato la distinzione sociale tra scuola professionale e non professionale (o 'accademica'), poiché fino alla 12° classe tutti seguono il percorso che rilascia la doppia qualifica. Questo aspetto viene considerato ancor oggi come la caratteristica veramente geniale e distintiva del concept di Hibernia - circa il 95% dei ragazzi segue il ciclo completo di studi e solamente una piccola parte, terminata la 12° classe, non prosegue gli studi per dedicarsi ad altri percorsi.

Open day

Herne mi accoglie con un mattino non troppo freddo per trovarmi nel nord della Germania in ottobre, ma decisamente umido e le previsioni in effetti non promettono nulla di buono. Mi avvio verso il complesso scolastico di Hibernia Schule che oggi si apre ai visitatori per il suo open day autunnale. Già nei pressi della scuola si percepisce aria di festa, con il via vai che c’è di ragazzi e genitori. Entrato, dopo un po’ tra i tanti volti mi sembra di riconoscere finalmente quello di Axel Fey, il direttore della scuola, che più mi sembra assomigli alla piccola foto del profilo WhatsApp che ogni tanto consulto. L’espressione di Axel nel vedermi mi conferma che non mi sono sbagliato e, dopo calorosa stretta di mano, mi presenta Carolin, l’insegnante di inglese che mi accompagnerà durante la visita.

Karen mi accompagna oltre i primi banchetti allestiti dai genitori con dolci e prodotti tipici per andare subito a visitare il teatro interno della scuola. E’ molto capiente e con una bella architettura, i ragazzi stanno provando una piece ogni tanto interrotti dalle indicazioni di un’insegnante; l’allestimento delle scene sembra quasi professionale così come i costumi. Potrebbe sembrare strano trovare tutto ciò in una scuola professionale ma Karen mi spiega che Hibernia Schule è una scuola Waldorf a tutti gli effetti, anzi, con una punta di orgoglio, autenticamente Waldorf se si considera che il suo modello didattico è in grado di coniugare al tempo stesso formazione professionale, capacità artistiche e tecniche in un modo assolutamente pratico e concreto. Ad esempio, le scenografie sono state realizzate dai ragazzi stessi nel workshop di carpenteria, i costumi in quello della sartoria e l’illuminazione delle scene è stata curata dagli studenti-elettricisti. In altre parole, spiega Karen, l’educazione dell’essere umano in Hibernia viene intesa come un processo continuo di apprendimento, che dura per tutta la vita e che non può limitarsi al recepimento di un insieme predeterminato di conoscenze e capacità. Questo principio base della pedagogia Waldorf in Hibernia è stato esteso anche alle capacità artigiane e alla formazione tecnica e professionale. Ad esempio, la modalità didattica delle epoche[4] è stata estesa anche all’istruzione pratica e, sperimentalmente, si è trovato il giusto equilibrio tra durata di ogni singolo periodo, durata dell’intervallo tra un periodo e l’altro e l’influenza esercitata sull’intero processo di apprendimento dalle materie insegnate tra due epoche.

Dopo aver visitato alcune classi e la mensa nell’edificio principale, che eroga centinaia di pasti al giorno realizzati con ingredienti biologici e biodinamici, ci dirigiamo verso la sede dei laboratori di sartoria. I ragazzi e le ragazze hanno realizzato una sfilata delle loro creazioni e le sfoggiano orgogliosi sulla passerella a suon di musica rock ed effetti luminosi tra gli applausi calorosi di amici e visitatori. Ovviamente anche in questo caso l’intero allestimento dalla passerella alle luci è stato auto-prodotto dai ragazzi all’interno della scuola. Parlando con Karen di altre peculiarità del metodo Waldorf, ne emerge una alquanto singolare: non esiste nella scuola il concetto di bocciatura o di ripetizione dell’anno. Di fatto, ogni classe rappresenta una unità e i ragazzi rimangono insieme per l’intero percorso educativo. Per comprendere come sia possibile ottenere un risultato simile in condizioni di partenza a volte molto eterogenee, bisogna innanzitutto considerare che il coltivare le capacità relazionali e sociali tra i ragazzi, rappresenta lo skill più importante e che esso viene prima di ogni altra forma di apprendimento intellettuale. Posto questo assunto, una grande diversità di capacità iniziali rappresenta per la classe piuttosto una ricchezza che uno svantaggio. Anche la capacità che gli insegnanti hanno di riconoscere ed utilizzare i temperamenti degli studenti - ad esempio facendo sedere assieme gruppi di ragazzi con temperamenti correlati -, contribuisce a trasformare la classe in un gruppo organico.

Approfitto, ora che Karen mi deve lasciare perché impegnata in un suo workshop, per dirigermi verso il laboratorio degli elettricisti dove si stanno svolgendo delle dimostrazioni di automazione industriale che non mi sembrano molto diverse, fatte le debite proporzioni, da quelle che ho potuto vedere a Milano durante un grande evento sulla Industry 4.0 lo scorso luglio. Tutto quello che vedo, anche in questo caso, è stato rigorosamente realizzato dagli studenti e da essi viene pure presentato ai visitatori con una naturale disinvoltura. Scoprirò più tardi che si tratta evidentemente dell’effetto delle attività legate al racconto delle fiabe nel primo anno di scuola e dell’utilizzo dello story telling per preparare le lezioni in quelli successivi.

Gli studenti elettricisti, tra le altre cose, si occupano anche della manutenzione elettrica dell’intera scuola; questo viene fatto da una parte per ridurre i costi di manutenzione e dall’altra, ben più rilevante, per consentire loro di iniziare a sviluppare il giusto senso di responsabilità sociale così come è stato elaborato da Fintelmann in relazione al rinnovamento del lavoro nel futuro. Per rendere effettiva questa esperienza, la scuola può accettare commesse esterne di rifacimento di impianti domestici per i quali i ragazzi definiscono il progetto discutendone i dettagli anche in corso d’opera con il committente, elaborano le soluzioni tecniche, le implementano facendo attenzione a rimanere nei costi e nei tempi. L’esperienza si estende quindi, al di là dell’aspetto realizzativo, fino a toccare tematiche sociali legate alla retribuzione della prestazione dell’artigiano e il giusto prezzo di essa.

Mi dirigo ora verso i laboratori dove ci sono le macchine utensili e i torni attorno ai quali ragazze e ragazzi sono al lavoro. Axel mi spiegherà in seguito l’importanza dell’approccio adottato in Hibernia rispetto all’innovazione tecnologica e relativi impatti sull’organismo sociale e sull’essere umano. Gli studenti utilizzano vari tipi di macchine. Si parte da quelle più “antiquate” per arrivare a quelle più recenti e che rappresentano lo stato dell'arte nel campo dell'automazione industriale. Tuttavia, ciò che è essenziale, ancora una volta, non consiste nel fornire conoscenze specifiche sulla tecnologia del momento - che avrebbero comunque breve durata in una moderna azienda metalmeccanica -, quanto trasferire la giusta sensibilità per un rinnovato rapporto con la macchina. In questo senso il fatto che inizialmente la macchina sia antiquata, consente ancora allo studente la sensazione di poter comprendere e dominare il processo tecnico anche se poi un domani avrà tra le mani robot o esoscheletri comandati tramite interfacce neurali. Ed è essenziale che sviluppi il sentimento che il rapporto uomo-macchina dev’essere stabilito dall’uomo stesso in modo da anteporre a tutto un fine noto e accettato; se al contrario avverte che questa interazione è guidata dalla macchina e l’uomo è una sorta di appendice passiva, deve sorgere il sentimento che qualcosa di malsano è stato introdotto nell’organismo sociale attraverso questo fatto.

Esco dalle officine meccaniche e mi avvio verso l’atelier in cui si lavorano i metalli. Un proverbio tedesco afferma che “il ferro educa” e indubbiamente nei laboratori di Hibernia si può fare l’esperienza di come lo sviluppo dell’arte della lavorazione dei metalli incida sullo sviluppo del carattere. Solo fintantoché il ferro rimane sufficientemente caldo è possibile lavorarlo efficacemente; il tempo è poco, non si possono avere esitazioni o tentennamenti, bisogna agire con decisione in modo quasi esplosivo. Quando si lavora il ferro a gruppi di due, in merito alle capacità e attitudini del proprio compagno, si impara molto di più di quanto non traspaia dagli oggetti realizzati. Quando si lavora con tutto il team per produrre oggetti più complicati, diventa invece evidente il significato della divisione del lavoro e cosa essa implichi in termini organizzativi.

Lavorare il rame invece è completamente diverso. Sono necessari venti ore di lavoro per ricavare un vaso da un foglio piatto di rame martellandone incessantemente la superficie. Venti ore durante le quali ogni colpo di martello è uguale al precedente e al successivo, insegna qualcosa che nessuna lezione teorica potrebbe dare con altrettanta efficacia. Per lo stesso motivo, gli insegnanti che gestiscono gli atelier sui metalli non necessitano di esprimere alcun giudizio sui lavori dei loro alunni: consegnato loro calibro e metro, il lavoro parla da sé fin troppo chiaramente ed oggettivamente.

In generale, il processo di valutazione degli alunni in Hibernia si discosta alquanto da ciò che normalmente si fa nelle scuole ordinarie. Alla fine dell’anno scolastico, l’alunno riceve una relazione destinata ai suoi genitori che descrive ciò che egli è stato capace di raggiungere e sviluppare. Ma queste relazioni non contengono giudizi in termini di numeri o lettere che possano riferirsi a qualsivoglia scala di valutazione. Contengono invece degli epigrammi o dei brevi versi, spesso composti dagli insegnanti stessi che, senza alcuna velleità di perfezione stilistica, cercano di sintetizzare artisticamente la personalità del bambino con l’intenzione di stimolarlo per il prossimo anno.

Nell’atelier in cui si lavora il legno l’atmosfera è ancora diversa e non solo per i suoni che si sentono - molto più ovattati in confronto a quelli acuti e penetranti prodotti dalla lavorazione dei metalli - e per gli odori - profumo di essenze in confronto ai pungenti odori ignei dei metalli. Ogni tipo di legno offre una resistenza diversa agli strumenti di lavoro ed è bene imparare presto le varie differenziazioni. In alcuni casi basta qualche adattamento al materiale grezzo per ricavarne un oggetto artistico, in altri è necessario un fine lavoro di raspa per intervenire sul chiaroscuro della superficie di legno.

E’ ora di pranzo, mi attira moltissimo la pizza che studenti e genitori stanno cuocendo nel forno a legna in pietra che si trova nel giardino principale, ma fa freddo e piove a dirotto. Mi rifugio quindi nell’edificio dove ci sono le esposizioni degli oggetti realizzati, lì intorno ci sono infatti dei banchetti con un sacco di leccornie preparate dai genitori. Vinco la mia debolezza per i dolci e, dopo una tazzona di caffè, riprendo la visita del complesso partendo dall’asilo per passare poi ai laboratori chimici e a quelli informatici.

Nel tardo pomeriggio finalmente Axel si libera un po’ e mi accompagna a visitare il laboratorio di ceramica in cui lui stesso insegna. Mi fa vedere come nell’argilla si imprimono e diventano visibili soprattutto le capacità interiori di chi la lavora; per chi sa interpretare il suo linguaggio, la lavorazione della ceramica ha molto da suggerire all’educatore.

In generale, fa notare Axel, se ci si può domandare che significato possa avere alle soglie del terzo millennio insegnare ai ragazzi sartoria, lavorazione della ceramica, del rame e del ferro, etc. quando il mondo intorno a noi sembra non aver più assolutamente bisogno di queste capacità, bisogna tener presente che in Hibernia tutto ciò ha un duplice scopo. Il primo consente di rilasciare ai propri scolari una qualifica artigianale riconosciuta a tutti gli effetti dallo Stato tedesco; la seconda, ben più importante, è sviluppare nello studente capacità generiche per intervenire nel mondo secondo realtà nei campi di applicazione più diversi e per tutta la vita. Lo confermano anche le evidenze che si hanno dagli alumni una decina dei quali sono divenuti personaggi noti in Germania come politici, attori, inventori e imprenditori.

Axel sottolinea come l’organizzazione stessa della scuola sia essenziale per incarnare il fine verso cui questa tende. Mi spiega che egli svolge la funzione di “direttore” solo perché ciò è richiesto dalla normativa scolastica tedesca, ma di fatto non esiste internamente una gerarchia tra gli oltre cento docenti di Hibernia. Per indirizzare temi specifici, si possono creare spontaneamente dei comitati di docenti che possono poi sciogliersi quando lo scopo prefissato è stato raggiunto. Un tempo questa gestione paritaria e collegiale era estesa anche, seppur per un numero ridotto di insegnanti, anche al tema della retribuzione. Si decideva il compenso della propria prestazione in base ai propri bisogni piuttosto che a riferirsi a quanto previsto dal mercato. Questa pratica è rimasta in uso per circa un decennio.

Da sempre, prosegue Axel, Hibernia Schule si sostiene da una parte con i contributi statali e dall'altra con i contributi delle famiglie. I primi servono a coprire la maggior parte delle spese vive ovvero i salari e la manutenzione - i costi per la costruzione della scuola sono stati ammortizzati da tempo -. I secondi servono a coprire le peculiarità didattiche di Hibernia, come il teatro, l'euritmia, l'orchestra ma anche lo scuolabus. I contributi vengono raccolti come quote dell'associazione della scuola - tutti i genitori ne sono membri -, poiché non esiste nell'ordinamento giuridico tedesco il concetto di retta scolastica. I contributi vengono calcolati in base al reddito della famiglia ma speciali ammortizzatori sono previsti per le famiglie che dovessero trovarsi improvvisamente in difficoltà o quando i figli iscritti sono più di uno. In media la retta si aggira intorno ai 300 € mensili.

Conclusione

La già impressionante evoluzione del mondo delle macchine sta ulteriormente accelerando ma non sembra proprio che ad essa si accompagni una analoga evoluzione del concetto di lavoro. Molto di ciò che ci appare come tale, a ben vedere non è che una trasformazione di ciò che conosciamo fin troppo bene. L’innovazione tecnologica sembra promuovere forme sempre più spinte e raffinate di taylorismo nella generale soggezione dell’umano alla tecnica mentre lo startuppismo dilagante sembra l’evoluzione up to date del carrierismo e dell’imborghesimento.

Una osservazione spassionata del futuro del lavoro dovrebbe invece farci riconoscere la direzione elaborata da Fintelmann per cui lavorare diventa “fare ciò che si è chiamati dallo sviluppo oggettivo del mondo”. Il terzo millennio, infatti, oggettivamente pone all’umano sfide drammatiche e non più eludibili - riscaldamento globale, migrazioni epocali, desertificazione, etc. -, per le quali l’innovazione tecnologica dovrebbe essere un potente mezzo in vista di fini socialmente riconosciuti e consapevolmente accettati.

Ciò si dovrebbe esprimere in una rinnovata volontà di enaction, un fare che si alterna ritmicamente all’imparare e per il quale ci si prepara opportunamente già a partire dalla prima stagione della vita per arrivare a far coincidere autorealizzazione e ciò che il mondo si attende da ciascuno di noi.

Post scriptum

Terminata la nostra chiacchierata nella caffetteria della scuola, saluto Axel e mi avvio verso la foresteria. L’open day è terminato da un po’ e la scuola, con il buio della sera, si prepara a consegnarsi alla quiete domenicale. Il tempo è peggiorato ancora, piove e tira un vento freddo, dalle finestre della mia stanza osservo i caldi e gioiosi colori degli edifici della scuola.

Galleria

Note:

[1] Klaus J. Fintelmann: "La missione del lavoro nell'evoluzione umana", Filadelfia Editore, 1994

[2] Ad esempio: "Semco ha introdotto il salario autodefinito negli anni Novanta per gli impiegati. Stufo di dover mercanteggiare lo stipendio dei manager, il ceo Ricardo Semler decise che ognuno avrebbe proposto il proprio salario (senza bisogno di consultare i colleghi come nel caso di aes). Quella che sembrerebbe una ricetta per il disastro ha funzionato invece bene nella pratica; pochissimi alzarono i propri salari a livelli considerati esagerati dagli altri. Secondo Semler ci sono varie ragioni che spiegano il fenomeno: tutte le informazioni salariali sono rese pubbliche in Semco, quindi chiunque abbia una percezione di sé gonfiata dovrà affrontare domande difficili da parte dei colleghi; il ceo e i senior leader hanno fatto in modo di allineare i propri stipendi ai livelli salariali più bassi del settore; e, data la propensione agli alti e bassi dell’economia brasiliana, le persone sanno che in caso una forte crisi richiedesse di fare dei licenziamenti, quelli che si sono concessi dei salari non giustificati sarebbero i primi ad essere toccati. Ma qualcosa di più profondo sembra essere in gioco: finché qualcuno ha potere su di noi, finché siamo intrappolati in una relazione di tipo genitore/figlio con i nostri superiori, è facile sentirsi trattati ingiustamente e chiedere di più. Quando i nostri colleghi si fidano del fatto che noi prendiamo le migliori decisioni (e noi, in cambio, riponiamo la nostra fiducia in loro) siamo più propensi a stabilire le nostre retribuzioni in maniera onesta. Nel caso di Semco, le persone sono state disposte in diverse occasioni, quando il Paese era colpito da una profonda recessione, a ridurre temporaneamente i propri stipendi per assicurare la sopravvivenza dell’azienda, cosa che avrebbero potuto non accettare facilmente se la decisione fosse stata presa dai loro capi.". Citazione dal libro "Reinventare le organizzazioni".

[3] K. J. Fintelmann: "Entstehung und Aufbau der Hibernia Schule". In "Pädagogik heute". Numero speciale del 01 febbraio 1969.

[4] Vedere paragrafo Insegnamento a "epoche" in https://www.educazionewaldorf.it.


Per approfondimenti sul tema: