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OO 333 - Libertà di pensiero e forze sociali



Sesta conferenza
Conoscenza spirituale come fondamento dell'agire

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Stoccarda, 30 dicembre 1919


Circa due anni fa, quando gli avvenimenti catastrofici dell'ultimo periodo andarono incontro ai loro momenti decisivi, le circostanze fecero sì che gli amici della nostra università di scienza dello spirito eretta a Dornach volessero attuare un cambiamento di nome per questa università. Si doveva esprimere come, a partire dalla coscienza della vita spirituale tedesca, ci si voglia confrontare con coraggio a tutto ciò che potrebbe ergersi contro questa vita spirituale nel presente o nel futuro. All'epoca, – e sentirete l'importanza di questa assegnazione di nome – si chiamò questo edificio, che anche nella sua forma artistica deve riprodurre ciò che vive nella scienza dello spirito orientata antroposoficamente, all'epoca si chiamò questa Università di Scienza dello Spirito Goetheanum. E così questo Goetheanum si trova su una delle colline situate all'estremo nord-ovest della Svizzera come emblema di uno spirito veramente internazionale, ma di uno spirito tale da volere avere in sé quell'elemento importante che si può collegare al nome di Goethe. E perciò ci si concederà di ricordare talvolta il goetheanismo, nel corso di osservazioni antroposofiche quali quelle che andiamo svolgendo qui.

Oggi prenderò come punto di partenza cose apparentemente assurde, ma queste cose apparentemente incredibili saranno forse adatte ad indicare qualcosa di caratteristico nella scienza dello spirito qui intesa.

È forse cosa risaputa come Goethe, dopo avere preso i suoi impegni a Weimar, a partire da determinate situazioni della sua vita lì, si dedicò intensivamente allo studio delle scienze naturali. E dopo aver fatto i più diversi esperimenti e studi su piante ed animali a Weimar e nella vicina Jena, quando poi a metà degli anni '80 durante il suo viaggio in Italia, che esplorò a fondo nelle più diverse parti, egli si era occupato di tutto quanto riguarda le scienze naturali, scrisse allora sulle idee che da allora in poi dovette farsi sul rapporto fra le piante e la Terra. Scrisse ai suoi amici di Weimar rimasti a casa che era riuscito ad individuare con totale precisione la pianta primordiale, quella pianta di cui era convinto che fosse una formazione da potersi afferrare solo nello spirito, che fosse qualcosa che, mentre si trovava certamente alla base delle singole forme di tutte le piante, fosse tuttavia solo una formazione unitaria afferrata spiritualmente. E allora scrisse ai suoi amici di Weimar qualcosa di singolare: con questa formazione nell'anima si dovrebbe essere in grado di riconoscere il mondo vegetale in maniera tale che, cambiando questa formazione in maniera corrispondente – Goethe la chiamò una formazione sensibile-sovrasensibile -, dandole cioè una forma concreta, si dovesse creare nello spirito, interiormente, qualcosa che avesse la possibilità di acquisire realtà esteriore. Con questa pianta primordiale nell'anima si sarebbe dovuta afferrare così profondamente la vita vegetale da potere inventare una pianta di fantasia che però avrebbe avuto appunto il diritto di essere realtà esteriore, allo stesso modo delle piante che crescono fuori sui prati, nei boschi e sui monti.

Cosa pensò Goethe e cosa sentì, quando disse tali cose, nel momento in cui si credeva al culmine della sua visione in un certo campo della conoscenza? Non capiamo da questa sua affermazione, se poniamo cioè attenzione a tutto ciò che viveva nella natura di Goethe, che Goethe aspirava ad una conoscenza della natura che, come egli stesso si esprimeva, fosse conforme allo spirito, ossia ad una conoscenza nella quale non contino solo i sensi esteriori e l'intelligenza, ma anche tutta la realtà spirituale dell'uomo? Ma non vediamo anche come Goethe aneli ad una conoscenza che possa immergersi nell'essenza delle cose, che si riconosca così unita con le cose che, mentre forma in sé l'idea delle cose, possa sapere con chiarezza che in questa forza creativa che vive nell'anima, e che è produttiva, vive e intesse la stessa cosa che vive nella forza di crescita della pianta in natura? Goethe aveva chiaro questo fatto: quando la pianta cresce in natura, quando sviluppa foglia per foglia, nodo per nodo, fiore per fiore, in essa vive la forza di crescita. Ma Goethe voleva unirsi con questa forza di crescita che vive in natura, voleva farla vivere nella propria anima. In ciò che egli creava come idee di conoscenza sulle cose doveva vivere qualcosa che è identico a ciò che si trova all'esterno nelle cose stesse.

Attraverso una tale conoscenza si anela ad una straordinaria intimità nell'unione con il mondo esterno. Oggi si continua a sottovalutare l'impatto che ebbe sull'anelito di conoscenza dell'umanità il fatto che Goethe si elevò a tali idee; perché, in fin dei conti, oggi viviamo in tutt'altre idee conoscitive. La scienza dello spirito orientata antroposoficamente qui intesa, però, vuole essere goetheanismo, cioè non solo scienza goethiana nel modo in cui la fanno queste o quelle raccolte su Goethe, basandosi su ciò che Goethe ha detto o scritto, bensì nel senso che essa afferri ciò che in Goethe ha vissuto in maniera iniziale, elementare, che però ha vivacità interiore per portare sempre maggiori frutti, cosa che oggi è qualcosa di completamente diverso da quello che poteva essere nel 1831, quando Goethe morì. In Goethe viveva uno spirito che continua a svilupparsi in maniera viva anche dopo la sua morte su questa Terra. Oggi possiamo parlare di un goetheanismo dell'anno 1919. Questo non ha bisogno di riproporre di nuovo ciò che Goethe stesso ha detto parola per parola, ma deve agire secondo il suo spirito. E si può credere di agire nel modo migliore in conformità con lo spirito di Goethe, se quello che egli ha tentato di sviluppare per il suo tempo, quasi un secolo e mezzo fa, in un piccolo campo, nel campo del vegetale, e un po' anche in quello dell'animale – e qui anche solo per le forme esteriori -, se tutto questo lo si trasforma nell'impulso ad un'ampia visione del mondo, e, soprattutto, se si inserisce l'essere umano in questa visione. Con ciò, però, ci si riconosce in un goetheanismo che dovrà agire in modo da trasformare tutto ciò che vuole svilupparsi come visione del mondo a partire dagli ambiti più stimati del nostro anelito alla conoscenza, dagli ambiti delle scienze naturali.

Forse, rievocando qualcosa di ciò che ho già detto in precedenti conferenze, posso caratterizzare ancora una volta come è stata l'evoluzione spirituale dell'umanità civilizzata negli ultimi quattro secoli. Cosa abbiamo visto sorgere, in fondo, come forza principale nell'evoluzione umana e nell'anelito alla conoscenza? Abbiamo visto sorgere la vita intellettuale, conforme alla ragione, e se abbiamo vissuto grandi trionfi proprio anche nel campo delle scienze naturali, tuttavia dobbiamo dire anche questo: sebbene queste scienze naturali ci descrivano i fatti esteriori in gran quantità, - il modo in cui noi, in quanto uomini, mettiamo mano al mondo esterno, cioè come noi ci formiamo nella nostra anima idee sulla natura esteriore e sulla vita, è un modo totalmente compenetrato di intellettualismo.

Se si prende come norma l'elemento intellettuale nella natura umana, si arriva certamente a penetrare in qualcosa di molto spirituale. Le nostre idee e i nostri concetti astratti sono naturalmente un qualcosa di interiormente molto spirituale. Nel modo in cui sono stati fatti valere negli ultimi quattro secoli essi sono in sé molto spirituali, ma non sono in grado di diventare null'altro che immagini speculari dei fatti sensibili esteriori. Questo è l'elemento caratteristico nella nostra vita animica e spirituale: a poco a poco siamo arrivati a sviluppare idee e concetti astratti, molto fini, filtrati nello spirituale, ma si tratta di idee e concetti che osano avvicinarsi solo all'esteriore realtà sensibile, che non hanno in sé la forza di afferrare null'altro nella vita che questa realtà sensibile esteriore. Quegli uomini che oggi impegnano la loro interiorità in questa direzione intellettualistica credono spesso che stanno seguendo le vie della loro ricerca e del loro pensare del tutto incondizionatamente e senza pregiudizi. Ma il pensare e ricercare che si muove su tali vie intellettualistiche non è per nulla indipendente dallo sviluppo storico. Ed è interessante vedere come chi oggi si proclama filosofo o scienziato, creda di potere in qualche modo giustificare a partire dalla natura umana, o dall'essere del mondo, il motivo per il quale egli ricerchi proprio in questa o quell'altra maniera, mentre il modo in cui ricerca è solo il risultato di un'educazione umana antica di millenni.

Se infatti si torna indietro nel tempo – ed oggi posso caratterizzare questo solo nel complesso – risalendo attraverso i secoli dopo Cristo fino all'antica Grecia, negli ultimi secoli della grecità precristiana si trovano già i primi echi di quel pensare intellettualistico a cui nel mondo civilizzato occidentale ci siamo dati del tutto a partire dal quindicesimo secolo. Vediamo sorgere nell'antica Grecia ciò che per lungo tempo si è chiamato la dialettica. Questa dialettica consiste nel rendere interiormente attivo un elemento di pensiero che tende sempre più all'astrazione. Ma chi considera la vita greca con imparzialità, vede che questa vita dell'intelletto ancora molto compenetrata di spirito in Platone, in Aristotele già del tutto solo logica, si rifà ad un elemento antico pieno di contenuto e di anima. E se, come Nietzsche ha fatto - in maniera grandiosa, anche se già un po' morbosamente - si va a ritroso nei tempi più antichi del pensiero greco, dell'evoluzione culturale greca, si trova che in ciò che Nietzsche ha chiamato l'età tragica dei greci, - che in questa vita spirituale non è ancora presente l'elemento logico, astrattamente dialettico, e neanche l'essere dediti al mondo meramente esteriore. Ma in questa vita spirituale è ancora presente qualcosa di ciò che può emergere soltanto dai più intimi recessi della natura umana, che, come da se stessa, fa scaturire l'essere del mondo nelle sue forme più diverse. E se ci inoltriamo ulteriormente fino all'origine di ciò che poi è comparso in Grecia, che più tardi è stato filtrato fino a diventare mera logica, troviamo laggiù in Oriente ciò a cui più volte di recente ho accennato, che si potrebbe chiamare una conoscenza misterica occulta dell'umanità attuale – ma, appunto, solo dell'attuale umanità. E' una conoscenza che viene acquisita in una maniera di cui l'attuale umanità nella sua vita normale non riesce più a farsi alcuna rappresentazione. In quelle scuole dell'antico Oriente, che al contempo erano scuole, istituti artistici e luoghi religiosi, l'uomo non doveva solo imparare qualcosa, o ricercare usando le sue forze intellettuali, bensì, prima ancora di essere accostato ai misteri dell'esistenza, doveva compiere una trasformazione di tutto il suo essere. In questi misteri dell'Oriente era una cosa ovvia che l'uomo, nel modo in cui si trova all'interno della vita esteriore, non potesse penetrare nei segreti dell'esistenza. Perciò, per prima cosa, attraverso una severa educazione di tutto il suo essere, si doveva condurre l'uomo a quello stato in cui diventava un altro essere, e a quest'altro essere poi si trasmetteva ciò che si chiamava il contenuto della conoscenza. Sulla base di una ricca vita animico-spirituale concretamente configurata, storicamente certamente non più presente, ma tuttavia dimostrabile attraverso la scienza dello spirito, si è costruita una volta in Oriente una conoscenza che poi si è diffusa in Grecia, e che in Grecia è stata filtrata in dialettica, logica, mera intelligenza, e che poi venne sempre più filtrata, fino a divenire quel mero intellettualismo nel quale ci troviamo incastrati dalla metà del secolo quindicesimo all'interno della moderna civilizzazione.

Senza dirigere apertamente l'occhio dell'anima verso tali cose, nel modo che ora ho caratterizzato, non si può guardare dentro le diverse correnti culturali e nei diversi bilanci culturali dell'esistenza attuale, non si può giungere a fruttuose concezioni su ciò che oggi è necessario all'umanità. Oggi si tratta di guardare davvero senza riserve a ciò che si è sviluppato, e da ciò riconoscere in quali mondi spirituali ci troviamo. Quando si persegue il modo in cui si è trapiantata dall'Oriente in Grecia una vita spirituale a noi più o meno estranea, il modo in cui questa è stata filtrata nel nostro intellettualismo, si giunge allora a porsi la domanda: come si è sviluppata, in realtà, questa vita spirituale?

Questa vita spirituale non si è potuta sviluppare in altro modo se non attraverso il fatto che era legata in una certa maniera ad un elemento naturale nell'entità umana. Se si prova cosa veramente ha agito e tessuto nella natura umana, affinché questa vita spirituale abbia potuto svilupparsi attraverso la trasformazione dell'uomo quale è stata descritta, si dovrà allora dire: in tutto questo gioca un grande ruolo il fatto dell'ereditarietà, il fatto della linea ereditaria del sangue. E possiamo, in realtà, solo studiare come lo sviluppo della conoscenza nell'umanità sia proceduto, traendolo dalla conoscenza del fatto dell'ereditarietà del sangue. Pertanto, anche la conoscenza, in quei tempi a cui ho accennato, per esporre l'origine del nostro conoscere attuale, è legata ai singoli popoli, alle singole razze, a rapporti di sangue, a relazioni ereditarie. La conoscenza appare differenziata a seconda dei singoli popoli. Quando il discepolo veniva introdotto dall'esistenza esteriore in quelle scuole misteriche di cui ho parlato, ciò di cui si doveva tenere conto nella sua formazione era: che sangue, che temperamento nel sangue, quale predisposizione fondata nel sangue viveva in lui? E si portava a sviluppo questo elemento di natura, finché veniva alla luce nella conoscenza dell'uomo in questione ciò che poteva prodursi a partire da questo elemento di natura.

Chi conosce davvero la storia dell'evoluzione dell'umanità, chi non si attiene – posso usare ancora una volta questa parola - alla “fable-convenue” che oggi si chiama storia, bensì alla vera storia dell'evoluzione dell'umanità, troverà che questo essere legato della vita animico-spirituale umana alla linea del sangue, ai fatti del sangue, cessa radicalmente per la cerchia del mondo civilizzato occidentale attorno alla metà del quindicesimo secolo. E a quel punto comincia a divenire predominante ciò che mai nell'evoluzione dell'uomo potrà essere legato al sangue. Quando si osserva tutto ciò che si è sviluppato a livello artistico dal quindicesimo secolo nell'umanità moderna, è interessante vedere come tutto questo si origini da fonti dell'umana vita animica che non hanno più nulla a che fare con quell'elemento di natura, con quella coloritura di forze elementari, che erano tipici persino delle più grandi conquiste dei tempi antichi. C'è il rischio che in molte cerchie questo non venga riconosciuto. Chi vuole capire giustamente ciò che vive in Eschilo, ciò che vive negli antichi filosofi greci come Eraclito o Anassagora, chi vuole capire ciò che è vissuto in quelle antiche culture, deve chiarire a se stesso che in esse vive qualcosa che è legato all'elemento del sangue di certe razze. Il greco era ancora cosciente del fatto che tutto il suo essere spirituale era legato a ciò che il suo sangue produceva come fioritura animica. Lo si può dimostrare se si esaminano con la giusta intelligenza le opere d'arte greche come, per esempio, le tipiche figure scultoree. Se si tenta di capire ciò che si trova in questi tipi, si trova che nell'ambito della scultura greca vivono tre tipologie: in primo luogo, il tipo-satiro, poi il tipo-Mercurio, che compare in particolare in tutte le teste di Mercurio, ma poi il tipo che troviamo in Zeus, in Era, in Atena, in Apollo. Se si confrontano accuratamente la configurazione del naso, delle orecchie, e ogni singolo dettaglio di questi tre tipi, si riconoscerà in modo naturale come il greco nel tipo del satiro e del Mercurio volesse rappresentare qualcosa che è un tipo di umanità subordinata, all'interno della quale si è diffusa l'umanità, superiore per sangue, di quell'arianesimo che il greco rappresentava nella testa di Zeus. Si vorrebbe dire: in ciò è espressa la coscienza di come nell'evoluzione umana il greco sentiva legata la sua spiritualità alla forza elementare che vive nel sangue. Ciò si dirada poco a poco, e cessa di avere un'importanza per l'umanità nella metà del quindicesimo secolo. Da quel tempo, in quello che viene prodotto come spiritualità nella normale vita esteriore, vive l'elemento intellettuale, l'elemento rappresentativo, cosicché tutto ciò che sorge nell'anima, che è di natura animica, non ha nulla a che fare con ciò che domina nel sangue, con ciò che nasce dal sangue. Oggi anche i dilettanti della filosofia devono ammettere che ciò che vive nelle rappresentazioni di tipo intellettuale non è legato all'elemento corporeo, e tanto meno al sangue, e ad ogni modo non ha neanche nulla a che fare con ciò che nell'antica spiritualità giocava un così grande ruolo: con l'ereditarietà, con il fatto della parentela di sangue all'interno dell'ereditarietà.

A partire dalla metà del quindicesimo secolo nell'evoluzione dell'umanità si presenta qualcosa che certamente è, per così dire, un elemento spirituale del tutto sottile, che sembra in fondo solo intellettualistico, che però educa questa moderna umanità all'indipendenza da tutto ciò che è solo naturale, e che soprattutto, allo stesso tempo, la allontana anche da tutto ciò che prima era stato percepito come essenzialmente umano. E allora qualcosa di peculiare, vorrei dire di tragico, entrò a far parte dell'evoluzione dell'umanità moderna. Essa dovette elevarsi ad un vivere che è indipendente dalla forza elementare della natura, ma non poté più capire se stessa con ciò che così riceveva nell'anima. Nell'antica spiritualità, in quella conoscenza spirituale che era ancora edificata sul sangue, insieme alle conoscenze interiori si ereditava anche una conoscenza della natura umana e dell'essenza umana; ora ci si era elevati ad un'astratta spiritualità, che nelle scienze naturali può collezionare grandi trionfi, che però non riesce più a penetrare nell'essere stesso dell'uomo, e che rimane lontana dall'essere dell'uomo stesso.

Questo però ebbe anche un'altra conseguenza. Se gettiamo uno sguardo retrospettivo a quella evoluzione che io ho potuto caratterizzare come legata alle forze elementari della natura, e se volgiamo il nostro sguardo non solo all'essere della conoscenza, bensì a ciò che si presenta attraverso la storia come fatti buoni o cattivi, simpatici o antipatici, troviamo che questi fatti si allacciano al conoscere naturale, allo sperimentare lo spirito in modo naturale, che sono l'espressione del vivere spirituale naturale: l'uomo si sperimenta attraverso il sangue, si eleva attraverso il suo sangue alla spiritualità, vive ciò che gli dà il suo sangue in immagini potenti, in immaginazioni che sono rappresentazioni delle sue esperienze spirituali, e ciò che egli vive nell'anima si trasfonde in tutto il suo essere. E il frutto di ciò che pulsa nelle sue rappresentazioni, delle sue rappresentazioni sentite, delle sue idee sentite, divengono le sue azioni.

E oggi? Siamo giunti al culmine di un intero periodo. Abbiamo dietro a noi dai tre ai quattro secoli di vita intellettualistica; se ci guardiamo attorno nel moderno mondo civilizzato, troviamo ovunque lo sviluppo intensivo di una vita basata sulla ricerca intellettualistica, troviamo le più svariate idee, ma tutte queste idee sono troppo astratte, troppo estranee alla vita, per potersi tradurre in impulsi che fecondano l'azione. Se oggi, laddove i problemi sociali e gli altri problemi dell'umanità sono così pressanti, si osserva il generale torpore animico in cui gli uomini si trovano, a partire dal quale essi sempre meno si vogliono confessare quanto ci si trovi sempre più su una brutta china, e come abbiamo sempre più bisogno di estrarre forze più profonde dalla nostra vita animica per ritrovare di nuovo gli impulsi che possano tradursi in azioni- allora ci si ricorderà di un detto popolare che veniva ripetuto nei secoli precedenti ai tedeschi che già allora si erano trovati assonnati: dormi, Michele, dormi, nel giardino passa una pecora, nel giardino passa un pretino che ti porta in cielo. Dormi, Michele dormi! - Ebbene sì, questa è spesso la disposizione d'animo oggi: prestare ascolto a una qualsiasi religione astratta, che non si trova in nessuna relazione con la diretta realtà esteriore e con la vita in questa realtà. Abbiamo perso il nesso fra la conoscenza esteriore della natura, che cogliamo solo intellettualmente, e ciò che vive nella nostra anima e che venne incluso nell'antica conoscenza della natura fondata sul sangue: la visione dell'essere dell'uomo.

So quanto oggi ci si rifiuti di prestare ascolto a tali caratteristiche, che vengono considerate come qualcosa di stravagante, come fantasie che vogliono esagerare le cose. Tuttavia si deve dire: fintantoché non si ascolta ciò che viene da questa direzione, non si giunge a concepire idee feconde che portino ad una nuova configurazione o ad una nuova edificazione della vita, che pare tanto necessaria oggi, se si osservano le cose senza pregiudizi. Se consideriamo la differenza tra l'animico e lo spirituale – ecco, i nostri filosofi di scuola parlano ancora di qualcosa di animico in rapporto con il mondo esteriore; però, la chiara concezione dell'essere dell'uomo come corpo, anima, e spirito, non vive più già da tanto nella nostra concezione del mondo di stampo occidentale. Qui si può percepire un fatto molto degno di nota. Si può venire a capo – e l'ho già esposto in altre conferenze - della conoscenza dell'essere dell'uomo, solo se si può articolare quest'uomo in corpo, anima e spirito. Perché il corpo è ciò che, fra nascita e morte, è lo strumento per le forze spirituali, lo spirito è ciò che si serve di questo strumento, e l'anima è ciò che non è né spirito né corpo, bensì ciò che collega entrambi. Senza guardare a questa triplicità non si può penetrare nell'essere dell'uomo. Ma persino dei filosofi eccellenti affermano che l'uomo consta di corpo ed anima. Credono di esercitare della scienza scevra da pregiudizi. Certamente, scienza scevra da pregiudizi! Peccato che non sanno che nella vita intellettualistica siamo dipendenti dall'intera evoluzione orientale. Così, volgendo lo sguardo solo al corpo e all'anima, siamo dipendenti dall'ottavo Concilio Universale di Costantinopoli dell'anno 869[1] in cui venne formulato il dogma in base al quale come cristiano non si deve credere al corpo, all'anima e allo spirito, bensì solo al corpo ed all'anima, e si deve credere che l'anima ha alcune caratteristiche spirituali. Da quel momento in poi questo divenne dogma della Chiesa cattolica, divenne precetto per coloro che facevano ricerca sul mondo esteriore. E oggi gli uomini credono di essere immersi in una scienza che ricerca in modo imparziale, e che scaturisce da loro stessi, mentre in realtà stanno solo seguendo l'antica dottrina che è stata inaugurata attraverso il Concilio Universale di Costantinopoli dell'anno 869, dove fu bandito lo spirito.

Tutto ciò ha contribuito al fatto che la nostra vita spirituale divenisse una cosa così astratta, così intellettualistica che non vi era più dentro – ma l'umanità soggiace appunto a un'evoluzione, e non può esservi più dentro – ciò che, dando impulso alla volontà, ha vissuto nell'antica vita spirituale. E dovrebbe venire un tempo in cui l'uomo, in relazione alle sue azioni, apparirebbe come completamente paralizzato, se mantenessimo all'interno della nostra vita spiritale occidentale solo il materialismo. Dall'andamento dell'evoluzione spirituale occidentale si deve sentire che è necessaria una fecondazione a nuovo di questa evoluzione spirituale; che dobbiamo acquisire di nuovo, da un'altra parte, ciò che abbiamo perduto come antico elemento di sangue. È stato giusto che l'umanità abbia percorso per tre o quattro secoli un'evoluzione intellettualistica indipendente dal sangue. Con ciò si educò alla libertà, ad una certa emancipazione da ciò che è solo natura. Ma ciò che allora abbiamo sviluppato come intellettualismo deve di nuovo venire impregnato, deve di nuovo venire ricolmato nel nostro essere di una conoscenza tale che possa confluire nelle azioni dell'uomo, che possa compenetrare l'uomo di anima e di spirito, conformemente alla sua volontà. La moderna scienza dello spirito orientata antroposoficamente anela ad una tale conoscenza spirituale, ad una moderna conoscenza dello spirito che non vuole avere nulla a che fare con un rinnovamento dell'antica conoscenza orientale dello spirito. E in questo senso vorrebbe ora raggiungere quell'intimità con tutto ciò che vive nell'universo, non solo per le forme vegetali ed animali, bensì specialmente per l'uomo, per cui si possa dire: le forze che vivono all'esterno entrano nel nostro essere, si risvegliano nel nostro stesso essere, e, mentre conosciamo, vivono in noi le forze di crescita della natura e del mondo spirituale, e soprattutto le nostre proprie forze di crescita umane. Se noi impregniamo la nostra vita intellettuale con le esperienze dello spirito, ci troveremo inseriti nella moderna civilizzazione in modo tale che ora non viva in noi un elemento di sangue, bensì un elemento osservato nella libertà dello spirituale, che a sua volta potrà ripercuotersi sulla nostra vita d'azione portandovi entusiasmo e forza.

Già ora la vita attiva e volitiva dovrebbe paralizzarsi se non ricevesse l'impronta da ciò che può essere visto nello spirito. Non ci vuole niente oggi a dire: sì, ma le conoscenze di questa scienza dello spirito orientata antroposoficamente vengono acquisite nella vita interiore, ritirata e contemplativa! Certo, vengono acquisite nella vita interiore, contemplativa, ritirata, come infine anche la conoscenza della chimica, eccetto per l'applicazione delle conquiste chimiche nel mondo pratico, viene acquisita in laboratori e in studi appartati. Deve venire acquisito ciò che può dare accesso all'essere dell'uomo, ciò che oggi può formare il contenuto di una reale conoscenza dello spirito, mentre - ma in maniera del tutto diversa dagli antichi misteri – l'uomo di nuovo si trasforma e riesce ad acquisire una visione spirituale, come qui nel mondo dei sensi, attraverso i suoi organi di senso, possiede una visione sensoriale, e, attraverso la sua ragione, una visione intellettualistica. Si deve sviluppare la modestia di cui ho parlato nella penultima conferenza, la modestia intellettuale che ci fa dire: come il bambino di cinque anni deve farsi educare per imparare a leggere, così l'uomo che si trova nella vita esteriore deve prima trasformarsi per accostarsi ai veri misteri del mondo, della natura e dello spirito. E con la rinuncia, con il dolore sopportato volontariamente, è legato ciò che produce vera conoscenza nell'essere umano. Lo potete già rilevare dal fatto che è necessario che chi veramente conosce, l'uomo che penetra nel mondo spirituale, non vede più il mondo con i soliti occhi, non ode più come altrimenti si ode, non pensa più come altrimenti si pensa, bensì, egli deve vedere il mondo in un organismo spirituale indipendente. Ma fra nascita e morte non si è adatti a questo mondo in cui si entra; si entra in un mondo di fronte a cui si sta come degli estranei. Questo non essere adatti, questo essere inseriti all'interno di un mondo al quale non si appartiene, fintantoché si adopera il proprio corpo, è qualcosa che deve venire caratterizzato come un dolore animico-spirituale, che, naturalmente, può essere conosciuto solo attraverso l'esperienza. Attraverso tali e simili cose, che certamente si trovano discoste dalle tempeste esteriori a dai flutti della vita, si deve penetrare nel mondo spirituale. Ma si diffama ciò che viene acquisito dalla scienza dello spirito qui intesa se si dice: questa è mistica estranea al mondo; se si dice: questo è qualcosa di estraneo o ostile alla vita. No, ciò che viene così acquisito nella ricerca spirituale, per quanto lontano dalla vita, è qualcosa che, quando viene posto di fronte agli uomini, è un sapere, una conoscenza che può venire compresa attraverso il sano intelletto umano, ma che poi dà all'uomo un impulso così potente da spingerlo a diventare portatore della sua vita di azione e di volontà.

A quale conoscenza anela la scienza dello spirito orientata antroposoficamente, nel suo volere sviluppare un ampio goetheanismo? Anela ad una conoscenza dello spirito che può essere il fondamento per una forte vita di azione e volontà. Il nostro mondo non può essere aiutato in altro modo se non attraverso il fatto di inserire nella nostra vita attiva e di volontà ciò che può venire intuito a partire dallo spirito. La conoscenza intellettuale e la sua applicazione, la conoscenza naturale, è qualcosa di contemplativo, è qualcosa che può trapassare al massimo nella tecnica, in ciò che sta al di fuori dell'umano. Ciò che però può venire percepito a partire dallo spirito diverrà un impulso a dirigere verso vie davvero salutari la vita sociale, questa vita sociale che sta diventando così difficile.

Si potrebbe già riflettere a fondo se le esigenze della scienza dello spirito qui caratterizzate non dovessero venire considerate guardando all'infinita sofferenza che viene provocata all'umanità per il fatto che oggi nella vita sociale si lavori tanto male, che nella vita sociale vengano introdotti leninismi e trozkismi e altre cose analoghe che non sono altro che quel veleno intellettuale che tuttavia per quattro secoli dovette essere portato per la liberazione dell'umanità, ma che fu portato avanti solo fintanto che l'antica vita sociale non era ancora afferrata dall'essere umano. Nel momento in cui sarà afferrata, si dovrà mostrare l'azione velenosa del mero intellettualismo nella vita sociale. Comincia a mostrarsi in fenomeni terribili, e si mostrerà sempre più in futuro. E' una illusione spaventosa da parte degli uomini credere di non essere solo all'inizio in questo campo, bensì in un punto in cui si possa tranquillamente stare a guardare. No, ci troviamo all'inizio, e l'unica salvezza possibile può solo venire dallo spirito. La conoscenza dello spirito deve diventare fondamento. Anziché abbandonarsi ad ogni sorta di declamazioni, talvolta anche con le migliori intenzioni, sul modo in cui questa scienza dello spirito non abbia nulla a che fare con la religione, sarebbe meglio se si prendessero in considerazione i fenomeni della vita senza pregiudizi.

Così mi è stato riferito che qui a Stoccarda si è tenuta una conferenza sulla scienza dello spirito orientata antroposoficamente[2] in cui venne detto che potrebbe nascere qualsiasi cosa attraverso le forze chiaroveggenti di cui parla la scienza dello spirito; solo che la cosa non ha nulla a che fare con la semplice natura infantile che agisce nella religione, nel concepire religioso anche del Cristianesimo. Così si può declamare, così si può credere di avere il permesso di parlare quando si è abbandonati da tutti gli spiriti di un'osservazione storica, da tutti gli spiriti che spiegano come si svolga l'evoluzione dell'umanità. Se non si è abbandonati da questi spiriti, lo spirito dell'evoluzione dell'umanità annuncia forte e chiaro che quell'astratto parlare di un astratto uniformarsi di qualsiasi cosa nell'uomo, che neanche si può definire, con una parola indefinibile, o con Cristo, che questo entusiasmarsi per un elemento infantile ci ha condotto nella miseria sociale nella quale ci troviamo. Prima l'elemento animico e spirituale venne monopolizzato dalle confessioni. Ne nacque una scienza naturale in cui non vi è alcuno spirito e che, priva di spirito, rappresenta l'immagine della natura. E mentre si ammette che attraverso la scienza dello spirito possano venire rivelati all'umanità ogni sorta di fatti di natura spirituale, si pretende ora che si dovrebbe riconoscere che in questi fatti spirituali non vive nulla di ciò che l'uomo dovrebbe cercare come suo elemento divino. Sì, il materialismo delle scienze naturali ha portato fortunatamente a de-spiritualizzare la natura. Questa religiosità porterà sempre più a privare della divinità lo spirito. E poi avremo una natura de-spiritualizzata, un Dio privato della divinità, e una religione priva di contenuto. Questa religione priva di contenuto non darà impulso a nessuna azione. La conoscenza dello spirito deve portare azioni, altrimenti i nostri impulsi morali per la nostra vita spirituale occidentale sono campati in aria. I nostri impulsi morali anelano a partire dalla nostra interiorità, in un modo del tutto diverso dalle conoscenze intellettuali. Chi può guardare a se stesso senza pregiudizi sa che le conoscenze concepite intellettualmente, come per esempio quelle delle scienze naturali, sono nella vita animica qualcosa di completamente diverso dagli impulsi che sorgono in noi interiormente come stimoli morali, come intuizioni morali, e che pretendono da noi che li mettiamo in pratica. Ma questa vita spirituale moderna non ha ponti, a causa del suo intellettualismo, fra la conoscenza della natura e la sua vita morale. In conclusione, cosa è diventata la visione del mondo morale? Se prescindiamo da una visione religiosa oggi divenuta più o meno priva di contenuto, guardando a quelle persone oneste che si costruiscono dalle scienze naturali una concezione del mondo che è sicuramente unilaterale al massimo grado, ma tuttavia onesta, dobbiamo dire: immaginatevi che ad un certo punto è nato una volta da una nebulosa di Kant-Laplace un qualche contesto di fenomeni vorticosi, e poi è nato a poco a poco quello che noi chiamiamo il nostro mondo con gli esseri naturali e l'uomo. Ma nell'uomo compaiono ideali morali, intuizioni morali. Se si crede solo ad un contesto di natura, questi ideali morali, queste intuizioni morali sono solo ciò che esala fuori come vapore, che avrà validità solo fin quando gli uomini gliela concederanno. Oggi continuano a vivere soltanto molti antichi istinti da quella evoluzione umana che in realtà ha trovato la sua fine già nel quindicesimo secolo. Se questi istinti non continuassero a vivere, un giorno saranno estirpati, e se non entrasse nulla di altro nella vita spirituale umana, si dovrebbe passare al mero documentarsi esteriore di ciò che chiamiamo ideali morali. E anziché sentirsi interiormente obbligati nei confronti dei propri ideali morali, di sentirsi obbligati per i propri ideali morali nei confronti della vita spirituale che supera tutta la vita fisica, anziché fare questo, potrebbe al massimo accadere che si trovi onesto quando gli altri uomini ritengono qualcuno un uomo morale, che si trovi opportuno non cozzare contro quello che è stato fissato per legge dallo Stato. In breve, quell'essere infiammati di uno spirituale ricco di anima, se rimanesse la nostra intellettualità, dovrebbe sparire anche dalla nostra vita morale. Perché si può conferire realtà alla nostra vita morale soltanto se una visione spirituale impregna e compenetra di nuovo tutto ciò che abbiamo acquisito per tre o quattro secoli. Non si deve assolutamente criticare in maniera reazionaria, ma si devono solo sottolineare le necessità. Ma cosa ci indica questo sguardo spirituale, qual è l'elemento morale del nostro sguardo spirituale? Questo sguardo spirituale riconosce la natura esteriore, vede in lei in senso iniziale ciò che geologi ragionevoli[3] – parlo a titolo di paragone - ipotizzano per la formazione geologica della Terra. Tali geologi dicono: una gran parte della nostra evoluzione terrestre si trova già in una corrente discendente. In molte zone della Terra camminiamo su un essere morto, quando ne calchiamo il terreno. Tale esistenza morta è molto più universalmente presente che nella sola geologia, riempie anche la nostra vita culturale, e in tempi recenti abbiamo ricevuto delle scienze naturali orientate solo al morto, all'inanimato, perché poco a poco nella nostra cultura veniamo circondati da ciò che muore. Si conosce il morente, ciò che ha origine in tempi antichissimi dell'evoluzione e che raggiunge nell'evoluzione terrestre la sua ultima fase. Poi, però, ciò che qui raggiunge la sua ultima fase si può confrontare con ciò che fiorisce in noi come nostri ideali e intuizioni morali. Cosa sono questi ideali e queste intuizioni morali? Questi ideali e queste intuizioni morali, quando nascono in noi, si rivelano a quella che qui viene chiamata scienza dello spirito orientata antroposoficamente, in modo tale che in essi si vede qualcosa che si può paragonare con quello che per la pianta successiva è il germe che è contenuto in un fiore, mentre ciò che muore nella fioritura è l'eredità della pianta precedente. Vediamo sbocciare la nostra vita morale nella nostra interiorità. Vivendo l'elemento di natura, viviamo ciò che si evolve da tempi antichi verso la Terra; nel sentire fiorire gli ideali morali in noi, viviamo ciò che, quando un giorno la Terra deporrà il suo corpo come scoria in forma di cadavere, si trasferirà con le anime umane in una vita cosmica immortale, come l'uomo singolo, quando si sbarazza del cadavere, penetra in un'esistenza animico-spirituale. Così vediamo sbocciare in noi i semi di future metamorfosi della Terra, mentre sviluppiamo la nostra vita morale.

Pensate se si riesce a prendere una simile idea, che certamente all'attuale umanità può sembrare fantastica, pienamente sul serio e a coglierne tutta la profondità, che cosa accadrebbe allora ad un concetto come quello di responsabilità morale! Si dice: che cosa sei, uomo? Sei un prodotto del passato e dell'intera evoluzione terrestre, e come tale percorri una via in discesa. Il tuo elemento morale rivive in te, è germe del futuro, al momento ancora qualcosa di apparentemente irreale, tanto che lo riteniamo qualcosa di solamente astratto; ma è il primo inizio di una futura, ricca realtà. E ci si dovrebbe proprio dire: se non eserciti questo elemento morale, se non ti colleghi con esso, non pecchi solo verso il tuo prossimo, certamente anche verso questi, ma pecchi nei confronti di tutti i mondi spirituali, perché essi hanno posto in te il germe per crescere attraverso la tua moralità nel futuro del mondo. Se sei immorale ti autoescludi dal futuro dell'umanità. Alla forza che può venire dalla conoscenza spirituale per la volontà e la vita dell'azione si può aggiungere anche la serietà di una responsabilità dell'uomo che vorrei dire cosmica, universalmente orientata. Possiamo sentire: nell'antica Grecia l'orizzonte della persona colta era limitato. Si era cittadini di una regione. Vennero i tempi nuovi. Venne scoperta l'America, la forma sferica della Terra venne di nuovo ritrovata attraverso l'esplorazione diretta attorno ad essa, attraverso l'esperienza. L'uomo divenne cittadino della Terra. Siamo progrediti di un'ulteriore tappa. L'umanità è passata attraverso la cittadinanza di una regione, e attraverso la cittadinanza della Terra. Oggi è chiamata a divenire cittadina del mondo nel vero senso della parola, cioè, a sentirsi come una cittadina di quei mondi che sono al di là della nostra Terra, che appartengono però a questa come un tutto unico, cittadina anche di quei mondi futuri a cui ho accennato.

Così la visione morale può radicarsi in modo nuovo nella conoscenza dello spirito. Solo se tale forza pervaderà la nostra vita morale saremo nella posizione di trasformare l'insegnamento morale in una visione della vita socialmente efficace.

Tali vie, alle quali qui ho accennato, si è tentato di percorrerle in ciò che rappresenta la tripartizione dell'organismo sociale, o nel mio libro “I punti essenziali della questione sociale”. Queste cose vengono ritenute da molti come astrazioni, utopie, ma sono invece la cosa più reale di tutte perché si basano su quella nuova concezione della realtà che non può essere raggiunta da nessuna scienza naturale, perché questa è rovinata dalla vita intellettualistica. Questa vita intellettualistica a poco a poco ha spinto l'uomo a chiudersi davvero molto in se stesso. Oggi si possono ricevere prove curiose di come l'uomo sia diventato egoista per il fatto che egli, a partire dalla sua esteriore conoscenza della natura, non capisce più l'uomo stesso. Negli ultimi tre, quattro secoli l'egoismo, contemporaneamente all'intellettualismo, è penetrato in tutta la vita umana esteriore ed interiore; soprattutto – e anche questo deve essere visto senza pregiudizi -, questo intellettualismo, questo egoismo ha afferrato anche la vita religiosa. Oggi si può parlare dell'immortalità dell'anima umana soltanto a partire da un certo punto di vista egoistico – e questo purtroppo è stato preparato per secoli dall'educazione umana. Oggi gli uomini inorridiscono di fronte al fatto che – come naturalmente non è, ma potrebbe essere – il loro essere animico-spirituale potrebbe cessare quando la Terra abbandonerà il suo cadavere. Ciò contraddice l'ultimo baluardo dell'elemento di natura; ciò contraddice un chiaro impulso egoistico. Si è schiavi di questo impulso egoistico se, come appunto accade ad esempio sotto la costrizione dei dogmi, si parla soltanto del perdurare della vita dell'anima umana dopo la morte, il che viene per altro pienamente confermato anche dalla scienza dello spirito, ma non si parla del fatto che il nostro essere animico-spirituale prima della nostra nascita e del nostro concepimento si trovava in un mondo spirituale. Prima di scendere nella corporeità fisica e di rivestire quell'involucro che ci viene dato con l'ereditarietà da padre e madre, percorriamo un'evoluzione in un mondo animico-spirituale, proprio come facciamo qui sulla Terra. E proprio come la nostra vita dopo la morte è una continuazione della vita qui sulla Terra, un ampliamento delle esperienze che facciamo qui, così la vita che percorriamo fra nascita e morte è una continuazione della vita com'era prima della nascita.

Questo, ad esempio, impone al pedagogo i suoi grandi doveri, se è pienamente cosciente della responsabilità che grava sulla sua anima per il fatto che ha il compito di sviluppare ciò che è disceso in un corpo umano da eterne altezze spirituali, e si mostra sempre più chiaramente di anno in anno attraverso forma ed involucro esterno. Questa è l'altra cosa che si può aggiungere a quella conoscenza che viene incontro all'egoismo, che ha riguardo solo di quello che è comunque naturalmente il punto fermo dell'immortalità dell'anima umana nei confronti della morte. Questa è l'altra parte della conoscenza che in particolar modo la scienza dello spirito deve sottolineare per l'uomo moderno: la vita prima della nascita o prima del concepimento, e il proseguimento della stessa attraverso la vita sulla Terra. Facilmente fugge dal mondo chi parla soltanto della vita dopo la morte. Chi considera seriamente ciò che c'è prima della nascita, si sentirà costretto – poiché l'ordinamento del mondo è tale per cui l'uomo debba discendere nell'esistenza fisica – a renderla una cosa fattiva. Perché possiamo esprimere quanto dobbiamo esprimere soltanto se sappiamo che attraverso la nascita discendiamo nell'esistenza fisica. Mentre la sola prospettiva di ciò che viene dopo la morte porta a un indurimento dell'anima e a una perdita della propria essenza spirituale, la coscienza che siamo discesi come spiriti in questa esistenza fisico-sensibile deve condurre al rafforzamento della nostra volontà, alla trasformazione di tutta la nostra vita. Speranze umane per il futuro possono provenire in modo sicuro soltanto da una visione spirituale, quando siamo radicati nello spirito con la nostra visione, quando plasmiamo e impregniamo il nostro essere intellettualistico con ciò che ci dà la scienza dello spirito. Allora potrà tornare nella nostra vita l'impulso all'azione, l'impulso ad attivare la volontà. E la nostra vita avrà bisogno di questi impulsi spirituali, perché questa vita è una parabola discendente. Le vecchie generazioni potevano ancora guardare ai loro istinti. Negli antichi greci abbiamo potuto vedere che chi era maturo per la vita pubblica, doveva solo evolvere i suoi istinti di sangue. Questo non potrà più essere così, l'educazione sarebbe destinata a scomparire, se volessimo costruire ancora solo su ciò che la Terra potrà portarci incontro a partire dagli istinti degli uomini. L'attuale socialismo dell'Europa dell'est conta su questi istinti; conta sul nulla. Si dovrà contare sulla realtà, se si dirige la speranza sul fatto che si debba edificare su un socialismo orientato in maniera scientifico-spirituale. Tuttavia, visioni come quelle che sono state esposte qui, non vengono prese ancora pienamente sul serio, per lo meno da un grande numero di uomini. Alcune singole persone le prendono sul serio, ma da un punto di vista del tutto particolare. Così ho letto nella nostra rivista “Triarticolazione dell'organismo sociale”[4], quando ancora lavoravo a Dornach, come da una certa parte venga ritenuto molto importante ciò che si presenta come scienza dello spirito; e qui deve essere stata tenuta una conferenza degna di nota, credo addirittura con accompagnamento musicale, che si è basata su qualcosa che si presenta come il programma di un certo gruppo, per esempio nelle “Voci del tempo” (“Stimmen der Zeit”) del padre gesuita Zimmermann, quasi in ogni numero della rivista, e che produce tali ricadute come quella che si è qui prodotta. In quella conferenza si disse, e in aggiunta da un canonico, che ci si potrebbe informare su ciò che Steiner dice dagli scritti dei suoi oppositori, perché gli scritti che egli stesso e che i suoi sostenitori scrivono, i cattolici non li possono leggere, perché li ha proibiti il Papa. In effetti, la santa congregazione romana dal 18 luglio 1919 ha rilasciato un editto generale che contiene il divieto di leggere scritti teosofici e antroposofici, come è inteso perlomeno nell'interpretazione di questo editto generale data dal padre gesuita Zimmermann. E non si può proprio credere che questo padre gesuita Zimmermann menta sempre. Ha mentito[5]: aveva affermato che io sarei stato un ex sacerdote, che sarei scappato da un convento. Non sono mai stato in un monastero. Poi ha detto: l'affermazione che Steiner sia un sacerdote che si è spretato non si può comunque più sostenere oggi. Un modo strano di riparare alla bugia che si è detta prima! Ora, non credo che sia stato inventato anche ciò che ha avuto una ricaduta così particolare, per cui chi volesse informarsi su di me dovrebbe leggere gli scritti dei miei oppositori, perché gli scritti antroposofici sono stati proibiti dalla santa congregazione del 18 luglio 1919. Sì, da questa parte si ha il presentimento che nella Scienza della Spirito orientata antroposoficamente si vuole inserire qualcosa che ha forze molto reali.

Questa scienza dello spirito orientata antroposoficamente – fatemi dire ciò in conclusione, vorrei dire, come una nota oggettiva e al contempo personale – continuerà a rappresentare ancora, quanto meglio può, ciò che deve rappresentare come fondamento conoscitivo della vita attiva, quale fondamento conoscitivo della vita morale e sociale, e quale fondamento conoscitivo delle migliori speranze umane contro ogni ostacolo. Si può rovinarla per amor mio: ma appena riuscirà a risollevarsi, potrà di nuovo far valere ciò che essa crede di potere riconoscere come verità necessaria all'umanità. E come, nel momento in cui la prospettiva della vittoria cominciò a volgersi a nostro sfavore, di fronte all'intero mondo internazionale è stato eretto nel Goetheanum un testimone per la vita spirituale internazionale senza scandalizzarsi di fronte al fatto che ciò che oggi è il goetheanismo erudito proviene dalle radici della vita spirituale tedesca, così questa scienza dello spirito orientata antroposoficamente combatterà anche nei confronti di tutto ciò che si vuole porre come impedimento sulla via, per la conoscenza che è passata nelle sue convinzioni, come per un contenuto del mondo.

Sono passati 35 anni da quando scrissi in uno dei miei primi articoli[6] per caratterizzare come l'essere tedesco ha necessità di rivolgersi di nuovo alle migliori fonti spirituali della sua forza; in quell'occasione scrissi delle parole che suonavano come un monito al popolo tedesco: “Nonostante tutti i progressi che dobbiamo annoverare nei più diversi campi della cultura non possiamo assolutamente esimerci dal riconoscere che la segnatura del nostro tempo lascia molto, molto a desiderare. I nostri progressi sono per lo più realizzati sul piano dell'ampiezza, e non in profondità. Per il valore di un'epoca sono determinanti solo i progressi realizzati in profondità. Può essere che l'abbondanza dei fatti che sono piombati su di noi da tutte le parti facciano apparire comprensibile il fatto che abbiamo perso momentaneamente lo sguardo in profondità a favore di quello in ampiezza. Vorremmo solo augurarci che venga presto riallacciato il filo lacerato dell'evoluzione positiva, e che i nuovi fatti vengano afferrati a partire da un'altezza spirituale ormai acquisita.

Nel sentimento che, se l'infimo livello spirituale di quell'epoca non avesse trovato una controparte in una reale elevazione spirituale, ne sarebbe venuto fuori qualcosa di catastrofico, in questa percezione, con un dolore che mi logorava il cuore, scrissi 35 anni fa queste parole e le feci stampare. Credo che proprio oggi posso riferirmi a queste parole in modo oggettivo e personale a partire dai punti di vista che ho appena esposti, perché il corso degli eventi in questi tre decenni e mezzo è una prova del fatto che è giustificato far risuonare di nuovo il richiamo alla spiritualità. Possa questo richiamo essere ascoltato dal popolo tedesco oggi e nel prossimo futuro, poiché in passato non fu ascoltato, affinché esso possa costruire a partire dall'interiorità, da una spiritualità vissuta, ciò che è stato distrutto proprio al suo interno in modo così spaventoso negli ultimi anni, anzi, che si è appena iniziato a distruggere, e che certamente si continuerà a distruggere, se non si includerà la spiritualità nella ricostruzione.

Questo è quello a cui oggi si vorrebbe fare appello: alla volontà di sviluppare spiritualità proprio nel popolo tedesco. E si può fare appello a questa volontà di spiritualità, perché una cosa è certa: se il popolo tedesco sviluppa la volontà di spiritualità, troverà la spiritualità. Per il materialismo, come ho detto di recente, il popolo tedesco non ha, a quanto pare, tutta questa predisposizione – e lo dimostrano gli avvenimenti degli ultimi decenni -, mentre ha predisposizione per la spiritualità, come prova lo spirito della nostra evoluzione attraverso i secoli. Per questo motivo ci si può appellare alla volontà di spiritualità: il popolo tedesco, se solo sviluppa la volontà di spiritualità, troverà la spiritualità, ne ha la predisposizione. Ma siccome ne ha la predisposizione, ha anche una grande responsabilità verso il richiamo alla spiritualità. Possa destarsi la coscienza di questa responsabilità, destarsi in modo che il popolo tedesco possa intervenire di nuovo energicamente, sulla base di fondamenta spirituali e a partire da impulsi spirituali, nell'evoluzione dell'umanità, e che possa continuare a donare all'umanità ciò che ha prodotto attraverso i suoi più grandi spiriti a benedizione dell'umanità per tanti secoli.


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5. Conferenza 
Indice

Note:

[1] Nei “Canones contra Photium” nel canone 11 viene fissato che l'uomo non ha “due anime” bensì “unam animam rationalem et intellectualem”. Per contro il Patriarca della Chiesa orientale Fozio, contro cui era stato allestito il concilio, aveva presentato la concezione che si dovesse distinguere fra una anima pensante inferiore ed una superiore.

[2] In una serie di conferenze di opposizione parlò il teologo evangelico Gogarten che poi appartenne alla guida dei “Deutschen Christen” (cristiani tedeschi) privilegiati da Hitler.

[3] Rudolf Steiner si riferisce al nominato geologo austriaco Eduard Suess, 1831-1914 “Der Anlitz der Erde” (Il volto della terra), 3 volumi, Vienna 1883-1901.

[4] Nel numero 21 il dott. Walter Johannes Stein racconta su di una conferenza avversa del canonico Fr. Laun, Rottenburg l'11 novenbre 1919 a Stoccarda. Nella relazione afferma:” Di che tipo siano le armi del conferenziere risulta a sufficienza citando che dopo la conferenza non ebbe luogo alcuna discussione e che il conferenziere accennò che chi volesse orientarsi su Steiner, lo potesse fare presso gli oppositori di Steiner che egli elencava, ma non però tramite gli scritti stessi di Steiner perché questi erano stati proibiti dal Papa.”.

[5] Nei “Stimmen aus Maria-Laach” (voci da Maria Laach), fogli cattolici, Freiburg i. Br. 1912 (dal 1914 “Stimmen der Zeit), l'organo principale dei gesuiti in Germania, apparve nel volume 83, pag. 80, la discussione di un libro di Giovanni Busnelli SJ “Teosofia e Christianesimo” per mezzo di Otto Zimmermann SJ. In questa discussione Rudolf Steiner viene definito come “un sacerdote decaduto (a quanto si dice)”, mentre nel libro di Busnelli – in modo altrettanto anomalo – si parla di un “ex sacerdote cattolico”.- Zimmermann ha ritirato la sua affermazione dopo sei anni con la locuzione superficiale “Cosa che non si può più sostenere” (“Stimmen der Zeit”, volume 95, pag. 331).

[6] “Die geistige Signatur der Gegenwart” (“La segnatura spirituale del presente” in “Deutsche Wochenschrift”, 1888, VI, num. 24 Vedi “Fondamenti metodici dell'Antroposofia”, 1884-1901, O.O. 30. Dornach 1961, pag. 253 e seguenti).