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OO 337b - Idee sociali – realtà sociale – prassi sociale – Vol. II



TERZA SERATA DI SEMINARIO
In occasione del primo corso universitario antroposofico

IndietroAvanti

Dornach, 11 ottobre 1920



Domande sulla prassi economica III



Roman Boos chiede di pronunciarsi su come (secondo coloro che sono nel settore economico) si possa arrivare, in merito all'economia, a far sì che quanto è stato elaborato qui durante il corso universitario possa portare frutto.

Carl Unger: Proporrei che chi ha esperienza, capacità e conoscenze nel settore economico facesse il tentativo di allungare le antenne dai diversi centri, in modo che le esperienze possano farsi largo fin dove c'è una possibilità di sviluppare reali rapporti di tipo economico. Presso il Futurum è anche stata stilata una lista in cui gli imprenditori dovrebbero registrarsi, in modo che risulti l'elemento economico reale.

Io stesso vorrei esporre certi fenomeni tipici tratti dalla vita economica e prendere come esempio una piccola azienda del settore dei macchinari. L'impresa è stata fondata da me nel 1906 per produrre certe parti di macchinari di cui allora c'era grande bisogno. Dopo l'inaugurazione, nel 1907 si arrivò alla grande crisi e le vendite ristagnarono. Allora si dovettero investire grandi capitali per creare le basi tecnologiche per poter coprire il fabbisogno. Nel 1914 ci fu un temporaneo culmine; con lo scoppio della guerra ci fu un'interruzione totale; durante la guerra stessa poi si presentò una specie di domanda impetuosa; insorsero delle difficoltà con le materie prime, si dovettero creare dei locali. E così entrò il grande capitale, soprattutto si dovettero creare grandi corresponsioni di interessi del capitale bancario. Con la fine della guerra entrò in gioco uno scambio economico apparentemete favorevole; dominava una congiuntura che era alta in una maniera anomala. Con gli operai era necessario cercare strade nuove, introdurre nuovi punti di vista; la triarticolazione qui dimostrò pratica. Posso solo accennare a tutto questo. C'era un grande bisogno di capitale. Arrivò il rincaro dei prezzi, senza che fosse possibile un controrincaro dei prezzi dall'altra parte. In questa situazione divenne chiaro che l'attività industriale era una divoratrice di capitale, e ci si dovette chiedere: “Un'attività del genere è capace di vivere, nel senso di una vita economica che in futuro si darà forma da sola, o no?” Ci si trovava di fronte a diverse alternative: o, al posto del traboccante bisogno di capitale, che dall'altra parte doveva essere coperto, si doveva immettere nell'economia qualcosa che desse speranze per il futuro, cercando di allacciarsi ad una qualche impresa vicina, oppure, per non essere schiacciati dal capitalismo, si doveva vendere a consorzi di aziende. Oppure, come terza possibilità, c'era quella di prendere in considerazione l'idea di sradicare l'azienda da tutta l'economia, demolirla e far passare l'aratro sul terreno. Ma questo non era ammissibile a causa delle persone che vi lavoravano.

Da questa situazione si sviluppò la necessità di un'attività associativa; il reale allacciamento ad un'associazione si dimostrò assolutamente necessario, cosicché ora l'attività è annessa al Kommender Tag. Ovviamente si tratta solo di un primo inizio di ciò che dovrebbe svilupparsi dal Kommender Tag. Però almeno c'è la possibilità di tenere in funzione in modo economicamente sano un'azienda del genere e di avere, grazie all'unione con il Kommender Tag e alla formazione di un centro, la possibilità di fronteggiare le crisi che ci sono. Così i singoli possono scambiarsi le esperienze con i risultati dell'attività ecc., ciò che poi sicuramente porterà anche a far sì che fra le persone che si riuniscono da diverse parti possano instaurarsi dei veri rapporti economici. Questo è un esempio tratto dalla vita economica reale, così com'è oggi.

Roman Boos dà la parola al banchiere Adolf Koch.

Adolf Koch: Gentili signore e signori! Dilungarsi su come creare delle associazioni e sulla possibilità di crearle non è più necessario dopo le impressionanti spiegazioni date ieri dal dottor Steiner. La prima questione è: che cosa possiamo introdurre oggi in un'economia associativa di questo tipo? Forse l'industria di fiori finti? Anch'essa è costretta a richiedere del capitale, ecc. Adesso è necessario che noi, una buona volta, riconosciamo quali siano i bisogni del popolo tedesco che vanno realmente soddisfatti. Se nella pratica mettiamo le mani nella vita e vediamo che da una parte dobbiamo mangiare pane marcio e dall'altra parte l'industria di beni di lusso si riprende facendo enorme uso di materie prime, allora noi, che vogliamo sistemare le cose, dobbiamo chiederci soprattutto: “Che cosa accogliamo prima di tutto nella nostra economia associativa?” Se il Kommender Tag è in condizione di accogliere in sé anche le aziende agricole, questa è una cosa auspicabile; ma dappertutto dobbiamo vedere che possiamo anche accogliere industrie meccaniche o altre industrie. Per il momento questa è la base su cui tutta l'umanità si può basare. Oggi in Germania dobbiamo cavarcela da soli e da soli dobbiamo risalire; cibo, vestiario, carbone, ecc. sono necessari. In secondo luogo: il Kommender Tag in quanto tale. Qui parlo come banchiere e, come ho detto, senza avere alcun reale rapporto col Kommender Tag; qui di fatto parlo in modo del tutto oggettivo in base alla mia esperienza. Se vogliamo liberarci dall'ente statale corrotto che c'è in Germania, un'impresa come il Kommender Tag, così come è stata pensata, è ciò che ci è stato dato per liberarci da tutto il marciume che adesso ha preso il sopravvento in Germania. Chiunque abbia a che fare col capitale deve uscire da tutto il vecchiume ed entrare nella triarticolazione.

In ultima analisi la cartamoneta tedesca non è altro che un ricorrere al grande Stato corrotto stesso. Se ce ne tiriamo fuori, ci liberiamo da questa cartamoneta che rovina tutto a causa della sua sporcizia, non solo esteriormente, ma anche interiormente. Le grandi banche di Berlino hanno circa 40 miliardi di moneta straniera, risparmi; stanno lì come un grande ragno a succhiare il denaro libero che c'è. Di questi 40 miliardi circa il 60% sono investiti in ordini di pagamento del tesoro dello Stato, cui i comuni e le città aggiungono un ulteriore 15%, così che ogni persona è teoricamente sposata con lo Stato con 750 marchi. Come ne saltiamo fuori? Dando questo denaro al Kommender Tag, a condizione che il Kommender Tag lo immetta in aziende produttive. Così si dà la possibilità che in caso di collasso generale le persone possano dirsi: “Allora ho il collegamento con le imprese produttive”. Qui dunque è d'aiuto l'egoismo del capitalismo; con il capitalismo si ha in mano anche un mezzo per poter educare le persone. Non è affatto riprovevole la situazione, così com'è adesso. Parlo da banchiere. Né con una cosa, né con l'altra ho un rapporto tale da sentirmi spinto a parlare a favore dell'una o dell'altra. Se nel Kommender Tag si introducono persone che vogliono realmente ciò che è utile, allora qui è dato il germe per la ricostruzione, le cellula originaria per la ricostruzione. Parlo da persona pratica alle persone che suppongo vogliano sentire qualcosa sulla prassi bancaria.

Invito i signori che ho incontrato una volta a Stoccarda nel gennaio di quest'anno, coi quali ho già parlato, a restare ancora dopo la conclusione. Ho un paio di osservazioni personali da fare.

Rudolf Steiner: Nevvero, adesso avete ascoltato in modo molto chiaro e specialistico quel che si può dire su un certo problema dal punto di vista del pensiero economico. E vorrei aggiungere ancora qualcosa.

Al giorno d'oggi (così insegna l'epoca) dobbiamo trattare ogni problema economico sotto due aspetti. Un aspetto è quello che è stato spiegato in modo molto adeguato, l'altro aspetto è quello sociale. E anche imprese come il Kommender Tag o il Futurum (anche se del resto vengono condotte in modo abile e adeguato) dipendono anch'esse dall'essere sostenute dal lato sociale, mentre si vanno sempre più affermando le condizioni in cui appunto non potremo più lavorare. Infatti, nevvero, è ovvio che per quanti soldi possiamo piazzare nelle imprese produttive, se non si può più lavorare, non supereremo nemmeno mai la crisi economica. Quel che si può fare in una direzione deve anche essere supportato nell'altra direzione da un'azione sociale. Questa deve almeno scorrere parallelamente. Basta solo accennare a che cosa oggi, per esempio, potrebbe succedere. Supponiamo che l'imprenditore di una fabbrica sia molto, molto amico dell'uomo, che faccia ancora tantissimo per i suoi operai: se viene indetto uno sciopero generale, gli operai appunto scioperano o no?

Grido: Sì!

E finché non veniamo fuori da questo problema, non sarà possibile avere in prospettiva un vero risanamento della vita economica. Qui si deve necessariamente introdurre la questione sociale.

Ora, questo è proprio l'errore che si è sempre commesso; in realtà nel pensiero economico si è sempre pensato solo alla produzione e non fino al lavoratore manuale vero e proprio. In realtà nel nostro attuale ordinamento economico il lavoratore manuale riceve delle detrazioni dal capitale, non una ricompensa – basta solo pensarlo fino in fondo, è così. Questo è il reale stato di cose, ma è una cosa con la quale non si va avanti. E perciò è necessario ricorrere immediatamente e oggettivamente in modo energico al principio associativo, dopo aver fatto l'esperienza che abbiamo potuto fare dall'aprile dell'anno scorso. A questo punto è necessario abbandonare quel vecchio errore, per cui da una parte c'è l'imprenditoria in grande, che al massimo fa qualcosa in senso patriarcale, e dall'altra parte ci sono gli operai, rigorosamente organizzati in sindacati, cosicché il singolo operaio si trova in una situazione terribilmente difficile. Bisogna gettare un ponte su questo abisso, e questo non può succedere se non preparando delle associazioni reali. Le associazioni reali consistono appunto nel fatto che da una parte si associano delle persone (dalla parte delle imprese, dalla parte della direzione, dalla parte dei lavoratori spirituali), e dall'altra parte si associano delle persone che vengono dagli operai. Qui inizialmente non si potrà formare una associazione economica, un'associazione economica veramente sociale che deve avere in sé il carattere [di una cooperazione fra] consumatori e produttori già di per sé. Ora, le associazioni devono avere questo scopo, e questo scopo deve essere perseguito in modo energicamente sedizioso. Altrimenti non si va avanti. E questo scopo deve consistere [inizialmente] nel portare i sindacati e le leghe oggi unilaterali dei proletari e degli operai alla dissoluzione, per farne nascere delle associazioni fra una parte e l'altra, affinché nella crisi economica ci siano delle imprese nelle quali possiamo tenerci gli operai. Potreste dire: “Non è possibile, senza che crolli la vita economica.” Ma bisogna tentare di farlo. Se non teniamo fermo l'obiettivo di demolire i sindacati, non andiamo avanti nella vita economica. E bisogna fondare delle organizzazioni. E per questa via pratica si potrebbe parlare in modo molto più proficuo che non redigendo piani utopistici su come si potrebbero formare le associazioni nello Stato del futuro. Si tratta sempre di afferrare il compito più immediato. Il compito più immediato è il disfacimento, la demolizione dell'intera vita sindacale.

Oskar Schmiedet: È molto difficile parlare dopo il dottor Steiner, e proprio perché egli ha già espresso i pensieri migliori.

È giustissimo, non si va avanti se non si demoliscono le organizzazioni sindacali. Ma come ci si arriva? Questo è fondamentale. Il Kommender Tag deve essere la spugna che risucchia i 40 miliardi del risparmio. Sono convinto dell'eccellenza del pensiero del signor Koch, di sostenere, di consolidare i nostri sforzi in senso capitalistico. Ma il Kommender Tag [per chi ne è esterno] oggi non è altro che, a sua volta, in un certo senso, un capitalista, un capitalista che ha bisogno del capitale e che ha bisogno del profitto per sostenere i propri sforzi. Non mi si può ingannare. Ne ho già parlato con delle persone, che sono lontane dai tentativi che facciamo qui, che dicono: “Il fine giustifica i mezzi”.

Certamente il Kommender Tag realizzerà dei profitti, ma esso vuole impiegare il profitto per qualcosa di totalmente diverso da come lo impiegano i capitalisti, esso vuole impiegarlo per il bene della collettività. Ancora prima di conoscere il libro del dottor Steiner sulla triarticolazione dell'organismo sociale, mi ero chiesto: “Come veniamo fuori da questa orripilanza del socialismo e del capitalismo?” Dopo aver letto il libro, ho preso fiato, e mi sono chiesto: “Che effetto fa, questo, sugli altri?” Che la materia, per darla agli altri, sia semplicemente ostica, è del tutto certo. E non può essere altrimenti. Ci si trova di fronte al problema: “Come lo si presenta in modo chiaro agli altri?” Fino ad oggi sono riuscito a fare poco, in questo senso, e perciò devo pregare le persone qui riunite, che probabilmente conoscono e diffondono le idee da molto più tempo, di condividere i propri pensieri. Che si conquistino nuove persone all'idea della triarticolazione, che si conquistino sempre nuove persone, mi sembra assolutamente la cosa più importante.

Grido: Giustissimo!

Di fronte agli operai ci si trova come di fronte ad una muraglia serrata. Anche se i singoli sono accessibili e ragionevoli, si va subito a sbattere contro un ostacolo bell'e pronto, quando si vuole introdurre le idee in una fabbrica, si cozza contro la muraglia serrata dei rappresentanti sindacali e degli stessi capi degli operai. Per il dirigente industriale, se dovrebbe esserne responsabile, questo è tanto più difficile se non è egli stesso il proprietario. Prima si sostenevano gli operai con mezzi di sussistenza, con vestiti; oggi non è più così. I capi degli operai, che in gran parte hanno un orizzonte molto limitato, vogliono solo tenere le redini in mano. L'operaio è un egoista; si chiede: “Che cosa me ne viene, materialmente?” La triarticolazione non offre niente per il presente, al massimo solo per il futuro. Quindi spesso per egoismo si dice: “Ovviamente per mia volontà non voglio abbandonare nessuno dei miei diritti, nessuno dei diritti che abbiamo acquisito mio padre e io”.

La materia è, come ho detto, semplicemente ostica. Nel Württemberg avete senza dubbio una situazione molto più illuminata che nell'Austria superiore; questi sono mezzi contadini e mezzi operai industriali – non si può avere nulla per l'incitamento spirituale. Ma dev'esserci una via. E questo è quello che mi interessa. L'intera questione della triarticolazione dell'organismo sociale in realtà è anche una questione di potere; richiede la forza per portare anche i pensieri migliori all'umanità; bisogna costringerli perfino al bene, al meglio. Se io avessi alcuni reggimenti di cavalleria, forse sarebbe possibile, oppure serve anche denaro, molto denaro. Nella stampa non se ne parla quasi per nulla. Non abbiamo tempo da perdere. La questione è come concepire le cose in modo pratico per poter andare avanti grazie alla forza di quel pensiero.

Wilhelm von Blume: Io non mi occupo di economia e forse oggi non parlerei affatto, se non vi fossi stato provocato proprio dalle parole dell'ultimo signore che ha parlato. Vorrei chiarire subito una cosa: credo che la questione della triarticolazione alla fin fine non sia una questione di potere, ma una questione di fiducia, e la cosa più importante sarà di conquistare la fiducia delle persone in questione.

Ora da parte mia ho cercato, nei miei giri di conferenze, di agire anche in modo del tutto personale nelle imprese e anche fra chi, oggi, ha una certa importanza; soprattutto anche in Renania e in Westfalia, e così ho sperimentato qualcosa. C'è una ben precisa angolazione dalla quale un pensiero raggiunge i signori molto velocemente, ed è il pensiero dell'autogestione dell'economia. Si stabilisce subito un contatto. Però si continua a pensare in modo capitalistico; essi pensano di poter usare il loro potere per mettere da parte questo Stato, che per loro è solo molesto in tutti i modi, e per crearsi il loro stesso Stato economico con al vertice, infine, Hugo Stinnes. Quando si richiede una separazione netta fra Stato ed economia, accettano pur sempre che la cosa sia colmata con lo spirito necessario. Ma anche il lato sociale di tutta la faccenda, che il dottor Steiner ha sottolineato con tanta forza, lo vedono in modo molto preciso, però si sono architettati quanto segue: vogliono continuare a costruire la 'società operaia' (viene usata questa parola), vogliono una società economica fra i capitalisti e gli operai. E gli operai vi arrivano qua e là. Mi basta ricordarvi l'industria del carbone, che in sostanza gli operai stessi intendono come del tutto capitalistica (gli operai pensano spesso in modo più capitalistico dei capitalisti); essi vedono il profitto che ne hanno, molto bene. E però così tutta l'economia scende ancora di più nell'abisso. Solo quei rami dell'economia come per esempio l'industria del carbone salgono all'apice, come dall'altra parte anche l'intero sistema bancario, perché appunto viene continuamente richiesto credito per l'impresa. Gli altri rami dell'economia vanno gradatamente a collassare. È qui che bisogna inserirsi, si deve rendere chiaro agli operai che essi non sono solo produttori, ma anche consumatori, che vengano creati dei gruppi di lavoro nel modo descritto ieri dal dottor Steiner. Per il momento c'è il grande pericolo che si dica alle persone soltanto: “Imprenditori e operai devono unirsi gli uni agli altri”. In ogni circostanza bisogna portare avanti la politica dei produttori e dei consumatori e gestire la produzione a partire dal consumo.

Per questa via si riesce ad introdurre negli operai i pensieri giusti. Oggi di fatto i sindacati sono un grave ostacolo, perché sono pieni del vecchio spirito. Ma questa cattiva legge sui consigli di fabbrica rovinerà i sindacati. Con questa legge, che non è affatto intesa così, che è intesa in modo del tutto diverso, in un futuro per niente lontano i sindacati finiranno per crollare sempre più, fino in fondo,

Intervento: Giustissimo!

tanto che forse in questa direzione non è affatto necessario dare una spinta alle cose, ma ci basta semplicemente indicare l'elemento positivo, l'elemento costruttivo. Forse si può sperare che anche per gli altri problemi andrà così. Bisogna tenere conto dei pericoli e non accettare, in nessuna circostanza, che le cose vengano portate nella direzione sbagliata fino alla fine.

Hans Schwedens: Sui sindacati posso dirvi qualcosa. Come insegnante sono stato portato da loro proprio per dare spiegazioni sulla triarticolazione, sul pensiero delle associazioni. I leader sindacali, in collegamento con i leader di partito, si oppongono con tutta la loro forza contro nuovi pensieri, e i leader sindacali temono che con i pensieri nuovi perderanno il loro posto, la loro posizione di sindacalisti. Gli operai stessi, che in generale riflettono poco su queste cose, si lasciano guidare, totalmente privi di volontà. Se siamo noi a spiegare e a organizzare nel giusto modo, sarebbe già possibile raggiungere gli operai. Dobbiamo arrivare ad una economia associativa di questo tipo nel minor tempo possibile, perché le circostanze spingono in quella direzione. In nessun caso possiamo aspettare ancora alcuni anni, finché un qualche evento ci possa aiutare in tal senso. Ad un'azione di questo genere dovrebbe legarsi intimamente l'azione sociale, un'azione sociale di larghe vedute che introduca nell'opinione pubblica il pensiero della triarticolazione dell'organismo sociale. Anche le cerchie dei consumatori diventano sempre più irrequiete e pretendono sempre più, in qualche modo, un diritto di cogestione nella determinazione delle circostanze, specialmente nella formazione dei prezzi. Proprio per cogliere quest'atmosfera e introdurre qualcosa che ci possa aiutare su questo piano a realizzare un'economia associativa di questo tipo, si dovrebbe intraprendere una grandiosa azione per la triarticolazione dell'organismo sociale.

Il dottor Steiner ha detto che si dovrebbe creare un ponte fra gli operai da una parte e gli imprenditori dall'altra. Come sarebbe, se noi, ecco, forse voi qui, intendo quelli di voi che sono qui in qualità di imprenditori, che hanno pratica della vita economica, se essi qui fondassero una lega che si ponesse lo scopo di fare in modo che si creino associazioni, cioè di fare tutto il possibile perché si arrivi a formare queste associazioni. Forse qualcuno di voi potrebbe anche venire a Darmstadt, qualcuno che abbia delle informazioni precise, a tenere una conferenza agli impresari invitati e a discutere con precisione il pensiero associativo. Qui ci saranno sicuramente alcuni che aderiscono a questo pensiero e che discutono con questi imprenditori su come si possa fare un lavoro di chiarimento con gli operai. Se gli imprenditori si facessero carico delle diverse aspirazioni all'istruzione auspicata dagli operai, per esempio l'aspirazione all'istruzione superiore, se qui l'imprenditore collaborasse in modo che per esempio si potessero organizzare delle conferenze (naturalmente vi si dovrebbe trattare proprio ciò che riguarda le associazioni), allora grazie alla fiducia reciproca si potrà trovare una possibilità di agire, allora sarebbe possibile anche fare propaganda in pubblico. Dunque per trovare un punto di partenza, faccio la proposta di fondare una libera unione di imprenditori che vada a promuovere il pensiero associativo in quanto tale in ogni modo, e precisamente facendo delle manifestazioni a Darmstadt, per creare un punto di collegamento.

Roman Boos: Mi sembra che per la diffusione del pensiero associativo sia necessario un atteggiamento diverso. Nelle associazioni si tratta solo di fondarle in qualche modo in senso pratico, e non di diffondere il pensiero in quanto tale. E anche fondare una specifica lega di datori di lavoro solo per diffondere questo pensiero non sarebbe la cosa giusta; il Futurum e il Kommender Tag devono collaborare in senso pratico affinché appunto queste più svariate organizzazioni collaborino a far sì che quanto viene elaborato nella scuola Waldorf e da parte della lega per il lavoro universitario e che viene rappresentato dalla lega per la triarticolazione venga rappresentato con la massima intensità, ma da tutti questi gruppi insieme. Non a far sì che la triarticolazione in quanto tale ove possibile venga ancora compromessa, presentandosi solo come una faccenda dei gruppi dei datori di lavoro!

Si è ripetutamente rivelato che grazie al contatto con i membri di queste diverse cerchie gli operai sono stati strappati dal mondo dei pensieri dei loro sindacati e partiti. Per esempio presso l'organizzazione giovanile di Basilea, qui, c'è stata una manifestazione dove è stato spiegato che questo modo di pensare richiede una diversa formazione dei pensieri. E alcune settimane più tardi ha avuto luogo un'adunanza con i membri dell'unione degli operai evangelici. In entrambi i casi si è visto, come poi le persone scrissero nei giornali, che queste persone erano state strappate via dal loro abituale modo di pensare.

E ora la domanda del direttor Schmiedel: “In realtà, come si fanno entrare i pensieri della triarticolazione nella testa delle persone?” Ad un operaio fa una grande impressione, se gli si dice: “Con questi pensieri si raggiungono dei risultati per le scienze naturali e delle conoscenze per la medicina” perché egli vive inserito in queste cose, anche se in modo popolare. Questo fa su di lui un'impressione straordinariamente forte. E proprio perché egli poggia tutto sull'aspetto scientifico, anche se solo a parole, bisogna cercare di andare avanti su un ampio fronte, lavorare il più possibile sul fronte più ampio.

Emil Leinhas: Il signor professore von Blume ha già accennato alla forza di cui egli dice che «essa vuole sempre il male e fa sempre il bene». Credo che non si possa disconoscere che questa forza è attiva in modo straordinariamente forte. Non credo che basti aiutare solo un pochino, ma, così come oggi stanno le cose, ci sarà bisogno di intensissimo lavoro, di intensissima attività, affinché venga il bene e non il male. A tal pro abbiamo i pensieri della triarticolazione dell'organismo sociale, e se ci inseriamo in questi pensieri nel modo giusto, riusciremo anche anche a comunicarli ad altri. E a questo proposito, all'osservazione del signor Schmiedel, secondo il quale la materia cui ci troviamo di fronte sarebbe 'ostica', devo dire: io sono proprio del parere contrario; intanto siamo ostici noi stessi, in quanto non siamo correttamente inseriti nella cosa. Questa è la vera osticità, non sono ostici né i Punti essenziali né la triarticolazione dell'organismo sociale. Nelle ultime settimane mi sono occupato di materie veramente ostiche: della storia del capitalismo. Poi la sera tardi mi sono seduto lì a leggere un paio di pagine dei Punti essenziali. Qui, di botto, fluiva da tutte le pagine aria fresca; ci si accorge di essere inseriti nella vita reale. State tranquilli: la materia cui ci troviamo di fronte nei Punti essenziali non è ostica, l'osticità è da tutt'altra parte.

Solo che c'è una cosa che non dobbiamo dimenticare: dovrebbero esserci moltissime persone, perché la cosa vada avanti. Il dottor Unger e il dottor Koch hanno già fatto qualche accenno: questa esortazione indirizzata a quelli che vogliono annettere la loro azienda, perché uno da solo non può esistere, è sicuramente necessaria nell'interesse generale. Necessaria è anche l'esortazione, fatta a coloro che hanno il capitale, a non darlo alle banche, dove serve solo alla disfatta. È necessario non solo annettersi in modo economicamente unilaterale, ma agire economicamente in modo ampio e socialmente illuminante. Questo è stato fatto ancora molto poco, e poiché per il prossimo futuro c'è straordinariamente tanto da fare, dobbiamo, nella misura in cui siamo inseriti nella vita economica, cominciare con fatti concreti e presentarci all'umanità dando dei chiarimenti. Bisognerebbe essere in grado rispondere su certi punti, come per esempio sul nesso fra la sovrapproduzione e l'imprenditorialità, o sulla cellula originaria della vita economica o su quanto lavoro sociale in realtà sarebbe necessario se il lavoro venisse suddiviso nel modo giusto, o su tutta la formazione dei prezzi – questi sono alcuni punti accanto a molti altri, sui quali finora non sono ancora state date delle risposte.

Vorrei indirizzare ai presenti un'esortazione concreta. Vorrei pregare quelli che credono di essere in grado di collaborare in questo ambito di aiutare con conferenze e cose del genere, ma soprattutto di scrivere qualcosa sulle cose concrete della vita economica, però tenendo conto non solo dell'aspetto economico, ma anche di quello sociale. Vorrei pregarvi di registrarvi da me per i contributi inerenti l'economia politica o l'economia.

Roman Boos: Vorrei riallacciarmi a questo stimolo del signor Leinhas e chiedere se non fosse possibile fondare presso il Kommender Tag una sezione stabile di scienze politiche che poi avrebbe i suoi organi nella lega per la triarticolazione, dunque una specie di centrale che appunto avrebbe il compito di collegare quella che è la prassi economica alle scienze economiche.

Emil Leinhas: La forma in cui le persone collaborino, si troverà.

Rudolf Steiner: Solo un paio di parole. È sempre increscioso, quando un pensiero importante che viene introdotto nella discussione poi non viene portato avanti. E un pensiero importante era quello introdotto dal dottor Schmiedel riguardo al problema: “In realtà come riusciremo a far sì che la triarticolazione dell'organismo sociale entri veramente nella testa e nelle azioni delle persone?” Credo di avere capito bene il pensiero in questo modo. E qui prima di tutto vorrei richiamare l'attenzione su una cosa di cui in realtà non si è mai tenuto conto fino in fondo.

Vedete, in sostanza noi non abbiamo sviluppato alcuna capacità, alcuna vera capacità razionale, di fare propaganda. Semplicemente non siamo capaci di fare propaganda. In primo luogo non abbiamo pratica; non abbiamo nemmeno l'inclinazione ad acquisire la pratica per fare propaganda. In secondo luogo la gran parte di noi non ha nemmeno l'inclinazione a decidersi veramente a fare in prima persona ciò che è necessario: a dispiegare l'efficacia personale. Certamente dobbiamo anche agire con l'inchiostro, con la stampa, e con la fondazione della rivista di triarticolazione abbiamo mostrato che noi teniamo appunto anche conto del fatto che lo si deve fare. Ma tutto questo rimane inefficace se non riusciamo a passare ad una vera propaganda personale. Il dottor Schmiedel mi darà probabilmente ragione se gli dico: Saprei come dovrei presentare la triarticolazione a chi lavora il rovere nella regione di Horn (conosco la gente di là), saprei più o meno anche, se dovessi proprio limitarmi a questo gruppo, come dovrei presentare la triarticolazione ai contadini di laggiù, se potessi essere e potessi agire soltanto là. Ma è proprio questo: oggi siamo ad un punto dell'evoluzione umana, precisamente in Europa centrale e occidentale, in cui non veniamo affatto compresi se non parliamo la lingua delle persone. Pensate solo che oggi in una assemblea di operai è del tutto impossibile parlare nello stesso modo in cui parliamo in una riunione di imprenditori – non perché voi vogliate parlare in bocca alle persone, ma semplicemente perché bisogna capirli. E a questo riguardo c'è da dire che la gran parte dei nostri amici devono ancora cominciare ad acquisire una specie di abilità, una specie di tecnica. Vedete, ho tenuto la conferenza alla Daimler, nevvero. I primi quattordici giorni della nostra attività a Stoccarda hanno mostrato come sono le cose: se avessimo continuato in questa direzione, il seguito sarebbe cresciuto con molta forza. Invece la conferenza tenuta alla Daimler fu stampata, nevvero, e poi si è ricevuta l'eco della conferenza fatta alla Daimler da un qualche parroco villano; ecco, che questi non possa capire da sé quanto detto agli operai della Daimler è del tutto ovvio. Dunque prima di tutto bisogna conoscere la vita, è questo l'importante.

Gli errori principali finora li abbiamo sempre fatti proprio noi. Nella propaganda per la triarticolazione li abbiamo fatti non attuando alcuna tecnica di propaganda, ma solo avendo una certa predilezione per una o l'altra direzione della propaganda e abbiamo sempre creduto che le persone avrebbero seguito questa direzione, che si sarebbero fatte dei pensieri in questa direzione e che poi questi sarebbero stati giusti. Ora, poi si va in una assemblea di operai che lavorano il rovere e si dicono loro le stesse cose [che prima si erano dette ad altre persone]. Certamente, lo si può anche fare, ma bisogna dirle nella lingua di ognuno. Non abbiamo acquisito questa capacità, e qui io trovo una certa opposizione proprio all'interno del movimento per la triarticolazione. La maggioranza non vuole affatto uscire, prima di tutto non vuole uscire praticamente da questo, direi, monismo della propaganda, non vuole dichiararsi a favore, ora, di creare la possibilità di trovare veramente l'accesso alle persone. Questa opposizione interna è una cosa che una buona volta bisogna superare, è una cosa da cui dobbiamo venire fuori. È una specie di opposizione pratica, che viene fatta all'interno dei gruppi anche del movimento per la triarticolazione. Le persone vogliono fare propaganda come piace a loro e non come il mondo lo richiede. L'ho sempre ripetuto: non è importante che la cosa ci piaccia, ma che noi la facciamo come lo richiedono i fatti. E in pratica l'ho mostrato cercando una volta di fare una specie di prova su campione in un modo nuovo. Volevo avere un nucleo per la propaganda; volevo che si scegliessero cinquanta persone in Europa centrale che facessero un corso di propaganda, in modo che poi si decidesse personalmente come trattare le cose. Appunto semplicemente non funziona, per la via dell'inchiostro, dove si presentano le stesse cose all'operaio e all'imprenditore. Si sarebbe dovuto organizzare un corso di propaganda, ma di questa impresa così importante, appunto, non se ne fece semplicemente nulla, perché non si trovarono le persone che divulgassero questa arte, ora, veramente personale, di fare propaganda. Finché non arriviamo veramente a questa opera dell'arte personale della propaganda, resta certamente valida la domanda posta dal dottor Schmiedel. Ma non vi si può rispondere con le discussioni, ma solo con una attività del genere.

Un partecipante al dibattito: Il dottor Steiner dice che gli operai stessi non sanno che cosa vogliono. E se adesso voglio cercare di formulare quello che vogliono gli operai, non viene fuori subito sistematicamente, ma più in modo discontinuo. Quando gli operai fanno propaganda, hanno fra loro un sentimento di comunione; questa dipende dal fatto che le persone hanno lavorato insieme. Il dottor Steiner ha detto che è importante far saltare i sindacati. Io sono stato alcune settimane a Berlino, ho visto quanto la cosa è sporca e che si cerca dappertutto. Perché non mostrare alle persone la via per un'azione pratica? Non sarà possibile che anche l'operaio, che non ha altro da dare che il proprio lavoro, abbia un posto in cui possa dirsi: “Bene, se posso portare la mia forza lavoro da qualche parte, se posso lavorare [nel Kommender Tag], se là ho un posto come operaio, sono anche pronto a prendere confidenza con la scienza dello spirito”. Se uno riflette sul suo lavoro, può fare il doppio. E ci si può aiutare a vicenda, intervenire qua e là, si può dire: “Lascia stare, ti aiuto io”. Se adesso si potesse dire: “Se volete staccarvi dal sindacato, avete dove andare, qui avete un posto, anche se fosse in agricoltura”. Se solo avessimo la possibilità di lavorare nel Kommender Tag! Non è possibile che il Kommender Tag crei questa occasione che gli operai possano avere un'occupazione lì? So bene che ci si opporrà, che non si devono portare tutti a Stoccarda; abbiamo bisogno di operai anche altrove. Ma bisogna cominciare da là. Dobbiamo avere delle persone che, se si arriva a quel punto, non scioperino, che abbiano la coscienza di continuare a lavorare. Il Kommender Tag ha mostrato la strada. È importante trovare i lavoratori manuali e, quando li avremo, la cosa continuerà a svilupparsi da questo germe.

Roman Boos: Noi non siamo competenti per decidere per il Kommender Tag. Del resto ovviamente dipende delle circostanze del Kommender Tag se quello che sicuramente è ideale si potrà realizzare nella pratica. Vi prego di essere brevi. Sono previsti ancora molti altri interventi.

Un altro partecipante al dibattito: Vorrei comunicare che ho lavorato per lunghi anni nei sindacati come uno degli agitatori di vecchio stampo. E proporrei di continuare il discorso, in modo che io possa comunicare a queste persone qualcosa sulle mie esperienze. Mi pare di aver capito che oggi sarebbero solo imprenditori, in un certo senso datori di lavoro fra loro.

Roman Boos: Forse nei prossimi giorni si può fare un altro incontro.

Franz Dreidax: Se rispondessimo al bisogno degli operai di avere delle abitazioni consentendo loro di cominciare a costruirsi le case da sé prendendo tutto il materiale necessario dalle fabbriche del Kommender Tag, questa mi sembrerebbe una via, mi sembrerebbe che si potrebbero attirare cerchie sempre più vaste su una base del tutto naturale. Naturalmente questo lo dovrebbe lanciare il Kommender Tag.

Roman Boos: Ora entriamo un po' troppo nella politica edile, che è un problema particolare; esistono molta letteratura e molta pratica a riguardo. Se ora qui dobbiamo occuparci delle possibilità dei consorzi edili fa parte di un altro ambito.

Franz Dreidax: si prevede la demolizione dei sindacati. Ma oggi chi non è in un sindacato non trova più lavoro da nessuna parte; deve morire di fame con moglie e figlio. Gli altri operai lo ammazzano, se lo acciuffano. Agli operai devono essere date la possibilità, la sicurezza e la fiducia di poter anche continuare a lavorare. E se ora cominciamo con la costruzione delle case, allo stesso tempo coltiviamo anche terreni agricoli, ecc., forse piano piano potrebbe realizzarsi uno scambio con le località circostanti. Gli operai delle fabbriche in città potrebbero essere provvisti dei prodotti agricoli. E anche viceversa. Non so ancora come le cose possano andare in grande, ma riesco a pensare alla possibilità di far sì che ci sia un interesse reciproco e di come si possa affermare la fiducia, la vera fiducia. C'è anche nei Punti essenziali, che la fiducia è necessaria. Non conosco nessun'altra via di uscita. Non parlerei della demolizione dei sindacati, se non c'è al tempo stesso la sicurezza che l'operaio possa di fatto continuare ad esistere.

Roman Boos: Vorrei ricordare che tutte queste imprese devono anche essere finanziate dal Kommender Tag. Se l'iniziativa di finanziamento riesce come in realtà dovrebbe oggettivamente riuscire, ovviamente sarebbe molto utile creare questi corpi economici. Non appena queste imprese economiche qui fioriscono...

Un partecipante al dibattito di Breslavia: Della questione della demolizione dei sindacati e della formazione degli agitatori bisognerebbe parlare ancora. Vorrei pregare i signori di parlare direttamente, nella prossima riunione, di come trovare i modi per compierla, quest'azione. Questo argomento è già stato saltato una volta.

Rudolf Steiner: Vorrei solo far notare che veramente, ora, non bisogna prendere qualcosa che ho detto qui e farne uno slogan che possa tramutarsi molto facilmente in dogma. Se, allacciandomi a quel che ho detto, si dice che solo demolendo i sindacati si aiuteranno gli operai, questo non è giusto. Infatti non serve neanche riflettere molto, per capire che solo seguendo la via che ho indicato, cioè creando associazioni fra chi dirige il lavoro e chi svolge il lavoro, si toglie il terreno sotto i piedi ai sindacati e si mette qualcos'altro al posto loro. I sindacati non verranno mai buttati in strada limitandosi a ripetere uno slogan socialista, marxista, e parlando di 'demolizione dei sindacati'. Non si tratta di questo, ma si tratta di pensiero positivo; si tratta di riuscire ad immettere il pensare concreto in queste cose.

Solo di recente è venuto da me un consigliere governativo segreto che sta in una specie di ministero di uno Stato tedesco e che voleva consultarsi con me sulle misure da prendere. Gli ho detto: “È bellissimo tutto quello che dite; ma in pratica non raggiungete nulla, standovene seduto nel Vostro ufficio ad elucubrare cose di ogni genere che ogni volta si dimostrano essere diverse che nella realtà. Ma non raggiungete nulla nemmeno facendo venire da Voi nel Vostro ufficio capi di partito e dirigenti dei sindacati. Andate alle assemblee degli operai; parlate là! Là troverete la possibilità di diventare il confidente delle persone. Allora porterete avanti le cose”. Oggi esiste solo una propaganda così.

Ma che esperienza abbiamo fatto nel Württemberg? Ora, quando veramente ci era stato promesso direi dieci volte, quando un qualche dipendente superiore del ministero del lavoro o perfino, per esempio, un ministro del partito socialista aveva promesso dieci volte di venire a qualcosa – nello stesso momento in cui lo si attendeva, è sempre stato detto, soprattutto all'inizio: “Sì, c'è appunto di nuovo una riunione ministeriale”. I signori sono sempre in riunione, non veniva mai in mente loro di venire. E quelli che sono venuti fuori dal partito socialista hanno cercato di farlo praticamente il meno possibile.

Ovviamente non pensate che potreste stendere lo stesso programma per parlare davanti ai sindacalisti. Questo va già oltre, però si tratta di come vada oltre. E perciò è importante soprattutto che lo slogan 'Demolendo i sindacati l'operaio viene gettato in strada' oggi non è più valido.

Un partecipante al dibattito: Da una parte si hanno tutti gli imprenditori e dall'altra tutti gli operai, dai quali si dipende, e questi due gruppi dovrebbero riunirsi insieme nell'organismo triarticolato organicamente suddiviso.

Roman Boos: Sicuramente non possiamo elevare l'egoismo di gruppo economico a principio organizzativo; così non va!


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