Logo tripartizione   
 eventi   newsletter Newsletter!  contatti   cerca 
  
 Bibliografia 

 

Il business sociale, una tappa verso la tripartizione sociale

Oggi il compito immediato più importante con cui si deve misurare chiunque si interessi di economia è quello di trovare nuove idee per dar vita a imprese con finalità sociali. Quando le idee saranno entrate in circolazione, sarà solo questione di tempo perché le migliori possano tradursi in pratica a beneficio di tutta l'umanità.

Muhammad Yunus - "Un mondo senza povertà"



L'evoluzione dell'attuale crisi economico-finanziaria appare tanto incerta quanto aleatorio il tempo necessario alla sua soluzione. Se quest'ultima venisse poi individuata utilizzando le stesse categorie del pensiero economico che hanno prodotto la crisi che vorrebbe curare, ebbene tale "soluzione" non potrebbe non apparire dubbia e problematica. Non si tratterebbe infatti che della preparazione di ulteriori catastrofi economiche e sociali.

E' essenziale quindi che lo scenario inerziale delle "soluzioni" ordinarie - inteso dal punto di vista delle idee con cui poter fecondare l'organismo sociale attuale - possa venir integrato con impulsi nuovi, ormai del tutto operanti nel nostro tempo e necessitanti "solamente" di ulteriore instradamento.

Il progetto che segue rappresenta un tentativo di realizzare una alternativa concreta allo stato di cose attuali.




Con la caduta del muro di Berlino e la dissoluzione del blocco comunista nell'Europa orientale, il libero mercato non ha in sostanza incontrato più ostacoli alla propria planetaria diffusione. Quest'ultima infatti si è potuta efficacemente avvalere di influenti organismi internazionali sia di vecchia data, come la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, che di recente costituzione come, ad esempio, il WTO, World Trade Organization. Nel corso degli ultimi due decenni il dominio economico ha dunque visto progressivamente aumentare la propria influenza all'interno dell'organismo sociale, contribuendo a mutare radicalmente lo stile di vita di milioni di persone in tutto il mondo.

Tale predominio dell'elemento economico non ha mancato di dar origine a movimenti di dissenso e contestazione - come i no global o i Verdi ad esempio - i quali, con modalità diverse, si sono prodigati per tentare di valorizzare quelle dimensioni dello sviluppo che non trovano collocazione in una visione del mondo in cui tutto si riduce a mere logiche di mercato. Ma nulla forse come l'attuale crisi economica e sociale sta palesando i difetti sistemici del neoliberismo. E' percezione sempre più diffusa infatti che l'attuale crisi non presenti un carattere transitorio, e, in una certa qual misura, "fisiologico", quasi fosse una sorta di incidente di percorso del "migliore sistema possibile". Essa anzi tradisce chiaramente i tratti di ciò che è malato ed abnorme. Ma esiste la possibilità di individuare una via per uscire dalla crisi e procedere verso le forme economico-sociali del terzo millennio?

Il nostro tempo viene spesso considerato come un'epoca di transizione - se non proprio come periodo terminale per un ciclo di civiltà, non mancando a tal proposito degli elementi addirittura millenaristici. Tuttavia, questa rimane una verità banale - in ogni epoca dopotutto si esprime una transizione - fino a quando non si indicano chiaramente quali siano le vecchie forme che sussistono ulteriormente sebbene ormai sorpassate, e quali i germi del nuovo che tentano di attecchire e svilupparsi.


Sintomi sociali del nostro tempo

Gli attuali social network rappresentano soltanto l'ultima particolare declinazione di una pulsione peculiare dell'uomo contemporaneo a riunirsi e ad associarsi nei modi più vari. Questo nuovo "istinto sociale" inizia a manifestarsi inavvertito intorno agli anni sessanta del secolo scorso, soprattutto nel mondo occidentale, quando iniziano a formarsi le prime associazioni non governative e senza scopo di lucro, quali Amnesty International, WWF e Greenpeace ad esempio. I campi di azione di tali organizzazioni, che raggiungono in breve dimensioni e influenza straordinarie, sono quanto mai variegati andando dalla difesa dei diritti umani, alla difesa dell'ambiente, etc. Ad esse si deve un contributo consistente alla caduta dei regimi totalitari nell'est Europa e nel Sudamerica, ma è soltanto in anni recenti che iniziano a percepirsi non più come una semplice rete, per quanto coordinata, di associazioni, quanto come un arto fondamentale dell'organismo sociale. Esse costituiscono infatti le fondamenta, l'ossatura su cui poggia la cosiddetta società civile che inizia a reclamare per sé un ruolo specifico accanto a Stato ed economia [1]. La società civile è in grado di esercitare un potere culturale capace di produrre enormi pressioni sia sulla sfera politica che su quella economica. Per quest'ultima basti accennare alla rilevanza ottenuta negli ultimi anni dalle associazioni dei consumatori, il potere condizionante dei newsgroup nell'indirizzare gli umori del mercato o gli appelli in Internet per azioni clamorose quali boicottaggi e altre azioni di disturbo. E' innegabile che la nascita della società civile rappresenti una delle più importanti trasformazioni sociali del XX secolo.[2]

Ad animare questo emergente arto sociale, si trova spesso un tipo umano "nuovo", il cultural creative come è stato battezzato da alcuni studiosi [3]. Ma, al di là di teorie sociologiche ed etichette, è indubbio che, in campo economico, negli ultimi anni ci sia stato un crescente aumento di investitori interessati maggiormente alle implicazioni etiche legate all'utilizzo dei loro capitali prima ancora dell'entità del ritorno economico (investitori etici). Completano il fenomeno banche etiche e microcredito. Si potrebbe continuare ancora a lungo, ma dovrebbe apparire evidente come questi fenomeni non possano essere ignorati o svalutati considerandoli come il prodotto un po' folkloristico di naïve al di fuori della realtà. Al contrario, essi sono il sintomo esteriore di nuove istanze ideali e spirituali sperimentanti le forme economiche e sociali di cui si rivestiranno nel prossimo futuro. Se vogliamo riassumere schematicamente quanto finora esposto:

  • Il numero dei cultural creatives aumenterà sensibilmente fino a costituire una massa critica in grado di modificare radicalmente la maggior parte degli attuali orientamenti economici e sociali
  • La società civile sarà in grado di esercitare un crescente potere culturale nei confronti di quei soggetti (politici o economici) considerati in opposizione rispetto alle proprie istanze etiche ed ideali, arrivando a contrastarne o paralizzarne le attività in modo significativo
  • La società civile acquisterà sempre più peso e importanza arrivando ad istituzionalizzarsi in strutture che si affiancheranno a quelle tradizionali di Stato e mercato
  • Nel prossimo futuro la proposizione della massimizzazione del profitto per l'investitore passerà sempre più in secondo piano
  • Di pari passo aumenteranno gli investimenti etici e il finanziamento di progetti a lunga scadenza destinati alla sostenibilità sociale e ambientale

Che alcuni dei punti sopraindicati siano una realtà già operante, basti considerare uno dei fenomeni economico-sociali più interessanti del nostro tempo, il business sociale.


Il business sociale

Muhammad Yunus, insignito del premio Nobel per la pace nel 2006, in un suo noto libro introduce il concetto di business sociale con queste parole:

Dato che il capitalismo è un sistema incompleto, bisogna integrarlo introducendo un nuovo tipo d'impresa che tenga nel giusto conto la natura multidimensionale degli esseri umani. Se le attuali imprese capitalistiche possono chiamarsi aziende orientate al profitto, allora il nuovo tipo d'impresa può chiamarsi impresa con finalità sociali, e gli imprenditori che daranno vita a questo nuovo tipo d'impresa non seguiranno egoistiche mire di profitto personale, ma ben precisi obiettivi sociali. [4]

Yunus è giunto alla formulazione del business sociale grazie ad una decennale esperienza nel campo del microcredito e dall'implementazione di un caso reale, la Grameen Danone[5]. Ma in concreto che cos'è una impresa sociale?

Un'impresa con finalità sociali è un'azienda guidata da un obiettivo invece che dalla ricerca del profitto. [...] Questa impresa può anche produrre un profitto, ma gli investitori che la finanziano non ne avranno parte alcuna, salvo il recupero, in un lasso di tempo stabilito, di un ammontare equivalente al capitale originariamente investito [...] Il business non va confuso con la carità qui si tratta di imprese a tutti gli effetti: esse devono recuperare tutti i costi cui vanno incontro perseguendo i propri obiettivi [sociali]. [6]

Sintetizzando, i principi basilari del business sociale sono i seguenti:

  • L'obiettivo di business consiste nell'eliminazione della povertà o nell'indirizzamento di uno o più problemi che minacciano le persone e la società (come educazione, garanzie sanitarie, accesso alle tecnologie e cura ambientale); non c'è massimizzazione del profitto
  • L'impresa deve essere finanziariamente ed economicamente sana
  • Agli investitori viene restituito il solo capitale iniziale; non è previsto alcun dividendo
  • Una volta ammortizzati gli investimenti iniziali, il profitto generato viene reinvestito nell'azienda per migliorare il prodotto, il servizio, la ricerca, etc.
  • Elevata sensibilità per i temi ambientali
  • I lavoratori dell'impresa sociale ricevono un salario a condizioni di mercato e lavorano in condizioni di lavoro ottimali

Al contrario, una impresa con finalità sociali non è:

  • Una cooperativa con intenti mutualistici
  • Una associazione senza scopo di lucro
  • Una istituzione caritatevole che vive di donazioni

Il business sociale inoltre non va confuso con la responsabilità sociale delle imprese. Sebbene si tratti di un fenomeno fortunatamente in crescita che ha dato il via a molte lodevoli iniziative, esso tuttavia non pone mai in discussione l'essenza stessa del business di tipo "tradizionale". Che le aziende presentino un bilancio sociale ed ambientale oltre che finanziario non è sufficiente per qualificarle come "sociali" valendo quest'ultimo aspetto solo fino a quando il risultato finanziario non ne risulti diminuito.

Per Yunus le forme oggi possibili di impresa sociale sono essenzialmente due:

  • "Il primo tipo [è costituito da] società per azioni che, al posto della massimizzazione del profitto, pongono al centro della propria azione il conseguimento di obiettivi sociali e sono possedute e controllate da investitori privati che hanno a cuore temi come la riduzione della povertà, l'assistenza sanitaria per i poveri, la giustizia sociale, la sostenibilità globale e che al posto di un puro profitto finanziario ricercano soddisfazioni di natura psicologica, emozionale e spirituale".
  • "Il secondo tipo [...] opera invece in modo piuttosto differente: si tratta di società per azioni orientate al profitto possedute e controllate da persone povere o disagiate. Qui la finalità sociale sta tutta nel fatto che i dividendi e l'incremento della capitalizzazione vanno direttamente a beneficio dei poveri riducendo il loro disagio e rendendo possibile il superamento della loro condizione".[7]

Il business sociale rappresenta indubbiamente una straordinaria innovazione nel modo di concepire il ruolo dell'impresa nel dominio economico. Per le aziende con finalità sociali, il profitto eventualmente realizzato è sempre funzionale ad uno scopo sociale ben definito. Esse sussistono, producono merci e servizi con un bilancio costantemente in parità, il che appare paradossale e indubbiamente, come dice Yunus, "ai fondamentalisti del libero mercato tutto questo suonerà come una bestemmia".

Certamente i tipi di impresa sopradescritti risentono senz'altro del contesto specifico in cui il business sociale è nato. Ma, se la mission delle aziende del primo tipo potrebbe rimanere invariata anche in un contesto economico-sociale come il nostro - e in effetti tali tipi di aziende sono in crescita in buona parte del mondo occidentale compreso il nostro Paese -, è dalle aziende del secondo tipo, ibridizzate con quelle del primo, che possono derivare le novità più interessanti per un autentico rinnovamento economico. Queste aziende possono essere infatti configurate in modo da generare la linfa vitale necessaria per il sostentamento di quella sfera dell'organismo sociale che la tripartizione chiama sfera culturale o società civile.


L'impresa sociale secondo la Tripartizione

Ci sono innanzitutto due aspetti da considerare, il governo d'impresa da una parte e il modello di business dall'altra. Senza pretese accademiche, definiremo quest'ultimo termine come "le strategie messe in atto per realizzare gli obiettivi aziendali" mentre per il primo si tratta "dell'insieme delle regole con le quali la società è gestita, comprese le relazioni tra i vari attori coinvolti (dipendenti, azionisti, fornitori, etc.) e il modello di business adottato".

social business

Il modello di business

Consideriamo ora il modello di business, i cui principali attori e relativi rapporti sono rappresentati schematicamente come si vede nella figura a lato. Il primo attore che incontriamo è costituito ovviamente dall'impresa sociale stessa. Essa si presenta sul mercato come un'impresa ordinaria, produce merci o servizi che, acquistate dai clienti - il secondo attore -, consentono di coprire tutti i costi d'esercizio (ammortamenti, fornitori, materie prime, personale, etc.).

A differenza delle aziende ordinarie però, l'utile netto, il profitto generato dall'impresa, non prende le strade "usuali", non diventa cioè dividendo per l'azionista, né viene investito per milgliorare la situazione finanziaria dell'azienda. Esso viene destinato completamente a dei beneficiari - il terzo attore -, ovvero a scuole, ospedali, teatri, istituzioni e fondazioni culturali appartenenti alla società civile, ovvero in generale a tutto ciò che non fa parte né della sfera statale, né di quella economica.

Tralasciamo per un momento le modalità attraverso le quali i beneficiari vengono definiti come tali (metriche adottate per definirli come tali, modalità di selezione ea ttori in esse coinvolti, etc.) e consideriamo invece in quale modo il profitto dell'azienda viene ripartito tra di essi. E' necessario prevedere nel momento più opportuno, tipicamente al momento dell'acquisto, che il cliente possa esercitare la facoltà di scegliere il beneficiario cui far pervenire una frazione del reddito d'impresa. Quest'ultimo verrà dunque ripartito in base alla percentuale di preferenze espresse in tal modo. In mancanza di una esplicita scelta da parte del cliente, si può senz'altro pensare di inidirizzare i casi residui su un beneficiario scelto dall'azienda ovvero dai suoi dipendenti o attraverso altre modalità consimili. E' verosimile che una azienda siffatta non abbia possibilità di finanziarsi attraverso i canali del credito "ordinario", ma è altrettanto verosimile che essi possano venir rimpiazzati da fonti alternative: banche etiche da una parte e i cosiddetti investitori o azionisti etici dall'altra - quarto e quinto attore. Per gli investitori etici non è prevista alcuna remunerazione tramite interessi sul capitale investito nell'azienda, nè alcun dividendo, al più si può prevedere un recupero di quanto perso attraverso l'inflazione. [8]

Gli investitori etici e le banche etiche tuttavia, oltre alle consuete garanzie di ordine economico e finanziario, necessitano anche di un ulteriore livello di garanzie, quelle di ordine etico. A fronte di condizioni particolarmente vantaggiose di finanziamento, le imprese con finalità sociali devono poter quindi esibire dei validi "certificati" del proprio modello di business sociale. Chiaramente questa esigenza è sentita anche dai clienti per cui, più in generale, è necessario che l'impresa sociale garantisca la massima trasparenza su tutti i suoi processi aziendali "eticamente sensibili", come ad esempio la scelta dei beneficiari, la certezza che essi abbiano effettivamente percepito quanto dovuto, etc.. Questo obiettivo può venir raggiunto con un governo d'impresa altrettanto innovativo del modello di business sociale appena descritto.

Il governo d'impresa

Il governo dell'impresa sociale è contraddistinto da due elementi peculiari. Il primo di essi è costituito da un organo di controllo - sesto attore, una sorta di collegio dei sindaci delle società cooperative - che osserva l'operato dell'azienda con il compito di verificare che:

  • i beneficiari scelti abbiano i necessari requisiti per diventare tali
  • i profitti vengano effettivamente ripartiti tra i beneficiari nella misura spettante a ciascuno di essi
  • i profitti dell'azienda, qualora vengano reinvestiti all'interno di essa, vengano impiegati per migliorare la qualità dei propri prodotti mantenendone inalterato il prezzo
  • in nessun caso gli utili possano essere utilizzati per accrescere in modo arbitrario gli emolumenti dei dipendenti (management compreso)
  • in generale non venga violato il mandato etico dell'azienda

Tale organo è costituito in modo da garantire massima indipendenza ed efficacia alla sua azione di controllo per cui in genere sarà composto da individui esterni all'azienda, con qualche eccezione (un rappresentante dei dipendenti dovrà essere sempre presente). Un tanto per dare un'idea della sua composizione, tra le sue fila potrebbero figurare:

  • un rappresentante di una o più associazioni di consumatori
  • un rappresentante per ciascun beneficiario registrato presso l'azienda
  • un rappresentante dei dipendenti
  • un esponente del mondo della cultura

L'organo di controllo ha anche il compito di valutare l'operato del management, ovvero la massimizzazione del dividendo nei confronti dei beneficiari producendo beni o servizi di qualità al miglior prezzo possibile. In caso di violazioni al mandato etico aziendale, l'organo di controllo agisce come un collegio dei sindaci arrivando a chiedere, in ultima istanza, la rimozione del management.

Il secondo elemento peculiare del governo dell'impresa sociale riguarda le relazioni esistenti tra il management - tipicamente l'imprenditore (o gli imprenditori) che hanno dato vita all'impresa - e i dipendenti. Se da una parte non vengono messi in discussione i tradizionali rapporti gerarchici tra le varie funzioni aziendali - giustificati e legittimi nel loro ambito -, tuttavia questi rapporti in alcun modo devono poter dar adito a qualsiasi forma di prevaricazione economica nei confronti dei lavoratori. In altre parole, una legittima subordinazione alle esigenze funzionali aziendali non deve comportare per il dipendente alcuna menomazione della sua dignità in quanto essere umano. Da questo punto di vista l'impresa si configura come una struttura orizzontale in cui ciascuna funzione aziendale sta accanto alle altre e ciascuna concorre al raggiungimento degli obiettivi comuni apportandovi il proprio contributo. Per realizzare fattivamente questo stato di cose:

  • gli emolumenti per ciascuna funzione aziendale, management compreso, vanno concordati tra le parti che partecipano, con responsabilità e compiti diversi, al processo produttivo
  • il management può ricevere come retribuzione mensile al massimo un multiplo prefissato (max 4 volte ad esempio) del salario stabilito per le posizioni più subordinate
  • i dipendenti possono accedere a particolari integrazioni salariali (pensioni integrative, prestiti per acquisto prima casa, sostegno per familiari a carico, etc.)
  • i dipendenti che lavorano con più impegno e risultati hanno accesso a premi produzione (giustificato perchè più fatturato significa anche maggior dividendo per i beneficiari)
  • devono essere previste periodicamente delle riunioni in cui a tutti i dipendenti, ad esempio, i rappresentanti dei beneficiari spiegano di cosa si occupano e che cosa sono stati in grado di realizzare con il dividendo ricevuto dall'impresa sociale
  • dovranno tenersi anche delle riunioni periodiche in cui tutte le funzioni aziendali possano confrontarsi tra di loro mettendo in evidenza i reciproci bisogni

Le misure sopradescritte sono solo un esempio della direzione in cui vanno dinamicamente ricercate tutte quelle soluzioni che possono contribuire a creare la giusta configurazione sociale dell'azienda. Come già detto, la struttura gerarchica coinvolge il solo aspetto economico-produttivo dell'azienda, l'aspetto sociale assume invece una strutturazione orizzontale. Tanto maggiormente l'impresa sarà progredita in questo processo di "orizzontalizzazione", tanto meno sarà scossa da tensioni sindacali risultando immune ai tentativi di contrapposizone classista di tanta dialettica sindacale odierna. Le legittime necessità di tutti i lavoratori dell'azienda avranno modo infatti di trovare adeguato ascolto nelle sedi a ciò preposte. Esse non troveranno, come oggi, le porte sbarrate dalle logiche di profitto perché queste ultime non governeranno più in modo unilaterale le strategie aziendali. La direzione dell'impresa dovrà prendere le adeguate contromisure di concerto con tutti gli attori coinvolti nel processo produttivo.

Se ad esempio dei lavoratori dovessero segnalare il proprio disagio in quanto addetti a processi produttivi particolarmente ripetitivi e alienanti, la direzione aziendale non avrebbe alcun motivo per ignorare tale disagio temendone le possibili ripercussioni economiche. Come si è visto infatti, il management non persegue obiettivi esclusivamente economici. La soluzione al caso specifico potrebbe derivare dall'acquisto di macchinari nuovi che necessitano di meno addetti ovvero di turni più ridotti. Il management in tal caso solleciterebbe gli investitori o le banche a finanziare i nuovi costi oppure potrebbe dover notificare ai beneficiari della necessità di ridurre i ristorni a loro favore. Oppure potrebbe trovare altre soluzioni ancora nessuna delle quali tuttavia potrebbe sacrificare la dignità umana di chi lavora. Soprattutto con questo modello d'impresa diverrebbero palesi le reali capacità degli imprenditori o di chi è posto in posizioni dirigenziali, perché ` piuttosto facile trovare "soluzioni" che altro non sono se non prevaricazioni.

Nell'impresa sociale descritta, la divisione del lavoro - una necessità dei processi produttivi dell'era moderna - perde il proprio "lato oscuro", non può più nuocere in quanto resa innocua dall'elemento giuridico inoculato nel governo d'impresa.

Il rating etico

Per fornire agli investitori e alle banche etiche elementi ancor più oggettivi di valutazione delle imprese da finanziare, è opportuno che si costituiscano delle agenzie di rating etico che si occupino di dare una valutazione in termini etici delle imprese sociali. All'obiezione secondo la quale queste agenzie esistono di già, ricordiamo che esse si volgono ad un concetto abbastanza "annacquato" del business sociale, assimilabile più al concetto di responsabilità sociale d'impresa (CSR) - di cui si sono gà evidenziati i limiti - che non al modello di business qui inteso. Ciò che qui si intende può certamente evolversi a partire dalle esperienze esistenti, nondimeno è opportuno segnalare la differenza di fondo effettivamente presente.

Tali agenzie potranno avvalersi in modo trasparente degli organi di controllo delle imprese sociali per verificare il livello di "eticità" aziendale similmente a come oggi le agenzie di rating valutano il business delle aziende ordinarie. In accordo con gli organi di controllo aziendale, le agenzie di rating etico potranno definire anche dei "piani di rientro etico" attraverso i quali le aziende si sentiranno stimolate a implementare tutti quegli aspetti in cui sono socialmente carenti per continuare ad ottenere il sostegno dei finanziatori etici. Si potrebbero anche prevedere meccanismi più coercitivi nei confronti delle aziende che manifestassero una marcata deriva verso il business tradizionale ignorando i ripetuti tagli del loro rating etico. Prima della loro esclusione dal dominio delle imprese sociali, si potrebbe chieder loro il pagamento di una penale agli investitori che nel passato le hanno sostenute finanziariamente a condizioni più vantaggiose che non quelle del credito ordinario.

Forma giuridica dell'impresa sociale

Nell'ordinamento giuridico italiano non esistono istituzioni di diritto privato con le quali normare adeguatamente una impresa del tipo sopradescritto. Sono in corso di valutazione gli elementi del diritto più opportuni per la vestizione giuridica dell'impresa con finalità sociali in senso tripartito.

Capitolo in costruzione


Conclusioni

Il business sociale qui descritto, è bene ricordarlo, non è ancora la tripartizione ma può rappresentare una tappa essenziale verso la sua realizzazione. Ad esempio, l'organo di controllo di cui si è detto sopra, potrebbe evolversi per diventare l'elemento di raccordo con le associazioni economiche. Al momento appare alquanto irrealistico presupporre che un rinnovamento economico-sociale possa partire dalla sfera economica e tantomeno da quella politica che appare sempre più compromessa dal suo indebito inerire al dominio economico. Un autentico cambiamento potrebbe invece venir veicolato da un "circuito" di imprese sociali, numericamente anche molto ridotto, parallelo a quello ordinario in modo da iniziare a diffondere una visione alternativa dell'autentico compito spettante alla sfera economica.

Secondo i principi della tripartizione, il capitale che si genera in un certo punto dell'organismo sociale deve poi consumarsi in un altro punto di esso, altrimenti ristagna provocando condizioni abnormi e patologiche che sono causa di gravi perturbazioni sociali. Il business sociale, come qui è stato descritto, è un modo conforme al nostro tempo per fare del dominio economico la fonte delle risorse destinate a sostenere la sfera della cultura e della società civile. Conforme in quanto corrispondente alla forma economica inconsciamente ricercata soprattutto da imprenditori giovani e dinamici che hanno talenti e capacità ma che necessitano innanzitutto di credito personale, di essere messi in condizione di trasformare le loro intuizioni in imprese concrete. Le imprese sociali possono essere dunque un modo efficiente per realizzare progetti innnovativi che non potrebbero venir realizzati attraverso i canali usuali del finanziamento alle imprese qualora la redditività dell'azienda non fosse giudicata soddisfacente malgrado una sua indubbia utilità sociale. Ma l'impresa sociale è conforme alle esigenze sociali del nostro tempo non solo per l'imprenditore ma anche per i suoi collaboratori. Oggi nelle aziende molto si investe in sofisticate tecniche di coaching per ottenere dai propri dipendenti sempre maggiori risultati personali, di squadra e manageriali. Ma quale migliore motivazione si può ottenere se non fornendo agli uomini, che sono anche lavoratori, grandi idee in cui possano riconoscere la funzione che essi hanno all'interno dell'organismo sociale e il motivo per cui essi lavorano? Questi uomini potranno sviluppare precisi sentimenti sociali quando avranno avuto la possibilità di curare al meglio un proprio figlio malato in un ospedale attrezzato adeguatamente grazie ad una economia sana fondata sulle donazioni e non sul profitto.

Come già rilevato, non si tratta qui di filantropia, ma di una forma economica innovativa in cui il principio della donazione viene elevato a processo economico. Dall'emancipazione economica della sfera della cultura, potranno allora liberarsi quegli impulsi in grado di fecondare ulteriormente l'organismo sociale diffondendo una sempre maggiore consapevolezza della sua natura tripartita. Sul piano strettamente economico invece, le imprese sociali potranno contribuire ad un rinnovamento della sfera economica finanziando esse stesse nuove imprese sociali oppure imprese ordinarie intenzionate a convertirsi al nuovo modello di business.



  1. ^ Nelle più diverse parti del mondo, è in costante crescita il numero di processi che vedono la società civile, ormai considerata uno stakeholder sociale a pieno titolo, partecipare a dialoghi intersettoriali assieme a Stato e mercato per il raggiungimento di determinati obiettivi sociali. Ad esempio, molti programmi delle Nazioni Unite prevedono tali partnership intersettoriali come fattore chiave per affrontare le sfide poste dalla globalizzazione. Cfr. Nicanor Perlas, Shaping Globalization
  2. ^ Cfr. L'organismo sociale è tripartito  
  3. ^ Sherry Anderson e Paul Ray, autori del fortunato libro "The Cultural Creatives: how 50 million people are changing the world" - Harmony Books, 2000, sostengono di aver "isolato" il profilo del cultural creative "standard" che avrebbe decine di milioni di rappresentanti nel mondo occidentale (80 - 90 milioni nella sola Europa). Fra le caratteristiche che consentono di identificare tale tipo umano si trovano qualità che denotano una grande attenzione per i temi ambientali (amore per la natura e difesa dei suoi equilibri), sociali (rispetto ed aiuto del prossimo, importanza delle relazioni umane, lotta contro povertà e ingiustizie sociali) ed economici (rigetto dei modelli consumistici, attenzione nei confronti delle multinazionali e le modalità con cui esse generano profitto distruggendo le risorse naturali e sfruttando i paesi più poveri).
  4. ^ Muhammad Yunus - "Un mondo senza povertà" Editrice Feltrinelli Milano - 2008   pag. 35
  5. ^ Grameen Danone è una impresa sociale che, lanciata nel 2006 da una joint venture con Danone, è stata progettata per fornire ai bambini poveri e malnutriti del Bangladesh uno yoghurt arricchito di principi nutritivi per migliorare la loro alimentazione.
  6. ^ Muhammad Yunus - "Un mondo senza povertà" Editrice Feltrinelli Milano - 2008   pag. 36
  7. ^ Ibid. pag. 42
  8. ^ E' auspicabile che anche le banche etiche si orientino in tal senso, prestando senza interessi, come, ad esempio, JAK Bank