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OO 337b - Idee sociali – realtà sociale – prassi sociale – Vol. II



SERATE DI DIBATTITO DELLA LEGA SVIZZERA PER LA TRIPARTIZIONE DELL'ORGANISMO SOCIALE
Terza serata di dibattito

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Dornach, 9 agosto 1920



La triarticolazione si basa sulla logica



Richard Eriksen tiene una conferenza su «Le basi filosofiche della triarticolazione dell'organismo sociale». Dopo ulteriori spiegazioni, Rudolf Steiner conclude esprimendosi nuovamente su diverse questioni.

Rudolf Steiner: Egregi signori qui convenuti, le domande che sono state poste e che vorrei trattare sono le seguenti. Innanzitutto la prima domanda:

Che cosa dobbiamo rispondere, quando il mondo esterno ci pone la domanda pratica: “Nell'organismo sociale triarticolato, chi è che deve pagare l'operaio?”

Ora, credo che questa domanda di natura puramente esteriore trovi risposta nei Punti essenziali. Si tratta del fatto che nel senso dei Punti essenziali (dalle condizioni che vi sono indicate) l'articolazione dell'organismo sociale vada configurata in modo che ci sia un direttore degli operai per coloro che di tale direttore hanno bisogno e che lavorano, appunto, sotto la sua guida e che il direttore degli operai sostanzialmente sarà anche l'intermediario per la messa in commercio dei prodotti realizzati in comune con gli operai. Naturalmente in questo modo si considererà in modo diverso anche la gestione di quello che nell'organismo sociale triarticolato figura come denaro. Secondo gli accordi contrattuali che sono caratterizzati anche nei Punti essenziali, quello che è l'operaio riceverà i suoi soldi dal direttore degli operai. Questo è il processo puramente esteriore che ecco – in quanto processo esteriore – non si differenzierà molto da quello attualmente in uso. Però, egregi signori, l'importante non sono questi processi esteriori, l'importante sono le funzioni che il denaro avrà nell'organismo sociale triarticolato. Oggi il denaro, se è cartamoneta, è esso stesso una merce piazzata fra le altre merci. Nell'organismo sociale triarticolato, a poco a poco il denaro deve perdere questo carattere. E allora ovviamente la determinazione dei prezzi potrà avvenire solo all'interno della parte economica dell'organismo sociale. Le banconote devono diventare sempre più parte della grande contabilità che avviene fra tutte le persone che appunto partecipano della vita economica – e lo sono tutte le persone in una qualche regione chiusa. Se questa grande contabilità sopraggiunge da sé, allora nella banconota si ha semplicemente ciò che si deve registrare dalla propria parte degli attivi. Coloro che pensano astrattamente pensano, più o meno come si pensa nelle sfere borghesi, che una contabilità del genere esista già. Naturalmente è un'assurdità, perché, così com'è, essa non è auspicabile. Ma una contabilità come quella di cui avremo bisogno si forma assolutamente da sé, in qualche modo non sarà una grande contabilità in senso astratto, ma esisterà semplicemente nella realtà. E l'importante è che risulti un determinato rapporto fra il direttore degli operai e chi deve lavorare sotto la direzione del direttore degli operai. E per un rapporto del genere è privo di importanza, se l'operaio riceva il denaro dal direttore degli operai, proprio come adesso è privo di importanza se, diciamo, uno è funzionario da qualche parte e viene pagato dalla cassa. Queste cose vanno considerate in relazione all'intero complesso di questioni riguardanti il capitale e il lavoro umano; solo così si ha, direi, la giusta sfumatura.

La seconda domanda:

Come è stata pensata la transizione dalle condizioni sociali ed economiche attuali alla realizzazione pratica della triarticolazione?

In realtà non è affatto nel senso dei pensieri fondamentali del mio I punti essenziali della questione sociale che qui si possa porre una domanda del genere. Infatti i Punti essenziali non presentano una qualche utopia che debba sostituire quello che c'è adesso, per cui si debba fare una transizione dallo stato attuale delle cose a quello futuro; l'importante è invece che questa triarticolazione potrà esserci solo se, finalmente, un numero sufficientemente grande di persone capiranno l'idea della triarticolazione e se poi, dopo averla capita, le persone provvederanno alle proprie condizioni spirituali, statali ed economiche. Questa triarticolazione dell'organismo sociale ha origine nello stesso modo in cui, più o meno, ha origine una giacca se un sarto ha imparato a cucire una giacca; allora è anche in grado di realizzarla. E la triarticolazione dell'organismo sociale, essendo stata pensata in modo del tutto pratico, si realizzerà appunto appunto così. Non serve alcuna transizione. Perciò nei Punti essenziali ho detto: ciò che si intende qui può essere intrapreso in qualsiasi momento e non serve affatto preoccuparsi di una transizione. È tanto poco necessario pensare ad una transizione, quanto è necessario pensare alla domanda: Ecco, ho una persona di 17 anni, il prossimo anno ne avrà 18; come sarà la transizione dai 17 ai 18 anni?

Non è necessario porre queste domande, quando si ha a che fare con un'idea pratica, che semplicemente osserva che cosa c'è adesso e si chiede: Che cosa richiede la situazione attuale? Se essa si evolve naturalmente, e non in modo innaturale, richiede appunto ciò che la triarticolazione dà; e qui non serve pensare ad una transizione specifica. La situazione sociale ed economica attuale è tale che o la si può continuare a trattare in modo innaturale oppure si può proporre una qualche utopia, come per esempio il leninismo e il trotzkismo, e volerla configurare in base ad essa, oppure invece la si tratta in modo naturale – e allora sorge la triarticolazione. E in realtà si tratta proprio di questo. Dunque non si può affatto chiedere come avvenga la transizione alla realizzazione pratica, ma bisogna sempre trattare queste cose in modo pratico. Però, vedete, al giorno d'oggi le persone non trattano volentieri le cose in concreto. Così, quando eravamo ancora in un pubblico più piccolo con l'idea della triarticolazione dell'organismo sociale, questa domanda veniva posta in un modo un po' diverso, perché allora si aveva una terribile paura che tutto potesse andare a rotoli. Allora si chiedeva: e che cosa dovrebbe fare il governo? Qui bisognava semplicemente dire quale sarebbe stata [la via] pratica per il governo: ovvero semplicemente, in quanto governo, abbandonare la vita spirituale e la vita economica; questi settori dovrebbero diventare più liberi. Una volta, quando un ministro del lavoro mi chiese che cos'avrebbe dovuto fare [io dovetti rispondergli]: “Vedete, [le difficoltà] dipendono dal fatto che le parti dell'organismo sociale sono state mescolate insieme; Voi adesso da una parte avete dei seggi che fanno solo parte dello Stato giuridico, dall'altra parte altri che fanno parte solo della vita economica. E così in realtà sarebbe auspicabile (cosa che io non vorrei veramente sperare proprio nei Vostri confronti), sarebbe auspicabile che Voi foste, come i Turchi, tagliatori a metà dallo Svevo piccolo borghese”[1]. La divisione dovrebbe dunque cominciare già col ministro del lavoro in questione. Ora vedete, queste sono le cose alle quali bisogna sempre tornare facendo notare che appunto la triarticolazione dev'essere pensata come una cosa eminentemente pratica. Allora non si porranno domande come quella sulla transizione dalle condizioni attuali alla realizzazione pratica della triarticolazione.

Una terza domanda:

Un membro del gruppo per la triarticolazione dell'organismo sociale è procuratore di una grande società corporativa la cui attività si estende come una rete fino all'Inghilterra del nord; essa conta 10 milioni di membri. Vorrebbe sapere fino a che punto una simile società corporativa è in accordo col principio della triarticolazione e dove se ne discosta.

Ora, egregi signori, probabilmente la persona in questione potrà rispondersi da sé soltanto in modo del tutto personale, perché noterà molto presto che questa società, della quale egli è procuratore, non ha affatto molto a che fare con la triarticolazione; o potrà essere procuratore di quella società, oppure vorrà agire per la triarticolazione dell'organismo sociale. Le due cose non andranno facilmente d'accordo l'una con l'altra. Però che egli possa diffondere la triarticolazione all'interno della società corporativa dipenderà soltanto dal fatto che, grazie alla forza del suo spirito, con tutto ciò che ha da dire in merito al consolidamento dell'idea della triarticolazione, egli sia o meno in condizione di convincere i dieci milioni di membri della validità dell'idea della triarticolazione. Se li convince, allora la sua attività di procuratore fra questi dieci milioni è decisamente giustificata, e allora sarebbe straordinariamente auspicabile che egli fosse un risoluto sostenitore della triarticolazione. Però credo che queste due attività non saranno affatto compatibili, cioè: sostenitore della triarticolazione e procuratore della società corporativa. Però, nevvero, a volte sono anche conciliabili; nella triarticolazione dell'organismo sociale si tratta solo delle persone. Nella triarticolazione lo abbiamo provato e riconosciuto in continuazione.

Ancora solo una paio di parole; oggi è troppo tardi per spiegare ancora alcune cose che spiegherei volentieri. Vedete, di fatto al giorno d'oggi certe cose vengono sempre prese alla rovescia.

Qui per esempio è stata fatta la richiesta che si parlasse al proletariato in una maniera facilmente comprensibile. Ecco, vedete, la maniera in cui si è parlato al proletariato a Stoccarda all'inizio di aprile 1919 era di così facile comprensione, che molto presto migliaia e migliaia di operai si sono ritrovati e hanno osservato che il linguaggio non era affatto di facile comprensione. Poi sono arrivate le persone che hanno parlato con le vecchie frasi fatte marxiste. Ecco, egregi signori, se un pubblico, vorrei dire, socialmente verginale, un pubblico che non fosse ancora stato riempito zeppo di luoghi comuni marxisti, si fosse ascoltato ciò che a volte questi capi hanno detto alle loro pecorelle in termini di frasi fatte marxiste e roba del genere, allora queste persone avrebbero detto: totalmente incomprensibile. Esse lo hanno trovato comprensibile solo perché a volte hanno pescato una parola (plusvalore e così via) che le persone che lì erano i capi hanno riversato in una salsa socialista, che ora veramente non era facilmente comprensibile; era spesso incomprensibile per la sua mancanza di senso. Ecco, però 'di facile comprensione' – si fanno molte sciocchezze con cose del genere. Bisogna dire che ciò che spesso nelle sfere operaie oggi viene chiamato 'di facile comprensione' in realtà è anche qualcosa (ho mostrato questi oggetti di famiglia nei miei Punti essenziali della questione sociale) che il proletariato ha ricevuto dalla borghesia. Anche quella che là viene chiamata 'incomprensibilità' è una cosa che il proletariato ha adottato dalla borghesia.

Questa facilità di comprensione, ecco, vedete, bisogna anche averla sperimentata nella pratica. Una volta fui invitato a Berlino, tanti anni fa, per parlare del Faust di Goethe. Lì, in una società, si erano riunite delle persone che veramente non erano degli operai, ma dei borghesi attaccati al portamonete e anche degli altri, in ogni caso non operai. Là, quella volta, cercai di parlare del Faust di Goethe nel modo in cui appunto lo si deve fare. C'erano anche persone che poi dissero: “Sì, in realtà però il Faust di Goethe non lo si può avere la sera a teatro; non è un pezzo di teatro, come quelli che fa Blumenthal; questa è una scienza; non la si vuole certamente avere di sera, una scienza del genere.” E solo se ci si ricorda da quali punti di vista a volte viene fatta l'istruzione popolare, precisamente di come è stata fatta negli ultimi decenni, diciamo per esempio dai drammaturghi che facevano pezzi di facile comprensione (ma in realtà solo per le loro tasche), si ricava un concetto storico di che cosa appunto si intende per 'facilità di comprensione'. E si riconosce come in questa richiesta di facilità di comprensione c'è appunto qualcosa che gli operai devono ancora scrollarsi di dosso come una rimanenza di quanto hanno ereditato dalla borghesia, da questa borghesia indolente, sonnolenta che non vuole pensare. Infatti in realtà la facilità di comprensione è la richiesta di ascoltare qualcosa che non renda necessario pensare. Ma in tal modo siamo proprio arrivati all'epoca catastrofica in cui la gente non vuole pensare. E non ne verremo fuori prima che la gente si decida a pensare.

Ora, in sostanza, quello che oggi si chiama 'socialismo' ha creato proprio il massimo estremismo e la massima astrattezza. Nevvero, quanto spesso si sente imprecare contro gli '-isti' e contro gli '-ismi'. Ora oltre a 'idealismo', 'spiritualismo', 'realismo', 'meccanismo', oltre agli 'idealisti', agli 'spiritualisti' ecc., nei tempi più recenti ne abbiamo ancora degli altri: il 'bolscevismo' e i 'bolscevisti', i 'marxisti' e il 'marxismo'. Al 'meccanismo' possiamo almeno collegare un concetto: 'meccanico'; 'spiritualisti', 'spiritualismo' si può allacciare al concetto 'spirituale'; 'idealismo', qui c'è ancora la parola 'ideale' dentro, come concetto. Ma 'bolscevismo' e 'bolscevisti', 'marxisti', 'marxismo': qui nelle parole non c'è dentro proprio più niente. È lo '-ismo' di Marx, i marxisti sono quelli che vogliono Marx. È l'ironia più amara, [la più estrema di tutte], quella che in realtà si è potuta coltivare quella volta in astrattezza; è proprio grottesco, se si riflette su quanto in là sia arrivata l'astrattezza proprio in un movimento che vuole essere assolutamente di facile comprensione.

E ora per concludere diciamo ancora qualcosa su ciò che è stato presentato sulle due leggi sociali, come le ho spesso formulate: quella dell'individualismo e quella del socialismo. Ho formulato una di queste due leggi riallacciandomi al libro di Ludwig Stein. A quei tempi dovevo recensire un libro di Ludwig Stein, un grosso libro sulla questione sociale dal punto di vista filosofico. Non fu del tutto facile seguire bene il filo dei pensieri di Ludwig Stein, questo tipico filosofo del presente. È lo stesso Ludwig Stein che, avendo scritto molto, dovette scrivere tanto in fretta che una volta gli successe così: in un libro, volendo dimostrare che solo nella zona temperata della Terra le persone possono sviluppare una cultura, egli disse che è del tutto naturale che solo le persone nella zona temperata della Terra possano sviluppare una reale cultura, perché le persone al polo nord dovrebbero congelarsi e al polo sud dovrebbero bruciare. - Ora, vedete, questo è l'enunciato di un filosofo che per molti anni ha dato filosofia alla facoltà di Filosofia di Berna. E quel filosofo godeva di una certa considerazione.

Vedete, di quanto possa diventare grottesca una simile astrazione me ne accorsi una volta a Weimar. Lì, nell'archivio di Goethe e di Schiller, lavorava con noi un altro professore di Berna, e quest'altro raccontò questo aneddoto. Stavamo parlando dell'opera prima di Robert Saitschick. Saitschick ha realmente portato alcune opere prime che erano pur sempre qualcosa di rispettabile; solo in seguito divenne quella 'rogna' che è adesso. A quei tempi Robert Saitschick era libero docente all'università di Berna, quella del professor Ludwig Stein. Robert Saitschick era un poveraccio; e Ludwig Stein, oltre ad essere professore all'università di Berna, era proprietario di una intera fila di case nella Köpenikerstraße a Berlino. E perciò questo professor Ludwig Stein era conosciuto anche a Berlino. Non riuscivo a togliermelo dai piedi; quando di tanto in tanto ero a Berlino, veniva anche Stein, che poi, quando ebbi scritto questa recensione, mi disse: “Avrei ancora voglia, come suo positivo, di parlare con il mio comparativo”. Questa era la battuta che faceva sempre. Ora, lo Stein era ordinario a Berna, e tra l'altro quel professore che l'ha raccontato era un caro signore molto bonario, soltanto, appunto, ancora addentro al modo di vedere universitario – e disse: “Questo Robert Saitschick è un tipo veramente inqualificabile, del quale non si può proprio parlare” Io dissi: “Però in realtà ha scritto dei libri molto piacevoli” “Sì, pensi che cosa ha fatto. - disse il professore – È un ragazzo molto povero, e ha spremuto il suo ordinario. L'ordinario gli ha dato dei soldi, e quando secondo lui andava troppo per le lunghe, ha ingiunto a Saitschick di restituirgli i soldi. E questo lo ha fatto dicendogli: Signor professore, dato che Lei ha detto così, La prego di dichiararsi per iscritto un uomo meschino. E l'ordinario stese questo documento!” Così mi raccontò il professore; ripeto solo quello che mi ha raccontato: ora, pensate, un libero docente che costringe il suo ordinario a stendergli un documento del genere è veramente un tipo meschino. - Questo, appunto, è un modo di vedere universitario.

Ecco ora, dovevo appunto recensire questo libro di Ludwig Stein, e facendolo dovevo spiegare che il corso naturale dell'evoluzione umana, per quanto riguarda l'aspetto sociale, è che prima gli uomini vivono in vincoli, in legami, poi il singolo si tira fuori dai legami verso l'individualità. In seguito cercai di formulare autonomamente l'altra legge, la legge della vita sociale, e spiegai che l'intera costituzione sociale si può formare solo se il singolo, nel contesto economico, non vive di ciò che egli stesso guadagna, ma cedendo alla comunità ciò che egli stesso guadagna e venendo a sua volta mantenuto dalla comunità – per quale via ciò avvenga, lo mostrano appunto i Punti essenziali, e una volta l'ho spiegato a Zurigo. Ora, chi riesce a capire i contesti sociali sa (anche se sulle prime sembra diverso) che chi al giorno d'oggi si cuce una giacca per suo uso personale di fatto non la produce realmente. In un settore dove oggi abbiamo una divisione del lavoro così estesa, che egli la produca è solo una apparenza, perché ciò che egli produce viene consumato da lui stesso. Ma questa legge della vita sociale è assolutamente valida. Le cose sono tali per cui questa legge può essere realizzata coscientemente solo da coloro che si liberano dai legami e che diventano individualità. Forse queste due cose sono astrattamente in contraddizione; nella realtà l'una vuole l'altra, vanno insieme. L'individualità deve prima separarsi dai vincoli, perché il sociale si possa realizzare a partire dall'individualità. Questa è la soluzione dell'enigma in questo caso. E così si risolverebbero parecchie contraddizioni apparenti, se si accettasse questa cosa.

Naturalmente ci sarebbe molto da aggiungere a quello che abbiamo detto oggi; solo che si è fatto troppo tardi e credo che queste serate di triarticolazione non finiscano stasera e che forse un'altra volta potremo ancora parlare di queste cose.


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Note:

[1] Si è lasciato il testo originale che il relatore ha tratto da una poesia di Ludwig Uhland, Der wackere Schwabe. Il senso complessivo è di "separare decisamente la sfera economica da quella politica". N.d.C.