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Scuola statale e scuola privata

Nicola Sartini

01/2012

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L'idea di una scuola libera si inserisce in un contesto rinnovato di rapporti all'interno della società dove ogni elemento è consapevole della propria identità, del proprio ruolo e di conseguenza interagisce in armonia con gli altri. In questi rapporti sociali l'elemento culturale (al quale appartengono la scienza, l'arte e l'educazione) deve essere messo nelle condizioni di esprimersi in libertà liberandosi dall'antiquata subordinazione nei confronti dell'economia e della politica.

Nel nostro paese dal dopoguerra il dibattito sulla scuola è sempre stato di tipo classista: scuole per tutti contro scuole per ricchi, anche le persone più progressiste hanno sempre sostenuto che lo Stato non avrebbe dovuto dissipare risorse per finanziare scuole private, bensì utilizzarle per migliorare la scuola cosiddetta "pubblica" o di Stato. Nessun pedagogista sembra aver mai preso in considerazione l'idea di garantire la legittimità di pedagogie diverse da quella ufficiale, pedagogie libere le quali solo se sostenute da fondi pubblici posso vivere ed essere messe a disposizione di tutti coloro che le considerino valide. Oggi avviene che il senso comune influenzato da reminescenze socialiste vorrebbe portare il principio dell'uguaglianza anche in un ambito che non gli appartiene, l'uguaglianza che diviene istituzione scolastica pubblica condanna l'uomo al livellamento culturale e uccide ogni sana diversità, questo inevitabilmente comporta che nella nostra società vengano a mancare forze di cambiamento dato che i futuri uomini, oggi studenti, subiscono tutti lo stesso trattamento di scolarizzazione omologata. La scolarizzazione omologata è considerata efficiente quando riesce a travasare saperi standardizzati basati da un lato su un pensiero unico "meccanicizzato", ripetitivo, privo di ogni capacità critica e dall'altro su un "vegetare" del sentimento che indebolisce, inaridisce i rapporti con il prossimo. Questa appiattimento della scuola non educa individui capaci di portare un rinnovamento sociale al pari con le nuove esigenze umane, ma al contrario produce ingranaggi per un sistema sempre più malsano che opprimendo pensiero e sentimento si manifesterà sempre più negli istinti animaleschi di egoismo, nazionalismo, classismo e paura del diverso. Nelle ricorrenti difficoltà disciplinari che scuole di ogni ordine e grado si trovano a dover affrontare possiamo vedere i sintomi di un disagio che scuote gli studenti i quali inconsciamente, attraverso comportamenti antisociali si fanno portatori di una domanda urgente di bontà, bellezza e verità all'interno delle mura scolastiche.

Nella storia della Pedagogia è interessante notare come spesso l'educazione sia stata messa al servizio non dell'uomo, ma dell'idea di Stato allora di moda; ciò avviene soprattutto dove prevale una concezione materialistica e economica del mondo nella quale la missione dell'uomo si esaurisce nell'essere un bravo professionista e un buon cittadino. Possiamo citare pedagogie provenienti da ambiti culturali e politici molto diversi che hanno il denominatore comune di formare non Uomini, ma cittadini di una certa società: l'educazione di John Locke per la nuova classe dirigente inglese di fine '600, la pedagogia come scienza proposta dai positivisti e basata sull'etica dell'utilitarismo in grado di fornire le "cognizioni utili", poi la pedagogia Marxista dove la scuola è vista come una "fucina di tecnici", o il "nuovo umanesimo" di Dewey della scuola americana dove una concezione puramente naturalistica prepara l'uomo a conquistare la natura. Non è necessario essere esperti di educazione per comprendere come questi approcci abbiano fortemente condizionato, con esiti perlomeno discutibili, la vita, la politica, l'economia, sia da un punto di vista locale che internazionale, e potremmo dire che più un concetto politico, economico dell'uomo si sia fatto ideale pedagogico su scala statale tanto più questo ha creato uno status quo basato su un pensiero unico e totalizzante.

Per quanto riguarda la nostra società potremmo dire che non vi sarà il tanto evocato cambiamento se continueremo a porre cause negative investendo su una educazione statale livellata e unilaterale, la contrapposizione non è tra scuola statale e scuola privata, ma tra l'offrire o impedire alla pedagogia di esprimersi liberamente (e quindi di non dipendere da un fattore economico). Rendere pubblica e quindi accessibile a tutti una scuola basata sulla libertà di insegnamento, che non parte da un concetto politico o economico dell'uomo, ma dalla reale conoscenza dell'essere umano, è l'unica possibilità che abbiamo oggi per preservarci dalla decadenza culturale e morale.


Rimini, gennaio 2012


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