Logo tripartizione   
 eventi   newsletter Newsletter!  contatti   cerca 
  
 Bibliografia 

 

Articoli - Saggi


Denaro che invecchia vs. denaro donato
Intervista a Georg Canal

05/1994

Estratti dell’intervista a Georg von Canal (laureato in economia politica, consulente presso la Transconnect) /argomenti trattati, tra le altre cose: economia, il denaro "che invecchia"; "Organismo per la Tripartizione Sociale"/data: 31.05.1994, luogo: Monaco di Baviera
di: (c) Sebastian Schöck Berlin, (c)- diritto di veto sulla pubblicazione per i partecipanti all’intervista/video di: Friedel Hans
Formato: BetacamSP
Lunghezza dell’intervista: 2 ore e 2 min.



Sebastian Schöck: Oggi intervistiamo il Sig. von Canal, consulente d’impresa a Monaco. Vuole presentarsi brevemente?

Georg von Canal: Volentieri. Sono consulente d’impresa presso la Transconnect, che opera nel settore finanziario. Ho una formazione economica e ho studiato a San Gallo in Svizzera. Una volta laureato, durante il dottorato mi sono occupato non troppo approfonditamente del tema del denaro in Rudolf Steiner, nonché delle teorie economiche di impronta steineriana. La società per cui lavoro, o meglio di cui sono socio, è impegnata su tre fronti. Ci occupiamo di finanziamenti alle imprese impegnate sul fronte ambientale e in pratica procacciamo loro capitali, che possono essere di proprietà o di terzi, ovvero delle banche. Indirizziamo verso i paesi dell’Europa centrale e orientale imprese, tedesche e non, intenzionate a impegnare capitali e acquisire quote in società di questi paesi. In parte concediamo finanziamenti anche tramite banche del posto; si tratta di finanziamenti che servono per investire, trattandosi spesso di società che necessitano di essere rimodernate dal punto di vista tecnologico. Il terzo argomento che abbiamo iniziato a trattare di recente è il Sudest asiatico. Indirizziamo imprese tedesche medio-piccole verso paesi di questa area, soprattutto Tailandia, Malesia, Singapore, Indonesia e Filippine. Presentiamo loro i mercati e le rispettive potenzialità. Sono mercati in forte espansione. Per i nostri clienti fondiamo società in loco e offriamo il nostro supporto per trovare partner con cui collaborare. A grandi linee è questo che facciamo.

Sebastian Schöck: Quali sono le sue critiche o quali problemi rileva nel sistema educativo di oggi? Quali modifiche apporterebbe?

Georg von Canal: Allora, innanzitutto la crisi dell’educazione statale affonda le sue radici in un’altra crisi molto profonda...L’educazione nella sua essenza è giunta al capolinea. Per risolvere il problema, non esiste approccio né passo avanti che tenga che apra la strada a un numero maggiore di iniziative anche da parte di imprenditori. ...Ci saranno più iniziative private. Quindi dal basso...

Sebastian Schöck: Le chiedo: lo Stato dovrebbe forse destinare i fondi per la cultura indirizzandoli ai singoli individui invece che alle istituzioni? Quindi più in conformità alla domanda, cioè a quella del singolo e non tanto in modo generico, tramite commissioni o università (buoni di formazione?)

Georg von Canal: Sostanzialmente sì. Cioè, a mio parere partire dalla richiesta del singolo piuttosto che usare le istituzioni come tramite ha un senso. Penso sia un approccio più corretto. Naturalmente c’è chi ci ha già pensato: Schweppenhäuser con la sua idea del denaro di donazione era arrivato a una soluzione simile, che a suo tempo mi sembrò buona e che ancora nella sua sostanza mi convince. Perché ciascuno di noi deve decidere il tipo di formazione che desidera e a cui ambisce. Una capacità di decidere che dovrebbe già essere presente nei genitori e non essere indirizzata dalle istituzioni. Si potrebbe pensare anche a un sistema misto, ma preferisco non esprimermi, perché non sono esperto del settore. C’è però una considerazione di fondo da cui voglio partire, e cioè che nella nostra società – in generale credo – lo spazio lasciato alla libertà di decidere, così come le possibilità di identificarsi in qualcosa sono in un numero troppo esiguo. Attraverso le leggi, è lo Stato a determinare la maggior parte delle cose che facciamo. Nel nostro agire quotidiano siamo vincolati alle istituzioni. Tuttavia questa identificazione del nostro essere, queste possibilità di identificarsi, questo contrapporsi dell’individuo ai servizi sociali servono a rafforzare la nostra volontà e il nostro legame con quanto accade nella società. E se tutto questo ci fosse tolto e non fossimo responsabili di quello che facciamo, in parte verrebbero meno le nostre possibilità di manovra. E nel peggiore dei casi questo comporta il rifiuto della società e l’emarginazione. Quindi in questo senso ribadisco che sì, si dovrebbe partire dalle piccole realtà, ovvero dalle famiglie, da quelle che rivendicano l’istruzione. E che anche attraverso queste rivendicazioni indirizzano l’offerta formativa.

Sebastian Schöck: A suo parere quali sono le problematiche di fondo della società?

Georg von Canal: A mio parere uno dei problemi maggiori, come ho appena detto, consiste nello scarso numero di possibilità di identificazione per il singolo... il che equivale a non avere alcuna facoltà. Non teniamo più in pugno la situazione. E credo che questo eserciti già di per sé un grande influsso sulle persone. Nell’ambito delle scienze politiche credo si parli di straniamento. C’è una fitta letteratura al riguardo. Sull’intolleranza tra le persone, sulle colpe, sulla mancanza nelle crisi – siano esse economiche o personali – Di solidità, di fiducia che tutto si possa risolvere. Questo sentirsi sradicati è uno dei problemi di fondo di oggi.

Sebastian Schöck: A suo parere quali sono le problematiche fondamentali del nostro sistema economico?

Georg von Canal: I problemi nascono da idee inadeguate. Molto di ciò che si pensa in tale ambito è frutto di automatismi. Questi automatismi rappresentano una riduzione delle dimensioni reali del mondo e comportano che determinate cose sfuggano alla percezione. Perché la ragione da sola non è sufficiente per avere una percezione esatta. Vediamo se mi viene in mente qualche esempio... Uno tipico è il dogma del libero mercato. Da Ricardo in poi siamo cresciuti con l’idea che il free trade, ovvero la libertà di circolazione delle merci tra gli Stati, contribuisca al benessere delle nazioni che partecipano allo scambio. E questa teoria, ora come allora, è senza ombra di dubbio vera, ma parziale, limitata. In certi ambiti non ne risultano più ricchezza e benessere, ma al contrario più povertà, se si tiene conto di certe complessità. Ad esempio nell’agricoltura il mercato libero, se non ha limiti imposti, può portare alla distruzione delle compagini agricole, del paesaggio e in ultima analisi al mancato rispetto dell’ambiente...

Sebastian Schöck: Ma non è una contraddizione in termini la concorrenza in una società basata sulla divisione del lavoro e quindi sulla reciprocità?

Georg von Canal: Dunque, a mio avviso anche nel concetto di concorrenza ci sono delle distinzioni da fare. Se per concorrenza intendiamo sfida all’ultimo sangue, ovvero eliminazione degli avversari attraverso il dumping o altri mezzi, dove al posto della concorrenza si ha la lotta per l’esistenza, allora si ha qualcosa di distruttivo e lo si vede anche oggi. E di conseguenza si arriva a formulare quella (o quelle) ipotesi fatale (fatali) secondo cui tale distruzione sia portatrice di un rinnovamento creativo. Le persone sono poi costrette a pensare e a dire che le guerre sono auspicabili, perché da esse si giunge alla pace e poi alla ricostruzione. Vale a dire: legittimare violenza e omicidio per la vita. La filosofia e la logica che vi stanno dietro sono queste. Ci sono quindi da un lato i competitivi radicali e dall’altro quelli che hanno aperto gli occhi e sostengono che una realtà simile non è plausibile, in quanto inefficiente, e non solo: anche in contrasto con tutto ciò cui è legittimo attendersi dall’uomo in quanto essere che si eleva.

Sebastian Schöck: Qual è la Sua idea di collaborazione tra le imprese – anche tenendo conto della partecipazione dei clienti, che sono il punto di partenza – come se la immagina? O ha consigli da dare alle grandi aziende, ai colossi?

Georg von Canal: Le faccio un altro esempio che trovo molto incoraggiante e posso dirlo perché lo seguo in prima persona, fermo restando che è solo un esempio e non certo l’essenza dell’economia associativa, né un ideale cui tendere. Ma – per ritornare al discorso sulle imprese tessili che si sono associate – è l’esempio di un gruppo di imprese dove una opera come consulente per trovare zone in cui si produce cotone biologico. È un’azienda manifatturiera, europea, di grandi dimensioni e molto conosciuta, che produce tessuti per marchi di fama mondiale. Questa azienda – la più importante azienda di confezioni presente nel gruppo – è tedesca. Ed è anche una delle più grosse aziende di vendita per corrispondenza nel mondo. Queste imprese si sono unite per uno scopo: ottenere un prodotto migliore nell’ottica del rispetto ambientale. Perché lo hanno fatto? Perché i titolari hanno deciso di includere nei propri cataloghi prodotti sempre più rispettosi dell’ambiente. Il motivo – che posso dire perché conosco i titolari e i rappresentanti – è duplice: da un lato sanno che in futuro il mercato sarà sempre più orientato al tessile rispettoso dell’ambiente, perché sono le persone a esigerlo; e dall’altro – che è anche la ragione che trovo incoraggiante – vogliono fare tutto “in casa”, per i primi anni in parte anche senza margini concorrenziali. E lo possono fare solo vendendo altra merce, che di ecologico non ha nulla (ma la cosa ha senso, glielo garantisco). Ed è un esempio – come ce ne saranno certamente altri – che trovo incoraggiante Ma il punto non è “economia associativa a tutti i costi”; la cosa incoraggiante è che esistono fenomeni del genere e che in questa situazione di bisogno e di concorrenzialità esistono imprese che riconoscono varie alternative in cui l’associazionismo risulta utile e auspicabile.

Sebastian Schöck: Secondo lei qual è il problema del ruolo svolto dalle banche e quali funzioni dovranno assumere in futuro?

Georg von Canal: Sì, al riguardo la risposta è chiara. Quando do' del denaro, sto facendo uno scambio come farei con qualsiasi altra merce. Uno ha bisogno del mio prodotto, ovvero del denaro e per questo paga un prezzo, che corrisponde agli interessi. E quando effettuo una transazione è come se si trattasse di un normale prodotto, concepibile come avente una certa durata. Se sono un produttore di mele e ho un consumatore, so che io produco la mela e lui la mangia e l’affare finisce. È qualcosa di fatto e finito fin da subito, ma esiste un consumo, una logica, una delimitazione. E la mela cambia. O è in un’altra cassetta. Lo stesso può accadere in ambito finanziario. Non può essere che per un lavoro finito da tempo io continui a esigere denaro o, in altre parole, rendite perenni.

Sebastian Schöck: Ma gli interessi non sono proprio questi?

Georg von Canal: Il flusso perenne di denaro, gli interessi, non hanno ragione di esistere. Una cosa che ho capito fin da subito quando ho iniziato a occuparmi della teoria degli interessi di Steiner, è che questa ripartizione delle operazioni finanziarie in base alla temporalità e alla limitazione, in qualche modo non è naturale. E che non ha senso che tutti gli affari finanziari assicurino “guadagni perenni” sottoforma di flussi di interessi. Per me non ha alcun senso. E non ho ancora incontrato nessuno che ha saputo darmi una spiegazione.

Sebastian Schöck: In che modo è possibile migliorare la situazione?

Georg von Canal: Credo che la via verso il miglioramento sia molto ardua e lunga. Mi sorprende tantissimo che questo percorso sia stato intrapreso da persone che lavorano nel settore bancario e che operano in modo alternativo. Che ad esempio dicono: per noi non esistono interessi, ma qualcosa “per te”. Allora ti procacciamo un 1%, 2%, 3%, 4%, 5% o addirittura un 6%. Ma ti diciamo, noi della banca, che l’interesse è un’unità di misura variabile, e ci facciamo portatori dell’idea che si tratti sempre e comunque di un prezzo. E che tu, in quanto investitore, non partecipi in modo astratto, ma puoi contribuire all’affare. E ritorniamo al problema della creazione di un’identità, la creazione dell’identità. Considerazioni molto sensate, che mi fanno piacere.

Sebastian Schöck: La questione non è che il denaro non invecchia. Trattare con il denaro significa avere per le mani una merce senza scadenza, se di merce si può parlare. Quando ho per le mani qualcosa di vivo, anche nel caso di un’automobile o delle mele che vanno a male subito, ho cose che invecchiano. La questione è un’altra, ovvero la differenza che dovrebbe esserci tra denaro e merce. Quindi, ammettendo che la merce invecchi in media ogni vent’anni circa e che in questo arco di tempo si evitino le solite speculazioni sulle valute con il denaro – dico bene? – il commercio del denaro non avrebbe più senso rispetto a quello della merce vera o del lavoro? Tra interessi e un eventuale invecchiamento del denaro non si raggiungerebbe un equilibrio, con un conseguente bilancio positivo per i risparmiatori o mi sbaglio?

Georg von Canal: A mio parere non è questo il punto. La cosa fondamentale per me è che quando conseguo gli interessi, quel denaro in qualche modo si trasformi in un bene di consumo. E che io debba essere consapevole di non aver creato un circolo che da denaro produce denaro e poi ancora altro denaro, dove io continuo a investire; il guadagno deve essere dovuto a fronte di una prestazione. Ovvero il fatto di mettere a disposizione denaro perché sia utilizzato, per l’acquisto di attività culturali e magari per soddisfare altri bisogni. Per me dunque la questione se gli interessi vengano meno con il passare del tempo, non esiste. In questo modo non mi sono sbarazzato degli interessi, questi cattivi?

Sebastian Schöck: Ma è questo che succede. Se abbiamo un 5 % di interessi e l’invecchiamento?

Georg von Canal: Sì, se si continua a pensare secondo questo modello. Mentre per me l’invecchiamento non significa per forza svalutazione, ma in primo luogo rendere visibile il puro e semplice consumo del denaro, ovvero di quello usato per il vivere spirituale e speso per i relativi scopi. So che esistono pareri discordanti, ma per ora posso solo parlare di quello che io rappresento in questo momento. Non sono un esperto di Tripartizione, non mi sento (né posso sentirmi) chiamato a esprimere un parere, nemmeno su questioni annesse. È il modello che rappresento ed ovvio che io rappresenti ciò che dico. Ma non sto parlando di un ideale, né di qualcosa di giusto o da seguire. È solo il mio personalissimo parere, che ambisce a che l’età del denaro sia messa in relazione al suo flusso, il tutto nella sfera delle donazioni.

Sebastian Schöck: Non la seguo.

Georg von Canal: Come forse saprà, il denaro che invecchia di Steiner in quanto bene deperibile e usato per il libero vivere spirituale e in relazione a esso, è appunto un bene di consumo. E, cosa di fondamentale importanza, attraverso il processo di invecchiamento il denaro entra a far parte del vivere spirituale in quanto bene di consumo.

Sebastian Schöck: Ovvero, ammesso che una banconota invecchi ogni 20 anni, quando ne avrà 18, la tendenza sarà usarla per fare una donazione o regalarla alla scuola, giusto?

Georg von Canal: La mia idea è che ciascuno di noi ha un portafogli con denaro di vario tipo. Io sono un padre di famiglia che vorrebbe concedersi il lusso di far prendere lezioni di musica ai propri figli, e che ha anche del denaro donato a disposizione con cui può pagarle. In questo modo chiedo denaro vecchio e posso anche offrirlo. Ne dispongo per me in quanto consumatore e lo do a chi ne ha bisogno per vivere. Esattamente come quando, in veste di imprenditore, posso spendere denaro oppure prenderne in prestito altro dalla banca. Denaro più giovane, visto che sono un titolare e – se vogliamo – sono utilizzatore di denaro giovane. In questo senso, se ho ben capito, anche la circolazione del denaro nell’economia nazionale secondo Steiner è descritta in questo modo.

Sebastian Schöck: Allora che senso hanno un denaro giovane, uno di età media e uno vecchio? Perché mai dovrebbe circolare ancora denaro vecchio nella cultura? Voglio dire, a fronte della svalutazione, vale a dire se una banconota perde il suo valore effettivo e, diciamo così, cessa di esistere. Cosa succede in questi casi?

Georg von Canal: In questi casi succede quello che Steiner chiama rinnovamento. Ovvero non c’è archiviazione. Quindi non è denaro che scompare e non è più utile a nulla. Ma ne fa nascere di nuovo. Di fatto, il ciclo del denaro attraverso l’invecchiamento è la fotografia di quello che succede a tutti gli effetti nell’organismo sociale: gli acquisti, i prestiti, le offerte. E quando invecchia, passa alla sfera delle donazioni. Dove perde di valore. Non è altro che un bene di consumo, perché dietro non si cela alcuna prestazione economica, anche se a ben guardare la donazione è pur sempre un processo economico unilaterale. Tizio prende e riceve da Caio, a cui offre qualcosa in ambito sociale, ad esempio attività culturali. Anche se non beni economici nel senso classico della parola, ma riceve qualcosa di regalato.

Sebastian Schöck: Allora le banconote sono morte o sono prossime a esserlo?

Georg von Canal: Secondo Steiner ci stiamo avvicinando a questo. Ma in tutta sincerità devo dirLe che non sono ancora riuscito a mettere in pratica questo modello né ad afferrare in toto il come questo processo di invecchiamento possa funzionare. Ho trattato solo un aspetto dell’argomento. Ma il modo in cui il denaro si rinnova, sia rimesso in circolazione attraverso acquisti, prestiti o altro, il pensarlo nell’insieme e quindi non solo nel processo di invecchiamento ma in quello di rinnovamento, pensarlo nella totalità del ciclo è qualcosa che non sono ancora riuscito a fare. Ma a intuito le idee di fondo mi sembrano giuste. Il denaro vecchio, ovvero che è già, sarà o è a un passo dall’essere svalutato, è sostanzialmente simile al processo della donazione, dove a sua volta qualcosa è svalutato. Spinto dal libero vivere spirituale metto a disposizione generi alimentari o di prima necessità a qualcuno. E questo qualcuno svaluta quello che gli metto a disposizione. Non lo usa per produrre altro, ma li svaluta. Il che significa che il denaro vecchio corrisponde per natura alla svalutazione nella sfera delle donazioni. È un pensiero corretto. Per questo Steiner afferma anche che il denaro vecchio appartiene alla sfera della donazione. L’idea quindi esiste ed è arrivata. Il modo in cui possa essere messa in atto dal punto di vista sociale e organizzativo, non mi è chiaro o – per meglio dire – lo è solo in parte. E Steiner, da quanto ricordo, ha indicato con estrema franchezza il modo in cui, in tema denaro, si dovrebbe avviare questo tipo di sistema di acquisto-prestito e donazione.




Per approfondimenti sul tema: