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Competitività, innovazione e libera scuola

03/2014

Una rapida interrogazione del motore di ricerca preferito sul tema “competitività e innovazione in Italia” potrebbe restituire una lista di risultati davvero sconfortante. In effetti, scarsa competitività e mancanza di innovazione sembrerebbero i sintomi ormai conclamati di un male che ha duramente colpito e fiaccato un Made in Italy un tempo sano e vigoroso, quando il solo nominarlo richiamava immediatamente rappresentazioni che evocavano eleganza, ingegno, e qualità. Su questo fenomeno non mancano ovviamente studi ed analisi, ma qui, senza nulla togliere alla validità di queste indagini, non verranno esaminati complicati fattori esogeni all'impresa come le ripercussioni sul nostro tessuto produttivo di un mondo definitivamente globalizzato né le debolezze strutturali dell'economia italiana dovute a burocrazia, imposizione fiscale, politiche salariali, etc.. Piuttosto in questa disamina, per brevità e semplicità[1], si tenterà di osservare il fenomeno attraverso il solo elemento umano per come esso si manifesta direttamente nella vita aziendale, un dominio endogeno sul quale l'impresa ha ancora qualche possibilità di azione. Un punto di vista forse inusuale eppure semplice e familiare per chiunque.

Consideriamo dunque l'esperienza lavorativa nostra e di chi ci sta vicino: parenti, amici e colleghi con cui, di certo, ci sarà capitato di confrontarci e di condividere i rispettivi vissuti professionali. Molto probabilmente si sarà osservato come le reciproche esperienze in merito ai fattori che condizionano pesantemente l'efficienza o l'inefficienza di una azienda, siano in generale alquanto simili o quantomeno possano essere ricondotti ad un minimo comune denominatore di aspetti. Quante volte ci si è detti o abbiamo sentito dire come tutto sarebbe diverso se solo quel collega o quel capo si comportasse in modo diverso oppure se comprendesse questo o considerasse quest'altro? Se solo l'azienda valorizzasse meglio le capacità dei singoli? Se solo ci fosse qualcuno capace di prendere una decisione definitiva! O, cambiando prospettiva, se i nostri collaboratori fossero più responsabili e più proattivi nello svolgere le proprie mansioni invece che agire meccanicamente e fare il meno possibile? Quali sono dunque queste situazioni tipiche? Ovvero quali sono le qualità che vorremmo trovare nei nostri colleghi, capi, sottoposti che potrebbero fare la differenza rispetto alla situazione attuale?

La prima di queste qualità ci dovrebbe apparire subito evidente, perché è senz'altro la base su cui tutto costruire, quella che non dovrebbe mai mancare ovvero l'ottima conoscenza di ciò che si è chiamati a fare, quindi la competenza tecnica, l'aver assimilato a fondo la propria arte. E' evidente che per coloro che ricoprono ruoli di responsabilità, questa conoscenza dev'essere completa e senza incertezze: chi prende decisioni dev'essere assolutamente competente nel proprio ambito, deve saper fugare i dubbi operativi dei propri collaboratori diretti, rappresentare insomma un vero e proprio punto di riferimento cui affidarsi ogni volta si necessiti di una consulenza o della risoluzione di un problema. Ad ogni modo è facile verificare come le capacità tecniche – frutto di un percorso professionale le cui radici risalgono tipicamente al periodo scolastico – possono essere perfezionate attraverso corsi di aggiornamento e di formazione, stage, etc... E' anche agevole constatare come ci sia una certa linearità tra l'investimento in corsi di formazione e il suo ritorno poiché l'apprendimento tecnico è facilmente misurabile e può essere reiterato fino al raggiungimento del livello desiderato.

La seconda qualità importante che senz'altro si vorrebbe ben sviluppata nelle persone che lavorano insieme in un'azienda, la potremmo indicare in modo un po' generico con “senso di responsabilità”. La competenza tecnica infatti di per sé non presuppone necessariamente questa qualità che tuttavia può difettare proprio a causa di una mancanza di competenza – cerco di scaricare la responsabilità di una attività in carico a me proprio perché non ho le capacità per portarla a termine... Uno spiccato senso di responsabilità deve essere ovviamente presente a tutti i livelli aziendali, indipendentemente dalla funzione che il singolo ricopre all'interno dell'impresa. Cosa si può fare se essa difetta? Certamente corsi di formazione particolari, coaching e altre tecniche possono risultare utili così come anche una certa struttura aziendale che evita responsabilità condivise che poi alla fine risultano essere di nessuno. Anche certe politiche e strumenti organizzativi a disposizione dei dipartimenti delle risorse umane possono aiutare ad aumentare il senso della responsabilità attraverso premi produzione, remunerazione speciale di obiettivi particolari così come opportune “campagne” interne di sensibilizzazione del personale. Ma è chiaro che qui il rapporto tra investimento e risultato è incerto, o meglio, molto più aleatorio rispetto al caso precedente e quando è lineare, lo è sicuramente di un fattore di molto inferiore a quello delle competenze tecniche. Questo non significa che queste attività non siano da svolgere o siano inutili. Si sta solo dicendo che per ottenere risultati apprezzabili dal punto di vista qualitativo è necessario spendere molte energie e risorse unitamente ad una grande determinazione nel perseguire gli obiettivi prefissati – sopratutto da parte della dirigenza – e insistere per molto tempo per vedere un cambiamento apprezzabile. Inoltre tutto il processo è legato a situazioni contingenti – ad es. storia pregressa aziendale, abitudini e norme che si sono cristallizzate nel corso del tempo, etc. – e ad altre variabili in genere difficilmente controllabili che possono rendere il raggiungimento di un risultato tangibile un processo divergente e instabile al variare di pochissimo di alcuni parametri: chi e come porta avanti certe attività, il grado di accettazione da parte dei dipendenti, etc...

Perché tutto questo? Perché con questo secondo fattore siamo entrati in un dominio dell'essere umano del tutto diverso da quello che risulta coinvolto dal primo. Per quanto complesse e difficili da acquisire possano essere le competenze tecniche, queste riguardano tuttavia una parte molto superficiale dell'essere umano. Posso essere un vero esperto in un qualche settore ma è verosimile che trascorso un certo numero di anni senza averci a che fare mi posso dimenticare molto del mio bagaglio tecnico. Al contrario è difficile pensare che ad una certa età ci si possa “dimenticare” di essere persone con uno spiccato senso della responsabilità. Qui, in sostanza, si ha a che fare con una sfera privata ed intima dell'individuo, un mondo morale, all'interno del quale non si penetra facilmente e sul quale si può agire soltanto in modo molto indiretto.

Tutto questo appare ancor più esasperato e intensificato per la terza qualità, che potremmo indicare in modo ancor più vago della precedente con “senso del giusto” o anche “senso del vero, della verità”. Come potersela rappresentare? Chi ha avuto la benedizione almeno una volta di incontrare un capo davvero “straordinario”, spesso nel descriverlo lascia trasparire un grande rispetto e venerazione che certamente non possono essere il solo frutto di grandi competenze tecniche o di un elevato senso di responsabilità – sebbene queste qualità possano ovviamente essere entrambe presenti in alto grado. Quel che manca ancora è un quid difficile da definire ma che certamente ci fa apparire quella persona come “giusta” e i rapporti con essa “veri”. E un capo del genere ha indubbiamente un particolare intuito, una acuita capacità di percepire e discernere il “vero” nelle vicende umane che si sviluppano quando comunità di uomini si formano e interagiscono tra di loro come nel caso delle aziende. Capacità di collaborare e delegare, sinergia, buon clima aziendale, etc.. derivano da quanto maggiormente questo quid è sviluppato nelle persone che lavorano in una azienda. Per quanto alcune tecniche di coaching e altri strumenti similari possano offrire utili tecniche anche parzialmente efficaci per surrogare questa qualità, essa può essere unicamente il frutto di qualcosa di molto intimo, di qualcosa che è legato alla propria evoluzione in quanto esseri umani, in altre parole alla propria cultura. Nel suo significato originario infatti cultura si ricollega al coltivare e quindi alla cura della propria evoluzione personale come percorso di crescita interiore.

Ma allora davvero proprio non si può fare proprio nulla per agire su questa terza qualità? Si può fare qualcosa per sviluppare e potenziare il fattore decisivo per il quale una comunità di individui è in grado di performare in modo eccezionale?

Già per la seconda qualità si è visto come essa dipenda da una sfera privata ed intima in cui è difficile penetrare. Si è accennato al fatto che per ottenere qualche risultato dobbiamo affrontare una corazza ben spessa fatta di abitudini, clichè interiori, comodi egoismi e via dicendo. Tutto questo risulta ancor più vero per ciò che riguarda questa terza qualità. Essa dipende dall'evoluzione del nucleo intimo dell'essere umano da cui scaturisce, nucleo che tuttavia potrebbe anche essere drammaticamente vuoto o sviluppato in modo deforme o embrionale appena. Ciò accade quando nessuna cultura degna di questo nome è riuscita a penetrare in profondità nell'interiorità umana rendendo possibile una autentica evoluzione interiore. Possibile? Per sincerarsene: mai incontrato qualcuno che pur essendo esperto in un qualche campo e con uno sviluppato senso della responsabilità non tratti comunque chi gli sta intorno e con cui collabora – indipendentemente se in alto, in basso o accanto a sé – come dei numeri o come meri strumenti per raggiungere i propri obiettivi? Qui si tratta dunque di agire in profondità, energicamente, con cognizione di causa, prima che la corazza di certi automatismi si consolidi, in modo da porre un seme nel grembo dell'interiorità umana. Un guscio di psichismi ci sarà sempre ma almeno sarà più sottile e permeabile e consentirà ancora di raggiungere il nucleo intimo dell'essere umano! Ma quando si dovrebbe agire allora? Durante l'infanzia e l'adolescenza, durante il periodo in cui l'essere umano inizia a costruirsi il suo mondo di abitudini, luoghi comuni, etc.., dunque durante il periodo scolastico. E' a partire dalla scuola che bisogna agire per poter sviluppare armonicamente le tre qualità partendo dal verso giusto! Prima da quello più interno, poi quello intermedio, poi via via verso l'esterno, fino all'ultimo involucro, quello delle nozioni, delle conoscenze tecniche, l'involucro più superficiale. Ma è proprio solo questo involucro esterno che viene considerato ed è l'oggetto del “riempimento” massivo operato dalla scuola statale. Nulla di strano che da esso non possa poi emanare che una cultura superficiale ed esteriore. E quindi? Solo una libera scuola che conosca la natura umana sarà in grado di agire nel senso indicato, sviluppando armonicamente tutti gli involucri interiori fornendo gli opportuni nutrimenti. Mai pensato ad esempio che a scuola possa essere insegnato il coraggio? O l'essere veritieri? O l'essere responsabili? Eppure queste scuole esistono. Non solo ma da quanto detto è evidente che se una azienda deve investire per essere più competitiva e innovativa, per migliorare la qualità umana della comunità di individui che essa rappresenta, ebbene questa azienda compirebbe un giusto investimento solo se sostenesse una libera scuola. Solo questo sarebbe l'investimento migliore, anzi, in termini di ritorno, il migliore di tutti.

Ma non ce l'abbiamo già una scuola? Si, quella statale che tra lezioni in classe e compiti a casa impegna da mattina a sera, da lunedì a sabato in un “lavoro” che nemmeno gli operai delle fabbriche conoscono quasi più. Trent'anni fa le cartelle pesavano pochi chili, oggi a scuola ci si va con i trolley pieni di libri. Nella scuola superiore si affrontano argomenti che un tempo si affrontavano appena all'università. L'industria nazionale dovrebbe essere la prima al mondo con questa mole di conoscenze riversata per anni negli alunni...

Ma, si potrebbe obiettare, non abbiamo già abbastanza tasse che gravano sulle nostre imprese? perché dovrebbe spettare alla sfera economica di sostenere una libera scuola? Perché è la sola via al momento possibile: lo Stato per motivi di convenienza politica non agirà mai in modo da perdere il proprio controllo sulla scuola. In caso di minaccia, tutta la pseudo-cultura che dallo Stato dipende si scatenerebbe agitando i soliti tabù della scuola statale come unica garanzia per una scuola pubblica come se statale fosse l'unico modo per rendere la scuola pubblica. Perché anche la scuola libera, privata, può essere resa accessibile a tutti appunto come indicato, lasciando che sia la sfera economica a sostenerla.

Ma chi glielo fa fare ad un imprenditore di sostenere un investimento a lungo termine di cui non riuscirà a cogliere i frutti?

Per ottenere un legname di qualità è essenziale che in esso i nodi siano presenti nel minor numero possibile. Per questo motivo un tempo i montanari delle valli che vivevano della lavorazione del legno erano usi di tanto in tanto sfrondare i rami più bassi degli alberi delle loro foreste. Lo facevano non appena gliene si presentava l'occasione perché sapevano che in questo modo dalla loro valle si sarebbe sempre potuto ricavare un ottimo legname. Sapevano bene che non avrebbero mai visto i frutti delle loro fatiche. Forse nemmeno i loro figli ne avrebbero ricavato qualcosa. Ma se qualcuno avesse chiesto loro “ma chi te lo fa fare?” è molto probabile che sarebbero rimasti un po' interdetti, quasi non avessero capito bene la domanda posta. E' solo la nostra civiltà che è ossessionata da un ritorno il più veloce possibile dei propri investimenti, che non è capace di andare oltre il vantaggio immediato, di guardare lontano ed è perciò priva della dimensione della profondità. Il montanaro, sebbene atavicamente ed istintivamente, nella sua cultura questo invece ce lo ha avuto sempre ben chiaro. Si parta dunque da qui per un rinnovamento sociale e quindi economico.



Ernest Angeli



Note:

[1] Ad esempio non verranno considerati aspetti motivazionali e forme d'impresa che pure hanno una grande importanza e che meriterebbero una trattazione a parte.


Per approfondimenti sul tema: