Logo tripartizione   
 eventi   newsletter Newsletter!  contatti   cerca 
  
 Bibliografia 
 Progetti 

 

OO 337a - Idee sociali – realtà sociale – prassi sociale – Vol. I



SERATE DI STUDIO DELLA LEGA PER LA TRIPARTIZIONE DELL'ORGANISMO SOCIALE
Seconda serata di domande

IndietroAvanti

Stoccarda, 30 maggio 1919



Domande sulla Tripartizione dell'Organismo Sociale II



Wilhelm von Blume: Egregi partecipanti, nel nome della Lega per la Tripartizione dell'Organismo sociale vi do anche oggi il benvenuto. Abbiamo organizzato per oggi una serata durante la quale potere ottenere risposte a delle domande che sono scaturite dal cuore di questa assemblea, o che possono ancora venire espresse, e prego anzitutto il dott. Steiner di prendere la parola per fare alcune osservazioni introduttive.

Rudolf Steiner: Carissimi presenti, la serata odierna dovrà essere dedicata soprattutto alla risposta a domande che sono scaturite dalla gentile cerchia dei partecipanti in relazione all'impulso che è stato dato con l'idea della tripartizione sociale. Domani, poi, dovrò trattare una delle principali obiezioni alla tripartizione, in una riunione che terrò qui: l'obiezione secondo la quale, per quanto riguarda l'impulso dell'organismo sociale tripartito, si tratti soltanto di un'idea che è frutto di elucubrazioni intellettuali, di una qualche ideologia o utopia, e domani cercherò di dimostrare che si tratta veramente di una delle cose più pratiche del nostro presente. Oggi permettetemi soltanto di introdurre con un paio di parole la risposta alle domande che costituisce il contenuto dell'ordine del giorno odierno.

Carissimi presenti in effetti è stato ancora poco notato che con l'impulso all'organismo sociale tripartito ci si deve riferire al compito più importante in assoluto che l'evoluzione stessa ha affidato a questa umanità nel tempo presente.

Non è in realtà a partire da un esagerato pessimismo che si esprime l'opinione secondo la quale oggi ancora troppo poco, nei contesti più ampi veramente troppo poco, viene riconosciuta l'assoluta gravità, l'estrema gravità del momento presente, delle necessità dei tempi. Ci troviamo veramente di fronte ad un compito gigantesco. Perché tutta l'evoluzione della nuova umanità era diretta verso il punto che ha portato al formarsi di questo compito, e questo compito è stato posto all'umanità a partire dagli eventi significativi di questa catastrofe della guerra mondiale. Ma l'importanza del tutto straordinaria di questo compito non è stata oggi assolutamente compresa negli ambiti più diversi, e si vorrebbe credere che sia, a sua volta, un compito ben preciso quello di portare completamente alla coscienza dell'umanità del presente questo compito. Questo compito emerge anzitutto nelle manifestazioni e negli eventi di questo tempo. Rispetto a queste manifestazioni ed eventi del tempo prendono posizione persone che provengono dalle più diverse classi sociali, dalle più diverse cerchie sociali, e anche dai più diversi partiti politici. Da tutto ciò che è scaturito da tali prese di posizione fino ad oggi si manifesta un duplice fenomeno, che cercherò ora di caratterizzare in questa mia breve introduzione; entrerò poi meglio nei dettagli domani. Vorrei caratterizzare questo in modo introduttivo perché, come è anche auspicabile, nell'odierna sessione di domande dovremo cercare di rispondere a singole domande, più concrete e più pratiche. Oggi, però, per l'umanità è veramente necessario tornare continuamente ad osservare l'entità e la portata del compito, anche solo affinché sia risvegliato nell'umanità il senso di responsabilità verso le grandi questioni del tempo.

Un duplice fenomeno, come ho detto, si può notare, osservando le prese di posizione da parte delle cerchie più diverse oggi rispetto a questo grande compito. Si può dire: una parte delle persone che prendono posizione hanno soprattutto interesse a ricreare, in qualche modo, in una qualche forma, in una forma giudicata accettabile, ciò che è andato distrutto attraverso l'immane catastrofe della guerra mondiale. L'altra parte di persone, che vengono da un ambito totalmente diverso, hanno, invece, ogni interesse a far sì che tutto sia diverso rispetto a com'era prima della catastrofe mondiale - in parte con l'obiettivo di evitare che tali catastrofi accadano più in futuro, e, in parte, anche a partire dalla sensazione e dalla convinzione che, sulla base del vecchio ordine economico, politico e culturale, non si possa assolutamente più progredire, e che si debba pensare molto seriamente a costruire qualcosa di nuovo. Se vogliamo chiamare il primo tipo di persone dei conservatori - rispetto alle nuove esigenze dei tempi -, allora il nostro sguardo sarà diretto a tutti quegli ambiti che appartengono, più o meno, alle vecchie concezioni sociali, che, in qualche modo, sono unite con ciò che le vecchie concezioni hanno portato, anche in relazione a ordinamenti economici dell'umanità. Dall'altra parte vediamo i partiti che si precipitano in avanti, composti di proletari, e allora vediamo ciò che costoro prendono posizione rispetto al grande compito in un modo del tutto diverso, e in modo tale che i due tipi di persone non si capiscono più.

Se si cerca il motivo di questa non comprensione - che oggi voglio presentare solo in forma di abbozzo -, allora si troverà che, da una parte, i rappresentanti del vecchio mondo che, in qualche modo, vorrebbero ancora rimanere attaccati a questo vecchio mondo, nel corso della storia più recente hanno perso una loro autentica meta culturale, e hanno mantenuto una vecchia prassi culturale nella quale hanno continuato a lavorare. Queste persone, cari presenti, hanno una prassi, ma questa prassi non è più compenetrata di impulsi orientati ad un fine. Questa prassi si esprime sempre in modo tale che, quando si chiede a queste persone come intendano procedere oltre, ora che arrivano i grandi compiti, la loro risposta implica comunque, immancabilmente, una continuazione del vecchio; e la risposta non implica nemmeno qualche grande obiettivo; essi rispondono in fondo soltanto con ciò che si è loro mostrato dalla routine della prassi seguita fin da sempre. Costoro hanno una prassi senza obiettivo. Dall'altra parte c'è il proletariato. Esso ha un obiettivo, un obiettivo che si può portare ad espressione nei modi più diversi, ma che è pur sempre un obiettivo. Ma questo proletariato non ha una prassi; a questo proletariato manca ogni possibilità pratica di tradurre in realtà ciò che, in qualche modo, definisce con i suoi obiettivi. Così abbiamo, da una parte, una prassi tradizionale senza obiettivo, e dall'altra, un nuovo obiettivo senza prassi. Il proletariato è stato tenuto lontano dalla prassi, è stato chiamato a lavorare con la macchina, incastrato nella fabbrica e nel capitalismo. Da qui ha sviluppato il suo obiettivo, che consiste, vorrei dire, nel fatto di scagliarsi contro ciò che ha imparato, ma non è mai collegato con la guida, con la direzione stessa delle forme economiche. Oggi rivendica nuove forme di vita, ma non può, non sa nulla di una possibile prassi. Da dove viene questa frattura?

Questa frattura viene appunto dal fatto che ci troviamo posti di fronte al più grande problema dei nuovi tempi, e questo più grande problema dei tempi recenti è sorto appunto nel periodo che ha portato l'industrializzazione alla sua massima fioritura. Questo problema è nascosto anzitutto nel campo economico, ma le sue ramificazioni si spingono anche negli altri campi della vita. Questo problema è così importante che persino una mente così acuta come quella di Walter Rathenau lo ha sfiorato un po' senza, però, giungere ad una qualche visione chiara su questo problema cruciale del presente, su questo problema nel quale tutti ci dibattiamo, su questo problema al quale è imperativo trovare una soluzione.

Perlomeno guardare in faccia a questo problema è ciò che vorrebbe fare l'impulso per la tripartizione dell'organismo sociale, senza pregiudizi e in modo vivente. E se devo accennare a questo problema con un paio di parole che servono in qualche modo da introduzione alla conferenza di domani, che dovrà trattarlo nelle sue forme peculiari, allora devo dire: questo problema ha dovuto sorgere lentamente nell'umanità, ha dovuto, in un certo senso, raggiungere il suo massimo sviluppo nel periodo dell'industrializzazione, che andava diffondendosi sempre più, e della moderna tecnica, e oggi incombe su di noi con le sue domande. Questo problema consiste nel fatto che tutta l'industrializzazione, nell'economia politica, lavora con un bilancio passivo - questa è la vera realtà.

L'economia politica deve essere regolata sul fatto di sapere questo: ogni industrializzazione, nella misura in cui si sviluppa sempre più attraverso i suoi mezzi di produzione, lavora, rispetto a ciò che è l'economia politica dell'umanità, con un bilancio deficitario. Nella misura in cui l'industrializzazione lavora con un bilancio deficitario, ciò che manca nell'economia politica umana deve essere sostituito da un'altra parte. Questo è il grande problema del presente, cioè, che ogni industrializzazione lavora con un bilancio deficitario, e che non abbia senso porre la domanda, da parte mia o di altri, sulla possibilità di bilanciare questo deficit, ma la vita stessa è continuamente chiamata a coprire il deficit dell'industrializzazione. E da cosa viene bilanciato questo deficit? Soltanto a partire dal terreno, carissimi ed egregi presenti, soltanto da ciò che il terreno produce. Nella nuova economia politica ci troviamo continuamente all'interno di questo processo di alternanza tra industria e produzione del suolo - che viene nascosto da processi secondari -, per cui il deficit dell'industria deve venire coperto, nel modo più ampio, dal surplus della produzione del suolo. Tutto ciò che è contenuto nella vita moderna quale questione del salario, del capitale, o del prezzo, deriva esclusivamente dal fatto che il surplus della produzione del suolo deve spostarsi per compensare il deficit dell'industria.

Questo, però, miei carissimi presenti, è collegato con qualcos'altro. È collegato con il fatto che, da una parte, tutto ciò che nell'uomo ha a che fare con il terreno, tende ad un certo atteggiamento conservatore. Questo fatto si può dimostrare in modo rigoroso, ma io oggi vi voglio accennare soltanto in maniera introduttiva. Se vi fosse solo il suolo con i suoi prodotti, dovremmo rimanere, in relazione alla cultura, più o meno ad uno stadio primitivo dell'umanità. Il progresso dell'umanità deriva dal fatto che l'industrializzazione, con la sua ampia divisione del lavoro, favorisce questo tipo di progresso. Con ciò, però, industrializzazione diventa, allo stesso tempo, nei più diversi campi, portatrice di progresso, dapprima del liberalismo, e poi del socialismo. Si trasferisce all'animo umano ciò che si è manifestato nel significativo, vorrei dire contabile, contrasto tra suolo e mezzi di produzione industriale. E mentre diversi principi umani si scontrano nella vita, questo scontro è intimamente connesso con ciò che gli sta alla base: i contrastanti interessi economici del suolo e dei mezzi di produzione industriale. Ma ancora in un altro modo si è acuito questo problema nel tempo presente. Non soltanto attraverso la contrapposizione in Parlamento tra liberali, socialisti e conservatori - che proviene semplicemente dal bilancio dagli aspetti attivi e passivi dell'intera economia -, non soltanto dal fatto che in tempi recenti l'elemento conservatore e quello progressista si sono insinuati nelle rappresentanze politiche dell'umanità, ma si sono insinuati anche interessi economici per cui, da una parte, tutto ciò che a che fare con il suolo opera a favore del mantenere la situazione quale essa è, e, dall'altra parte, tutto ciò che è connesso con l'industria opera nel senso di spingere per un progresso. E così, si è arrivati al punto in cui, da una parte, lo sviluppo spirituale dell'uomo, e, dall'altra, gli interessi economici umani, sono stati mischiati in modo caotico in tempi recenti nell'ordinamento del nostro Stato unitario.

Questo è il grande problema di fronte al quale ci troviamo oggi, un problema gigantesco, vorrei dire. Su questo problema si affannano le persone, sia a sinistra che a destra. Poiché il problema è così gigantesco, anche la sua comprensione è così difficile. Gli uomini oggi, da una parte, vogliono attenersi solo a quanto è immediato, e considerare solo questo come pratico, mentre il tempo ci pone di fronte al compito di trovare una qualche soluzione, in questa nuova fase evolutiva dell'umanità, al grande contrasto contabile tra i prodotti della terra e quelli industriali, con entrambi i quali l'umanità si nutre, si veste, e soddisfa altri bisogni. Tutto ciò che si è presentato in questa evoluzione è, vorrei dire, in ultima analisi, riconducibile, quasi numericamente, al risultato contabile addotto. Ma c'è bisogno davvero di buona volontà per entrare in relazione con la forza basilare della vita realmente pratica, se si vuole anche solo vedere il compito. Ci troviamo oggi nella situazione in cui dobbiamo riconoscere questo compito, in cui deve essere di nuovo separato nel modo giusto ciò che viene mescolato in modo caotico. Questo compito è quello che vuole porsi l'impulso per la tripartizione dell'organismo sociale, che vuole creare nel modo giusto un organismo sociale sano, facendolo poggiare sulle sue tre sane colonne portanti: quella culturale, quella del diritto, e quella economica. Questo problema si è originato semplicemente da ciò che è insito nell'evoluzione del tempo recente. E se anche gli uomini trovassero discutibili i risultati ai quali è pervenuto l'impulso per la tripartizione dell'organismo sociale, pure, se non si indagano questi tre campi della vita in modo tale che in futuro venga cercata per ognuno di loro una forma di organizzazione appropriata, non si potrà risolvere l'enorme problema di fronte al quale ci troviamo. Se non si fa questo, non ci si avvicina all'unica cosa che ci può condurre fuori dall'oppressione del caos e della confusione. Ho voluto esporre queste cose solo in modo introduttivo, per il semplice motivo che, da una parte, si deve comprendere come l'impulso per la tripartizione dell'organismo sociale si colleghi veramente al punto più alto di ciò che viene posto all'umanità come un grande, storico compito evolutivo, e perché, dall'altra parte, la risposta alla domanda potrà mostrare, a partire da una osservazione reale della vita, quanto già oggi si possa dire su ciò che, nel dettaglio, può scaturire praticamente dalle domande che sono state poste oggi.

Ora risponderò prima alle domande che mi sono state consegnate per iscritto.

Wilhelm von Blume: procediamo ora prima alla risposta alle domande che sono state poste per iscritto.

Rudolf Steiner: egregi presenti cercherò di dare una risposta non troppo lunga alle domande che mi sono state rivolte per iscritto, per il semplice motivo che credo che forse, più tardi, potrebbero venirmi poste molte altre domande da parte vostra, sia oralmente che per iscritto.

Il primo gruppo di domande a cui risponderò porta il titolo “Sulla tripartizione”.

Veniamo alla prima domanda.

In che modo singole persone, associazioni o imprese vengono suddivise secondo le tre diverse sfere organizzative? Singoli casi limite sono ad esempio gli editori di quotidiani, le istituzioni di salute pubblica, i teatri e le imprese cinematografiche.

Ora, carissimi convenuti, a partire da questa prima domanda tratterò in particolare il caso della stampa, perché proprio in relazione ad un fenomeno come quello della stampa si potrà riconoscere come, da una parte, effettivamente la tripartizione dell'organismo sociale possa condurre ad una totale trasformazione dei rapporti attuali, ma in un modo organico, e come, dall'altra parte, questo possa portare al fatto che l'unitarietà della vita non venga affatto disturbata. In fondo, riusciremo anche a mostrare che ciò che gli uomini dicono riguardo all'incomprensibilità dell'organismo sociale tripartito, poggia, in realtà, sul fatto che, sulla base dei vecchi modi di pensare non ci si vuole ancora confrontare, nel presente, con ciò che è effettivamente necessario. Ma ci si dovrà decidere ad adattarsi a questa necessità. Carissimi convenuti, nella stampa confluiscono insieme, in fondo, tutti e tre i campi di attività della vita umana. Nella stampa, da una parte abbiamo l'editore, colui che deve preoccuparsi che il giornale venga stampato, che venga distribuito nel modo giusto, e così via – e questo è un compito meramente economico. Dall'altra parte abbiamo coloro che scrivono gli articoli del giornale. Credo che oggi ormai molte persone, a partire le nostre strane condizioni di vita, arrivino a pensare che i giornali dovrebbero essere scritti diversamente da come spesso sono scritti. Perché, vedete, dalla scrittura dei giornali può scaturire qualcosa di salutare per l'umanità, soltanto se ciò che viene scritto proviene esclusivamente dagli interessi e dai bisogni della vita spirituale dell'umanità, e dai bisogni che scaturiscono dal fatto che la vita spirituale osserva anche i diversi altri ambiti della vita. Colui che scrive il giornale, e tutto ciò che appartiene al team di redazione, appartiene alla vita spirituale, e, poiché da entrambe le parti, sia per quanto riguarda la parte economica che quella spirituale dell'attività giornalistica, si ha a che fare con persone che, a loro volta, stanno in relazione, in quanto uomini, non soltanto con i loro abbonati, ma anche con un pubblico più vasto, allora, in questo ambito, si ha a che fare con dei rapporti che intessono da uomo a uomo, ossia rapporti di diritto. Ciò di cui si tratta, cari presenti, è il fatto che, proprio nel caso di una tale attività come quella della stampa, in futuro le sfere dell'economia, del diritto e dello spirito non si confondano l'una con l'altra a danno dell'umanità, altrimenti arriviamo, alla fine, al culmine del danno, a delle cose come quelle che accadono, ad esempio, nel presente. Recentemente c'è stato uno strano annuncio che si è diffuso nel mondo della stampa. C'era l'invito, specialmente al mondo della grande industria e a quello dei capitalisti, di unirsi per fondare un nuovo giornale. E, quindi, si fa pubblicità per un nuovo giornale che si rivolga soprattutto a capitalisti e a grandi industriali. Il compito di questo giornale deve essere quello di combattere con ogni mezzo culturale contro la socializzazione dei mezzi di produzione. Pertanto, cari convenuti, l'interesse dei capitalisti e dei grandi industriali deve essere quello di schiavizzare tutto ciò che può generare conoscenza nell'umanità, a partire dal giudizio che viene dall'impulso del mondo spirituale. Coloro che hanno un po' di esperienza nella vita sapranno come, proprio nella stampa, queste cose in tempi recenti siano confluite l'una nell'altra, e si siano sviluppate in un modo davvero grottesco nelle condizioni di vita del presente. In futuro si deve tendere a che l'editore del giornale, il tipografo, sia semplicemente un imprenditore a cui spetti di amministrare la parte economica dell'organismo sociale. Egli sarà inserito all'interno dell'organismo economico con tutto ciò che può sviluppare come interessi nell'ambito della sua attività di stampa. Il team di redazione non starà all'interno dell'organismo economico, ma apparterrà a tutti gli effetti alla sfera di autonomia amministrativa della vita spirituale - con gli altri ambiti della vita spirituale. Il team di redazione costituirà una unità con tutto ciò che è istruzione scolastica, arte, e simili altri ambiti della vita spirituale. Come un determinato editore di giornale arriverà ad un determinato redattore dipende dal contratto che può essere firmato tra l'editore e il redattore, mentre il redattore, poiché appartiene alla sfera di autonomia amministrativa dell'organismo spirituale, in relazione all'intera sua vita materiale sarà indipendente dalla gestione editoriale del giornale. Il redattore avrà soltanto l'interesse a poter svolgere la sua professione. Se non perseguisse questo suo interesse si ritroverebbe senza poter mangiare. Ma nel momento in cui gli riesce di concludere un contratto con una qualche amministrazione, egli non riceverebbe l'indennità per questa sua professione dagli interessi della suddetta amministrazione, ma dagli interessi della vita culturale che si amministra autonomamente. Se accadono delle cose per le quali l'una o l'altra parte del giornale viola la legge, questa violazione dovrà sottostare alle leggi dello Stato di diritto. Per un tale ramo produttivo si dovrà, quindi, tendere in futuro a che in esso si articolino le tre grosse sfere amministrative della vita culturale, giuridica, ed economica. Nei più vari rami della produzione non confluiranno quegli interessi che saranno amministrati dalle più diverse direzioni. E dalla collaborazione degli uomini scaturirà una situazione per la quale gli interessi che, in genere, quando vengono confusi gli uni con gli altri, e quando si fondono in modo caotico si possono solo danneggiare vicenda, invece, in quest'altro modo, si moralizzeranno, diverranno etici, e si sosterranno a vicenda. Colui che ha reale senso pratico si dirà: non c'è proprio alcun dubbio che si possa suddividere in modo realmente pratico una singola attività. E attraverso una tale suddivisione dell'intero organismo sociale che penetra fino ai singoli rapporti avremo poi il risanamento dell'intera vita sociale. Soltanto che oggi gli uomini non sono ancora abituati a pensare a ciò che può portare ad un tale risanamento. E non sono ancora abituati a pensarlo perché dovrebbero lasciare andare qualcosa che ritengono essere quasi indispensabile, sulla base di determinate vecchie abitudini di vita. Per indispensabile si osserva oggi che colui che si assume il rischio economico di pubblicare un giornale rende suo autore anche colui che è impiegato nel giornale e fa parte del team di redazione. Questo in futuro non potrà più farlo. A partire da ciò, si originerà una eccezionale indipendenza di chi scrive nei confronti degli interessi economici dell'editore del giornale, e proprio in questo campo si genererà un risanamento del quale noi abbiamo veramente bisogno, e del quale dobbiamo ammettere che ne abbiamo bisogno se vogliamo arrivare a sviluppare le condizioni di vita di un sano organismo sociale.

La seconda domanda che mi è stata posta per iscritto è la seguente:

Si conserverà l'amministrazione comunale con le sue attività che trasgrediscono la tripartizione nel campo delle tre organizzazioni – ad esempio, nella scuola, nell'azienda di produzione del gas, e nel campo giuridico?

Ora, miei cari convenuti, qui non si tratta del fatto che oggi, in questa fase di transizione – nella quale non siamo neanche entrati veramente, ma nella quale, per ora, ancora aspiriamo ad entrare -, certamente si parli della grandezza dei singoli campi culturali politici o economici, della quale ho parlato nell'ultima conferenza. In relazione alla struttura esteriore della vita sociale, nel caso di una reale socializzazione dell'intera vita umana, non c'è affatto bisogno che cambi poi tanto. Ciò che ho appena illustrato per una singola attività potrà essere realizzato altrettanto bene da uno Stato, un regno, o da una amministrazione comunale. Scuole, azienda del gas e lavoro giuridico avranno i loro diversi aspetti, in parte per quanto riguarda la vita giuridica, e in parte per quanto riguarda la vita economica - nel caso delle scuole anche per quanto riguarda la sfera spirituale -, e opererà in ciascuna singola impresa, sia essa di tipo spirituale o di tipo più o meno puramente materiale o economico, quello che si origina dalle tre organizzazioni e dalle loro amministrazioni.

Terza domanda:

Chi decide chi debba appartenere di volta in volta ad uno dei tre organismi?

Questa domanda, cari convenuti, scaturisce, in realtà, perdonatemi la durezza, da un certo pregiudizio in base al quale tutto deve accadere perché c'è un'autorità che lo vuole. In ciò a cui aspiriamo quale sano organismo sociale per il futuro, l'appartenenza di un ambito ad una determinata organizzazione scaturisce dalla cosa stessa. Abbiamo appena visto, nel discutere il caso della stampa, come quest'appartenenza sia scaturita dal tipo stesso di attività. Da quest'appartenenza si originerà una risposta molto più ampia di quanto si pensi. E una domanda come questa dovrà essere riconosciuta come una domanda che scaturisce in realtà dall'atmosfera di obbedienza all'autorità del presente, e non da un contesto veramente oggettivo.

Quarta domanda:

Accanto o al di sopra delle rappresentanze speciali dei tre membri è previsto anche un Parlamento (per i singoli Stati? Per l'impero?) che sia eleggibile, o che sia formato dalle loro massime cariche?

Ora, cari convenuti, dobbiamo anzitutto tener presente che, naturalmente, come ho esposto anche nel mio libro sulla questione sociale, ciò che è amministrazione o rappresentanza dei singoli tre membri dell'organismo sociale deve, in un qualche modo, coordinarsi con gli altri membri, e che debba avvenire un loro reciproco scambio attraverso le persone.

Ma, anche in relazione a ciò, oggi si pensa spesso in modo sin troppo schematico. Così, ad esempio, in un lungo scritto che mi è stato recapitato in questi giorni - non è il caso di questa domanda -, viene esposto come la tripartizione renda in realtà necessari tre diversi parlamenti: un parlamento della cultura, un parlamento dello Stato, e un parlamento dell'economia.

Ora, però, io sono dell'opinione che se fossero concepiti in modo tanto schematico tre parlamenti con tre ministeri l'uno accanto all'altro, potrebbe derivarne soltanto la conseguenza che tutti e tre si debbano sabotare a vicenda. Questo è proprio ciò che risulta da una reale conoscenza dei rapporti concreti, per cui un sistema parlamentare - e soltanto un sistema parlamentare democratico è un parlamentarismo reale -, può fondarsi soltanto su ciò che può essere stabilito tra uomo e uomo, per il fatto che l'uomo è una persona adulta e maggiorenne. Ogni persona adulta e maggiorenne deve poter prendere parte alla vita democratica parlamentare. Perché su ciò che è una persona normale, sana, adulta e maggiorenne, su ciò che questa persona può sapere, pensare, sentire e volere, su tutto questo può fondarsi ciò che nella vita giuridica giunge ad una risoluzione. Ma in questa vita giuridica si è mischiata la vita economica, che non poggia unicamente sulle sensazioni e sui pensieri della persona adulta e maggiorenne, ma poggia, per prima cosa, sull'esperienza economica che si può acquisire soltanto in un singolo campo concreto, e, in secondo luogo, sui fondamenti concreti, vorrei dire sul credito, nel senso più ampio - e non intendo qui il credito sotto forma di denaro, bensì il credito nel senso più ampio possibile, il credito che viene creato in un gruppo di persone per il fatto che questo gruppo si trova all'interno di un determinato ramo produttivo. Poiché nella vita economica tutto si deve sviluppare dall'esperienza reale, da una base amministrativa reale del singolo concreto ramo produttivo, ciò che nella vita economica è presente sotto forma di organizzazione può svilupparsi a sua volta soltanto su una tale base, cioè, nella vita economica un'amministrazione appropriata si può sviluppare soltanto dall'esperienza economica e dai fatti economici, e da basi economiche, e, allora, non vi sarà alcuna rappresentanza parlamentare al vertice di tutto ciò, ma vi sarà una struttura di associazioni, coalizioni, cooperative, formate dalle categorie professionali, dalle strutture di produzione e consumo, e così via, che si possono auto-organizzare e auto-amministrare. E questa struttura condurrà anche ad un certo vertice - vorrei dire ad un consiglio centrale. Ma questa non potrà essere la stessa struttura che si esprime in ciò che, quale terreno di diritto, deve essere suddiviso in maniera autonoma. Per questo, naturalmente, proprio ciò che deve, a sua volta, agire nella vita economica quale diritto, potrà farlo nel modo giusto, proprio per il fatto che può originarsi ora in modo puro, senza essere contaminato da interessi economici, sul terreno del diritto, a partire dalla comunità di tutte le persone maggiorenni. Tanto poco quanto la vita economica può essere amministrata in un modo schematico e parlamentaristico, altrettanto poco può essere amministrata in questo modo la vita spirituale e culturale, che, a sua volta, deve sviluppare un'organizzazione che si fondi sulle sue proprie leggi, a partire dalle sue speciali condizioni; un'organizzazione che sarà del tutto diversa da quella della vita economica.

Ciò che nella vita culturale si manifesta come il massimo vertice, potrà ordinare le faccende comuni insieme a tutto ciò che sta nel mezzo, sul terreno del diritto, con tutto ciò che viene amministrato in maniera parlamentare e ministeriale, e con ciò che si manifesta nella vita economica, con una sorta di consiglio centrale. So che ci sono moltissime persone che non si possono immaginare una cosa simile; ma nella prassi sarà più facile, e, soprattutto, più fruttuosa di tutto ciò che oggi, invece, abbiamo.

La seconda serie di domande porta il titolo “sulla vita economica”. Prima questione:

Che cosa accade alle proprietà patrimoniali dei benestanti, soprattutto alle proprietà terriere agricole e ai fondi urbani?

La questione è esposta chiaramente nel mio libro sulla questione sociale. Ciò che ci ha condotti nelle singole crisi della vita economica e, ora, nella grande crisi che ci troviamo a vivere - perché tale è la catastrofe mondiale presente -, è quella struttura della vita economica moderna che ho cercato di porre in risalto nel mio libro “I punti essenziali della questione sociale”. In questo libro viene spiegato come, nel futuro, da una parte i mezzi di produzione legati alla terra, e dall'altra i mezzi di produzione industriale, dovranno essere visti in modo diverso. I mezzi di produzione industriale possono succhiare capitale dal corpo dell'economia solo fino al momento in cui sono pronti. Per dirla con altre parole, i mezzi di produzione industriale possono costare qualcosa soltanto per tutto il tempo che si lavora su di loro per renderli pronti ad essere usati; a quel punto essi devono entrare nel processo di circolazione dei mezzi di produzione; e allora dovranno essere assolutamente ciò che è patrimonio comune. Il terreno, però, che non viene fabbricato da nessuno, ma che esiste di per sé, non potrà mai avere un costo.

Vedete, cari convenuti, se si pensa in modo sano, questo risulta in un certo senso già oggi, ma, appunto, soltanto in singoli casi nei quali si pensa in modo sanamente economico.

In qualità di università di scienza dello spirito a Dornach, abbiamo costruito un edificio che non è ancora pronto, il cui completamento è stato ritardato dalla catastrofe della guerra mondiale. Lo abbiamo costruito, naturalmente, a partire dalle condizioni economiche presenti, ma, nel caso di questo edificio, possiamo porci la domanda seguente: quando saremo tutti morti un giorno, quando noi tutti non ci saremo più, quando l'edificio sarà pronto, a chi apparterrà allora questo edificio, chi potrà venderlo a qualcun altro? Questa domanda, nel caso del nostro edificio, porta già in sé la sua risposta. Non apparterrà a nessuno; questo edificio appartiene naturalmente alla collettività. Perché esso è stato costruito a partire dalla sana base per la quale esso in futuro potrà passare, quale bene comune dell'intera umanità, nelle mani di colui che, a sua volta, potrà amministrarlo. Basta che si sia pensato in modo pratico ad una tale questione. Nella presente forma economica ci si può solo avvicinare a questo, ma si vedrà ciò che nel mio libro “I punti essenziali della questione sociale” è stato scritto su questo, che, cioè, ogni rapporto di compravendita, nel caso di un mezzo di produzione, finisce quando questo è pronto, e questo mezzo di produzione, che poi non è più acquistabile, passa appunto in altre forme nell'amministrazione della società. E si vedrà che in ciò vi è qualcosa di pratico nel senso più ampio della parola.

La seconda domanda:

Come si possono organizzare il piccolo artigiano e la piccola impresa artigiana?

Non si devono organizzare in modo diverso dalla grande industria e dalla grande impresa artigiana, per il semplice motivo che, a partire dalle stesse leggi della vita economica - da quelle leggi che ho esposto recentemente nella mia conferenza -, risulta che un'industria troppo grande o un'impresa troppo grande danneggiano e fanno morire di fame coloro che ne sono fuori, e che un'industria troppo piccola, un'impresa troppo piccola, danneggiano coloro che sono al suo interno. Sulla base delle condizioni economiche future si aspirerà in modo naturale alla grandezza di un'impresa.

Terza domanda:

Deve finire il commercio, soprattutto il commercio all'ingrosso per quanto riguarda import ed export?

Sarebbe naturalmente una totale assurdità, se il commercio all'ingrosso finisse. Chi pensa a fondo con senso pratico ciò che sta scritto nel mio libro “I punti essenziali della questione sociale”, capirà che i reali rapporti ai confini dei campi economico, giuridico e culturale, non cambiano affatto. Neanche l'iniziativa dei singoli, che è ovviamente necessaria verso l'esterno, diventa diversa. Ciò che viene cambiato sono solo le condizioni sociali all'interno. Vengono cambiate assolutamente soltanto cose che non hanno nulla a che fare con ciò che si trova sui confini, tranne il fatto che le cose che fino ad oggi su questi confini hanno agito in un modo così fastidioso, e si sono estrinsecate nelle terribili esplosioni della guerra, si armonizzeranno a vicenda. Per il fatto che le condizioni economiche sui confini operano in modo da ristabilire l'equilibrio rispetto alle relazioni di diritto internazionale, e ai rapporti culturali internazionali - ad esempio, anche sui confini linguistici -, attraverso questo fatto la tripartizione sociale avrà la sua grande importanza proprio in ambito internazionale, come ho esposto nel mio libro.

E allora non si potrà più soltanto mischiare in modo confuso nell'import e nell'export ciò che si sviluppa, da una parte dalla sfera economica, dall'altra da quella giuridica, o da quella culturale, alla quale appartiene anche quella nazionale. L'assurdità dell'economia nazionale, tuttavia, finirà, per il semplice motivo che, oltre i confini nazionali, per l'export e l'import saranno determinanti soltanto condizioni economiche, e perché non vi sarà più la possibilità che tali conflitti mondiali possano scoppiare attraverso il confondersi caotico di interessi economici e politici. In un tale groviglio caotico di questioni politiche, culturali ed economiche, quali quelle emerse ad esempio nella questione del Sangiaccato, oppure in quella dei Dardanelli, nel sud-est del continente europeo, o nel problema della ferrovia di Baghdad, si trova una gran parte di ciò che poi ha condotto alla presente catastrofe della guerra mondiale.

Quarta domanda:

Per quanto riguarda il salario, subentra l'economia naturale al posto della circolazione di denaro?

Il fatto che il concetto di salario in futuro non avrà più alcun senso, poiché subentrerà una sorta di socializzazione tra l'operaio e l'impiegato, l'ho scritto nel mio libro, e l'ho esposto anche in varie conferenze. In realtà, un ritorno ad una mera economia naturale è da escludersi. Ma il denaro acquisirà, dapprima, almeno per quanto riguarda la circolazione interna ad un paese, un significato diverso - anche se lo Stato commerciale leader dell'Inghilterra vorrà mantenersi collegato alla valuta aurea.

Ciò che oggi è attaccato al denaro - il fatto che sia merce -, verrà a cadere. Ciò che sarà proprio della natura del denaro, sarà soltanto una sorta di contabilità mutante, attraverso lo scambio di merci delle persone che appartengono al campo economico. Ciò che si avrà come denaro, sarà una sorta di nota di credito. E avrà luogo una detrazione da questo credito, ogni qualvolta si ottenga qualcosa per colmare un proprio bisogno. Il denaro diventerà una sorta di contabilità in divenire. Il denaro che oggi è merce, il cui controvalore, che è l'oro, è soltanto una merce virtuale, in futuro non sarà più merce.

Quinta domanda:

Si è prevista la possibilità dell'obbligo lavorativo?

Ora, cari convenuti, chi penetra nello spirito del mio libro “I punti essenziali della questione sociale”, vedrà che, ciò che veramente ad ogni persona che pensi, in una certa misura, in modo umano apparirà – lo dico ora senza mezzi termini – come la cosa più orribile, ossia, un obbligo lavorativo regolato burocraticamente, in futuro, in un organismo sociale tripartito, potrà cadere del tutto. Naturalmente, ognuno di noi è costretto a lavorare a causa delle condizioni sociali, e l'unica scelta che si ha è tra il lavorare e il morire di fame. Un altro tipo di obbligo lavorativo, rispetto a quello che risulta in tal modo dalle condizioni sociali, non può esistere in un ordine sociale nel quale la libertà dell'essere umano è una condizione essenziale.

Sesta domanda:

Si è pianificata l'abolizione di ogni diritto ereditario?

Il diritto ereditario, nella misura in cui ne rimangono delle parti, potrà tutt'al più poggiare sul fatto che in un periodo di transizione si debba tenere conto in qualche modo di rapporti di rispetto e simili. Ma di un diritto ereditario, nel senso in cui si è da sempre concepito, in futuro non si potrà più parlare, per il semplice motivo che, da una parte, non potrà più essere possibile che qualcosa che, in realtà, non possa essere venduto o acquistato, possa ancora avere un valore per qualcuno. Dall'altra parte, non si avrà più bisogno di un diritto ereditario, poiché, in base alle istituzioni di un sano organismo sociale, le persone beneficeranno coloro che appartengono alla loro famiglia in futuro in maniera del tutto diversa da come accade oggi sulla base di un diritto ereditario puramente materiale – ne ho parlato nel mio libro.

Il terzo gruppo di domande porta il titolo: “Per una fattibilità pratica”.

Prima domanda:

Attraverso la casualità del talento personale (spesso non di contenuto reale, ma di capacità personali come agilità, abilità oratoria e simili) non viene forse costituito un ceto superiore per il quale vi sia pericolo di abuso del potere che è stato ad esso affidato, o di corruzione, e nei confronti del quale continuino a sussistere sentimenti di invidia e gelosia da parte del ceto inferiore?

Ora, cari convenuti, non potrà mai contribuire in alcun modo ad una fruttuosa organizzazione dell'organismo sociale colui che rifiuta una tale organizzazione, se questa non corrisponde ad un ideale di assoluta perfezione. Il più grande nemico di tutti gli impulsi sociali è la pretesa di fondare in qualche modo la felicità dell'umanità attraverso questi stessi impulsi sociali. Vorrei a questo proposito fare un paragone. Vedete, cari convenuti, prendiamo ad esempio l'organismo umano, e supponiamo che sia un cosiddetto organismo sano. Questo fatto uno non lo sente affatto, e, proprio perché una persona non sente nulla nel proprio organismo, quell'organismo è sano. Gioia, armonia, cultura interiore dell'anima dovranno scaturire anzitutto sulla base di un tale sano organismo. Non potrete aspettarvi da un medico che egli vi dia, oltre alla salute, anche gioia e cultura dell'anima, ma potrete aspettarvi da lui unicamente che renda il vostro organismo sano. Solo sulla base di un sano organismo, poi, si dovrà sviluppare ciò che è cultura interiore dell'anima. Se, però, l'organismo è malato, allora anche l'anima parteciperà a quella malattia, e allora la vostra vita interiore sarà dipendente da questa malattia. La stessa cosa vale per l'organismo sociale. L'organismo sociale malato rende le persone infelici; l'organismo sociale sano, però, non può ancora rendere le persone felici, ma, se l'organismo sociale è sano, allora si è solo creato il terreno adatto affinché poi la felicità delle persone possa svilupparsi. Pertanto, l'impulso per la tripartizione dell'organismo sociale è quello di cercare le condizioni di vita di un sano organismo sociale. Naturalmente anche in quel caso potranno svilupparsi episodi di corruzione – questo non si può mettere in dubbio -, soltanto che questi episodi di corruzione potranno essere, a loro volta, corretti attraverso delle contromisure, e la più grande possibilità di correggere tali episodi, quando si presentano, risiede appunto nello stato di salute dell'organismo sociale stesso. Sono assolutamente e fermamente convinto che, quando l'organismo sociale è sano, le persone cacceranno via i chiacchieroni di professione insieme alla loro capacità oratoria; costoro non troveranno molto consenso. Attualmente questo non è ancora il caso, sulla base delle nostre condizioni sociali. Soprattutto laddove la vita spirituale dovrebbe prosperare, a volte accade che, di fronte al chiacchierone professionista di turno, titolare di una cattedra, gli ascoltatori possano darsela a gambe, ma dovranno pur sempre pagare la loro retta universitaria, e, eventualmente, potranno anche dare i loro esami.

E la chiacchiera professionista, con la sua corruzione, non ha, in realtà, un particolare effetto sulla vita reale esteriore, sulle condizioni dell'organismo sociale. Cose di questo genere verranno naturalmente a cadere, in futuro, quando l'essere umano si comporterà in modo tale che, per la sua vita spirituale, vorrà costruire sulla base del fatto che saprà conquistarsi la fiducia dei suoi simili, e che, ad esempio, questa fiducia dei suoi simili sarà l'unica base su cui poggerà ciò che lui potrà fare per gli altri.

Seconda domanda – l'ultima di questo gruppo di domande:

Quali indizi vi sono a favore del fatto che il comunismo, che non aspira alla parità di diritti tra proletariato e borghesia, ma al dominio del proletariato, e che è dell'opinione che la borghesia non rinuncerà in modo volontario alla sua posizione attuale, quali indizi vi sono che esso possa rinunciare al suo programma di potere a favore della tripartizione, e che in un venire incontro alla classe abbiente non veda soltanto una rata di pagamento parziale?

A questa domanda non si può rispondere in modo diretto a partire dalla struttura dell'organismo sociale tripartito, ma si deve dire che la frattura che è venuta a crearsi tra il proletariato, da una parte, e il non proletariato, dall'altra, è sorta essenzialmente per colpa delle cerchie dominanti, dei non proletari, e che il prossimo compito di queste cerchie dominanti consisterebbe nel comprendere veramente le richieste del proletariato, nell'accoglierle; poiché il proletariato avrà bisogno soprattutto di ciò che è la forza di coloro che lavorano con lo spirito. Non si dovrebbe vedere un pericolo in una qualsiasi richiesta impossibile dell'una o dell'altra parte, ma esclusivamente nella mancanza di buona volontà a voler gettare un qualche ponte sull'abisso che le divide. Vi sono soltanto un paio di altre domande scritte a cui rispondere; ad esempio la domanda seguente:

Nell'organismo sociale tripartito la forza lavoro umana perderà il carattere di merce. Un salario come lo abbiamo conosciuto fino ad ora non esisterà più. Ai lavoratori di una fabbrica andrà una parte del profitto totale dell'impresa in cui lavorano, che sarà da concordare per contratto; un'altra parte spetterà agli impiegati e al direttore dell'impresa.In che modo si provvederà affinché al lavoratore venga assicurato una sorta di reddito minimo di sussistenza, ad esempio nel caso in cui una singola fabbrica potesse fatturare solo un utile scarso?

Questa questione è trattata nel mio libro, e qui devo solo notare che la questione diventa un problema economico nel senso più stretto, soltanto quando esistono veramente i tre membri del sano organismo sociale, e che, attraverso la socializzazione della vita economica sorgerà una grande e importante questione pratica per quelle amministrazioni che saranno attive all'interno del tessuto economico. Essenzialmente, vorrei dire, la questione si riduce alla seguente: ciò che oggi viene chiamato reddito minimo di sussistenza, è ancora e sempre pensato in relazione al salario. Questo modo di pensare non potrà verificarsi allo stesso modo nella vita economica indipendente, nella quale la questione dovrà essere posta esclusivamente a partire dalla vita economica. La questione verrà allora posta in modo tale che l'uomo, nel momento in cui fornisce una qualsiasi prestazione, o produce una qualsiasi cosa, avrà diritto a ricevere, in cambio di questa sua prestazione, un corrispettivo, sotto forma di prestazioni da parte di altre persone, di un valore pari a ciò di cui egli ha bisogno per soddisfare le sue necessità, e quelle di coloro che dipendono da lui, fino a quando non avrà prodotto un nuovo prodotto, dello stesso tipo. A questo proposito bisogna tener conto soltanto di tutto ciò che l'uomo deve espletare come lavoro e cose simili per la sua famiglia. Allora si troverà una certa cellula originaria, vorrei chiamarla così, della vita economica. E ciò che questa cellula originaria della vita economica produrrà per soddisfare i bisogni dell'uomo fino a quando egli non produca un nuovo simile prodotto, vale per tutti i rami della vita spirituale e materiale. Questo dovrà essere organizzato in modo tale che le associazioni, le coalizioni, le cooperative del tipo che ho descritto prima, dovranno cercare di far sì che questa cellula originaria della vita economica possa sussistere. Questo significa che un qualsiasi prodotto, confrontato con altri, avrà il valore che corrisponde agli altri prodotti di cui si ha bisogno per soddisfare i bisogni fino alla produzione di un nuovo simile prodotto. Il fatto che questa cellula originaria della vita economica oggi ancora non esista dipende proprio dal fatto che nell'offerta e nella domanda dell'odierno mercato confluiscono lavoro, merce, e diritto, e che questi tre ambiti in futuro dovranno essere separati nell'organismo sociale sano e tripartito.

Poi c'è stata la domanda seguente:

Come si immagina il dottor Steiner un futuro migliore per quanto riguarda la situazione degli insegnanti di scuola privata, e di simili altre professioni, le cui entrate necessarie per vivere ora dipendono dal numero di ore di lavoro che loro riescono a prestare personalmente? Come sarà possibile togliere anche a questo tipo di forza lavoro il carattere di merce?

Ora, questo avverrà in modo del tutto naturale, perché chiunque sia attivo come insegnante nell'ambito della vita spirituale, quando non sarà più prigioniero della macchina statale, sarà posto più o meno in libertà, ma allora in modo sano, come ogni attività di carattere spirituale nell'organismo sociale tripartito. Questo è ciò che si può dire in risposta ad una tale domanda. Semplicemente, le persone di cui qui si parla, saranno equiparate a coloro che oggi hanno il monopolio, per il fatto che sono mescolate, nella sfera culturale-spirituale, nella loro posizione, con relazioni di tipo esclusivamente statale.

Credo che ora smetterò un attimo di rispondere alle domande scritte, per non pregiudicare le domande che potrebbero ancora venire dagli egregi signori e signore qui presenti. Le domande alle quali ho risposto per prime mi erano state poste già da un po' di tempo, e ho voluto trattarle oggi, perché credo che potrebbero interessare una più ampia cerchia di persone. Se oggi non facessi in tempo a rispondere a tutte le domande presenti, potrò farlo anche in un'altra occasione. Pertanto, credo che sia bene se ora lasciamo che i presenti facciano le loro domande.

Whilelm von Blume: prego gli egregi signori e signore presenti, se hanno delle domande da fare, di farlo ora, mettendole per iscritto e consegnandomele qui. Sarà anche permesso fare domande a voce, ma in quel caso vi prego di venire a farle da qui, così che noi tutti possiamo ascoltarle.

Forse, nel frattempo, posso aggiungere qualche parola alla risposta del dottor Steiner ad una precedente domanda, perché io stesso occasionalmente mi sono posto questa domanda, e pertanto ho capito bene perché è stata posta. Mi riferisco alla domanda sulla posizione che avranno i comuni nel futuro organismo sociale tripartito. Forse colui che ha posto la domanda vorrebbe sapere ancora qualcosa di più preciso su come sarà la situazione dei comuni nella tripartizione dell'organismo sociale. La domanda era la seguente: che succederà alle scuole dei comuni, cosa succederà ai gasdotti, etc.? Dietro questa domanda ce n'è un'altra: cosa sarà in futuro del comune, se, come senza dubbio è il caso, l'azienda di distribuzione del gas dovrà essere introdotta, in quanto istituzione della vita economica, nell'ambito dell'organizzazione generale della vita economica, e, dunque, non sarà più uno speciale ente comunale? Il signore che ha posto la domanda non ha menzionato qualcos'altro che, però, è almeno altrettanto importante, ossia, la questione della fornitura di appartamenti. Chi dovrà occuparsi in futuro della costruzione di appartamenti? La costruzione di appartamenti è, per così dire, un processo economico, poiché si tratta di “produzione”. E sul fatto che la cessione di appartamenti in usufrutto vada vista, a sua volta, come processo economico, non può esservi alcun dubbio. Questa situazione dovrà essere gestita in futuro attraverso l'organizzazione speciale della vita economica. Si potrebbe dunque pensare che il comune perde allora tutti, o quasi tutti, i compiti che ha avuto fino ad ora – e che cosa diventerà allora il comune? E, tuttavia, il comune continua ad esistere, e avrà anche in futuro un ruolo straordinariamente importante, proprio come anche lo Stato continuerà ad esistere e ad avere compiti in futuro. Il fatto che il passaggio della produzione del gas da semplice amministrazione comunale ad una gestione economica speciale abbia anch'essa i suoi lati molto positivi, credo che ognuno potrà sentirlo subito, se si riflette sul fatto che il prezzo del gas, che oggi è chiesto dal comune, non viene fissato facendo in modo che quante più persone possibile possano avere il gas al prezzo che corrisponde ai costi di produzione, ma in modo tale che sia un istituto di acquisizione comunale, e che, attraverso il profitto che ne consegue, le finanze del comune vengano sostenute. La stessa cosa accade per quanto riguarda la produzione di elettricità, la rete tranviaria, e così via. Ciò significa, dunque, che questi enti, che, in realtà, devono perseguire ben determinati obiettivi economici, devono servire anche a raggiungere obiettivi finanziari del comune, e, cioè, abbastanza spesso in modo tale che il reale scopo dell'approvvigionamento dei cittadini per quanto riguarda questi beni oltremodo importanti, venga pregiudicato in modo pesantissimo. Pertanto, è comunque un vantaggio se il comune in futuro non potrà più utilizzare questi enti per i propri obiettivi finanziari, ma se questi verranno usati soltanto per scopi puramente economici. Ma il comune rimane l'organo di diritto e amministrazione globale subordinato allo Stato, ossia, in special modo il servizio di polizia, e della cosiddetta assistenza sociale – assistenza sociale nella misura in cui si riferisce al mantenimento della forza dei singoli individui. Questo sarà il compito del comune, e in quell'ambito esso avrà il suo compito più importante, come già oggi. Il comune è stato, in realtà, creato soltanto per amministrare, perché nessun altro poteva assumersi questo compito nel modo giusto, ed è una fortuna, io credo, per una sana vita comunale, che in futuro l'aspetto meramente economico non sia più di competenza del comune. È una fortuna che in futuro l'amministrazione del comune non sarà più organizzata in modo tale che gli interessi egoistici debbano dominare, ma che sarà organizzata, invece, in modo tale che, effettivamente, ogni singolo cittadino abbia ciò che gli spetta.

Per quanto riguarda la vita spirituale, dall'altra parte, dovrà valere, rispetto al comune, anche quello che in generale vale per lo sciogliersi dell'ambito della vita culturale-spirituale dall'influenza dello Stato. È chiaro che oggi i comuni in questo campo hanno fatto moltissimo di buono, ma gli svantaggi dell'ingerenza di interessi economici – specialmente nel campo della cultura, che si mostrano continuamente -, questi svantaggi si possono avvertire abbastanza chiaramente nell'ambito della vita comunale. Ma, nonostante questo, rimane per il comune ancora il vastissimo ambito che ha avuto anche prima, prima che prendesse sotto il suo controllo tali enti comunali. Pertanto, il timore che il comune diventasse del tutto superfluo, è ingiustificato proprio quanto lo è l'altro timore, che lo Stato stesso, in realtà, diventi superfluo attraverso questa tripartizione. Non è così.

Altre domande non sono venute fino ad ora dall'assemblea, per cui il dottor Steiner proseguirà con la risposta alle domande scritte.

C'è ora quest'altra domanda:

L'ordinamento economico steineriano dovrà sottomettersi, a grandi linee, ad una determinata politica di governo, ad esempio quella del principio di nazionalità, di un ordinamento mondiale militarista o pacifista. Sarà diverso il peso che avrà l'economia secondo questi principi guida, a prescindere dalla situazione economica attuale, aggravata dai debiti e dai risarcimenti di guerra? Una politica nazionalista improntata al vecchio modo di pensare non porterà, ad esempio, ad una ulteriore pressione soprattutto sulla sfera economica, con l'affossamento del benessere generale?

Ora, carissimi presenti, questa domanda è nata da una comprensione ancora incompleta di ciò che è, in realtà, l'essenza dell'organismo sociale tripartito. Vedete, i danni dello Stato unitario nascono proprio dal fatto che interessi economici si mescolino nella vita giuridica, e dunque, nel senso più ampio, nella politica, e dal fatto che, ad esempio, i contadini costituiscano una federazione, e in quanto “Federazione dei contadini” si facciano sentire nel parlamento dello Stato, e vi esercitino un'influenza sulla vita giuridica, a partire dai loro interessi. Oppure, d'altra parte, possono nascere dei danni quando una corporazione che persegua interessi esclusivamente spirituali - come ad esempio il partito di centro, organizzato in senso cattolico, si insedia a sua volta nel parlamento dello Stato, e lì tratta gli interessi giuridici come interessi spirituali trasformati. Ora vi direte: bene, in futuro vi saranno i tre membri, ognuno separato dall'altro: l'organismo spirituale, che si amministra interamente in modo autonomo a partire da principi spirituali; l'organismo giuridico, che costituirà il proseguimento dell'odierno organismo statale, ma che non avrà più in sé la vita spirituale e quella economica, bensì soltanto la vita giuridica e quella politica; e l'organismo economico, la circolazione della vita economica.

Ma, mi direte, questi tre ambiti hanno certamente determinate cose, determinati interessi, in comune tra di loro, e sono tutti e tre collegati tra loro attraverso l'essere umano stesso; il singolo individuo si trova, infatti, immerso in una qualche impresa, nella quale le tre sfere d'azione giocano il loro ruolo, ognuna in modo indipendente dalle altre. E a questo punto vi chiederete: ma non potrebbe, allora, anche in futuro un qualche gruppo o una qualche federazione esercitare pressione sul parlamento per quanto riguarda il terreno del diritto, facendo valere interessi economici sul piano del diritto e facendo pressione in sede parlamentare per difendere questi interessi, come fa, ad esempio, nello Stato unitario, la federazione dei contadini, che vuole trasformare in legge i suoi interessi economici, oppure il partito di centro, che, in coalizione con altri partiti, vuole fare leggi a partire dai suoi interessi religiosi e confessionali, e, dunque, dalla sua vita spirituale?

Ora, carissimi presenti, l'essenza dell'organismo sociale tripartito, che oggi viene riconosciuto ancora così poco, consiste nel fatto che, sul piano dell'economia di prendano misure esclusivamente economiche, e non misure giuridiche, o misure che hanno a che fare con lo sviluppo di facoltà umane, che sono di pertinenza della vita spirituale e culturale. Sul terreno della vita giuridica si dovranno sviluppare assolutamente ed esclusivamente questioni di carattere giuridico. Supponiamo ora che vi sia un gruppo che abbia interessi economici in ambito parlamentare legislativo, nel parlamento dello Stato: esso non potrebbe mai prendere misure che in qualche modo avessero un'influenza sul piano della vita economica, poiché nel ramo legislativo del parlamento verrebbero trattate esclusivamente questioni di tipo giuridico, che si riferiscono all'uguaglianza di tutti gli uomini di fronte alla legge. Pertanto, tali misure non potrebbero mai essere concepite a partire dalla vita economica. La vita economica non riguarda in nessuno modo l'ambito giuridico del parlamento. É impossibile ad ognuno, anche se si arrivasse nel ramo giuridico del parlamento con una grande quantità di interessi economici, farli valere in quella sede, poiché sul terreno della vita giuridica non può accadere nulla che abbia un carattere economico – questo può accadere esclusivamente sul terreno della vita economica. Proprio questo è il motivo per il quale non sono le persone ad essere divise in classi, ma è l'organismo sociale stesso che viene diviso – a prescindere dalle persone. Pertanto, ciò che attualmente è lo Stato unitario, si divide in tre ambiti, e nessuno dei tre ambiti potrà fare valere i propri interessi negli altri ambiti, perché il far valere degli interessi estranei a ciascun ambito non avrà alcun effetto su quell'ambito. Proprio in questa coerente delimitazione dei diversi ambiti consisterà l'elemento salutare per l'organismo sociale in futuro; essa è anche il motivo per il quale questo organismo sociale tripartito è una necessità sociale.

Credo che la maggioranza di coloro che già attualmente si sono familiarizzati con l'impulso dell'organismo sociale tripartito, guardano ciò che con esso si vuole perseguire, ancora troppo come qualcosa di meramente escogitato da un pensiero astratto, come qualcosa che sta al di fuori della prassi, come qualcosa riguardo a cui un ennesimo teorico abbia riflettuto e sia giunto alla conclusione seguente: lo Stato unitario è stato un disastro, allora dividiamolo in tre. No. Non si tratta di questo. Ma è la conoscenza della vita reale, delle reali necessità di vita, ciò da cui nasce, come conseguenza, l'organismo sociale tripartito. Oggi si sente così spesso dire in giro: - ma cosa vuole quello? Non lo capiamo -. Non si capisce cosa si vuole, in realtà, con questo impulso dell'organismo sociale tripartito. A proposito di questo, oggi moltissimi dicono: non lo capiamo. Da dove si origina questo impulso? Vedete, questo impulso si origina a sua volta da qualcosa che, proprio attraverso l'organismo sociale tripartito, dovrà essere diverso, e diventare, appunto, migliore. Oggi manca nelle persone, quando devono giudicare qualcosa, soprattutto il collegamento con la vita. Se oggi si parla a partire da una teoria, da un qualcosa che si può spiegare con un paio di principi generali, che, in fondo, sono comprensibili per ogni persona normale che sia diventata maggiorenne, allora le persone lo capiscono. Se, però, oggi si parla di qualcosa che non si può capire in questo modo, ma per capire la quale sia necessario un collegamento reale con la vita, per la quale si debba fare appello alla propria esperienza di vita, allora la gente arriva e dice che non capisce. Come si spiega, in realtà, tutto ciò? Si spiega con il fatto che da quattro secoli abbiamo uno Stato unitario. Attraverso questo Stato unitario, gli uomini sono stati gettati in una vita nella quale si sono costruiti una nicchia nella quale stare, e nella quale si sono formati una determinata routine, che poi chiamano prassi. Della loro routine sono certi. Del resto, vengono educati dallo Stato a partire dal primo gradino scolastico. E in quel tipo di educazione non conta ciò che in futuro sarà importante nell'educazione, ossia, la vita reale, ma giocano, invece, un ruolo fondamentale regolamenti, leggi e così via. Nel pensiero umano entra, già a partire dal primissimo grado scolastico, l'elemento astratto del regolamento, della legge, in modo tale che gli uomini oggi hanno la padronanza di un qualche singolo ambito della realtà che portano avanti in modo meccanico. Chi non è d'accordo con loro a partire da un'esperienza di vita più ampia, lo chiamano subito scemo, o lo vedono come una persona poco pratica. E, in più, hanno la testa piena di astrazioni, perché sono stati educati solo con regole, leggi, obiettivi didattici e così via, che non provengono dalla vita, ma solo da un qualche modo di pensare astratto, che ha una sua giustificazione solo e unicamente sul piano della vita giuridica, ma in nessuno degli altri ambiti di vita. Nell'ambito della vita giuridica è giustificato, perché su quel terreno è giustificato ciò che ogni individuo normale e maggiorenne, per il semplice fatto di essere maggiorenne, può arrivare a concepire e a richiedere come diritto umano nei confronti di altri individui. Da un tale tipo di pensiero, però, non può venire concepito ciò che deve fluire nell'amministrazione della vita economica e nello sviluppo di quella spirituale. Di conseguenza, poiché ci è mancata la libertà della vita spirituale, l'essere fondati su se stessi della vita spirituale, abbiamo oggi quel singolare fenomeno per il quale le persone possono capire soltanto ciò che sono da lungo tempo abituate a pensare.

Recentemente mi sono trovato a parlare di queste stesse cose in una città vicina. Dopo che ebbi finito di parlare vi fu una persona che intervenne e che disse qualcosa da cui si poteva evincere che lui delle mie argomentazioni aveva preso e addirittura ascoltato soltanto ciò che era abituato a sentire da decenni, fin nella costruzione delle frasi. Ciò che, però, non era già contenuto da decenni nella sua zucca, non lo ha neanche minimamente ascoltato, gli è passato davanti come qualcosa di talmente estraneo, che non lo ha neanche ascoltato, e lo ha poi negato nel modo più assoluto durante la discussione. Questo si verifica perché una cosa come l'impulso per l'organismo sociale tripartito deve fare appello non a ciò che è stato inculcato in noi attraverso regole astratte, leggi, e obiettivi didattici, corsi di studio, e così via, ma deve fare appello a ciò che l'individuo può capire a partire dalla vita stessa. Per questo oggi si è spalancato un tale abisso di fronte a discorsi che venivano fatti non a partire da un pensiero utopistico e ideologico, ma, appunto, proprio a partire dalla vita. Quanto più oggi si parla in modo pratico, tanto più si viene accusati di essere poco pratici, perché le persone non hanno una vera prassi di vita in testa, ma soltanto abitudini e astrazioni. È anche questo che porta alla paura che in futuro nell'organismo sociale tripartito in qualche modo si possa arrivare ad una tirannia dell'una o dell'altra parte. Ma è del tutto impossibile che ciò accada, poiché una tale tirannia, come ho spiegato, non potrebbe proprio arrivare ad imporsi. Non si potrebbe influenzare minimamente la vita economica, per quante leggi si potessero anche fare nel ramo legislativo del parlamento, poiché, persino ciò che sarebbe pericoloso per gli interessi della vita economica, non potrebbe agire sulla vita economica, poiché questa si amministra in modo indipendente.

Un'altra domanda:

Come vengono, d'altro canto, regolate le esigenze della politica sociale, ad esempio, il sostegno agli invalidi di guerra, agli orfani, ai deboli, e così via? In particolare, in base a quale criterio? Come vengono utilizzati i risultati dell'economia? Non potrebbe accadere che una particolare formazione di governo rendesse illusoria la politica sociale prospettata dal dottor Steiner? Quando anche le aberrazioni del capitalismo, come l'economia di rendita, venissero eliminate, la distribuzione dei carichi sociali non graverebbe come sempre da una stessa parte?

L'ultima parte della domanda ha già ricevuto risposta da quanto ho appena detto. Ma il fatto che soltanto una vita economica veramente fondata su se stessa possa davvero provvedere ad aiutare vedove, orfani e situazioni simili, lo ho esposto molto ampiamente nel mio libro “I punti essenziali della questione sociale”. Ho persino, già in precedenza, accennato al fatto che nella cellula economica originaria deve essere incluso il contributo che ciascuno può dare, in percentuale, per aiutare vedove, orfani e tutti coloro che comunque non sono in grado di lavorare – come ho spiegato nel mio libro, anche i bambini, per i quali ho previsto il diritto all'educazione. Il criterio per tutto questo risulterà semplicemente dal tenore di vita delle restanti persone. Poiché con la cellula economica originaria si ha un criterio per il tenore di vita di una persona, in base al benessere generale economico attuale, si dà con ciò, allo stesso tempo, la possibilità di creare un criterio per la vita di coloro che veramente non possono lavorare.

La prossima domanda:

Non potrebbero continuare a sussistere, come sempre, i pericoli del cosiddetto governo borghese? Non vengono anzi ulteriormente rinforzati, in modo tale che, a seconda della composizione della compagine politica alla guida del governo, la distribuzione delle cariche si svolga in modo tale che, nonostante le belle promesse, la guida e la direzione delle fabbriche, delle cooperative e degli altri enti, si attui sulla base del cosiddetto sistema “nepotistico”? Chi garantisce in una società di governo arretrata, ossia in parlamento, l'allontanamento dell'incapace, del pigro, da una posizione di guida o di indipendenza? Può una economia fatta di cricche distruggere i meriti del sistema steineriano?

In fondo, anche la risposta a questa domanda parte da quanto ho già detto, perché, miei carissimi presenti, non si tratta davvero affatto di immaginarsi una qualche situazione ideale, nella quale ormai non possa più accadere che l'uno o l'altro individuo si comporti in modo corrotto, ma si tratta, invece, di scoprire la migliore condizione possibile adatta ad una qualsiasi società umana. Ciò che qui viene chiamato il sistema “nepotistico”, o simile, diverrebbe del tutto impossibile da attuare, se solo si riflettesse in modo del tutto reale sulle cose – in modo pratico, adeguato alla realtà. Perché, pensate solo al fatto che in questo organismo sociale tripartito la circolazione dei mezzi di produzione si verifica nel modo più ampio possibile, e che, inoltre, la collaborazione degli operai con i colletti bianchi poggia su un contratto del tutto libero, basato sulle relative prestazioni, e che nel caso di un'economia di tipo nepotistico, l'intera classe dei lavoratori di una fabbrica, sia di quelli manuali che di quelli di concetto, dovrebbe essere d'accordo con questa economia nepotistica. In questo caso vi sono molte più garanzie che in altri casi. Se si pensa, ad esempio, a tutta la corruzione e allo spionaggio che può sorgere in una realtà economica fatta di cooperative divenute poi un organismo statale in modo tirannico, allora vorrei sapere come sia possibile paragonare ciò con quello che può accadere certamente anche nell'organismo sociale tripartito, per l'errore umano di un singolo qui o là, ma che si può, naturalmente, correggere immediatamente. La più grande garanzia che i danni che possano essere causati dalla natura umana non siano troppo gravi, viene offerta proprio da quella vitalità che si verifica nell'organismo sociale tripartito, poiché i tre membri dell'organismo sociale stesso si controllano a vicenda. Un organismo unitario, se poi oltretutto è costruito sulla base di una vita economica del tutto materiale, porta in sé proprio quei pericoli, che vengono caratterizzati con questa domanda; e, poiché si possono prevedere questi pericoli, di nuovo a partire da una necessità pratica, è nata la seguente domanda:

Come si allontana da un corpo economico unitario la possibilità che questi danni vengano a crearsi?

Attraverso il fatto che si separa la vita giuridica da quella economica, e dunque si crea un correttivo per ciò che può nascere come ingiustizia.

Come si allontanano i danni della realtà economica produttiva sul terreno spirituale?

Attraverso il fatto che l'ambito spirituale si amministri da solo; deve poggiare sulla reciproca fiducia che c'è tra le persone, e chi non è capace di ciò, si deve allontanare dalla vita spirituale e diventare magari operaio, o qualcosa di simile. Tutto ciò scaturisce proprio dalla tripartizione dell'organismo sociale, poiché questa tripartizione offre, allo stesso tempo, la possibilità di correzione di danni che si creano nell'uno o nell'altro ambito.

E ora ancora una domanda:

Come si immagina Lei l'amministrazione autonoma della sfera spirituale, e da quali organizzazioni verrà supportata?

Ora, vedete, carissimi presenti, se dovessi caratterizzare ora nel dettaglio questa complessa autogestione dell'ambito spirituale, ci metterei tanto, tantissimo tempo. Posso solo accennare che si tratterebbe del fatto che, all'interno dell'autogestione dell'ambito spirituale, si troverebbero come amministratori solo quelle persone che fossero attive, a loro volta, in questo stesso campo. Ad esempio, nell'ambito della scuola non penetrerà nell'autogestione della stessa niente altro di ciò che il pedagogo, insieme agli altri pedagoghi, dovrà esercitare come influenza in modo adeguato alla sua professione. Anche la scelta delle diverse personalità a cui affidare i singoli incarichi, si baserà non su esami, regolamenti e cose simili, ma sulla conoscenza realmente pedagogica delle capacità del singolo candidato, e così via, cosicché, il posto in cui io mi troverò nell'organismo spirituale – ad esempio, nello speciale ambito della scuola - non dipenderà da niente altro che da fattori esclusivamente pedagogici, e, dunque, da fattori interiori. Mai potrà un altro ente che sia estraneo alla realtà scolastica – come, ad esempio, la realtà economica o quella dello Stato – gestire le scuole in base ai propri bisogni. Le scuole verranno gestite esclusivamente in base ai bisogni dei ragazzi fino ai 15 anni, e, dopo i 15 anni, in base ai bisogni dell'organismo sociale, in base ai bisogni della vita di questo organismo sociale. Per questo, però, c'è bisogno che, effettivamente, ciò che è amministrazione, dipenda esattamente dagli stessi fattori quali quelli che regolano, negli istituti scolastici, le lezioni stesse. In futuro un individuo non potrà essere messo in un posto di lavoro di questo tipo dallo Stato per poi seguirne le direttive, ma, tutto ciò che si svolge nella sfera della vita spirituale sarà sottoposto ad un'amministrazione che proverrà dall'ambito di questa stessa vita spirituale.

Poi c'è la seguente domanda:

La lega per la Tripartizione dell'Organismo Sociale ha già preso in considerazione la fondazione di un Consiglio della Cultura per l'ambito spirituale? Se non lo ha fatto, allora dovrebbe essere presa un'iniziativa in questo senso da parte dell'assemblea.

Ora, miei carissimi convenuti, non facciamo nulla di utile oggi, se non parliamo del tutto apertamente e onestamente per quanto riguarda l'ambito dei grandi compiti che il presente ci impone. La vita economica ha assunto delle forme attraverso le quali il proletariato è stato spinto ad una energica difesa dei propri interessi economici. È un fatto assolutamente noto, sulla base delle più svariate circostanze, che oggi il proletariato risente molto della condizione per la quale esso ha più o meno un obiettivo, in teoria, ma non ha la prassi per la sua realizzazione. Tuttavia, ciò che vive nel proletariato, è un certo tipo di volontà, che è anche il risultato di una determinata formazione politica, che si è protratta per decenni. A partire da questa volontà, oggi si vuole dare forma a qualcosa come, ad esempio, un consiglio di fabbrica, o ad un comitato di fabbrica composto dall'unione di operai e impiegati. Questo non sarà facile, perché, se non accade presto, poi potrebbe essere troppo tardi.

Ma, vorrei dire, oggi è un lavoro che combatte con ostacoli sempre meno terribili, rispetto a quello della creazione di un Consiglio della Cultura, poiché in quel caso ci si deve confrontare davvero con i più diversi ostacoli. Ad esempio, oggi vi sono dei capi di partito che credono di pensare in modo socialista, del tutto socialista, e non più secondo gli interessi dell'antica cultura spirituale delle classi privilegiate, e, tuttavia, non hanno assimilato altro che questa stessa cultura spirituale. Nelle loro teste non vive niente altro che l'estrema conseguenza di questo tipo di cultura. Questa cultura spirituale delle classi dirigenti, delle cerchie dominanti, può essere caratterizzata per il fatto che essa, all'interno degli ultimi quattro secoli è sfociata sempre più decisamente in una tale relazione della vita spirituale con quella economica, che la vita spirituale, in realtà, è ormai soltanto una conseguenza della vita economica, una sovrastruttura rispetto alla vita economica. Da questa esperienza degli ultimi tre o quattro secoli, il proletariato, rispetto alla teoria proletaria, si è costruito l'idea che la vita spirituale può essere assolutamente soltanto qualcosa che deriva dalla vita economica. Nel momento in cui si volesse fare realmente in modo che la vita spirituale derivasse soltanto da quella economica, in quel momento si porrebbero le basi per una completa distruzione della vita spirituale, e per una completa distruzione della cultura. La borghesia non può pretendere oggi che il proletariato si trovi su una posizione diversa da quella per cui si aspetta ogni salvezza dalla vita economica – perché è la stessa borghesia ad aver spinto le cose sino al punto in cui, infine, tutto ciò che è spirituale, in qualche modo, dipende dall'elemento economico.

Il corso dell'evoluzione è stato tale per cui, dapprima furono superati dall'evoluzione storica quei danni che si sono creati per l'uomo, all'interno della società umana, a partire dall'ordinamento aristocratico. Sulla base di questo ordinamento aristocratico si sono creati danni giuridici; la borghesia ha combattuto per conquistare dei diritti rispetto a ciò che prima era l'ordinamento aristocratico. Poi nel corso dell'evoluzione storica si è presentato come ulteriore elemento il contrasto tra borghesia e proletariato, ossia, tra persone abbienti e persone nullatenenti. La grande battaglia tra borghesia e proletariato mira a far sì che la forza lavoro non sia più considerata una merce. Così come oggi stanno le cose, si tratta del fatto che il proletariato esige energicamente – e questa non è una rivendicazione solo del proletariato, ma della storia stessa – che in futuro la forza lavoro fisica non debba più essere una merce. La borghesia ha preteso il liberalismo, perché non voleva più gli antichi privilegi aristocratici, perché non voleva più che il diritto fosse una questione di conquista e di compravendita. Il proletariato esige l'emancipazione della forza lavoro dal carattere di merce. Se non vogliamo lasciare in eredità qualcosa che farebbe sprofondare l'intera Europa centrale e orientale in uno stato di barbarie, allora oggi dobbiamo comprendere anche un'altra cosa. Se oggi non fosse emersa da parte del proletariato l'esigenza di collaborare con gli impiegati con grande comprensione reciproca, il proletariato arriverebbe certamente a togliere al lavoro fisico il carattere di merce, ma la conseguenza di ciò sarebbe che in futuro subentrerebbe una situazione per la quale tutta la forza lavoro spirituale diventerebbe merce. Non si deve arrivare a questa situazione, non la si deve favorire. Deve essere afferrata la serietà del compito in modo tale che, oltre a liberare il lavoro fisico, si renda anche giustizia a quello spirituale, a quello veramente spirituale. L'antica aristocrazia ha introdotto l'assenza di diritto dell'essere umano, e l'antica borghesia ha introdotto l'assenza di possesso di beni del proletariato. Se fosse mantenuta la concezione esclusivamente materialista ed economica della questione proletaria, rimarrebbe anche la disumanizzazione della vita spirituale. Ci troviamo di fronte a questo pericolo, se coloro che hanno coraggio e comprensione rispetto alla vita spirituale, non si mettono in campo per liberare questa stessa vita spirituale. E questa può essere liberata soltanto se ci congediamo dalla dipendenza della vita spirituale, che ho caratterizzato nei modi più diversi, e attraverso un Consiglio della Cultura serio creiamo veramente una nuova suddivisione della vita spirituale. Ma oggi si deve dire onestamente e apertamente: l'interesse a fare questo è oggi ancora troppo scarso. Il riconoscere che ci troviamo davanti ad una questione scottante è il compito più urgente e scottante. Deve nascere un Consiglio della Cultura.

Nei tentativi che abbiamo fatto in questo senso, tra l'altro anche ieri in una riunione, non è emerso esattamente qualcosa di molto promettente, perché le persone ancora non vedono cosa è in gioco oggi, se non riusciamo a fare in modo da rendere il lavoro spirituale indipendente, e a non lasciare che sia uno schiavo della vita economica o statale. Pertanto, è una urgente necessità che, quanto prima, coraggio e comprensione si attivino per creare un Consiglio della Cultura. L'elemento di anti-politica diffuso tra gli abitanti della Mitteleuropa, e che si è mostrato in modo così atroce negli ultimi 4 o 5 anni, è ciò che dovrebbe condurre all'auto-conoscenza proprio nel campo spirituale. Questo è ciò che dovrebbe aprire alle persone l'occhio spirituale, l'occhio dell'anima, affinché vedano come fino ad oggi la nostra vita spirituale sia stata appannaggio di una ristretta cricca, studiata in modo tale che si sviluppasse sul terreno di vaste masse di persone che non potessero prendere parte a questa vita spirituale, e che oggi, invece, deve essere creata una vita spirituale in cui ogni persona trovi un'esistenza degna di un essere umano, non solo a livello fisico, ma anche spirituale e animico. Carissimi convenuti, se si fossero osservati i danni di questa vita spirituale, proprio negli anni che si sono dimostrati essere i decenni che hanno preparato l'odierna catastrofe mondiale, si sarebbe stati afferrati da autentiche preoccupazioni riguardo alla cultura.

Poi c'è stata un'altra domanda:

Come possiamo educare in nostri bambini nel modo migliore?

In un tempo in cui si godeva del fatto che non ci si voleva sottomettere a nessuna autorità, i bambini venivano educati, comunque, in modo tale che la cosa più determinante di tutte era la più cieca fiducia nell'autorità dell'ordinamento vigente, e che non si poteva neanche provare a mettere in discussione la relazione tra quest'ordine costituito e la vita stessa. Non si arrivava a comprendere che, ad esempio, ciò che l'essere umano assorbe in sé quali abitudini di pensiero negli ultimi anni della sua giovinezza, andrà a compenetrare e a caratterizzare tutto il suo essere. Assimiliamo effettivamente qualcosa di vivente per il presente, nella misura in cui apparteniamo proprio ai ceti spiritualmente dominanti?

Carissimi presenti, oggi bisogna parlare di queste cose in modo onesto, aperto e incisivo. Una gran parte dei nostri governanti del presente assimila al ginnasio le forme pensiero dei Greci e dei Romani, assorbe ciò che i Greci e i Romani pensavano della vita, come costoro ordinavano la vita. Nella loro epoca era degno di esser un uomo libero solo colui che praticava la scienza, l'arte, la politica, o l'agricoltura. Il resto delle persone erano condannate ad essere non libere, iloti o schiavi. Il modo in cui le persone vivono si rispecchia fino nella struttura del linguaggio che assimiliamo sin da giovani, fino nella costruzione della frase, non solo fino nella forma della parola. Al ginnasio gli appartenenti alle classi dominanti assimilano ciò che era importante per la vita dei Greci e dei Romani, ma nulla di ciò che è rilevante per la nostra vita attuale. Chi oggi afferma questo – e questo deve essere detto, perché soltanto la più radicale apertura può condurre alla vera salute -, viene ritenuto da una gran parte di persone, ancora oggi, un folle. Ma ciò che ancora oggi viene visto come folle, appartiene a ciò di cui abbiamo bisogno per una guarigione dell'organismo sociale. Abbiamo bisogno di uomini che pensino secondo la vita come è oggi, non come era ai tempi dei Greci e dei Romani. Qui comincia la questione sociale nella vita spirituale in modo molto incisivo.

Le persone approvano esclamando: giustissimo!

Questa vita spirituale ha bisogno di una profonda trasformazione, ed è molto difficile trovare oggi, in questo campo, qualcuno disposto ad ascoltare. Fino a quando, però, non si trovi qualcuno disposto ad ascoltare, non vi sarà salvezza. Non vi è una soluzione univoca per la questione sociale, ma esclusivamente una soluzione tripartita. E fa parte di questa soluzione che ci si ponga sul terreno di una vita spirituale che nasce veramente dalla vita. Fa parte di questa soluzione la buona volontà, non quella inconsapevole e cattiva delle idee antiquate. Pertanto, è urgentemente necessario che nasca, proprio in questo campo, ciò che si può chiamare un Consiglio della Cultura. Posso solo dire che un Consiglio della Cultura mi sembra un'esigenza di primissimo ordine, perché esso dovrà sviluppare un'attività che ha il compito evitare che il lavoro spirituale nella vita esteriore assuma il carattere di merce.

Questa domanda è collegata, come sembra, con l'altra domanda che è stata posta:

Se si prevede che la trasformazione della vita economica si compia velocemente, nel senso della separazione dallo Stato unitario attraverso l'organizzazione del consiglio di fabbrica, come si potrebbe allora fare in modo che la vita spirituale vanga messa rapidamente in grado di essere indipendente, e di crearsi una nuova struttura?

Appunto attraverso la propensione a creare un Consiglio della Cultura e, a volere indagare, all'interno di questo Consiglio, i requisiti che sono necessari per una nuova strutturazione della nostra vita spirituale. Questo è ciò che ho da dire in risposta a queste domande.

Fragoroso applauso e battimani.

Dottor Carl Unger: carissimi presenti, sono arrivate numerose altre domande alle quali speriamo di poter rispondere in una successiva serata – e confido nella vostra comprensione per questo.

Ora, però, ci deve interessare, più di ogni altra cosa. cercare di fare nostre proprio le ultime parole del nostro stimato oratore. Proprio ora, in questi giorni, circola tra noi nuovamente una richiesta, che è una perfetta rappresentazione del carattere di mummia della vita spirituale ormai andata in rovina: la richiesta della galvanizzazione e conservazione dei ginnasi umanistici nella loro vecchia struttura. Abbiamo ascoltato in quale direzione dobbiamo guardare, quando guardiamo alle gravi conseguenze della vita attuale, e abbiamo sentito da dove dobbiamo iniziare per salvare la vita spirituale. E, proprio in questi giorni, abbiamo notato come, all'impulso per una nuova vita spirituale e artistica, si sia opposto il più grande filisteismo. Carissimi convenuti, dalle parole che abbiamo appena ascoltato, dobbiamo far scaturire in noi forti impulsi che agiscano in modo da far nascere in noi una forte volontà, anche rivoluzionaria, verso la vita spirituale, che vada nella direzione di prepararsi alla fondazione o alla costruzione di un autentico Consiglio della Cultura. Esso potrà, però, venire costruito soltanto sulla base della libertà, della libera iniziativa di singole personalità che, a partire da una qualsiasi condizione della vita spirituale, siano pronte e in grado di contribuire ad una creazione veramente nuova della vita spirituale. Il fine di queste mie parole vuole essere quello di stimolare questa libera iniziativa, e di operare in modo tale da guadagnare l'adesione dei presenti a questi pensieri e alla causa della tripartizione dell'organismo sociale. Siamo pronti – anche questa sera – a prendere gli indirizzi di quelle persone che si rendono disponibili a rispondere al forte appello che ci ha rivolto stasera in nostro stimato oratore. Vi prego di permettermi di rivolgermi a voi con questa richiesta, e vorrei pregarvi di fare agire in voi, nel modo più incisivo, gli impulsi per una ristrutturazione della vita spirituale, e di portare questi impulsi anche all'attenzione di altre persone.

E, con ciò, permettetemi di concludere l'odierna assemblea.


IndietroAvanti
1. Prima conferenza3. Terza conferenza
Indice