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OO 330 - Nuova struttura dell'organismo sociale



La via verso le esperienze e le conoscenze sovrasensibili come fondamento della vera comprensione dell'uomo
Conferenza pubblica

IndietroAvanti

Stoccarda, 9 luglio 1919


Quel che ho da dire in merito a certe cose non mi sembrerebbe completo, se alle conferenze che ho tenuto qui sulla questione sociale non aggiungessi quella di oggi e quella di venerdì prossimo, perché ciò che abbiamo sviluppato qui riguardo alla questione sociale, certamente con scopi apparentemente del tutto diversi e partendo da un ambito apparentemente del tutto diverso, comunque in ultima analisi origina dal profondo di quell'anelito spirituale dell'essere umano di cui vi parlerò in queste due conferenze. Chi di voi, egregi signori, ha letto il mio libro sulla questione sociale nelle necessità del presente e del futuro[1] avrà notato che già nelle prime pagine la questione sociale vi viene affrontata da un punto di vista che tiene conto di ben determinati fattori culturali dell'umanità. Dal punto di vista di questo libro, uno dei fenomeni che hanno trascinato l'umanità nella situazione attuale, e senza la cui comprensione oggettiva questa umanità non può venire fuori dal caos e dal disordine, consiste proprio nel rapporto che l'umanità, l'umanità colta, ha avuto con il mondo spirituale negli ultimi tre o quattro secoli. È stato messo in risalto che un rapporto per così dire negativo dell'umanità col mondo spirituale si esprime nel modo in cui oggi vastissime cerchie di persone definiscono appunto il mondo spirituale, quando dicono: “Questo mondo spirituale è una mera ideologia”. Cioè, il mondo spirituale non sarebbe altro che una specie di sovrastruttura poggiante su una base, come una specie di fumo che sale da una realtà materiale o economica.

È proprio assolutamente vero, che negli ultimi tre o quattro secoli l'umanità è stata spinta sempre di più ad avere questa concezione, come se tutta la vita spirituale fosse solo un fumo che esala dalla vita materiale, solo una sovrastruttura poggiante su una base. Però a chi è in grado di seguire l'evoluzione culturale degli ultimi tre o quattro secoli, fino al nostro presente, è anche chiaro che l'intera costituzione animica dell'uomo moderno, che vive sotto l'impressione di questo rapporto col mondo spirituale, ha portato ai disordini, al caos nei quali adesso ci troviamo. Da una parte, abbiamo alle nostre spalle i terribili eventi della catastrofe bellica, dall'altra parte il movimento rivoluzionario che avanza. Volgendoci al passato, vediamo che le persone non erano più in grado di dominare la vita sociale esteriore con le proprie idee pratiche. I fatti sono sfuggiti a queste idee, si sono divincolati e sono andati per la loro strada. Se ne sono andati senza che le persone potessero trattenerli con idee forti. E sono confluiti in ciò che li ha spinti all'assurdo e con cui la vita sociale degli ultimi tre o quattro secoli si è arrivata all'assurdo. Hanno portato alla catastrofe.

Si sono studiate le diverse cause di questa catastrofe. Non si perverrà ad avere chiarezza su questo punto finché non si capirà che con quella concezione dello spirito che si credeva di aver raggiunto a ragione, appunto si è persa questa padronanza dei fatti del mondo esteriore, e che si potrà nuovamente acquisire tale padronanza soltanto sviluppando un rapporto diverso col mondo spirituale. Perciò avverrà anche che tutti coloro che stanno dalla parte dell'attuale movimento rivoluzionario e che credono che il mondo spirituale non sia altro che una ideologia e che costruiscono le loro riforme o rivoluzioni sulla base di questa concezione, non porteranno l'umanità alla salvezza, ma al contrario la spingeranno sempre più a fondo nell'abisso.

Perciò non è per via di una qualche inclinazione soggettiva, se anche riguardo alla questione sociale, parlo anche di ciò di cui, anche qui a Stoccarda, ho parlato ogni anno, ovvero della scienza dello spirito ad orientamento antroposofico. Questo movimento scientifico-spirituale deve proprio testimoniare che lo spirituale, sia nell'uomo che al di fuori dell'uomo, non è un'ideologia. Deve testimoniare che l'uomo può avere la forza necessaria anche per il proprio agire, anche per la propria vita pratica, solo traendola da quelle conoscenze che, sulle prime, sembrano essere lontane dalle vie pratiche, ma che formano l'anima umana, che portano quest'anima ad avere una costituzione tale per cui poi essa diventi anche più robusta per portare avanti la vita pratica. E se al giorno d'oggi molti credono che ciò cui ci troviamo di fronte avvenga solo nelle lotte economiche, si sbagliano. È solo che ancora non ce ne accorgiamo, ma siamo inseriti in grandi lotte spirituali e quel che scuote e rimesta l'umanità come in modo elementare e che esteriormente si esprime in battaglie materiali e in guerre armate non è altro che quell'onda che viene rigettata in superficie dalle anime umane in subbuglio che lottano per nuove verità, per nuove conoscenze.

Chi, al giorno d'oggi, desidera esaminare la sua stessa interiorità anche solo fino ad un certo livello saprà bene che l'educazione ricevuta da tutti gli uomini di cultura nel corso degli ultimi tre o quattro secoli non consente più all'uomo di istruirsi sulle questioni più importanti dell'anima e dello spirito come invece doveva essere stato possibile in epoche precedenti dell'evoluzione umana. Nel corso degli ultimi tre, quattro secoli e fino ad oggi, in linea di massima l'uomo ha ricevuto un'istruzione scientifico-naturale, scientifica. Il che lo ha spinto a chiedere una via che lo conduca ai mondi spirituali, dei quali finora hanno parlato solo le confessioni religiose, una via che sia all'altezza della via scientifica, che non voglia presentarsi soltanto come via del sentimento religioso, ma come la via della conoscenza del mondo sovrasensibile, del mondo spirituale, accanto a quelle della ricerca del mondo fisico per mezzo della scienza naturale. Anche se forse, oggi, solo pochi lo ammettono, questo vive inconsciamente nella gran parte delle persone di cultura, e quel che oggi spesso le persone portano a coscienza è solo una velatura dei fatti che si può esprimere dicendo: “Nel nostro intimo più profondo noi aspiriamo ad una conoscenza del mondo spirituale, e portiamo in noi molto scontento e molte insoddisfazioni della vita, perché questa nostalgia di conoscenza del sovrasensibile domina nella nostra anima, domina istintivamente e non viene ancora soddisfatta da qualcosa che sia presente nell'opera culturale dell'ambiente immediatamente circostante, di tutta la nostra vita spirituale”.

Quindi oggi, partendo da questi punti di vista spirituali, voglio parlare delle vie che portano alla conoscenza e all'osservazione del sovrasensibile e dopodomani dell'essenza in realtà sovrasensibile dell'uomo, cioè della vera essenza dell'uomo, che sopravvive alla vita che l'uomo trascorre fra la nascita e la morte. E vorrei mostrare che questa conoscenza deve diventare un fattore sociale reale, che abbia voce in capitolo nella ricostruzione della nostra società umana. Oggi per parecchie persone è certamente innegabile che una certa comprensione dell'aspirazione dell'uomo, che quella che nel senso più ampio si potrebbe chiamare auto-conoscenza, oggi è più difficile per l'uomo di quanto lo fosse nei secoli precedenti. Chi guardi indietro ai secoli precedenti con oggettività non potrà fare a meno di convenire sul fatto che partendo dalle esigenze elementari della natura umana l'uomo perveniva più facilmente di oggi ad una certa comprensione della propria essenza. Ma c'è anche un altro fatto importante che va ad aggiungersi a quello appunto caratterizzato, ed è questo: proprio oggi, più che in tempi precedenti, questa auto-conoscenza che dunque gli è più difficile che all'uomo del passato, gli è ancora più necessaria. E questo si manifesta nell'anelito a tale conoscenza, che di fatto c'è, anche se nelle difficili condizioni di vita in cui ci troviamo si nasconde dietro una qualche maschera. Ma oggi, per via di tutta la sua educazione, del suo modo di sentire, per le sue condizioni di vita, l'uomo desidera informarsi su come stanno le cose con la vita animica e spirituale presso quelle istanze che riconosce essere scientifiche. Infatti si è abituato a fare di ciò che è scientifico il target indicativo della sua vita. E così anche nel campo dell'auto-conoscenza, della conoscenza dell'uomo, vorrebbe rivolgersi al forum scientifico. Solo che bisogna dire che proprio rivolgendosi a questo forum sulle prime non riesce ad ottenere altro che informazioni insoddisfacenti. E così, a poco a poco, sulle questioni dell'anima e dello spirito si è insinuato nella coscienza pubblica qualcosa che, in sostanza, può portare soltanto al dubbio e all'incertezza. Da quella specie, per così dire, di 'precipitato' che risulta dalle diverse discipline scientifiche e da altri aspetti della vita, emerge che l'uomo moderno, in realtà, non ha alcun barlume di ciò che avviene nella sua interiorità di uomo senza che la sua coscienza ordinaria ne abbia alcun sospetto.

In sostanza, che cosa crede di se stesso l'uomo l'uomo d'oggi? Crede che qui, da una parte, ci sia un corpo; e molti, se viene loro in mente, si dicono poi che quest'uomo, dall'altra parte, sia un'anima. Ma poi, sulla grande questione del rapporto fra il corpo e l'anima, fra l'anima e il corpo, cominciano i dubbi, cominciano le incertezze. Perché si crede che da una parte il corpo si esaurisca in quel che si vede osservando l'uomo coi sensi, in ciò che si seziona e si conosce con l'anatomia, la fisiologia, in breve con tutto ciò che offre la conoscenza scientifica dell'essere umano. Così oggi ci si crea una certa concezione di quello che è il corpo umano. Poi l'uomo sa di sviluppare rappresentazioni, di avere moti d'animo, di avere una volontà che lo spinge ad agire – in breve, l'uomo sa che nella sua coscienza vive qualcosa che è alla base dei moti d'animo o dei sentimenti, che è alla base delle rappresentazioni. Però poi, quando riflette e si chiede: “Ecco, come si comporta quello che è il mio pensare, il mio sentire, il mio volere, con la mia vita esteriore?” qui non trova risposta. Perché quel che la scienza naturale, la vista sensibile gli mostrano del corpo umano è di una natura talmente diversa da quel che vive nel suo volere, nel suo sentire e nel suo pensare, che non si riesce a gettare un ponte dal corpo all'anima. E non è così solo per la coscienza ordinaria, che ci si trova di fronte all'impossibilità di gettare tale ponte, ma se si va a leggere le diverse concezioni scientifico-naturali, erudite, di oggi, si nota che di regola si concludono con: “Certezze su questo rapporto fra il corpo e l'anima non ci sono”.

Ora, chi parla di questa questione dal punto di vista della scienza dello spirito a orientamento antroposofico come la intendiamo noi si trova nella necessità di osservare molto seriamente e con grande attenzione i dubbi e le incertezze che colpiscono questo tipo di umanità e di scienza. E poggiando sulle sue basi conoscitive deve dire: “Ecco, per la conoscenza scientifica, per quella conoscenza che ci ha portato ai massimi trionfi proprio nella scienza naturale, per questa conoscenza in sostanza deve succedere con domande del genere si arriva solo a dubbi, a contraddizioni. La conoscenza scientifico-naturale è inadeguata per gettar luce in quelle profondità della natura umana che sono le sole a poter rispondere a queste domande vive, brucianti. Ora, però, questo stesso scienziato dello spirito si trova in una posizione del tutto particolare di fronte alle abitudini di pensiero del presente. Dovendo presentare le sue conoscenze da un punto di vista del tutto diverso da quello di tali abitudini di pensiero, è del tutto naturale che venga attaccato come un nemico, che venga giudicato in modo tutt'altro che amichevole da tutte le parti. Infatti non deve solo dischiudere un nuovo ambito della conoscenza, diverso da quello ordinario e scientifico al quale siamo abituati, ma deve anche richiamare l'attenzione su una specie di conoscenza totalmente diverso. Deve spiegare che col tipo di conoscenza della vita ordinaria e della scienza ordinaria non è affatto possibile rispondere a queste vive domande e che, se l'uomo dovesse arrestarsi a questa usuale conoscenza scientifica non perverrebbe mai ad una risposta conoscitiva a queste domande. Lo scienziato dello spirito deve affermare che l'uomo, per mezzo di un'evoluzione alla quale provvede da sé, si innalza al di sopra di questo usuale tipo di conoscenza e approda ad una conoscenza del tutto diversa, ad una conoscenza che inizialmente, a quella usuale, sembra essere una specie di fantasticheria. Tuttavia, chi parla sulla base dei presupposti di scienza dello spirito a orientamento antroposofico dei quali vi parlerò oggi sa di avvalersi della stessa severità scientifica, della stessa disciplina scientifica, delle quali si avvale il più severo metodo scientifico del presente. Soltanto che ciò cui per esempio mira la scienza (certe dimostrazioni per questi fatti e queste leggi) per lo scienziato dello spirito nel senso in cui lo intendiamo noi costituisce il presupposto, costituisce le basi sulle quali egli stesso si è educato. Lo ha fatto prima di giungere alla sua scienza dello spirito. E al giorno d'oggi non si dovrebbe esporre in pubblico alcuna scienza dello spirito che non si muova in quest'ambito, che non se ne avvalga e che, prima della ricerca nel mondo spirituale, non abbia veramente conosciuto ciò con cui la scienza naturale ha raggiunto i suoi trionfi. Il ricercatore dello spirito deve essersi messo in condizione di essere anche ricercatore scientifico-naturale nel senso più stretto della parola. Lo scienziato dello spirito comincia solo laddove il naturalista finisce. Mentre lo scienziato naturale cerca certi risultati per la sua vita di rappresentazione, per il suo pensiero, lo scienziato dello spirito anela a far sì che la propria educazione si compia con la ricerca sulla natura come esperienza severamente metodica, scientifica, e solo a partire da lì acceda a quelle conoscenze superiori delle quali vi parlerò oggi e dopodomani. Perciò lo scienziato dello spirito non può comunicare nel senso comune: “Qui ho osservato questa cosa esteriore o quest'altra; da questa o da quella cosa esteriore mi è risultata questa o quella legge”; lo scienziato spirituale deve invece aver fatto come preparazione tutto ciò che viene detto così dallo scienziato naturale; e, con questa preparazione, deve essere riuscito a strutturare la propria anima in un modo tale da consentirgli di elevarsi a fatti nuovi, a nuove osservazioni di cui potrà parlare soltanto allora: fatti e osservazioni che sono sono i soli a poter costituire il contenuto del vero mondo spirituale. Perciò lo scienziato dello spirito, nel senso in cui lo intendiamo qui, dovrà parlare delle proprie vie della conoscenza in modo del tutto diverso da chi, per esempio, ha seguito solo una via della conoscenza scientifico-naturale, da chi in sostanza ha seguito solo ciò che, nell'ambito dell'attuale vita culturale, dell'attuale vita spirituale, appunto viene spesso chiamata 'via conoscitiva', 'via verso la scienza'.

Provate a chiedere a coloro che oggi hanno seguito un percorso scientifico se non abbiano percorso questa via alla scienza, direi, con una certa tranquillità interiore. Essi possono raccontare di aver lavorato qua e là in un qualche laboratorio, di aver ascoltato una cosa o l'altra sui processi evolutivi umani, storici, nei loro concetti sanno di aver messo insieme questi o quei dati statistici per conseguire queste o quelle conoscenze. Ma da tutti loro si sentirà dire che hanno fatto tutto questo con una certa tranquillità dell'anima, giungendo poi in un certo modo ai concetti scientifici che stavano cercando.

Lo scienziato spirituale, specialmente lo scienziato spirituale ad orientamento antroposofico, non si trova in questa situazione. Se prende le cose sul serio, non potrà dire di aver percorso la sua via conoscitiva con la stessa tranquillità e indifferenza interiore con le quali oggi si può dire di aver seguito le vie della conoscenza della scienza esteriore. Lo scienziato dello spirito, se dice la verità sulla propria via della conoscenza, vi racconterà di lotte e di sfide interiori. Vi parlerà di quali abissi dell'anima abbia dovuto superare prima che gli si potessero offrire quelle conoscenze che sono veramente conoscenze sovrasensibili. Dovrà dire quanto la sua stessa natura umana, tanto cara agli uomini nella vita esteriore, spesso sia diventata un nemico interiore al suo anelito alla conoscenza. Dovrà raccontarvi del coraggio che spesso ha dovuto raccogliere contro le forze nemiche e ostacolanti interiori che sono presenti nella natura umana e che sono avverse alle vere vie conoscitive. E così su quel che lo scienziato dello spirito ha da dire sull'anima e sullo spirito, si accatasta il risultato di quegli stati d'animo che egli non ha vissuto con tranquillità interiore, ma con movimenti interiori, attraversando profondissime lotte interiori. E questo scienziato spirituale dovrà dire che solo ed esclusivamente attraverso la sofferenza interiore, attraverso i dolori e il loro superamento, egli è pervenuto a quella che a ragion veduta crede di poter chiamare 'conoscenza dei mondi sovrasensibili'.

Lo scienziato dello spirito dovrà parlare di queste lotte che ha dovuto combattere su due versanti. Di lotte che oggi per molte persone si trovano come in un mondo astratto – ma solo secondo quanto queste molte persone credono. Combattendo consapevolmente queste battaglie, il ricercatore dello spirito riconosce di non essere affatto solo al mondo, mentre combatte queste battaglie. Di regola egli non è così immodesto, lo scienziato dello spirito, da dirsi che nella sua anima avvenga qualcosa cui le altre persone non prendano parte. Egli arriva a dirsi di aver solo portato a coscienza quella lotta interiore che inconsciamente avviene nel fondo di ogni singola anima umana. E lo scienziato dello spirito sa come avvengono queste lotte, direi, fra la coscienza che vive nel pensare, nel sentire e nel volere, e il corpo di cui si occupano l'osservazione esteriore dei sensi e la fisiologia e la scienza anatomica – sa come fra questi avvengano tali lotte, che salgono nella coscienza umana come un'onda, come qualcosa di cui molte persone del presente non vengono a capo. È quel che si manifesta nei loro istinti e spesso nelle malattie del corpo e dell'anima, nelle loro inquietudini e nella loro insoddisfazione, quel che si manifesta nel loro nervosismo, senza che esse sappiano quali siano, in realtà, le cause di questi stati d'animo nelle profondità dell'essere. Lo scienziato dello spirito deve combattere in due direzioni, prima le battaglie con il mondo esterno, e poi le battaglie con la propria interiorità. Per gli uomini d'oggi la scienza naturale e quel che oggi si introduce nelle abitudini di pensiero come divulgazione della scienza naturale spesso è solo un motivo di rallegrarsi per i grandi progressi dell'umanità, e di rallegrarsene a ragion veduta. Per lo scienziato dello spirito avere a che fare con questa scienza naturale è proprio una intensa lotta per la vita. Approfondendo quella che è l'attuale scienza naturale, non limitandosi a penetrare fino alle usuali conoscenze scientifico-naturali soltanto con l'intelletto, ma volendo sperimentare quel che la scienza naturale contiene, lo scienziato spirituale può sperimentare la vita insieme alla scienza naturale solo come una lotta. Ecco, con l'osservazione dei sensi, con le combinazioni delle osservazioni sensibili, come quelle che l'intelletto umano fa nelle leggi scientifico-naturali, si conosce qualcosa sulla natura. Ma sapete (negli anni passati ho spiegato spesso queste cose nelle mie conferenze), sapete che proprio gli scienziati naturali e i ricercatori naturali arrivano a dire che ci siano dei limiti a questa conoscenza della natura. È proprio sulla base di certi approfondimenti, che gli scienziati naturali più scrupolosi pronunciano il loro «Ignorabimus», ovvero: “Attraverso la natura non penetreremo nell'essenza delle cose”. E ora, per la natura umana, quando si cozza contro un limite come quello che giustamente si impone alla conoscenza della natura, succede che l'uomo si dice: “Ecco, questo è appunto un limite della conoscenza, a questo punto bisogna fermarsi”. E allora parla di limiti invalicabili della conoscenza umana.

Chi, sentendosi già chiamato nella propria interiorità alla ricerca spirituale, lascia agire tutta quella che è la piena forza dell'anima non può semplicemente fermarsi, quando la scienza naturale constata tali limiti. Questi limiti diventano per lui un motivo per combattere una vera e propria battaglia conoscitiva, per esempio con ciò che la scienza naturale presenta come forza e materia, o con qualcos'altro. Il ricercatore spirituale deve condurre fino in fondo la sua battaglia con ciò in cui la scienza naturale stessa non vuole penetrare. Solo qui comincia quello che per lui è l'inizio della sua via conoscitiva e delle sue osservazioni; delle osservazioni che non può compiere con la stessa tranquillità con la quale si compie un'osservazione di laboratorio, delle osservazioni che deve fare richiamando continuamente nuove forze conoscitive animico-spirituali. Allora, quando l'uomo giunge a questi limiti e porta fino in fondo la sua battaglia, laddove l'altro si arresta come di fronte ad un limite, egli conosce un'azione reciproca fra il suo stesso animo conoscitivo e il mondo esterno. Qui egli sperimenta un dato di fatto dell'osservazione spirituale che per lui si pone come una caratteristica fondamentale di tutta la vita umana. Combattendo così contro i limiti esteriori della conoscenza della natura, il ricercatore dello spirito si accorge che in questa battaglia egli deve trarre dalla propria interiorità, dalla sua anima, ciò che altrimenti, proprio nella conoscenza della natura, gioca un ruolo molto piccolo: deve tirar fuori quelle forze della propria anima che altrimenti entrano in gioco solo nel rapporto fra uomo e uomo oppure anche, in modo attenuato, nel rapporto con gli esseri naturali, con gli esseri viventi. Egli deve tirar fuori dalla propria interiorità la forza della vita, quella forza che dispieghiamo quando ci troviamo come uomo di fronte ad un altro uomo e la nostra anima emana simpatia per l'anima dell'altra persona. E non come qualcosa di soggettivo, ma come un dato di fatto oggettivo, si uniscono: la conoscenza della natura, del tutto oggettiva, la lotta contro i limiti della conoscenza della natura e ciò che gioca un grande ruolo nell'essere umano e nella vita umana: la simpatia, l'amore, il tono di fondo di tutti rapporti sociali umani. E ora, per esperienza, l'uomo conosce il rapporto fra i limiti della natura, che si oppongono alla sua conoscenza, e la forza dell'amore. Grazie all'osservazione diretta fatta richiamando vigorosamente le proprie forze animiche interiori, a questo punto riconosce che, nel momento in cui si addentra più a fondo nella lotta contro i limiti della natura, deve consumare la propria forza d'amore. Per così dire qui è come se la sua forza d'amore fuoriuscisse dalla sua anima e fluisse in quelle regioni della natura che si trovano oltre quei limiti.

E a questo punto il ricercatore dello spirito arriva a quel fatto importante che lo scuote così tanto, cioè che la natura umana è inserita nel suo ambiente cosmico in un modo tale per cui le viene negato di penetrare nell'interiorità con la conoscenza ordinaria. L'interiorità si trova oltre i limiti della natura. Se non avessimo questi limiti, nella vita ordinaria non potremmo essere dotati della forza dell'amore devoto. Conoscendo la correlazione fra conoscenza e amore, entra in questa vita umana un significato più profondo. Si viene a sapere che nella vita ordinaria si può amare soltanto perché questa forza d'amore si isola dalla nostra attività conoscitiva esercitata attraverso l'intelletto. Di questo dato di fatto, di questa osservazione, non si deve tener conto solo con l'intelletto, essa deve esercitare sull'uomo la più profonda impressione, se una buona volta la afferra, e così egli viene appunto a conoscere il suo modo tutto particolare di stare al mondo. E sa che che cosa deve fare, se è un vero ricercatore dello spirito. Sa di non poter continuare ad occuparsi di quel che si trova oltre quel limite se prima non irrobustisce la propria forza d'amore per l'uomo e d'amore per le altre cose più di quanto questa sua forza d'amore sia robusta nella vita ordinaria.

Bisogna essere equipaggiati di questo forte amore per tutte le cose. Volendo continuare a proseguire nella lotta contro il mondo esterno, come vi ho accennato, bisogna prepararsi nel più profondo dell'anima equipaggiandosi, appunto, di questo amore. Questa via, che l'anima deve percorrere affinché non le venga a mancare la forza d'amore, affinché per così dire questa forza non le venga risucchiata, in modo da poter percorrere senza riserve la via nei mondi dello spirito, questa via ho cercato di descriverla nel mio libro Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori?[2]. E qui osservo espressamente che queste descrizioni della giusta via della conoscenza in sostanza mirano a preparare l'anima dell'uomo in modo che essa possa percorrere la via della conoscenza superiore senza essere messa a repentaglio. A partire dal tempo presente e nel prossimo futuro, gli uomini finiranno per pretendere questa via conoscitiva superiore proprio grazie all'educazione scientifico-naturale. L'umanità (che è in un'evoluzione, dopodomani ne parlerò ancora) arriverà al punto in cui non potrà più continuare a non avere un'idea dei mondi spirituali come quella che ho tratteggiato. L'umanità arriverà al punto in cui, se non le venisse dischiusa la via ai mondi spirituali, sovrasensibili, si sentirebbe triste nell'anima e perduta. Questa via verrà battuta per un impulso interiormente irresistibile.

Però si dovrà indicare in modo sempre più preciso il modo in cui la natura umana si debba preparare per percorrere questa via senza pericoli, affinché qui non le vengano sottratte, proprio per la vita umana pratica e sociale, forze umane importanti, come per esempio l'amore. Allora, quando l'uomo fa questi esercizi interiori di pensiero coi quali rende sempre più forte il suo pensare, che altrimenti si arresta ai limiti dei fenomeni naturali, (questi esercizi del pensare, queste meditazioni e concentrazioni del pensare, coi quali il pensare diventa sempre più forte li trovate nel mio libro Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori?) quando l'uomo fa questi esercizi, giunge ad un punto della propria evoluzione in cui gli si pongono davanti all'anima esperienze e osservazioni interiori che nella vita ordinaria non si pongono davanti all'anima. Allora ottiene chiarezza su quella domanda, sulla domanda fondamentale della vita dell'anima: “Dunque cos'è che in realtà io percepisco del mondo coi miei sensi, cos'è che io mi costruisco come mondo di rappresentazione? Cos'è in realtà?” E scopre una cosa davvero stranissima. Detto astrattamente non sembra così strano, ma è importantissimo e ha un influsso che scuote l'anima umana. L'uomo arriva, proprio rafforzando così il suo pensare, ad avere il sentimento: “Io non penso solo passivamente dedito al mondo, ma penso in un modo tale per cui nel mio pensare vive una volontà certamente non mia, ma diretta dall'essere cosmico stesso” (l'uomo lo scopre proprio quando rafforza questo pensare, quando rende questo pensare più forte di come esso è nella vita ordinaria) e poi che tutto il pensare e tutto il rappresentare sensibile della vita ordinaria non sono altro che un'immagine, che hanno carattere di immagine.

È forte l'impressione che se ne riceve quando, proprio rafforzando il pensare, si arriva a questo: “Questo pensiero ordinario, che si sviluppa osservando il mondo esteriore, che si sviluppa riflettendo su quanto si ha sperimentato nel mondo esteriore, questo pensare ordinario in sostanza è solo qualcosa che scorre esclusivamente in immagini. È qualcosa che nell'immediato, così come si presenta, non ha realtà. Si arriva ad un momento in cui, se se ci si è interessati dell'evoluzione spirituale dell'umanità civile, c'è di nuovo un'altra cosa che ci frastorna l'anima. È strano, per chi ha veramente fatto queste esperienze che ho appunto descritto, venire a sapere che uno dei più grandi spiriti dell'umanità, uno dei più grandi pensatori di questa umanità, Cartesio, Descartes, ha pronunciato la strana frase: “Penso, quindi sono. Cogito, ergo sum”. Per il vero ricercatore dello spirito, il fatto che Descartes abbia pronunciato questa frase è una dimostrazione del fatto che egli non ha realmente guardato nel mondo spirituale, che Descartes non è pervenuto a quel pensare rafforzato del quale ho appunto parlato, quel pensare rafforzato che si matura facendo gli esercizi esposti nel mio libro Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori? Infatti, se si perviene a quel pensare rafforzato, la frase di Descartes diventa diversa: “Penso, quindi non sono”. Infatti, finché si persiste con la propria anima nel pensare ordinario, non si è. Il pensare è immagine, e di ciò che vi si riflette ci si accorge soltanto quando si rafforza il proprio pensare in modo da non sperimentarlo in modo così umbratile come si sperimenta il pensare ordinario, ma da sperimentarlo come compenetrato di volontà; da sperimentarlo come quel pensare puro del quale ho già detto nel 1892 nella mia Filosofia della libertà. Sperimentando questo pensare come qualcosa di attivo, di attivo in sé, si sa che il pensare ordinario è un'immagine umbratile di una realtà, si sa di non essere nel movimento del pensare che si compie. Perciò a chi ha realmente a che fare con lo spirito, al vero ricercatore dello spirito, risulta che, continuando sempre a rafforzare questo pensare dedicandosi in tranquillità a pensieri coi quali egli stesso colma consapevolmente la propria anima, è come se egli, con questo pensare, si trovasse a familiarizzare con una realtà. Mentre prima si sentiva libero nel pensare umbratile, adesso sente qualcosa di simile ad un affogare spirituale. E proprio per questo deve rendere animicamente e spiritualmente forte e vigorosa tutta la sua persona, per essere preparato contro ciò che si contrappone al pensare rafforzato, a ciò che interiormente per l'anima è come un affogare, come uno sciogliersi della coscienza. È con una forte coscienza, che ci si deve adattare a questo pensare rafforzato. Così, di fatto, rafforzando il pensare, si sperimenta per percezione spirituale diretta l'umbratilità del pensare ordinario.

E poi arriva quel momento della vita in cui, ancor più di quanto ho detto prima, si viene di nuovo come colpiti da un fulmine. È il momento in cui si riconosce che cosa siano, in realtà, il pensare e il rappresentare ordinario nella loro umbratilità, nel loro carattere d'immagine. Si riconosce che essi sono l'ombra di quanto si è vissuto in un mondo puramente spirituale prima della nascita, o diciamo prima del concepimento, l'ombra di quella realtà che si chiama 'realtà prenatale'. La vita dell'uomo nello spirito, prima della nascita, prima del concepimento, la si sperimenta nel pensare rafforzato. E allora si riconosce a che cosa, in realtà, si deve la forza del pensare, del pensare ordinario. La forza del pensare ordinario la si ha perché prima della nascita o prima del concepimento si ha trascorso una vita di tipo diverso nel mondo spirituale. E questa vita di tipo diverso si paralizza in questa realtà, si trasforma in mera ombra, e quest'ombra la sperimentiamo nel nostro rappresentare, nel nostro pensare. Il tempo si trasforma come in spazio. Si guarda indietro al periodo prenatale, al periodo precedente il concepimento. Si guarda indietro al mondo spirituale e si vede quella realtà che vi si è vissuta. E come una figura spaziale agisce su un'altra figura spaziale, lontana dalla prima, così il tempo agisce come spazio. In questa impressione che ho descritto, la vita prenatale è ancora presente. E si vede che, mentre penso, questa vita prenatale agisce fin dentro la mia vita attuale. In quanto penso, dipendo da questa vita prenatale. Essa risplende nell'essenza della mia anima e così io posso pensare.

In breve, quello che si chiama 'spirito umano', indipendente dalla vita del corpo, si trasforma in un'impressione, però in un'impressione che si ottiene solo combattendo battaglie animiche interiori. E adesso, adesso si fa luce sull'ordinaria concezione dell'anima. Adesso si sa che quando nella vita ordinaria si crede: “Qui si ha il pensare, il sentire, il volere, essi non sono in correlazione con il corpo” deve essere così, perché in questa ordinaria vita dell'anima, in questo rappresentare, si ha soltanto un riflesso di una realtà che si è paralizzata con la nostra nascita. Adesso si sa che in realtà l'anima è ancora qualcosa di diverso da quel che vive con noi dal momento della nostra nascita. E adesso, quando si ritorna nel mondo con questo pensare rafforzato, adesso si vede ancora qualcosa di diverso dall'ordinario mondo dei sensi. Ci si può già anche appoggiare al mondo dei sensi, tuttavia di solito non è raccomandato e non lo consiglio neanch'io qui, vorrei solo chiarirlo bene: Nel momento in cui vi sforzate di sviluppare una forza di rappresentazione interiore dell'anima, grazie alla quale, per esempio, esclusivamente per interiore forza dell'anima riuscite a rappresentarvi un prato verde tutt'altro che verde, cioè circa del colore del fior di pesco (serve un grande sforzo interiore per riuscirvi) questo sforzo interiore che fate per non vedere il verde, per vedere il controcolore animico, non il controcolore fisico, questo sforzo agisce in modo da aiutarvi a produrre quel pensare forte, rafforzato, del quale appunto vi ho parlato. Ma allora potete anche giudicare altre esperienze esteriori in modo diverso che con il pensare ordinario.

Allora andate incontro ad un'altra persona, entrate in un certo rapporto con lei (non a tutti i propositi, ma a certi propositi con l'altra persona, anche a certi propositi con altri esseri della natura, in sostanza col mondo), vi dite: “Oh, non per niente mi sono inoltrato nel rafforzamento del mio pensare, in questo pensare rafforzato sono diventato capace di valicare i limiti naturali, di guardare oltre i limiti naturali”. Ma allora anche a quel che mi si presenta nella vita vado incontro in modo diverso da quando mi trovavo di fronte a questo limite come ad un limite della conoscenza. Allora quello che fa ingresso nella mia vita come destino, come eventi del destino, lo vedo come un effetto di vite terrene precedenti che ho trascorso prima di addentrarmi in quella vita che si svolge nel mondo spirituale fra la morte e una nuova nascita, della quale ho appunto detto che si rispecchia nel rappresentare e nel pensare ordinario. In breve, quel che la scienza dello spirito ad orientamento antroposofico ha da dire sulla vita dell'anima umana nel mondo spirituale, quel che ha da dire sulle ripetute vite terrene, non è una teoria smorta, non è un'ipotesi, non viene nemmeno espressa come qualcosa di escogitato, ma viene esposta come il risultato di quelle conoscenze e di quelle osservazioni alle quali si giunge soltanto se ci si è preparati ad esse come ho appunto spiegato e come troverete spiegato ulteriormente nel mio libro: Come si conseguono le conoscenze dei mondi superiori?

Ora, per cominciare, oggi ho accennato da questo lato alla via che conduce ai mondi sovrasensibili. Dell'uomo sovrasensibile parlerò dopodomani. Perché oggi devo ancora parlare dell'altro limite, dell'altro limite al quale l'uomo che conosce spiritualmente deve combattere una dura battaglia interiore, così come la deve combattere al limite dei fenomeni naturali. L'altro limite è quello che vorrei chiamare 'il limite di fronte alla propria interiorità umana'. È il limite sul quale spesso l'uomo vuole illudersi, diventando un mistico nel senso ordinario della parola. Come il ricercatore dello spirito deve vivere con la scienza naturale molto più intensamente del ricercatore naturale stesso, perché il ricercatore naturale appunto giunge solo ai suoi usuali risultati e alle sue usuali conoscenze, mentre lo scienziato spirituale deve invece avere esperienze di lotta con la scienza naturale, così il ricercatore dello spirito deve anche realmente compiere tutto ciò che eleva il mistico stesso, ciò di cui spesso il mistico interiormente si rallegra. Ma allo stesso tempo deve combattere una battaglia interiore proprio contro questa gioia, contro questa elevazione. Mentre il mistico ordinario crede di risolvere le questioni sull'eternità proprio penetrando a fondo nella propria interiorità, al vero ricercatore dello spirito, proprio quando penetra in questa interiorità seguendo l'esempio del mistico ordinario, rimane il dubbio più tremendo, la più terribile incertezza. Come deve combattere contro la scienza naturale, il ricercatore dello spirito deve combattere anche contro il misticismo, ma ora verso dentro. Come non può arrestarsi all'ordinaria scienza naturale e ai suoi confini, nello stesso modo in cui vi si arresta il ricercatore naturale, così non può nemmeno arrestarsi all'ordinario misticismo. Infatti proprio immergendosi scrupolosamente e senza farsi illusioni nell'interiorità umana, di fronte al misticismo ordinario gli sorgono dubbi e incertezze. Proprio perché sviluppa quel che ho appunto caratterizzato: il pensare rafforzato; proprio perché vede con chiarezza quel che emerge con quel misticismo col quale molte persone si sentono così bene da credere di essere adagiati nella sostanza divina stessa quando si immergono misticamente nella propria interiorità, proprio per questo il ricercatore dello spirito non può arrestarsi a questa mistica, perché ha imparato a non votarsi ad alcuna illusione in queste osservazioni. Egli ha imparato a lottare veramente contro tutta la fantasticheria. Si è addestrato ad un pensare severamente disciplinato, scientifico. E così vede subito bene che quella che il mistico chiama 'vita con la propria interiorità divina, col suo uomo interiore', non è altro che un vivere ogni genere di reminiscenze incoscienti che, soltanto perché si sono male incorporate nell'anima o perché sono velate alla memoria, non si interpretano correttamente.

Vedete, vorrei rendere l'idea del fatto che il ricercatore dello spirito non si lascia accecare da alcuna illusione; che proprio la vera essenza della ricerca spirituale, grazie ad una disciplina interiore, grazie ad un severo addestramento interiore, allontana da qualsiasi fantasticheria. Perciò il ricercatore dello spirito non può nemmeno accontentarsi di ciò di cui si accontenta il mistico ordinario. Egli vede in tutto ciò delle reminiscenze soggettive; vi vede qualcosa su cui l'uomo ordinario, immergendosi misticamente, si vota ad ogni tipo di illusioni. Al ricercatore dello spirito invece diventa chiaro che immergendosi nella propria interiorità in questo modo ordinario non si perviene affatto a qualcosa che sia realmente presente nell'anima umana. Si raggiunge tanto poco una vera realtà, quanto poco si giunge ad una vera realtà per mezzo del pensare ordinario, non rafforzato. Si ottiene soltanto l'aumento di un certo raffinato egoismo animico. Ci si sente interiormente così bene e a proprio agio, quando ci si può dire che l'anima si immerge nell'uomo divino, e altro del genere. In questo sentirsi a proprio agio, in questo raffinato egoismo, vivono molti di coloro che vengono venerati proprio come mistici. Qui il ricercatore dello spirito deve smascherare il vero stato delle cose, perché, proprio perché ha un pensare rafforzato, gli diventa chiaro che cosa in realtà sia oggettivamente presente di fronte a questa mistica interiore. Gli diventa chiaro che, se si potesse penetrare nel modo usuale nell'interiorità umana fino al nocciolo animico-divino dell'uomo, allora non si avrebbe, d'altra parte, una forza dell'anima della quale si ha necessariamente estremo bisogno per l'ordinaria vita pratica e sociale: non si avrebbe la forza del ricordo, la forza della memoria. La forza del ricordo, la forza della memoria, la si deve esclusivamente al fatto che vivendo interiormente nel senso usuale della parola non ci si può immergere nella piena essenza dell'essere umano. Il ricercatore dello spirito riesce poi a comprendere interiormente come ci si immerga realmente in questa interiorità dell'uomo sempre con una specie di rafforzamento della vita animica ordinaria.

Vedete, questa vita animica usuale scorre in grandissima parte veramente in modo incosciente. Infatti nella vita, non siamo forse veramente diversi, da un giorno all'altro? Una persona che si elevi anche solo ad una auto-osservazione superficiale incomincia già ad accorgersi che le esperienze di ogni giorno la toccano con forza nella sua stessa interiorità. Si pensi solo a come l'anima diventi diversa sperimentando giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, anno dopo anno, una cosa o l'altra. Si pensi a come siamo diversi da un periodo all'altro mentre trascorriamo la nostra vita fra la nascita e la morte, come cambiamo sempre. Solo che l'uomo attraversa queste trasformazioni molto inconsciamente, le compie senza auto-osservarsi, e soprattutto non sviluppa la volontà di rendere sé stesso sempre diverso. Nella vita ordinaria egli sviluppa solo un minimo grado di autodisciplina, di auto-educazione. Aumentando questa autodisciplina, questa auto-educazione, prendendo consapevolmente in mano se stesso, l'uomo giunge veramente a riconoscersi come uno che nella vita 'diventa'. Se invece di affidarci soltanto al modo in cui la vita ci inserisce in sé, facendoci per così dire educare passivamente dalla vita, iniziamo a formare attivamente noi stessi in modo da dirci spesso: “Oggi non ci riesci, farai questo e quello, in modo da poter riuscire a fare questo o quell'altro”, in breve, intraprendiamo di nostra volontà quella che è l'autoeducazione, e ne diventiamo sempre più consapevoli e facciamo di ciò un esercizio, e lo facciamo in modo sistematico, al pensare rafforzato si aggiunge un'altra forza.

Ci sono molti dettagli su questo argomento, e potete trovarli nel libro già menzionato. Facendo tutto questo, la volontà si trasforma e diventa diversa da quella che è. La volontà diventa compenetrata da pensieri, si rivela come intessuta di luce. Mentre altrimenti la volontà rimane per noi qualcosa di molto oscuro e di stimolato solo dai pensieri della testa, se ci si addestra nel modo che vi ho indicato, da quegli sforzi della volontà ci riluce incontro un pensiero. Il mondo in cui ci muoviamo intenzionalmente diviene per noi tutto attraversato da pensieri. Il mondo non diventa solo un'immagine sensoriale, il mondo diventa un grande tessuto di pensieri cosmici grazie al fatto che la nostra volontà è diventata attiva in questo modo. E così da questi pensieri cosmici ci vengono delle conoscenze che possono aggiungersi alle altre delle quali ho già parlato.

Avendo vinto anche questa battaglia contro il misticismo, avendo riconosciuto che la volontà è colma di pensieri cosmici, la vita si amplia su un altro versante, però anche questa volta subentra qualcosa cui bisogna essere adeguatamente preparati affinché non venga danneggiata la vita dell'anima. Anche su questo trovate maggiori dettagli nel libro succitato. L'anima potrebbe essere danneggiata dal fatto che, nei momenti in cui si guarda con questa diversa forza di volontà illuminata dai pensieri cosmici nel mondo spirituale, si deve rinunciare alla memoria, alla possibilità di ricordare. Di quel che si vede così, spiritualmente, non ci si può più ricordare. Se oggi, con il percorso di formazione che vi ho appunto presentato come la formazione della volontà, ho fatto una ricerca spirituale su qualcosa e voglio parlarvene domani, non potrò trarlo dalla memoria, ma potrò parlarvene solo rifacendo tutto ciò che ho fatto per giungere a quell'esperienza, in modo che essa mi si ripresenti nell'anima. Al vero e proprio ricordo bisogna rinunciare. In compenso adesso si pone di fronte all'anima l'interiorità umana, quell'interiorità umana che non si può sperimentare attraverso la mistica ordinaria. Lo si sperimenta dopo aver vinto la battaglia contro la mistica ordinaria, dopo aver superato ciò che rende adatta una persona alla facoltà di ricordare nella vita. Come l'ordinario mondo di pensieri o di rappresentazione è un'ombra della vita prenatale, qui si sperimenta, si vede, quel che vive nella volontà e che altrimenti rimane oscuro (vive al di sotto della memoria, è spiritualmente celato nel corpo umano, ma non può essere visto, perché altrimenti non avremmo alcun ricordo nella vita ordinaria); adesso lo si vede come quel che rimane come germe quando l'uomo oltrepassa la soglia della morte. Allora si riconosce a mezzo della visione, a mezzo della percezione, quell'immortalità dell'anima che gli uomini presentono. Allora si impara ad unire quel che dell'uomo vive spiritualmente dopo la morte con quel che dell'uomo vive spiritualmente prima della nascita, e si riconosce ciò che è eterno nella natura dell'uomo.

Oggi vi ho descritto le vie che portano alle conoscenze e alle osservazioni spirituali, le vie che portano a quel che dà all'uomo una consapevolezza dell'immortalità della propria anima. Vi ho mostrato che, per via di tutto ciò che l'umanità si è conquistata in termini di evoluzione religiosa e scientifica, per ascendere a vere conoscenze del mondo sovrasensibile bisogna trovare un percorso evolutivo moderno. Dopodomani voglio parlare di come l'uomo, in quanto essere sovrasensibile, ci si presenta di fronte all'anima.

Adesso, per concludere, vorrei ancora riassumere in un paio di frasi quello che mi sembra essere il ponte fra le conferenze che ho tenuto qui quest'anno su un ambito apparentemente del tutto diverso e le conferenze che sto tenendo adesso.

Vedete, nei tempi che si sono succeduti a seguito delle terribili esperienze sociali già prima della catastrofe bellica, e poi delle terribili esperienze fatte nel corso della catastrofe bellica e poi anche adesso, mi sono spesso dovuto chiedere: “In realtà, come siamo messi a rappresentazioni e ad idee, dei cui impulsi l'uomo ha bisogno per configurare veramente da sé la vita sociale?” Perché l'uomo ha la necessità di configurare questa vita sociale per il futuro. E mi sono informato davvero in modo scrupoloso, sia nella letteratura sia ovunque altro fosse possibile informarsi, su quali rappresentazioni si facciano sulla volontà sociale gli economisti di adesso, quelle persone che riflettono sull'economia politica e che hanno a che fare con l'economia politica, e in base a che cosa si facciano queste rappresentazioni.

Proprio svolgendo questa ricerca ho avuto un'esperienza particolare. Davvero non me la sono resa facile, questa ricerca, non sono nemmeno partito dall'immodestia di voler esercitare ovunque una facile critica. Chi diviene un ricercatore dello spirito se ne sta alla larga da questa faciloneria. È molto incline, proprio a partire dai motivi che potete capire dalla conferenza di oggi, ad occuparsi con amore di quel che gli uomini producono in termini di idee, di impulsi volitivi. Tuttavia non ho potuto chiudere gli occhi davanti al dato di fatto che proprio le scienze sociali, e anche le scienze etiche, oggi soffrono sempre di una certa imperfezione, di una certa mancanza di chiarezza dei concetti. Nella pratica lo potete capire andandovi a guardare gli economisti delle diverse parti: che cosa dice uno sulla votazione, sul lavoro, sul capitale, che cosa ne dice l'altro, e così via. Ma quel che le persone dicono nelle terribili battaglie del presente si estrinseca, vuole prender forma. Gli uomini combattono, combattono a partire dagli istinti. Sollevano rivendicazioni e non sanno di che cosa stanno parlando. Questa è una cosa che ci si deposita nell'anima. E qui mi si è palesato, lo dico del tutto apertamente, dove sia il vero guasto. Mi si è palesato il fatto che nelle rappresentazioni che ci si vuole costruire di quel che vive nell'agire umano, nella produzione umana, di quel che vive in ciò che una persona fa per gli altri all'interno dell'ordinamento sociale, non può vivere ciò che danno le sole abitudini di pensiero scientifico-naturali. Per esempio l'aspetto spaventoso dell'economia nazionale di Karl Marx sta nel fatto che essa deriva dal modello delle abitudini di pensiero scientifico-naturali, e che quindi non perviene ad una comprensione realistica della situazione sociale esteriore dell'umanità, ma soltanto ad una critica assassina ed a stimolare sterili movimenti rivoluzionari. Questa è la tragedia del pensare attuale. E se da una parte si ha la possibilità di avere la scienza dello spirito, le cui vie vi ho caratterizzato oggi, e dall'altra parte si hanno le grandi questioni sociali, si arriva a dirsi: “Per capire la vita sociale non basta questo modo di pensare che gli uomini hanno coltivato negli ultimi tre quattro secoli sotto l'influsso del pensare ideologico, dell'irrealtà della vita spirituale. Per capire questa vita sociale serve un esercizio spirituale, che si può coltivare soltanto col mondo spirituale stesso”. Se non lo si mette in rapporto coi mondi spirituali dei quali l'anima umana fa parte, non si capisce che nelle merci, in quel che vive come circolazione delle merci sul mercato delle merci, è mischiato ciò che l'uomo conferisce a tali merci per mezzo del proprio lavoro. E ciò che si trova nel lavoro che una persona fa per le altre persone nella vita sociale non lo si capisce se non si è in grado di esercitare il proprio pensare con pensieri che raggiungano il mondo spirituale. E quello che è il capitale non lo si potrà considerare nel giusto modo se non si è capaci di osservare la maniera in cui esso funziona nel suo aspetto puramente materiale e di misurarla con ciò che l'uomo è in quanto essere spirituale. In breve, non si ottiene una conoscenza sociale, senza prima avere una scienza dello spirito. A me è risultato questo dato di fatto e da questo dato di fatto ho cercato di gettare il ponte fra la scienza dello spirito e gli impulsi per l'organismo sociale tripartito. Dell'aspetto di questo ponte per l'evoluzione dell'umanità nel futuro, parlerò sempre dopodomani. Parlerò di quelle che, per una vita dell'anima che sia in grado di capire con il sano intelletto umano che quel che ho detto oggi poggia sulla verità, risultano essere le necessità per l'evoluzione sociale del presente e del prossimo futuro.

Da decenni, e per certi versi a ragione, continuiamo a sentir gridare la coscienza del presente: “La parte asservita dell'umanità deve riscattarsi, deve liberarsi. Perché, qualsiasi cosa debba succedere nella lotta per ottenere questo riscatto, questa liberazione, questa parte asservita dell'umanità non avrebbe altro da perdere che le sue catene”. Ora, per quanto, da una parte, questo sia vero, chi vuole vedere tutto il mondo, tutto il mondo che sta di fronte all'uomo alla luce dello spirito, lo trova comunque unilaterale. Infatti, per quanto sia dura portare catene nel mondo materiale, come è il caso di coloro ai quali si riferisce questa espressione, per quanto sia giustificato che si lotti per liberarsi da queste catene delle quali ci si può sbarazzare solo attraverso una lotta, – c'è ancora qualcosa di cui bisogna dire che perderla sarebbe più terribile di tutte le catene materiali dell'umanità: ed è la soddisfazione che l'anima prova conoscendo il vero uomo spirituale. Se maturassimo ulteriormente conservando lo stesso rapporto con lo spirito che è stato coltivato negli ultimi tre o quattro secoli, e che è giustificato considerare una ideologia, potremmo perdere qualcosa che non deve andare perduto: la coscienza della natura spirituale dell'uomo, del significato eterno dell'uomo. E che questa consapevolezza non vada perduta, che l'uomo si riconquisti una vita spirituale nella quale egli stesso appaia nella sua vera figura, sarà il compito della moderna scienza dello spirito. Allora, se si fa carico di questo compito, essa darà un contributo importantissimo alla nuova articolazione della vita umana. Ma allora, se lo si capisce, ci si dirà: “Non ci sono solo lotte economiche, in futuro ci saranno anche lotte spirituali”. Che l'umanità voglia mostrarsi forte e coraggiosa per vincere queste battaglie spirituali, in modo da non perdere ciò che, se non si vuole continuare a sprofondare nell'abisso, non deve andare perduto: la consapevolezza della spiritualità, dell'eternità nell'uomo.


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Indice

Note:

[1] Rudolf Steiner, "I punti essenziali della questione sociale" OO 23 Ed. Antroposofica, 1999.

[2] Rudolf Steiner, "L’iniziazione - Come si conseguono conoscenze dei mondi superiori?" OO 10. Pubblicato con il titolo: Iniziazione ai mondi superiori Ed. Antroposofica, 2008. N.d.T.

Trad. 10/2017