Mediatore fra bisogno e valore delle prestazione
Capacità - Lavoro - Prestazioni
Il loro ruolo nella struttura sociale

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creative

Alexander Caspar

Prefazione

Questo libro è una raccolta di testi scritti e pubblicati dall’autore dopo il 1989. Il nocciolo del complesso dei problemi trattati è sempre lo stesso: l’osservazione metodica del valore economico, che finora è stato concettualmente trascurato e, su questa base, il vero significato del capitale e della funzione del prezzo. Si tratta della valuta come equivalente del valore delle prestazioni economiche e della loro dimensione monetaria. Un denaro del genere rende possibile una compensazione fra i bisogni che si manifestano liberamente per mezzo del reddito e il valore delle corrispondenti prestazioni orientate al mercato. Nella lettura sul 'valore originario', il lettore troverà il motivo del soddisfacimento dei bisogni sotto ogni aspetto nel fatto che il valore che il bisogno attribuisce ad una prestazione viene coperto dal valore economico necessario per la sua produzione. Naturalmente, all’interno della circolazione del denaro i redditi provengono direttamente dai ricavati della vendita delle prestazioni e viceversa vengono a loro volta riversati nei prezzi per le prestazioni. Tuttavia il testo renderà chiaro che per superare i crolli congiunturali, la disoccupazione e la necessità di crescita sono necessarie, ma anche possibili, istituzioni sociali che appunto basandosi sulla conoscenza del valore economico facciano, siano in grado di fare, di tale valore l’indicatore dei prezzi delle prestazioni e dei redditi; in tal modo il rapporto tra reddito e prezzo di mercato si svincola da quell’interdipendenza cui è soggetto nell’attuale sistema economico.

Il punto di partenza concettuale è fondamentalmente nuovo dal punto di vista metodico, quindi i pensieri non si rifanno a teorie economiche precedenti; essi sono stati scritti alla maniera dei metodi scientifico-naturali come risultati ottenuti dall’osservazione dell’economia. Il lettore il lettore noterà un progressivo affinamento dei concetti. Al primo testo, 'L’economia del futuro’[1], sono state aggiunte delle figure che presentano i concetti in modo effettivamente rigido per facilitare la comprensione del processo del pensiero. In seguito, però, sarebbe opportuno che da questi pensieri il lettore ricavasse delle immagini mobili, un tableau sul quale sia possibile esperire una panoramica dei nessi esistenti. Le ripetizioni che appaiono nei testi mirano a facilitare, in questo senso, lo studio dei contenuti.

Le idee economiche oggi consolidate sono di ostacolo ad un’economia basata sulla divisione del lavoro che si avvalga durevolmente della formazione del capitale, e l’aggrapparsi al sistema monetario attuale ricorda il Tasso di Goethe: “Così il capitano finisce per aggrapparsi saldamente alla roccia contro la quale dovrà naufragare”.

Prima parte

L’economia del futuro - Come uscire dal vicolo cieco

1.1. Introduzione

Lo sviluppo dell’economia basata sulla divisione del lavoro e creatrice di capitale ha suscitato nell’umanità delle ossessioni. Negli Stati industriali dilaga la paura della sovrapproduzione, della disoccupazione e della conseguente perdita di profitti. Nelle regioni della Terra designate come Paesi in via di sviluppo, invece, predomina la rassegnazione a soffrire della mancanza dello sviluppo di mercati di consumo interno, mancanza dovuta ad una sottoproduzione in una situazione di disoccupazione e ad uno standard di vita talmente basso da mettere a repentaglio l’esistenza. Questo testo vuole spezzare il circolo vizioso di pensieri in cui l’umanità moderna si è impelagata e che sta alla base delle sue istituzioni economiche e sociali.

Spesso i pensieri delle persone che oggi assumono posizioni di potere nei contesti sociali o si lasciano andare ad utopiche fantasticherie che degenerano in crudeltà e violenza, oppure si orientano ad una sciocca routine che gradualmente porta allo sfascio l’organismo sociale. Moltissimi di coloro che sono governati temono, a ragione, che coloro che li governano getteranno nell’abisso l’umanità (le persone) e anche l’umanità come qualifica morale. E sarà così se, studiando le condizioni di vita del genere umano, non si trovano nuovi principi sui quali fondare la struttura sociale in modo che le condizioni di vita ne vengano risanate.

L’illusione di molti che oggi amano comportarsi da persone evolute e sociali si basa appunto sul fatto che, senza accorgersene, hanno acquisito le abitudini di pensiero della stessa classe che ritengono responsabile di ogni genere di disfunzione e contro la quale, perciò, credono di dover combattere. Però non si tratta di creare condizioni nuove con concetti vecchi, limitandosi a cambiare la classe di persone, ma di trovare idee nuove.

Nel corso del tempo la volontà dell’uomo ha stabilito delle istituzioni sociali. E a queste ci si è talmente adattati, da pensare di doversi fare, sulla base di queste stesse istituzioni, delle opinioni su quel che va cambiato. Nelle realtà economiche non si riconosce più il pensare come il soggetto che stabilisce le condizioni. Nei pensieri ci si orienta a dati di fatto già esistenti che però dovrebbero essere dominati dal pensiero. Per farsi un giudizio consono alle cose, bisogna ritornare, come in questo scritto, ai pensieri fondamentali che sono alla base di tutte le istituzioni sociali[2]. Il fatto che al giorno d’oggi ci siano delle persone che tendono a ritenere 'conforme alla realtà' soltanto ciò che sono abituate a pensare e che, non essendo abituate a pensare su quanto 'si fonda sulla pratica', lo rifiutano in quanto secondo loro sarebbe 'teoria utopistica' rappresenta un ostacolo ostacolo.

Configurando le istituzioni economiche sulla base di questi pensieri fondamentali in modo trasparente, con il principio associativo che descriveremo sarà possibile suscitare un pareggio fra i bisogni dell’uomo e il valore dei prodotti che egli produce. Il tanto diffuso lavoro non necessario per l’attuale procacciamento del reddito, che crea una moderna schiavitù e strapazza inutilmente sia la natura che l’uomo, decadrà, perché il lavoro non circolerà più come merce nell’economia e il reddito non dipenderà più direttamente da un lavoro. Come l’uomo giunge al reddito dai contesti sociali, così giungerà anche ad una attività. Perciò al tempo stesso decadrà anche la schiavizzante paura della disoccupazione.

A causa della progressiva divisione e razionalizzazione del lavoro, le persone saranno sempre meno soddisfatte dei risultati diretti del proprio lavoro, ma lo saranno tanta di più percependosi come membri creativi di un organismo sociale configurato in modo sensato. Con la partizione indicata alla conclusione di questo scritto, l’economia si fermerà entro i limiti del ruolo che le spetta. Sicuramente, nella nostra epoca, essa ha la tendenza a diventare il Leviatano che regna su ogni cosa.

1.2. I. Il problema dei prezzi e le tesi

Per capire nel giusto modo le difficoltà che la vita economica più recente si trova a dover affrontare, è necessario porre al centro del pensiero economico il problema dei prezzi.

L’economia fornisce beni per il consumo. Anche i beni spirituali possono essere concepiti come qualcosa che serve al consumo. Questi beni sono valori, perché ce n’è bisogno. Il valore economico può essere descritto come stato di tensione, dicendo: da una parte c’è il fabbisogno dell’uomo, che può essere un interesse naturale o artistico; dall’altra parte c’è il bene nella sua qualità, in un determinato luogo e in un determinato tempo in cui può essere consumato. La tensione che forma il valore si rifà dalla parte della merce all’economia, e poiché la sola circolazione non produce alcuna merce, alla natura, al terreno. Dal lato del bisogno, essa si rifà alla vita culturale, spirituale delle persone, dalla cui evoluzione e dal cui progresso vengono continuamente creati nuovi bisogni.

Economia significa mettere in scambio le prestazioni delle persone[3]. Tali prestazioni rappresentano valori economici che vengono scambiati. A formare il valore è l’attività umana che immette nel circolo economico un prodotto naturale più o meno rielaborato e trasformato. Di questa formazione del valore parleremo nel prossimo capitolo.

L’attività umana deve essere concepita da due lati: essa può essere più fisica o più spirituale. In senso economico l’attività fisica può consistere solo di lavoro diretto sulla natura, l’attività spirituale solo di lavoro che organizza, razionalizza, il lavoro fisico[4]. Formando il valore, l’attività umana si lega dunque da una parte alla natura, dalla quale il processo economico ottiene i suoi prodotti; dall’altra parte viene regolata dallo spirito. Perciò, formando i talenti e le facoltà, la vita culturale interviene nel processo economico formando i valori.

Lo scambio dei valori si esprime nella formazione dei prezzi; il prezzo di un bene (ora non espresso in denaro) è ciò che rappresenta il suo valore rispetto agli altri beni. Dunque, quanto pane corrisponde ad un abito, quanti abiti ad un armadio, ecc.

Per il problema dei prezzi si tratta di capire il motivo per cui ogni bene debba raggiungere un determinato prezzo. Non è importante dire quale sia il prezzo di una merce. Così, la riflessione non deve occuparsi di dare il 'valore oggettivo' fisso di un bene, ma mirare a trovare istituzioni economiche (incluso un ordine monetario) attraverso le quali i prodotti entrino nel circolo economico e si quotino reciprocamente in modo che, in sostanza, il valore di un bene corrisponda al valore di quei beni dei quali il produttore ha bisogno in senso più ampio, ancora da chiarire, nel periodo della produzione di un nuovo bene.

In seguito parleremo della realizzazione di una formazione dei prezzi che poggi sull’adeguamento del valore che il bisogno attribuisce ad un prodotto al valore che un prodotto ha per il produttore[5]. Una istituzione economica con il senso della comunità[6] riuscirà a trasporre questa formazione dei prezzi dal piano della semplice comprensione del principio alla vita concreta per tutti gli interessati solo continuando sempre, nei fatti, a far sì che l’attività formatrice del valore orientata ai beni dipenda dalla tensione formatrice del valore legata ai bisogni. Oggi ad una formazione dei prezzi di questo genere si contrappongono istituzioni confuse che hanno conseguenze fatali sull’uomo e che devono essere cambiate:

1.2.1. Prima tesi

Nella vita economica, il valore comparativo dei beni si esprime nel prezzo che viene indicato in valore monetario. Però, anziché essere il solo e unico mezzo di pareggio dei rapporti di valore reciproci fra i beni, il denaro stesso si è trasformato in merce e va ad infilarsi fra i valori falsificando i prezzi che corrispondono ai bisogni e che servono al consumo. Il carattere di merce del denaro si pone in essere attraverso il modo in cui esso viene creato. L’attuale creazione di denaro non è in rapporto diretto con la produzione[7]. Proprio per il fatto che il denaro può essere reso 'più costoso' o 'meno costoso', si vuole intervenire nel processo produttivo spingendo o frenando, sottolineando così ulteriormente il carattere di merce del denaro. In tal modo oggi il valore dei beni viene distorto dai rapporti fra i prezzi, che risultano fra l’altro dalla politica monetaria dello Stato. Ciò che agisce sempre in modo sotterraneo si rivela in tutta chiarezza nei periodi critici: i prezzi vengono mantenuti perché lo Stato si fa carico di garantire il valore del denaro – dunque del valore di una singola merce. Il denaro è diventato una cosa che viene messa in commercio come gli oggetti reali. Finché il denaro stesso è un oggetto economico, esso simula per gli uomini qualcosa di immaginario e tiranneggia la vita sociale.

A causa di una falsa formazione dei prezzi, come anche di una politica di procacciamento del reddito e del lavoro sbagliata, vediamo in tutto il mondo un cumulo di debiti che si accresce sempre più. Miriadi di persone lavorano ai suoi interessi e alla sua estinzione, tuttavia, a causa della falsa struttura dei prezzi, con le possibilità di successo di un Sisifo. Il carico di debiti e di interessi viene mitigato per mezzo di un costante aumento di denaro che consente un’ulteriore aumento dei debiti.

Come equivalente dell’indebitamento universalmente crescente abbiamo, secondo il bilancio economico, patrimonio crescente, capitali flottanti che mettono in moto un gigantesco apparato bancario in qualità di amministratore di debiti e di capitali. In questo sistema, intere schiere di uomini sono costretti a trovare il proprio sostentamento sprecando la propria intelligenza su come, coi soldi, si possano fare ancora più soldi, ma soltanto spostando dei valori da una tasca all’altra, senza creare effettivamente qualcosa di nuovo. Così una parte di umanità commercia e gioca col lavoro degli altri. Senza alcun rapporto con la produzione, facendo aumentare o calare i prezzi, i sacchi di soldi prendono presto possesso di azioni, terreni, materie prime, opere d’arte, e altro ancora, ma tornano subito a sbarazzarsene se questo porta ad un aumento del capitale.

Essendo amministrato in questo modo, come se non potesse essere soggetto a svalutazione, il denaro è diventato un concorrente sleale nei confronti dei beni di consumo, che sono sempre deperibili.

Dunque questo è un aspetto: è necessario che il denaro venga ridotto alla sua funzione di mezzo di scambio, venendo sottoposto, su una nuova base, ad invecchiamento per scadenza, che esso inoltre diventi, nell’economia associativa che forma il capitale, contabilità e misura del rendimento grazie alla modalità della sua emissione (vedi capitolo 'La creazione di denaro a pag. 32).

1.2.2. Seconda tesi

Oggi prevale l’opinione che qualsiasi formazione del prezzo si regoli automaticamente attraverso 'la domanda e l’offerta'. Oggi il prezzo è determinato dal mercato. Si orienta al fatto che ci siano delle persone che possano comprare i beni, perché ne hanno il denaro necessario. Il valore di un bene prodotto crea certamente l’impulso alla domanda, ma è in dubbio se per il soddisfacimento della domanda sia presente anche una corrispondente offerta in mezzi pecuniari. Per il consumatore, il prezzo che è disposto a pagare dipende dal valore che egli attribuisce all’oggetto del suo bisogno come anche dalla quantità di denaro o potere d’acquisto di cui dispone. Questo è condizionato dal suo reddito, che in quanto reddito da lavoro dipende dal prezzo della sua merce lavoro. Poiché il lavoro stesso ha un prezzo, i prezzi dei beni rispecchiano quanto si deve lavorare e quanto devono essere pagati i salari. Però il valore comparativo dei beni trattato nel prossimo capitolo (dunque quella che abbiamo indicato come sana formazione dei prezzi) risulterà solo se il reddito da lavoro e il compenso per le prestazioni non sono collegati direttamente, ma si rapportano al valore economico delle prestazioni.

Per l’uomo d’oggi è una delle cose più difficili, quella di pensare il valore economico di un prodotto separato dal lavoro, che, preso solo di per sé, non ha alcun valore economico. In seguito cercheremo di mostrare quali conseguenze catastrofiche risultino proprio da questa attuale incapacità e come si possano sciogliere i 'nodi gordiani' del legame diretto fra il reddito professionale e la capacità di profitto della prestazione. Ovvero, se il reddito professionale e il ricavato della prestazione sono in un diretto rapporto di dipendenza reciproca, la capacità di profitto della prestazione diventa iniziatore dell’economia al posto del bisogno, perché in quel caso non si lavora in base alla necessità sociale ma solo per il guadagno e, finché il denaro non invecchia, per la tesaurizzazione. Il lavoro diventa allora pura occasione per ottenere un reddito, e la mancata comprensione degli effetti del collegamento diretto fra reddito professionale e profitto della prestazione provoca come conseguenza il lavoro non necessario attualmente tanto nocivo all’uomo e all’ambiente e la relativa produzione: il medico fa visite non necessarie, il meccanico fa riparazioni non necessarie, il banchiere fa transazioni per il volume d’affari che dà la commissione, il fabbricante produce le cose in modo che debbano essere sostituite il più presto possibile. Questo è il secondo elemento: il lavoro si spoglia del suo carattere di merce, venendo innalzato al di sopra del processo economico e posto sulla base del diritto (vedi capitolo 'Capitale – lavoro – reddito' a pag. 28 e anche 'L’articolazione dello Stato' a pag. 43).

1.2.3. Terza tesi

In quest’epoca in cui l’industrializzazione si è sviluppata in modo gigantesco, si è presentato all’umanità un problema enorme, che adesso richiede imperiosamente una soluzione! Se ne occupano persone di destra e di sinistra nei Paesi industrializzati e in via di sviluppo. Esso è alla base della tensione esistente nella formazione dei prezzi fra la valutazione dei beni agricoli e di quelli industriali. Il problema consiste nel fatto che tutta l’industrializzazione vive dell’eccedenza (da non confondere con la sovrapproduzione) dell’agricoltura. Tutte le spese necessarie per l’industria devono essere continuamente coperte dal risparmio di lavoro nell’agricoltura, ma possono esserlo soltanto in quanto se ne consente la produttività grazie alla retroazione dell’organizzazione industriale del lavoro. Il risparmio di lavoro fisico al terreno nell’agricoltura forma il capitale col quale l’industria lavora e il cui ammontare ne determina il valore.

Pertanto il terzo elemento è: il capitale sotto forma di mezzi di produzione industriale non può essere comprato. Il capitale, secondo il modo in cui ha origine, può solo essere dato in prestito o regalato. Il mezzo di produzione assunto nell’azienda può tuttavia essere posseduto. Questo fatto viene spiegato nei capitoli seguenti (soprattutto 'Il ruolo dell’agricoltura, la formazione del capitale' a pag. 21 e 'Prestazione professionale e capitale, disposizione di capitali a pag. 26).

1.3. II. La base della formazione del valore e il 'reddito originario'

Il valore della prestazione[8]

Immaginiamo un’economia chiusa che si trovi ancora allo stadio della semplice lavorazione del terreno e che non abbia scambi con le economie adiacenti. Possiamo pensare l’intera Terra come una regione del genere. In essa a formare il valore è il lavoro fisico svolto direttamente sulla natura. La natura di per sé non ha alcun valore economico – solo il prodotto naturale immesso nello scambio economico attraverso il lavoro ce l’ha.

Il livello della formazione del valore risulta dal rapporto fra il numero degli abitanti e la superficie di terreno utilizzabile a disposizione. Quella che spetta ai singoli allo stadio della sola lavorazione diretta del terreno[9] è la 'sovrapproduzione' [10], di un minimo della quale egli ha bisogno. La produzione e il bisogno combaceranno il più possibile, perché a nessuno verrà in mente di produrre per creare spazzatura. Il fattore tempo legato al lavoro è incluso nella base del calcolo del valore.

Se col progresso culturale sorgono bisogni di altro tipo e se attraverso un secondo fattore della formazione del valore dovuto al progresso culturale, e cioè quello dell’organizzazione intelligente del lavoro (e anche della tecnica), si realizza un risparmio del lavoro fisico svolto direttamente sulla natura, le persone possono diventare libere per attività che si emancipano dal lavoro diretto sulla natura. Il valore di ciò che qualcuno produce (o presta) nelle attività non agricole corrisponde a quella parte che egli sottrae alla produzione agricola che gli spetta. Qui sopra lo abbiamo caratterizzato e designato come bisogno 'originario' e minimo.

Tutto il lavoro che viene svolto dipende dal numero degli abitanti e in ultima analisi non può che collegarsi a quanto viene semplicemente dal terreno, dalla natura. L’uomo vive di queste prestazioni svolte sulla natura; questo è ciò di cui ognuno ha bisogno per la propria esistenza. Dall’altra parte stanno le prestazioni spirituali, che fra l’altro organizzano (razionalizzano) il lavoro sulla natura, ma che sono rese possibili solo dal risparmio del lavoro sulla natura. Il loro valore è determinato esattamente da questo risparmio. Per coloro che, svolgendo prestazioni spirituali, non apportano lavoro diretto sulla natura, e che quindi ne sono esonerati, altri, che rimangono alla lavorazione del terreno, devono farsi carico della parte loro spettante del bisogno che chiamiamo 'originario' o minimo.

Non si può chiedere semplicemente: quanti prodotti 'a' corrispondono a quanti prodotti 'b', dunque quante patate corrispondono a quanto grano, quanto grano corrisponde a una camicia, a una radio o ad un’ora di lezione, perché queste cose non sono paragonabili di per sé. Il punto di riferimento comune in senso economico è il lavoro impiegato o risparmiato sulla natura per un prodotto o per l’altro. Quindi:

Bilancia del valore
Figure 1. Bilancia del valore

Dunque per i valori creati si tratta in un caso dell’impiego di lavoro fisico, nell’altro di un lavoro tale da contenere, attraverso l’intelligenza, attraverso lo spirito, un risparmio di lavoro. L’eliminazione del lavoro fisico (artigianale) a mezzo del lavoro spirituale in senso economico rende determinabile il valore di quest’ultimo[11].

L’agricoltore lavora direttamente sulla natura[12], fintantoché agisce fisicamente. Chi fabbrica capi di vestiario non lavora più direttamente sulla natura. Il suo lavoro contiene già qualcosa di quello che è lavoro fisico risparmiato. Però riconduce alla natura. Fino ai beni prodotti dalle più pretenziose prestazioni spirituali (per es. i computer) tutti i prodotti riconducono alla natura, o al lavoro svolto con mezzi di produzione. Questi sono i valori, prodotti attraverso il lavoro diretto o indiretto sulla natura, che devono essere distribuiti in tutta la regione dell’economia interna o mondiale chiusa in sé. Il denaro serve come mezzo per lo scambio reciproco delle prestazioni, più precisamente come mezzo di compensazione dello scambio di prestazioni artigianali e spirituali.

In un’economia sana le prestazioni saranno valutate secondo reciprocità, cioè si formeranno dei prezzi tali per cui il produttore di una prestazione otterrà un controvalore sufficiente a soddisfare i suoi bisogni in senso più ampio, e anche i bisogni dei suoi, fino a quando avrà nuovamente svolto una prestazione uguale o di pari valore. E questo 'controvalore sufficiente' significa al minimo la parte che, per i singoli, risulta direttamente dal lavoro fisico svolto sulla natura, che si potrebbe chiamare anche 'reddito originario' del singolo.

Col progresso culturale i bisogni aumentano e il lavoro fisico viene sempre più sostituito dall’organizzazione intelligente del lavoro, cosicché aumentano sempre più le prestazioni che gravano sul reddito 'originario' o, detto in altre parole, aumenta il potere d’acquisto del denaro. La ricchezza di una regione economica dipende dunque da ciò che la natura offre, da quante persone se lo devono spartire e da quanto sono elevati il grado di formazione, i talenti e le idee delle persone. Nell’organismo sociale al talento del singolo, che, applicato all’organizzazione del lavoro economico, glielo risparmia, corrisponde la ricchezza della natura[13]. Anch’essa può contribuire a risparmiare il lavoro diretto sulla natura. L’evoluzione più recente, conseguenza di scoperte sempre più sofisticate, arriva al punto, con il riciclo delle materie naturali, da perseguire un’indipendenza sempre maggiore dallo sfruttamento diretto della natura.

Se a ciò che proviene dal terreno deve legarsi solo poco lavoro fisico, il lavoro corrispondente può essere risparmiato per maggiori prestazioni spirituali. Colui che svolge il lavoro fisico rimanente, però, deve sempre presentare un bisogno di ciò che deve essere prestato spiritualmente se si vuole che ci sia una vita culturale (e precisamente una vita culturale libera), senza che questa debba essere amministrata per mezzo delle tasse da un’istanza superiore come lo Stato. Così, nel processo economico, sotto due aspetti entra in gioco un elemento spirituale: esso razionalizza il lavoro fisico, sostenendo la produzione di sempre più beni materiali e immateriali, ma anche continuando sempre a creare nuovi bisogni. Infatti come sono diversi i bisogni delle persone istruite da quelli delle persone non istruite! Come spiegheremo nel capitolo 'Capitale – lavoro – reddito', i bisogni non devono essere generati da un processo propriamente economico. L’organismo sociale sano ottiene le merci dalla base economica, i bisogni dovrebbero giungergli dall’evoluzione umana. Per lasciare che i bisogni si sviluppino liberamente da questa, è necessario che, come diremo nell’ultimo capitolo, le parti che costituiscono l’organismo statale siano indipendenti.

Qualsiasi cosa uno offra nell’economia con la divisione del lavoro, il valore della sua prestazione sarà valutato correttamente se esso equivale al valore della 'produzione originaria' spettante al singolo. In questo rapporto dobbiamo vedere la misura della sana formazione dei prezzi. Infatti è con la formazione dei prezzi che abbiamo a che fare, quando un valore entra in interazione con un altro valore. Ogni formazione dei prezzi radica nella produzione originaria, alla quale il prezzo di qualsiasi bene riconduce.

La produzione originaria, pensata in valore monetario, è il reddito originario (in figura 1 a pagina 51 delle illustrazioni designata come 'unità di conto') e quindi la misura nominale per il possibile salario del singolo. Come abbiamo già detto precedentemente in questo capitolo, ovviamente questo può diventare sempre più alto come potere d’acquisto a seconda del livello dell’elemento razionale, di ciò che aumenta la prestazione all’interno dell’economia totale. Se, nel senso qui inteso, qualcuno guadagna di più anche nominalmente, ciò dipende dai contesti sociali nei quali è inserito[14]. Oggi si pensa che i prezzi, che da una parte dipendono dalla domanda di beni e dall’offerta di beni e che dall’altra parte a loro volta le regolano, tendano automaticamente ad una certa stabilità. Nel senso di una visione immaginativa dell’economia è possibile dar forma a questi concetti di offerta e di domanda e poi osservare come agiscano l’offerta e la domanda. Ma per un pensiero che nelle questioni economiche vive se stesso come l’elemento condizionante, il concetto di prezzo, come quello di offerta di merci e domanda di merci, è troppo ristretto per capire appieno i processi economici. Infatti l’osservazione dei prezzi che risultano sul mercato è soltanto un’osservazione puntuale. Ovvero, tralascia soprattutto quel che si trova dietro i processi che si vogliono afferrare con tali concetti. La domanda di merci è appunto sempre al tempo stesso un’offerta di denaro. Per sviluppare la domanda, deve esserci un’offerta di soldi. Dunque: offerta di merci è domanda di soldi, e offerta di soldi è domanda di merci. Lo scambio o il commercio in quanto processo economico non possono compiersi in alcun altro modo che essendoci sia per l’acquirente che per il venditore ogni volta entrambe: l’offerta e la domanda. Infatti quel che l’acquirente possiede come sua offerta di soldi deve precedentemente anche essere stato prodotto nel processo economico prima della sua domanda, così come deve essere stata prodotta anche la merce che si presenta come offerta! Considerando le cifre solo in senso statistico (quanto le cose costano in denaro) non si riesce a capire il contesto oggettivo della vita economica e quindi non si capisce nemmeno la loro valutazione reale. L’errore di oggi è quello di mettere fin da principio sullo stesso piano il valore dei beni e i prezzi in denaro.

Se si pensa che con le spiegazioni introduttive di questo capitolo si tratti di determinare un qualche 'bisogno originario' o una 'produzione originaria' nel senso di determinati prodotti naturali, quindi di una dare una idea statica di merce, ci si preclude la via che porta alla comprensione del concetto economico. L’economia ha a che fare con materie solo nella misura in cui esse sono diventate dei valori. La domanda: che cos’è il valore – diciamo – della mela sull’albero, si riferisce ad un concetto di valore diverso da quello economico; perché il valore al quale si giunge col pensiero, non perché si pensa la mela come immessa nel commercio trasformata o non trasformata per mezzo del lavoro, ma perché la si deriva come funzione della scorta e dell’urgenza del bisogno, questo valore la mela ce l’ha anche per 'l’economia dei vermi'. Al valore economico giungiamo nel momento in cui l’uomo non usa i prodotti naturali per se stesso, ma entra in un rapporto di scambio di beni con gli altri uomini; qui ciò che l’uomo fa diventa lavoro in senso economico.

Sarebbe strano voler trarre dai pensieri esposti in questo capitolo una ripresa di idee fisiocratiche. Come già detto: l’economia si fa scambiando quelli che sono i prodotti, quindi le prestazioni reciproche fra le persone, e questo scambio si esprime nella formazione dei prezzi. Quel che avviene fra l’acquirente e il venditore è ciò cui, in fondo, mira tutto quel che qualsiasi persona obiettiva può pensare sull’economia. La prima cosa importante per la comprensione dei contesti economici deve essere la formazione del valore e la seconda la formazione del prezzo, perché nel prezzo culmina tutto ciò che in realtà è attivo nell’economia interna o nell’economia mondiale sotto forma di impulsi, di forza. Il fatto che la formazione dei prezzi non vada ricondotta a qualcosa di indeterminato, lo si può capire seguendo appunto tutto, nel processo economico, fino a quel rapporto di valore che, per il lavoro che si svolge direttamente sulla natura, deriva dal rapporto fra il numero degli abitanti e la base di natura necessaria utilizzabile per le sue condizioni di vita. Questo rapporto di valore, risultato del massimo lavoro fisico possibile in senso economico, dà la misura. Infatti tutto il lavoro che può essere svolto dipende dal numero degli abitanti, e tutto ciò cui questo lavoro si può collegare viene dal suolo. Qui, per l’idea del valore, è del tutto irrilevante a quale tipo di caratteristiche naturali – a causa di quale natura – o comunque a quali condizioni culturali il lavoro si leghi.

Naturalmente non esiste né un lavoro 'puramente' fisico (manuale), né un lavoro 'puramente' spirituale in senso economico. Tuttavia questi due principi della formazione del valore fluenti l’uno nell’altro nell’agire economico devono essere concepiti concettualmente come a sé stanti. Non si può dire che il valore delle prestazioni venga svalutato, però, espresso in denaro, viene sempre più abbassato ad un elemento numericamente inferiore, si vorrebbe dire: viene 'frazionato' grazie a ciò che l’organizzazione intelligente del lavoro elimina nel corso di un processo di razionalizzazione. Nella cooperazione di tutta quella che è la lavorazione del terreno e di quanto avviene da parte spirituale, c’è qualcosa che dal punto di vista economico si compensa reciprocamente. Il sistema monetario, descritto nel capitolo 'la creazione del denaro', comprende entrambe le formazioni del valore e rende possibile il riporto dell’eccedenza della produzione del terreno nell’ambito del lavoro spirituale.

In una situazione in cui il numero degli abitanti rimane inalterato, il valore delle prestazioni economiche totali (prodotto sociale) deve quindi rimanere sempre lo stesso, perché il valore delle prestazioni aggiuntive conseguite con una buona gestione grazie al lavoro spirituale si compensa col valore di altre prestazioni, nelle quali è stato risparmiato lavoro fisico.

Denominando 'quota sociale' la parte del valore della prestazione del singolo nel valore delle prestazioni economiche globali, possiamo dire:

Il valore della prestazione del singolo comprende: la richiesta soggettiva che egli per la sua prestazione ottenga tanto controvalore quanto gliene serve per soddisfare i suoi bisogni e quelli dei suoi fino alla produzione di una prestazione di pari valore.

Questa richiesta soggettiva verrà tanto più obiettivata quanto più il valore della prestazione del singolo si avvicina alla somma delle quote di valore della restante quota sociale che gli spettano. Ovviamente la vita non è un meccanismo, e difficilmente il singolo soddisferà i suoi bisogni esattamente secondo la parte proveniente dalle restanti quote sociali. Come si possa, nei continui cambiamenti di domanda e produzione, continuare a stabilire il peso sensibile delle quote sociali secondo il valore viene descritto nel capitolo sul principio associativo a pag. 38[15].

Nel passaggio da figura 4 a figura 5 del capitolo IX diventa evidente come i valori spettanti a coloro che sono attivi spiritualmente o spiritualmente fruitori, che si basano sulle prestazioni ottenute dalla natura attraverso i mezzi di produzione (incluso il suolo), sono innanzitutto integrati nelle quote sociali conseguite con una buona gestione da coloro che lavorano fisicamente, quote sociali dalle quali essi quindi ricavano come donazione[16] le quote sociali di coloro che da tale donazione dipendono. Il controvalore monetario della quota sociale appare nelle figure come unità di conto (UC).

1.4. III. Il ruolo dell’agricoltura

La formazione del capitale[17]

Chiariamo ancora una volta cos’è quella che possiamo vedere come 'polarità inversa’[18]: da una parte abbiamo il lavoro fisico svolto sulla natura, che genera valori; dall’altra parte abbiamo le prestazioni spirituali, il cui valore corrisponde al lavoro fisico che il produttore risparmia, ovvero che non ha più bisogno di svolgere. Abbiamo dunque a che fare con due flussi contrapposti, poggianti su due contrapposte formazioni del valore, che cercano un pareggio. L’organizzazione intelligente del lavoro porta alla divisione del lavoro. La divisione del lavoro razionalizza, o in altre parole promuove, la produttività. La razionalizzazione o l’aumento della produttività si può concepire in due modi: o si produce di più con lo stesso dispendio di lavoro, oppure si produce uguale con minor dispendio di lavoro (misurato in termini di tempo). Per maggiore semplicità, partiamo da quest’ultimo caso. Prendiamo un ordinamento economico agricolo ancora primitivo, per esempio di quando i contadini dovevano necessariamente recarsi al lavoro a piedi. Se, grazie all’organizzazione del lavoro o ad una scoperta, per esempio quella del carro, ha luogo una razionalizzazione, in modo che la stessa quantità di merci venga prodotta con minor dispendio di lavoro, nel bilancio del profitto (nel nostro caso di quello della produzione agricola) risulta un risparmio di lavoro. Dato che stiamo osservando le cose da un punto di vista economico globale e non dal punto di vista della singola azienda, è giusto parlare di risparmio di lavoro e non di guadagno (altrimenti potrebbe sorgere la strana opinione che stiamo parlando di quello che nei manuali di testo viene chiamato 'guadagno differenziale'). Il risparmio di lavoro, oppure l’esubero della produzione, hanno un significato solo se messi di fronte ad un’altra attività per il cui esercizio essi vengono prestati o donati. In caso contrario, sarebbe intelligente che un aumento della produttività portasse solo ad una riduzione del lavoro, per evitare lavoro non necessario e sovrapproduzione.

Risparmio di lavoro significa che delle persone possono essere liberate dalla produzione agricola, o per attività imprenditoriali (nel nostro caso il trasporto) oppure per attività spirituali. Nel bilancio, accanto al minor dispiego di lavoro attivato, il risparmio di lavoro appare come 'cassa', dunque come capitale in denaro che può essere usato per far prestiti oppure con il quale, nel nostro caso, traffica l’inventore del carro o l’impresa dei trasporti.

Cosa diventa evidente col nostro esempio?

Per prima cosa, che, come già detto, l’organizzazione 'intelligente' del lavoro lo divide, lo distribuisce; che l’organizzazione del lavoro porta, grazie allo spirito inventivo, ad un risparmio del lavoro svolto direttamente sulla natura. Quel che prima, nel nostro esempio, ciascuno faceva soltanto per se stesso, dopo la scoperta del carro verrà svolto in collaborazione con l’inventore del carro. Il lavoro viene spartito: l’inventore del carro non svolge più direttamente un lavoro sulla natura, si occupa invece del trasporto. Per questo viene pagato dai fruitori del carro. Il carro è capitale. Il capitale ha origine con la divisione del lavoro, come lavoro che assume un aspetto più razionale grazie allo spirito. E quanto più il lavoro viene razionalizzato per mezzo dello spirito, quindi quanto più avanza la formazione del capitale, quanto più è alta la formazione del capitale, e tanto più il lavoro si libera dal suo legame diretto con la natura. Questo processo di emancipazione culmina quando l’elemento specifico del lavoro, il suo oggetto, sparisce e si continua soltanto ad organizzare.

Il mezzo che porta in sé questo processo di astrazione è il denaro. Nell’economia, il denaro è come un’astrazione rispetto all’elemento specifico che esiste come capitale sotto forma di mezzi di produzione. Esso rende possibile esprimere il valore che si può ottenere con una buona gestione a mezzo della divisione del lavoro e che si può far passare dall’uno all’altro. Inoltre il denaro rende possibile che lo spirito intervenga nel processo economico. La divisione del lavoro e la formazione del capitale invocano un sistema monetario, perché questo, con la trasmissione dei valori, rende possibile la loro ingegnosa combinazione con nuovi mezzi di produzione e valori. Come fenomeno concomitante della formazione del capitale subentra l’economia monetaria.

In secondo luogo diventa evidente l’importante dato di fatto economico che solo l’eccedenza del lavoro svolto sulla natura rende possibile discostarsi dalla lavorazione diretta del terreno, il che avviene nell’attività industriale o in quella spirituale (inventiva e cattedratica). Ciò significa che tutto l’industrialismo lavora con un passivo rispetto alla produzione legata al suolo, che il bilancio deficitario della produzione industriale viene coperto dal surplus della produzione legata al suolo. La tabella seguente, sul bilancio, nello stadio 1 ha significato didattico; perché l’introduzione di un sistema monetario diventa realtà solo quando si traffica oltre la produzione primaria legata al suolo, cioè quando il lavoro si emancipa dalla base naturale, il che equivale al sorgere del capitale.

BILANCIO

ATTIVO

PASSIVO

1. STADIO
PRODUZIONE DAL SUOLO
dispendio di lavoro attivato

a

CREDITO
(la banca d’emissione)

a

2. STADIO
PRODUZIONE DAL SUOLO
dispendio di lavoro attivato

FORMAZIONE DEL CAPITALE:
CASSA (= risparmio di lavoro)

a-b

b

CREDITO
(la banca d’emissione)

a

3. STADIO
PRODUZIONE DAL SUOLO
dispendio di lavoro attivato

DEBITORE (v. bilancio deficitario)

a-b

b

CREDITO
(la banca d’emissione)

a

BILANCIO DEFICITARIO
della produzione e servizi industriali

Mezzi di produzione e imprese di servizi ind.

b

CREDITO
da parte della produzione al suolo

b

L’industria viene permanentemente mantenuta dai profitti ricavati dalla lavorazione diretta del substrato di natura. L’industria può certamente fornire alla lavorazione del terreno beni strumentali ma non rifornire se stessa di capitale (emancipazione del lavoro dalla base di natura); altrimenti farebbe come il barone di Münchhausen, che si alzava in volo appendendosi al suo ciuffo. Poiché al giorno d’oggi il capitale può essere comprato e venduto sotto forma di mezzi di produzione, cioè può essere messo in commercio, viene nascosto il fatto che all’industria si fa continuamente credito del surplus della produzione derivante dal suolo (senza che su questo credito vengano direttamente pagati con evidenza degli interessi[19]). La mancata comprensione di questo dato di fatto dipende anche dall’attuale aumento della quantità di denaro osservato in modo critico nel capitolo 'La creazione del denaro', che porta grottescamente all’idea rovescia, attualmente corrente, che sia l’industria a mantenere l’agricoltura.

Se l’industria non riesce più ad assorbire il capitale messole a disposizione da parte della produzione derivante dal suolo, tale capitale deve essere impiegato come donazione nel settore dell’educazione e della cultura. Oggi il capitale eccedente fluisce, sotto forma di ipoteche, nel terreno, il cui prezzo, in tal modo, ha la tendenza a crescere continuamente. A causa dell’aumento dell’affitto del terreno, il livello generale dei prezzi viene poi alzato in modo corrispondente. In questo modo si può arrivare al punto che alla fine i Paesi più industrializzati con una grande eccedenza di capitale non riescano più ad affermarsi coi prezzi rispetto ai Paesi sottosviluppati.

Un esempio di come la produzione derivante dal suolo non arrivi al punto di finanziare un’industria, oggi lo danno i cosiddetti Paesi sottosviluppati. Nell’idea di costruire industrie proprie a spese dell’agricoltura, lo Stato tiene bassi i prezzi agricoli. Però questa politica dei prezzi ha come conseguenza che alla fine non esiste né un’industria sviluppata per forza propria, finanziariamente indipendente dai Paesi esteri, né un’agricoltura sana. Infatti i prezzi agricoli ridotti non consentono di raggiungere un’eccedenza con la quale poter finanziare l’industria. Al contrario: c’è il pericolo che l’agricoltore continui a produrre solo per il proprio fabbisogno e che come imprese redditizie rimangano solo latifondi che esportano e approfittano dei prezzi del mercato mondiale.

I prodotti industriali, in quanto prodotti che dipendono dalla volontà umana, si possono accrescere sia in quantità, ma sia anche in qualità, a piacere. Il prezzo del singolo prodotto industriale avrà dunque la tendenza ad abbassarsi secondo l’intensità della produzione razionale. In tal modo anche l’agricoltura razionalizza e produce a prezzo più basso. Oggi questo succede in grande misura soprattutto nei Paesi industrializzati e in linea di principio non c’è nulla da obiettare. Come conseguenza del sistema sociale connesso ed inerente all’industria moderna, l’agricoltura corre il pericolo di non occupare il posto che dovrebbe e andare verso la rovina (se non viene mandata in rovina secondo quanto esposto sull’attuale aumento del denaro a pag. 67):

Nell’industria, quando si tratta di acquisire denaro, regna un’indifferenza totale non solo rispetto al tipo di lavoro, ma anche rispetto al prodotto del lavoro, a ciò che viene lavorato. L’agricoltura non deve e non può assumere questo modo di pensare industriale. Infatti l’agricoltura non ha, come l’industria, la possibilità di ripiegare sempre su prodotti nuovi, di ingrandire a piacere il ventaglio dei suoi prodotti, in breve: di essere indifferente nei confronti di ciò che produce. Però nelle attuali circostanze è costretta, per motivi di redditività in competizione con l’industria, a stabilizzare il proprio reddito mediante la quantità della produzione dei beni. Perciò la sua produzione si orienta secondo i beni da produrre quantitativamente nel modo più razionale. In tal modo oggi l’agricoltura arriva sempre più alla sovrapproduzione, il che porta ad errati rapporti di prezzo fra i prodotti agricoli e i prodotti industriali. Ciò significa che oggi l’agricoltura regala permanentemente valori all’industria e l’agricoltore rispetto al lavoratore industriale realizza un reddito inferiore. In seguito lo Stato soddisferà l’esigenza di redditi paritetici sottraendo all’industria questo 'regalo' dell’agricoltura a mezzo delle tasse, per restituirlo all’agricoltura per il suo mantenimento sotto forma di sovvenzioni. Anche le tasse sono donazioni, anche coercitivamente. Finché lo Stato si fa garante dei prezzi, spinge l’agricoltura ad aumentare ulteriormente la produzione. È dunque un circolo vizioso! Tali sovvenzioni hanno il difetto di riferirsi di regola appunto a quei prodotti che si ottengono nel modo più razionale, ma di cui ce ne sono già troppi, per esempio cereali, latte, carne. Negli ultimi tempi il fisco segue la via di pagare all’agricoltura, come compensazione del reddito, una rendita senza prestazioni invece di sovvenzionare un prodotto.

Qui si chiarisce il problema attualmente della massima importanza, ma anche di difficile soluzione, del bilancio fra l’industria e l’agricoltura. Solo se ciò che secondo le nostre tesi in realtà non può affatto essere merce (ovvero il terreno, la forza lavoro umana e anche il denaro) smette di essere merce e quindi fattore costi per la formazione del prezzo, si creerà, come abbiamo descritto a proposito della base della formazione del valore e del reddito originario, un rapporto tale fra i prezzi agricoli e quelli industriali, per cui le spese che sono necessarie per la produzione di un prodotto industriale corrispondono al surplus agricolo necessario per tale produzione, o meglio al risparmio di lavoro che vi viene ottenuto. Su come, ora, il bilancio fra industria e servizi da una parte e la produzione dal suolo dall’altra sia numericamente determinabile nella pratica, si risponderà dopo aver trattato della creazione del denaro nel capitolo sul principio associativo.

1.5. IV. Divisione del lavoro e capitale

Disponibilità di capitale

La più moderna vita economica poggiante sulla divisione del lavoro si compone di tre elementi: di ciò che offre la natura, di ciò che crea il lavoro dell’uomo e di ciò che viene fatto col capitale (come mezzo di produzione e capitale dell’imprenditore). Invece di capire che il processo di produzione moderno con la sua perfezione tecnica favorisce l’iniziativa e la capacità del singolo – perciò favorisce anche la possibilità che il singolo, quello capace, disponga del capitale e possa attuare di propria iniziativa il processo di produzione – in molti luoghi si sostengono parecchi sforzi per sostituire l’iniziativa del singolo con una comunione astratta.

Il capitale sorge come fenomeno concomitante della divisione del lavoro. Grazie alla divisione del lavoro, i processi che inizialmente venivano svolti direttamente sulla natura vengono organizzati dalle competenze e conoscenze spirituali. Il capitalismo che se ne sviluppa mostra che l’attività organizzativa prende sempre meno in considerazione la peculiarità della sostanza di natura o il tipo di lavoro. Esteriormente, il valore che nasce a seguito dell’organizzazione spirituale del lavoro si esprime nel denaro. Come fenomeno concomitante del capitalismo subentra l’economia monetaria, e con ciò si raggiunge un’autonomizzazione del capitale. Con questo capitale diventato libero grazie al lavoro che è stato risparmiato può lavorare lo spirito inventivo umano che deve essere risvegliato.

Ora, oggi l’economia monetaria viene facilmente confusa con il capitalismo, come spiegheremo in seguito. Questo dipende dal fatto che in tutti i rapporti sociali si sono imposti i punti di vista del capitalismo monetario, ovvero: a chi interessa solo acquisire o amministrare una certa somma di denaro, è del tutto indifferente se questa somma di denaro rappresenti terreno, mezzi di produzione o beni di consumo. Si tratta solo di ottenere una determinata somma di denaro per qualcosa, oppure, se la si possiede, che tale somma di denaro in ultima analisi si moltiplichi, frutti degli interessi, non importa come.

Il capitalismo, come lo giustifichiamo qui, deve rendere possibile a chi ne abbia la capacità, di disporre di capitale sotto forma di mezzi di produzione o di denaro, ma, proprio per questo, di sviluppare un rapporto con la produzione. Egli deve restare legato ai mezzi di produzione solo fino a quando le sue capacità possono essere impiegate a servizio della produzione. Nella misura in cui la capacità è qualcosa di individuale, si può incaricare dell’attività imprenditoriale solo la singola persona o un gruppo di persone. All’attività imprenditoriale si lega necessariamente la libera disponibilità di denaro, indipendentemente da chi ne sia il proprietario secondo i concetti giuridici. Si tratta di chi, di fatto, disponga del capitale, e in un’economia 'socialista' sarà appunto inevitabilmente il pezzo grosso del partito. Solo che, se lo Stato subentra nella gestione dei mezzi di produzione, c’è il pericolo che la produzione venga regolata secondo il bisogno presente, cosicché alla produzione non verrebbe data alcuna iniziativa e il bisogno verrebbe portato a stagnazione. Per esempio una buona volta bisognerà stabilire a quanto ammontava il bisogno di aerei a reazione nel 1920! Il bisogno viene dato e trasformato dal processo culturale!

La giustificata pretesa che si debba produrre non per la massimizzazione del capitale monetario, ma per il consumo della collettività, non deve portare alla conclusione che i mezzi di produzione debbano essere trasferiti alla proprietà comune. È molto più giusto che, le relative istituzioni trasferiscano alla collettività quando è stato prodotto dal talento individuale. In questo modo si giungerà al concetto di proprietà limitata nel tempo, a rotazione, come nuova forma di proprietà[20], il che significa che i mezzi di produzione sono legati ad una persona o ad un gruppo di persone solo fintantoché le capacità di queste persone lo giustificano. Al posto del possesso anonimo di azioni, si mirerà al possesso diretto dei mezzi di produzione fondato sulla capacità e sul talento.

E ora come stanno le cose con la proprietà del terreno, una parte del quale viene usata per l’agricoltura, una parte per industria, commercio e artigianato, e una parte a scopo abitativo? Il terreno in quanto tale, in quanto non prodotto né dal lavoro fisico né da quello spirituale, non rappresenta una merce acquistabile. Gli edifici, i macchinari e gli animali impiegati per l’uso agricolo, così come gli allestimenti e i macchinari per la produzione industriale e i servizi, una volta fabbricati e messi in azione, insieme al terreno in cui si trovano, costituiscono parte integrante dei mezzi di produzione e pertanto non sono più beni di consumo commerciabili.

Il trasferimento di proprietà di mezzi di produzione (incluso il terreno) è un puro atto giuridico, non un atto economico. Nel processo del circolo economico il terreno non diventa affatto merce acquistabile e i mezzi di produzione già prodotti lo saranno solo fino a quando vengono prodotti, fino a quando sono finiti e vengono consegnati alla loro destinazione. Il problema del loro finanziamento verrà trattato in seguito, in collegamento con la creazione del denaro.

Il modo in cui una persona, nella situazione giuridica e monetaria modificata, entri in possesso di terreno non utilizzato per industria, commercio e artigianato, è trattato nell’ultimo capitolo in collegamento con la partizione dello Stato. Per quanto riguarda la nomina di persone idonee a dirigere l’impresa dovrà dominare la continuità, cioè: per quanto possibile, gli imprenditori sceglieranno da sé i propri successori. In date circostanze, i successori possono anche essere i loro discendenti; in agricoltura lo saranno perfino sempre di regola, perché lì le capacità e le conoscenze dipendono dal legame col terreno.

Poiché la conduzione dell’impresa poggia sulla forza dell’idea, sulla capacità e sull’abilità individuale, la nomina di uno o più dirigenti d’impresa non avverrà secondo il principio democratico di una votazione da parte dei dipendenti. La conduzione di un’impresa ha tre aspetti:

  • La capacità e l’iniziativa di fabbricare un prodotto è manifestazione dell’istruzione;

  • Le condizioni del lavoro aziendale sono prestabilite dal diritto;

  • Il fattore economico vero e proprio è costituito dai risultati di vendita e dalle decisioni della direzione aziendale in materia di determinazione dei prezzi.

Nel caso in cui gli imprenditori non abbiano scelto i propri successori, si provvederà alla nomina per l’associazione competente[21] attraverso la mediazione del settore culturale ed educativo. Alla stessa istanza sarebbe data la possibilità di licenziare per vie giuridiche.

L’indennità per prestazioni imprenditoriali sarà in rapporto all’aumento o alla diminuzione del capitale.

1.6. V. Capitale – lavoro – reddito

L’ordinamento sociale dell’antico diritto feudale poggiava sulla presa di possesso del terreno. Le prestazioni (i risultati del lavoro) vi venivano distribuiti fra le persone attraverso donazioni forzate ai proprietari terrieri in base ai loro privilegi. Tutto era spostato nella sfera giuridica. Al posto del diritto feudale è subentrato il mercato moderno. Regolata da domanda e offerta, quest’economia di mercato imprime a tutte le cose il carattere di merce e così in tale economia di mercato anche il capitale, che passa da una mano all’altra, da una società all’altra, la forza lavoro umana, che sta nel rapporto salariale, e le prestazioni di lavoro appaiono tutti ugualmente come merci. Col capitale e il salario come merce tutta la formazione del prezzo si basa sulla lotta per la concorrenza e il rapporto di redditività fra i due. Al posto degli antichi privilegi è subentrato il potere economico e al posto delle classi l’antagonismo fra capitale e salario. Quella che una volta era la servitù della gleba oggi la si raggiunge attraverso l’indebitamento e la dipendenza dal salario.

Finché il capitale sotto forma di mezzi di produzione (fra cui va annoverato anche il terreno) può essere merce e proprietà privata nello stesso senso dei beni di consumo e finché il lavoro viene venduto come merce, l’impulso economico consiste nel crearsi un reddito più alto possibile attraverso la produzione dei beni. Sia il capitale che anche il lavoro si sforzeranno di acquisire tutto quello che riescono a spremere dall’ordinamento sociale. Si cerca di venire a capo di una giusta retribuzione per mezzo di una monopolizzazione del lavoro, attraverso la quale il lavoro, diventato merce e pagato come merce, ovviamente deve sforzarsi di ricevere una retribuzione sempre migliore. Ma per la formazione dei prezzi il rincaro della merce lavoro tendenzialmente ha la stessa funzione inflazionistica che ha il semplice aumento del mezzo della circolazione monetaria.

La mercificazione del capitale ha come conseguenza la mercificazione della forza lavoro, come il polo magnetico negativo ha come conseguenza quello positivo. Se dunque manca un nuovo concetto di capitale che al tempo stesso estirpi il vecchio concetto di paga, il lavoro continuerà ad essere presente nella vita economica nel modo tradizionale, come merce, e dovrà continuare ad essere pagato dal capitale. In tal modo la vita sociale viene inserita nella lotta di concorrenza fra salario e capitale e terribilmente tirannizzata. Da parte del capitale c’è allora interesse in una certa disoccupazione permanente, affinché tendenzialmente dalla parte delle spese del bilancio del profitto gravi una continua pressione. Dalla parte del lavoro, al contrario, domina l’interesse in una riduzione dell’aumento dei salari.

Quando oggi qualcuno produce un prodotto, si chiede: quanto costa il lavoro necessario per la sua produzione? Se nel processo economico il lavoro circola come merce, in una cattiva situazione congiunturale il prezzo per il lavoro dipende dai prezzi dei prodotti; in una situazione di buona congiuntura i prezzi delle merci dipendono dal prezzo del lavoro. Di conseguenza i prezzi dei prodotti condizionati dai bisogni non possono essere liberamente armonizzati con il reddito. Se si immagina il reddito professionale come direttamente collegato al ricavo per la prestazione e da esso dipendente, si arriva inoltre ad un vicolo cieco:

l’applicazione pratica di quanto si impara nei nostri istituti superiori di tecnologia e organizzazione fa sì che sempre più persone vengano liberate dal processo lavorativo o, come si usa dire oggi, che vengano 'razionalizzate via'. Fondamentalmente oggi si l’evoluzione procede in questa direzione, che implica più libertà per il singolo, e volerla contrastare porterebbe a voler abolire lo spirito umano e i nostri istituti superiori. Ma se le macchine producessero tutto e con ciò si raggiungesse un presunto stato ideale per l’umanità, con le concezioni attuali le persone morirebbero di fame, perché, escluse dalla produzione di beni, non avrebbero alcuno stipendio. Se non è così, ciò dipende dal fatto che lo Stato 'sociale' moderno ha ri-direzionato almeno una parte del risparmio di lavoro eliminato attraverso la razionalizzazione, che torna utile al 'capitale' (espresso in denaro), per ridistribuirlo come sostegno ai disoccupati, cosa attraverso la quale sorge un reddito.

L’economia attuale come cerca di venire a capo del presunto pericolo di perdita di reddito e di disoccupazione? Stimolando il consumo, si dovrebbe sostenere il lavoro per creare l’occasione di ottenere un reddito. Ciò significa che, che sia necessario o non necessario, bisogna consumare, affinché sorga lavoro (necessario o non necessario) che porti al reddito. E devono essere creati redditi, affinché si consumi. Con ciò siamo entrati una una 'economia di copertura' in cui si produce senza più badare alla qualità e si strapazzano inutilmente la natura (ecologia) e anche la forza lavoro umana. L’uomo diventa macchina di consumo e di lavoro.

Se l’uomo moderno non riesce a farsi un’immagine del valore economico di una prestazione come separato dal lavoro, continuerà ad essere condannato al lavoro non necessario e alla sovrapproduzione. Fra l’altro, in futuro sarà proprio importante capire che l’equivalente in denaro per le prestazioni ricavate dalle capacità spirituali 'automaticamente', cioè risparmiando lavoro fisico, deve circolare come donazione[22]. È una cosa che viene messa in pratica già oggi con il sussidio di disoccupazione, ma appunto sotto forma di pagamento di un reddito senza che vengano date prestazioni basato sulla sola preoccupazione di creare domanda al meccanismo economico. Infatti il produttore ha bisogno di trovarsi di fronte ad un consumatore dotato di potere d’acquisto.

In una forma occulta (dissimulata), esiste il lavoro non necessario, come ad esempio, nei programmi di creazione di posti di lavoro per la generazione di reddito, ma in certe circostanze anche attraverso esportazioni superflue i cui ricavi sono autofinanziati in modo non redditizio da una errata struttura dei prezzi internazionali, o attraverso il partner commerciale, nel caso in cui la fatturazione venga effettuata nella sua moneta, "pagati" (cioè svalutati) attraverso l’inflazione interna e la svalutazione della moneta nei confronti del paese esteri.

La pubblicità, purché non si limiti a segnalare la disponibilità dei prodotti, può essere un esempio del fatto malsano dell’attuale vita economica, di creare bisogni per mezzo di un processo economico proprio invece di lasciare che essi manifestino da sé n base all’evoluzione umana, al processo culturale.

Dal punto di vista economico, il lavoro di per sé non va affatto preso in considerazione; infatti in quanto tale non rappresenta alcun valore. Viene pagato il risultato del lavoro, e solo questo è concepibile in senso economico. Per quanto riguarda il modo e il tempo, il lavoro è una questione giuridica. Al processo economico spetta la regolamentazione delle valutazioni reciproche fra le merci, cioè di quanto uno, per le sue prestazioni, debba avere dalle prestazioni dell’altro. La questione della restituzione della forza lavoro, del risarcimento di ciò che viene logorato nell’organismo fisico attraverso il lavoro, è semmai una questione fisiologica, cioè la questione dell’equivalente in calore, ma non una questione economica.

Bisogna abbandonare il vecchio concetto di salario e capire che dal punto di vista economico si può trattare solo della spartizione dei risultati del lavoro. In realtà oggi è già in atto un un conflitto sulla spartizione del ricavo, ma in una forma dissimulata, infatti, per quanto sembri paradossale, il salario come pagamento del lavoro non esiste affatto, esiste solo la spartizione di quanto ricavato dal risultato del lavoro.

Come le merci si valutano reciprocamente nel circolo, o, in altre parole, sul mercato, e vengono prezzate (aspetto economico), così gli uomini si tassano fra loro i loro redditi (aspetto giuridico).

Come norma economica del reddito nominale spettante al singolo deve valere il quoziente della divisione del reddito originario per il numero degli abitanti. Nel valore, questo reddito originario corrisponde, come spiegato a pagina 17, alla produzione originaria, così come, numericamente, corrisponde alla creazione del denaro che descriveremo nel prossimo capitolo.

Se si tiene conto di ciò che dal lavoro spirituale, in termini di prestazioni, va ad aggiungersi alla produzione originaria (risultato del lavoro fisico), si può indicare il valore del guadagno del singolo come quoziente della divisione del reddito fondiario[23] per il numero degli abitanti.

La misura di qualsiasi formazione dei prezzi è la produzione originaria[24], la misura del reddito è il reddito originario. La produzione originaria e il reddito originario si corrispondono reciprocamente in merito al valore. Proprio perché è così e perché la misura per i prezzi delle prestazioni e per il reddito è data in entrambe le grandezze iniziali, i prezzi delle prestazioni possono e devono oscillare reciprocamente in modo libero a seconda dei bisogni e non devono essere gravati dai cosiddetti costi del lavoro. I bisogni determineranno se una merce, per la cui produzione va impiegato molto lavoro, debba essere poco costosa o, nel caso in cui sia necessario poco lavoro, in certe circostanze debba invece essere costosa[25]. Naturalmente si può dire che le spese a fronte dei ricavi delle merci si suddividono sempre nei redditi e che perciò i redditi sono sempre in armonia coi prezzi stabiliti. Ma l’importante – e qui sta il problema – è che, attraverso la formazione del reddito e la configurazione dei prezzi secondo le direttive descritte anche nel capitolo sul principio associativo, tutte le prestazioni apportate, incluse quelle spirituali, corrispondono a tutti i bisogni che si manifestano e li soddisfano in massima misura[26]. Nel capitolo sul principio associativo si spiega come si deve ottenere che i prezzi delle prestazioni fornite vengono messi in correlazione ai singoli redditi.

La differenza fra determinazione giuridica e determinazione economica del reddito deve rendere chiaro che non vale fin da principio un principio livellatore. La retribuzione unitaria secondo le direttive sul reddito varrebbe solo per o nel lavoro puramente fisico. Ma poiché ogni occupazione richiede una specifica prestazione spirituale, risultano delle differenze sia verso l’alto che verso il basso rispetto al valore di orientamento nominale. Tuttavia i redditi che ne sono al di sotto partecipano dell’aumento del potere d’acquisto grazie all’effetto della razionalizzazione, tanto da superare ampiamente, per potere d’acquisto, il potenziale minimo del valore di orientamento indicato alle pagine 16/17. L’imprenditoria radica nella vita spirituale o culturale[27]. Per garantirle lo spazio necessario, serve un pagamento aggiuntivo.

1.7. VI. La creazione del denaro

Immagine effettiva

Una delle questioni più importanti lungo la via verso un risanamento dell’economia è quella della creazione del denaro, il fare chiarezza su quello che in realtà dovrebbe essere il criterio per l’emissione di moneta scritturale.

In sostanza al giorno d’oggi, per le banche centrali (banche d’emissione), ci sono i seguenti criteri: oro, valuta, credito (crediti su pegno, crediti cambiati) e titoli.

Attivi

Passivi

oro

banconote

valute

credito in conto corrente

titoli

crediti

cambio

Teoricamente, da quando nel 1971 sono stati aboliti gli standard della valuta aurea, l’oro e le valute non hanno più alcun ruolo. In linea di principio all’interno di un’area monetaria non ci sono più influssi che influenzino dall’esterno la quantità di denaro, ovvero ogni banca centrale ha il controllo esclusivo sulla quantità di denaro. Ma, per motivi di politica commerciale e monetaria, quasi tutte le banche centrali intervengono nel mercato delle valute, cosicché le valute continuano appunto comunque ad influenzare la quantità di denaro.

Ora le banche centrali (almeno quelle dei più importanti Paesi industrializzati) si sforzano di riportare la quantità di denaro allo sviluppo del reddito nazionale lordo, il che, secondo punti di vista statistici, è possibile. Un nesso intrinseco plausibile fra consumo e produzione da una parte e quantità di denaro dall’altra non è definito.

Ma al tempo stesso le banche centrali cercano di gestire la politica congiunturale per mezzo della quantità di denaro, cioè di superare il ristagno congiunturale aumentando la quantità di denaro, oppure di frenare una sovracongiuntura con ripercussioni di inflazione contraendo la quantità di denaro. L’espansione del denaro per la ripresa della congiuntura avviene per motivi di politica per l’occupazione; la 'economia di consumo' è motivata, come già descritto nel capitolo su capitale, lavoro, reddito, dall’acquisizione di reddito.

Immagine prospettiva

Quanto abbiamo detto finora sul capitale e sulla formazione dei prezzi ha evidenziato il fatto che nell’economia capitalistica con la divisione del lavoro il denaro dovrebbe avere la funzione di mezzo di scambio delle prestazioni di ogni genere e, per così dire, dovrebbe avere il carattere di una contabilità delle prestazioni economiche, come anche dei redditi. Affinché nel sistema monetario la formazione dei prezzi da parte della produzione originaria si rispecchi conformemente alla nostra formula del prezzo, la creazione del denaro deve partire dalla formazione del valore che è data dal rapporto fra la popolazione della zona di valuta in questione e la superficie di territorio utilizzabile o necessaria. A questa formazione del valore corrisponde la produzione originaria che abbiamo descritto nel capitolo sulla base della formazione del valore, che è identica al dispendio di lavoro attivato sul terreno descritto nello stadio 1 della visione d’insieme del bilancio a pag. 23. Espresso in numeri, questo valore che dovrà essere precisato corrisponde al reddito originario[28] e deve formare la 'base monetaria', il fondamento per la quantità di banconote e moneta scritturale.

Questo è l’aspetto decisivo della creazione di un denaro del genere: equiparando la quantità di denaro (base monetaria) alla produzione originaria, questa viene portata dall’astratto al concretamente determinabile e il denaro viene portato alla contabilità delle prestazioni e dei redditi. Tale contabilità rileva numericamente i dati del credito dell’agricoltura permanente, variabile di livello, dai restanti settori dell’economia conformemente al riporto del 'debitore' della partita dalla parte attiva al 'credito per i mezzi di produzione industriali e imprese di servizi' nella parte passiva sotto Stadio 3 nel “Bilancio” a pagina 23 e lo rende trasparente.

Un valore economico misurabile risulta solo laddove il lavoro si colleghi direttamente alla natura. Anche se oggi, proprio a causa della meccanizzazione, il lavoro fisico non dà più così tanto nell’occhio perfino quando viene svolto direttamente sulla natura, cioè laddove ha avuto origine, ovvero nella produzione legata al terreno, finché non sarà razionalizzato via del tutto, esso costituirà la base di partenza del calcolo del valore positivo.

Dal momento in cui il lavoro si emancipa dal legame diretto con il substrato di natura, passando quindi da essere lavoro fisico ad essere lavoro spirituale, il valore che ne viene originato è concepibile solo come valore negativo, è cioè il valore di quanto lavoro fisico è stato risparmiato per la sua produzione. In senso economico il lavoro spirituale esonera dal lavoro fisico; ciononostante in linea di principio porta ad un aumento di prestazioni calcolate in positivo, solo che ne diminuisce il valore, espresso numericamente in denaro, ad un livello sempre più basso. Considerando le cose dal punto di vista della produzione dal suolo, fino al momento in cui i mezzi di produzione vengono messi in funzione è lo stesso, per quanto riguarda il fatto di mettere a disposizione del capitale, che tale esonero [dal lavoro fisico] avvenga per fondare una nuova impresa oppure per finanziare il settore educativo e culturale, sarebbe a dire quello dei meri consumatori.

L’esonero a favore della costruzione di un mezzo di produzione artificiale col quale venga prestato del lavoro fisico può essere ulteriormente continuato da quest’ultimo, dato che grazie ai mezzi di produzione artificiali il lavoro fisico viene a sua volta da parte loro 'organizzato in modo intelligente'. Se il lavoro si lega ai mezzi di produzione per produrre prestazioni dalla natura (beni), si tratta di prestazioni il cui valore si misura in positivo; se il lavoro si lega ai mezzi di produzione per la produzione di prestazioni culturali (lo scrittore con la matita, il pianista col pianoforte), si tratta di prestazioni il cui valore si misura in negativo. Quel che l’uomo utilizza proviene sempre dal terreno – fino alla matita dello scrittore, con la quale questa persona attiva spiritualmente svolge un ultimo residuo di lavoro fisico, utilizzandola come mezzo di produzione. Il denaro rappresenta un diritto a prestazioni il cui valore viene misurato in positivo – perché tutto il lavoro si lega a quanto proviene dal terreno; dei frutti di questo tipo di lavoro l’uomo vive direttamente, e solo in un secondo tempo usufruisce dei frutti delle prestazioni il cui valore viene misurato in negativo. Attualmente, per esempio, l’insegnamento della matematica, della fisica, della chimica impartito ai giovani potrà fluire in prestazioni il cui valore viene misurato in positivo soltanto in futuro. Dato che chiunque lavori nel campo in cui il valore viene misurato in positivo sostiene un certo numero di meri consumatori, ovvero di persone che lavorano in un campo in cui il valore viene misurato in negativo, è possibile che vi sia elasticità nella suddivisione del reddito.

In senso stretto, la valuta si basa in senso stretto sul mezzo di produzione 'suolo', in senso ampio sulla somma dei mezzi di produzione coi quali viene svolto lavoro fisico. Infatti i mezzi di produzione, una volta prodotti, devono essere considerati come il suolo, anche in relazione al lavoro; essi diventano 'prolungamenti' del suolo.

Il valore di un denaro siffatto (o il suo potere d’acquisto) aumenta nella misura in cui nel processo economico la parte di lavoro spirituale in senso economico (razionalizzazione) si accresce rispetto al lavoro fisico.

Il processo economico comincia dalla produzione al suolo. La quantità del denaro varierà in base al numero degli abitanti. Ogni persona viene mantenuta dalla produzione al suolo e viene rilevata nella contabilità attraverso la creazione del denaro (questo non nel senso di uno Stato poliziesco, ma per via della liberatoria rottura del fatale legame fra lavoro e reddito). Perciò il denaro diventa denaro a scadenza, affinché gli sia garantita la sua funzione di contabilità e di mezzo di scambio; si impedisce la tesaurizzazione.

Alla gestione del denaro o della valuta provvede una banca centrale, la quale con le sue filiali svolgerà la funzione di unica banca della zona valutaria e di organo integrante delle associazioni che descriveremo nel prossimo capitolo. Essa accrediterà la somma della creazione di denaro ai conti privati dei residenti nella sua zona valutaria. Nel ciclo annuale, le imprese di produzione (fabbriche, aziende individuali) tengono i conti delle entrate e delle uscite, dove il conto delle entrate diventa il conto delle uscite dell’anno successivo. In tal modo, la scadenza del denaro come contabilità delle reciproche richieste di prestazioni viene limitata nella forma meno complicata possibile ad un anno, uguale al ritmo dell’agricoltura e della deposizione dei conti delle imprese, e si crea la massima trasparenza possibile del sistema[29].

Il capitale monetario, necessario come bene statale per la continuazione delle attività economiche, è integrato nella formazione dei prezzi. Inoltre è necessario il capitale per nuove imprese, o per nuovi investimenti. Esso viene svincolato dalla razionalizzazione; può anche essere procurato con il trasferimento della domanda. Noi chiamiamo questo capitale 'denaro a prestito'; ma da quanto segue sarà chiaro che rispetto a oggi esso verrà osservato in modo differenziato.

Il capitale monetario svincolato è anche quello che rende possibile il finanziamento del settore formativo e culturale. Questo capitale da apportare complessivamente ai meri consumatori, a causa del suo modo di trasferimento, del suo modo di circolare, ha conservato anche altrove nella letteratura il nome di 'denaro di donazione'. Con 'denaro di donazione' si indica il ricavo della razionalizzazione in circolazione nell’area valutaria, che da una parte viene obbligatoriamente ridotto fiscalmente, dall’altra parte viene trasferito, secondo libera intesa e in base al bisogno, alla vita culturale, alle scuole e alla sanità, dunque complessivamente per prestazioni il cui valore ha misurazione negativa.

Abbiamo visto che ogni esonero del lavoro dal fondamento di natura, dunque ogni formazione di capitale, equivale ad un esonero per il quale naturalmente in linea di principio esiste un bisogno. Ma da ciò risulta anche chiaro che la contro-prestazione per l’esonero porta il processo economico verso il futuro. Ciò significa che il processo economico precedente, che ne rende possibile uno futuro, è già considerato perso, che il denaro a prestito, che mette in atto le contro-prestazioni future, non può più essere estinto attraverso i prezzi in quanto debito; esso deve essere considerato denaro di donazione, perché altrimenti la formazione dei prezzi verrebbe falsata. La capitalizzazione necessaria per l’estinzione dei debiti equivarrebbe ad una rendita indesiderata, ad una rendita per coloro che sarebbero, a torto, i privilegiati. Il finanziamento di infrastruttura, impianti di produzione e imprese di servizi, a causa delle conseguenze che avrebbe sulla formazione dei prezzi, non va messa sullo stesso piano dei crediti di consumo da estinguere a più breve termine.

Chiariamo ancora una volta che il prestito di denaro non va estinto fissando un passato economico, ma che deve essere pagato da quel che metterà in atto in futuro.

Abbiamo spiegato che la produzione al suolo consente l’esonero per attività al di fuori della stessa nella misura in cui viene risparmiato lavoro fisico. Immaginiamo che la produzione al suolo liberi delle persone per la costruzione di un’azienda di produzione industriale. Ora, pensiamo il processo non finanziariamente, ma come scambio di prestazioni. Inizialmente, fino all’ultimazione e alla messa in funzione dei mezzi di produzione, coloro che lavorano industrialmente vengono mantenuti, si potrebbe anche dire che ricevono un anticipo. Lo scambio di prestazioni subentra dopo la messa in funzione della produzione. L’eccedenza della produzione al suolo apportata per l’esonero può essere remunerata sempre e soltanto dalle prestazioni avvenute al di fuori della produzione al suolo. L’eccedenza stessa deve sempre essere consumata al di fuori della produzione al suolo. Questa non la può consumare da sé; per essa stessa sarebbe sovrapproduzione.

Se si pensa il processo in denaro, si capitalizzano le prestazioni della produzione al suolo apportate per il periodo della concessione dell’anticipo. Questo capitale è l’equivalente delle eccedenze apportate della produzione al suolo e quindi alla fin fine deve essere consumato al di fuori della produzione al suolo, come le eccedenze stesse. Ma poiché oggi il terreno circola nell’economia come merce, il 'capitale eccedente', come già spiegato a pag. 23, cerca un investimento, fra l’altro, anche nel terreno. A causa dell’aumentare dei prezzi del terreno e degli affitti, certamente poi lo si consuma, però provocando un conseguente rincaro generale.

La creazione di credito, come è possibile nell’attuale sistema bancario, sarà assente nei contesti in cui sarà presente il sistema monetario qui tracciato[30]. E questo è essenziale in rapporto all’agricoltura tenendo conto dei motivi dati alla fine di questo capitolo. Il capitale monetario conserva il carattere di merce se l’interesse gli trasmette un prezzo. A seconda che l’offerta di capitale superi o stia al di sotto della domanda, l’interesse ha una tendenza verso il basso o verso l’alto. Il livello dell’interesse si ripercuote sui costi di produzione e di conseguenza sulla struttura dei prezzi dei beni. Naturalmente, che un certo interesse possa o non possa essere pagato in riferimento alla redditività della produzione dipende anche da quali prezzi i beni devono raggiungere. Ora il tasso dell’interesse agisce in modo esattamente opposto, a seconda che un credito sia stato concesso ad un produttore (o impresa) come credito personale oppure al terreno (e altri mezzi di produzione) come credito ipotecario o credito immobiliare: nei crediti personali gli interessi in diminuzione hanno l’effetto di abbassare i costi della produzione, nei crediti ipotecari o nei crediti immobiliari hanno l’effetto di aumentare il prezzo dell’oggetto che sta alla base, perché con i costi dell’interesse in diminuzione, con lo stesso incasso la rendita dell’oggetto aumenta e quindi questo può essere maggiormente capitalizzato per continuare a fruttare sempre lo stesso profitto.

Il carattere di merce dei mezzi di produzione, incluso il terreno, viene annullato spostandone la circolazione dalla sfera economica a quella giuridica[31]. Ad un eventuale carattere di merce del capitale monetario si rimedia limitando il tempo della durata della circolazione del denaro. Gli interessi sul prestito monetario possono essere calcolati nel senso di una particolare acquisizione di prestazioni. Poiché il denaro in prestito è a tempo determinato, ossia scade, gli interessi non diventano una rendita eterna. Gli interessi dell’amministrazione della valuta, nel senso della formazione associativa dei prezzi, in linea di principio serviranno soltanto a coprire i costi. Nella prospettiva attuale, l’interesse viene visto come un fattore costi per il capitale monetario, assolutamente nel senso della funzione di domanda e offerta. I critici dell’interesse ora giungono alla conclusione di renderlo più a buon mercato attraverso la riscossione permanente di una tassa, o di un interesse negativo sulla cartamoneta e sul denaro di giroconto, perché da una simile misura si ripromettono una maggiore offerta di capitale monetario. Ma che cosa si provoca, pensando di abbassare o di abolire l’interesse attraverso la rilevazione di un interesse negativo? Non si crea una domanda a partire da bisogni che sorgono liberamente dalle persone, ma a partire da un processo economico proprio, per mezzo di una misura economica. Ma in tal modo si incentiva ancora l’esistente 'economia di consumo'. Poiché poi il potere d’acquisto presente, necessariamente o meno, bene o male, si riduce nella produzione presente, si impedisce l’iniziativa necessaria all’innovazione economica.

Quello che oggi esiste come problema dell’interesse ha avuto origine dal modo in cui la rendita fondiaria circola nell’economia[32] – rendita fondiaria di nuovo concepita come rendita del terreno tenendo conto della produttività. Oggi il nesso fra rendita fondiaria e interessi non è più direttamente evidente, perché la rendita fondiaria si è mescolata agli interessi del capitale, sui quali a sua volta influisce la politica monetaria delle banche d’emissione. Alla base di questo scritto sostanzialmente c’è l’intenzione di mostrare che dalla rendita come risparmio di lavoro fisico vengono finanziati: tutta la vita spirituale, inclusa l’industrializzazione, la vita statale, coloro che non sono in grado di lavorare, gli anziani e i malati. Proposte più recenti nella lotta per un ordinamento stabile della valuta legano la quantità di denaro o al dispendio per la realizzazione di qualsiasi mezzo di produzione oppure la rendono dipendente dalle variazioni di un indice dei prezzi delle merci. Chi lega semplicemente la quantità del denaro ai mezzi di produzione ignora che se questi diventano meno cari con l’aumento della razionalizzazione, la quantità di denaro corrispondente all’aumento di razionalizzazione viene 'deflazionata via'. Perciò i sostenitori della creazione del denaro a ciò relativa non trovano più nel loro sistema il capitale eccedente necessario per il finanziamento del settore culturale e formativo. Della necessità di questo, ma anche del consumo necessario nel settore culturale e formativo, abbiamo già parlato. Di fronte ad una difficoltà di tipo contrario si trovano coloro che vogliono legare la quantità di denaro ad un indice dei prezzi. Poiché i prezzi, da parte loro, sono una funzione della quantità del denaro, per definizione il livello generale dei prezzi non può mai servire da indice, ma si possono porre alla base soltanto i prezzi di una scelta di prodotti, di un paniere. Dietro al collegamento della quantità di denaro ad un indice dei prezzi c’è la riflessione di dover sempre adattare la quantità del denaro alla quantità dei beni. Secondo questo modo di vedere, se i prezzi scendono, la quantità di denaro zoppica dietro alla quantità dei beni e dovrebbe essere alzata. Se i prezzi aumentano, la quantità di denaro dovrebbe essere ridotta. Però in quel sistema un ribasso dei prezzi dovuto alla razionalizzazione viene compensato dall’aumento della quantità del denaro soltanto se l’aumento di razionalizzazione che si manifesta nel ribasso dei prezzi verrà 'inflazionato via' presso i corrispondenti produttori. Far crescere la quantità del denaro con la quantità dei beni sarebbe giusto solo in riferimento a una maggiore quantità di prodotti naturali ottenuta con il lavoro fisico. Nel momento in cui però si tratta di beni industriali prodotti grazie alla razionalizzazione, dunque ad un risparmio di lavoro fisico, i loro prezzi devono scendere. Altrimenti si gonfia il livello dei prezzi dei beni industriali, si provoca inflazione, il che oggi fa aumentare gli interessi e disturba l’agricoltura, appunto perché il livello industriale dei prezzi si rialza rispetto a quello agricolo. In questo modo all’agricoltura viene sottratta la rendita fondiaria, come al cittadino viene sottratto il potere d’acquisto quando lo Stato, a causa di un' insufficiente esazione fiscale, per coprire le sue uscite crea semplicemente del denaro e lo versa nel suo sistema valutario. Allora l’agricoltura si trova nella situazione disperata di voler compensare con la quantità dei beni prodotti. Più l’economia razionalizza, cioè più esonera persone che apportano prestazioni industriali, che ora a loro volta portano ad un aumento del denaro, e tanto peggio le vanno le cose. Finché non si capiscono i due valori che si compensano reciprocamente: cioè valore 1 'lavoro alla natura' o in altre parole 'lavoro che trasforma il prodotto naturale in modo che esso possa passare nel processo di circolazione economico' e, opposto a questo, il valore 2: 'lavoro organizzato per mezzo dello spirito', si fa fatica a capire questo errore, cioè si fa fatica a capire che la quantità di denaro non può aumentare insieme alla quantità dei beni prodotti dal lavoro organizzato senza provocare inflazione da parte dei beni industriali. A causa di queste due formazioni del valore che si compensano l’una con l’altra, per la funzione del denaro non è indifferente, che la quantità del denaro si orienti secondo i prezzi, o meglio secondo una scelta di prezzi, oppure che i prezzi si orientino in base alla quantità di denaro.

1.8. VII. Il principio associativo

Traduzione in corso.

1.9. VIII. L’articolazione dello Stato

Traduzione in corso.

1.10. IX. Illustrazioni e tabelle

Traduzione in corso.

1.11. Gioco dimostrativo

Traduzione in corso.

Seconda parte

Il futuro del denaro

1.1. Legenda a colori dei grafici

1.2. Prospettive sociali per il futuro

1.3. Grafico: il processo di inversione

1. I. La scienza del denaro

1.1. Il concetto di valore in economia

1.2. La misura qualitativa e quantitativa del valore originario

1.3. Grafico: il valore originario, materiale e monetario

1.4. Grafico: la separazione del bisogno dal valore della prestazione

1.5. Il concetto di valore nell’economia moderna

1.6. Il ruolo dell’agricoltura

1.7. L’emancipazione dalla base di naturale

1.8. Capitale = valore del risparmio dei beni ricavabili dalla naturaleProprietà e denaro, oggi e domani

1.9. Merce terreno

1.10. Merce lavoro

1.11. Merce capitale

1.12. Necessità di crescita

1.13. Mescolanza di interessi del capitale e rendita fondiaria

2. II. Il futuro del denaro

2.1. L’associazione, il settore, l’organo

2.2. Grafico: l’adattamento dei valori

2.3. Volume monetario – specie di denaro – circolazione del denaro

2.4. Grafico: La derivazione del volume monetario

2.5. Grafico: confronto fra gli attuali modi di vedere fondamentalmente diversi sull’offerta di prestazioni

2.6. La circolazione dei tipi di denaro

2.7. Grafico: parallelismo di valore materiale e valore simbolico

2.8. Grafico: il valore monetario nella sua divisione in quote sociali

2.9. Grafico: bilanciamento convenzionale

2.10. Grafico: calcolo prospettivo del capitale

2.11. Note

3. Uso pratico di conoscenze nuove sull’esempio di problemi attuali

3.1. L’abitazione: integrata nella quota sociale

3.2. Il finanziamento dei servizi sanitari

3.3. Struttura della società

3.4. L’economia nel confronto fra i sistemi:

3.5. Grafici: economia di mercato / Masswirtschaft

3.6. Dai tre fattori di produzione alla tripartizione sociale: grafico

Terza parte

Articoli, conferenze

4. Articoli apparsi sul periodico „Der Europäer“ 2003-2008

4.1. Che cosa tiranneggia la nostra vita?

4.2. La legge sociale fondamentale

4.3. „Il reddito di base“ una finta soluzione

4.4. I rapporti economici e sociali, specchio della coscienza

4.5. La chiave per capire la tripartizione

4.6. Crisi bancarie e necessità di crescita

5. Lettere dei lettori su questo argomento

5.1. Volume monetario - valore del denaro – circolazione del denaro

5.2. Invecchiamento del denaro

5.3. Il reddito di base

5.4. Interessi, prestiti e donazioni

5.5. Separazione fra lavoro e reddito, la cellula originaria dell’economia

6. Conferenze tenute in occasione dell’Expoagricole a Murten nel 2002

6.1. La pressione economica: Perché i contadini guadagnano sempre di meno e perché continua ad aumentare il valore aggiunto industriale?

6.2. Qual è la funzione del prezzo in quale sistema?

7. Altro

7.1. Lettera al governo federale

7.2. Compendio per il Congresso di Mosca

Quarta parte

Aggiunta per il lettore interessato alla conoscenza teorica

1.1. Che cosa significa 'inversione'?

1.2. Grafico: la doppia inversione

1.3. Postfazione


1. 1996: Pubblicazione Klett und Balmer + Co Verlag, Zug 1997 tradotto in russo dalla editrice 'Trovant', Mosca 2010.
2. Dalla struttura di questo testo risulta la differenza nella derivazione (dimostrazione) dei concetti rispetto ai metodi scientifici oggi correnti.
3. Il concetto di 'prestazione' comprende i risultati del lavoro sia materiali che immateriali; se ora qualcuno volesse obiettare che non sono le prestazioni in sé, a determinare l’economia, ma le ristrettezze, si dimostrerebbe tanto intelligente quanto uno che affermasse che oggetto del sistema del ricambio non è il cibo, ma la fame.
4. La concezione economica del lavoro spirituale in senso non-economico (l’insegnamento, l’arte, ecc.) verrà trattata più avanti.
5. Vedi capitolo IX figura 8.
6. Vedi capitolo VII 'Il principio associativo'
7. Vedi capitolo VI 'La creazione del denaro'.
8. Vedi illustrazioni e tabelle, figure 1-5
9. Qui nel senso di economia agricola, economia forestale, industria mineraria e pesca.
10. E' stato scelto volutamente il termine 'sovrapproduzione' anziché 'produzione primaria' perché si indica il momento in cui ha origine la formazione del valore dal lavoro fisico = lavoro diretto sulla natura e del lavoro spirituale = risparmio di lavoro fisico, e non in modo specifico al settore economico volto al soddisfacimento dei bisogni primari come il nutrimento, il vestiario, gli alloggi.
11. Si paragoni il principio di Archimede della fisica, secondo il quale la spinta ascensionale di un corpo è uguale al peso del volume del liquido spostato.
12. E' stata scelta questa formulazione per evidenti motivi didattici; infatti ovviamente anche l’agricoltura razionalizzata contiene lavoro fisico risparmiato.
13. Innanzitutto la sua fertilità, ma anche le risorse energetiche; vedi pag. 45: “Ciò che per il singolo organismo…​”
14. Vedi pag. 31: 'La differenza fra…​'
15. Vedi illustrazioni e tabelle, figura 6
16. Vedi pag. 34: 'è capitale monetario liberato…​'
17. Vedi illustrazioni e tabelle, figura 7
18. Contrapposizione interdipendente ad effetto simultaneo, una parte della quale va intesa quale rovesciamento dell’altra.
19. Vedi anche pag. 36 “Il problema degli interessi oggi esistente…​”
20. Questa forma di proprietà è già stata realizzata nel fedecommesso, ma solo per quanto riguarda il terreno.
21. Vedi capitolo VII: 'Il principio associativo'
22. Vedi pag. 31: "E' capitale monetario liberato…​".
23. Qui inteso come profitto del terreno tenendo conto della produttività, non come prezzo dell’utilizzo del suolo.
24. Vedi anche pag. 33: “Un valore economico misurabile…​”
25. Vedi pag. 39: “Il prezzo di un bene è…​ dalla quantità…​”.
26. Vedi pag. 19: “Questa richiesta soggettiva…​”
27. Vedi capitolo VIII “La partizione dello Stato…​”.
28. Vedi pag. 17 e anche illustrazioni e tabelle, figura 1.
29. Nella seconda parte di questo libro, sotto il titolo 'il futuro del denaro' si trovano spiegazioni dettagliate sul nuovo sistema del denaro, che vanno oltre la linea di principio
30. Il totale di bilancio consolidato della banca centrale non deve superare e non supererà la somma della creazione di denaro
31. vedi anche pag. 27 e il capitolo VIII: La partizione dello Stato
32. L’interesse è stato considerato dai critici in modo erroneo e fra l’altro anche come quantità di denaro aggiuntivo. - Vedi pag. 168, 'Interesse, denaro in prestito e donazione'.